LIMESONLINE DEL 26 SETTEMBRE 2022
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Le elezioni geopolitiche in Italia e altre notizie interessanti
Carta di Laura Canali – 2022
La rassegna geopolitica del 26 settembre.
analisi di
La coalizione di centrodestra guidata da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia ha vinto le elezioni politiche 2022. Avrà la maggioranza in parlamento, sia alla Camera sia al Senato, e potrà formare un governo senza ulteriori alleanze.
Perché conta: Qualsiasi mutamento politico che avvenga in un paese come l’Italia – membro di Nato e Ue, seconda potenza manifatturiera del Vecchio Continente, situato al centro del Mediterraneo, abituato ad abboccamenti con Stati estranei quando non rivali all’asse atlantista – attira inevitabilmente l’attenzione internazionale. Più del contemporaneo referendum a Cuba sul codice della famiglia, che ha legalizzato unioni civili, matrimoni e adozioni da parte di persone dello stesso sesso.
Il nuovo governo dovrebbe essere tranquillizzante per gli Stati Uniti. Non solo la probabile presidente del Consiglio ha garantito la continuità con la politica estera di Draghi (dunque il sostegno all’Ucraina contro la Russia), ma si è anche esposta a favore di Taiwan e contro il rinnovo del memorandum d’intesa sulle nuove vie della seta firmato dal primo governo Conte nel 2019.
Nel commentare l’esito delle elezioni, la portavoce del ministero degli Esteri cinese ha invitato al pragmatismo, ma non sarà sfuggito a Pechino che il principale sostenitore dell’accordo di tre anni fa – appunto l’ex premier Giuseppe Conte – sarà all’opposizione.
Ulteriore buona notizia per Washington: il calo dei partiti guidati dai leader più vicini al presidente russo Vladimir Putin, la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi, dovrebbe ridurre la loro capacità di incidere su questioni quali le sanzioni contro Mosca e l’invio di armi a Kiev.
Due dei tre “obiettivi condivisi” individuati dal segretario di Stato Usa Antony Blinken nel suo messaggio post-elettorale sembrano già raggiunti: il sostegno all’Ucraina e la tutela dei diritti umani, che è la parola in codice per “pressione sulla Cina”; il terzo obiettivo, “creare un futuro economico sostenibile”, chiama in causa Bruxelles.
In Europa la situazione è complessa. Meloni è vicina ai governi di Ungheria e Polonia, che sono secondari per il nostro paese rispetto a Francia e Germania. Con Varsavia e Budapest condividiamo l’appartenenza al sistema industriale e dunque alla sfera geoeconomica tedesca. Ci separano il nostro superiore peso specifico e la geografia, che ci impone di concentrarci sul Mediterraneo. La priorità italiana sulla terraferma è garantire che l’afflusso di fondi dell’Ue non venga interrotto: a tal fine, sarebbe utile trovare rapidamente un modus operandi con Berlino, Parigi e tutte le capitali (nordeuropee) che avevano sospeso il loro tradizionale scetticismo verso il nostro paese solo perché a Palazzo Chigi c’era Mario Draghi.
La priorità sulle onde è evitare che le tensioni – geopolitiche, economiche, migratorie – in via di accumulo sulla sponda meridionale del Mediterraneo si scarichino interamente su di noi; paesi come Polonia e Ungheria non sono funzionali al raggiungimento di questo obiettivo.
Potrebbe esserlo una potenza regionale extra-Ue come la Turchia, il cui presidente Recep Tayyip Erdoğan ha ottimi rapporti con Berlusconi; il condizionale è d’obbligo sia perché l’agenda di Ankara è molto ambiziosa sia perché Giorgia Meloni non è mai stata conciliante con tale agenda.
Per approfondire:Il mare italiano e la guerra | Il vincolo interno
ALTRE NOTIZIE INTERESSANTI
a cura della redazione di Limesonline
- Sono diverse le manifestazioni nelle periferie della Russia contro la mobilitazione “parziale” ordinata dal Cremlino. Anche in luoghi distanti tra loro, come Daghestan (Caucaso) e Jacuzia (Siberia orientale). Nel distretto di Khasavyurt (Daghestan), la polizia ha sparato colpi in aria per disperdere un centinaio di persone che aveva bloccato l’autostrada federale Khasavyurt-Machačkala per protestare contro la mobilitazione di 110 uomini del villaggio di Endirej; sempre in Daghestan è stata annunciata la formazione di un “movimento partigiano“.
- Diversi uffici di arruolamento militare sono stati incendiati: a Kirovsk nell’oblast’ di Leningrado, Černjachovsk nell’exclave di Kaliningrad e nella repubblica di Mordovia.
NOTA :
SARANSK E’ LA CAPITALE DEL REP. AUTONOMA DI MORDOVIA
DOVE SI TROVA LA MORDOVIA NELLA RUSSIA
SARANSK — FOTO TRIPADVISOR
- A Ust’-Ilimsk, nella regione di Irkutsk (Siberia centrale), un cittadino ha aperto il fuoco contro l’ufficio di registrazione e arruolamento militare causando un ferito. Il tema delle periferie e delle etnie non-russe è particolarmente delicato per la tenuta del sistema putiniano. Il Cremlino ha riconosciuto “errori” nella selezione dei coscritti, che sinora ha penalizzato gli abitanti di regioni povere e appunto etnie non-russe.
- Due clienti storici della Russia come Serbia e Kazakistan non riconosceranno l’esito dei referendum in corso in Ucraina. Il ministro degli Esteri serbo Nikola Selakovic ha affermato che Belgrado rispetterà il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite, sottolineando che i referendum “contraddicono completamente i nostri interessi statali e nazionali, la nostra politica sull’integrità territoriale, la sovranità e il principio di inviolabilità dei confini”; approccio in un certo senso inevitabile per un paese che non riconosce l’indipendenza del Kosovo.
- Motivazioni simili quelle fornite dal Kazakistan, intento a rendersi e mostrarsi più autonomo da Mosca.
Evgenij Viktorovič Prigožin ( Leningrado, 1º giugno 1961) è un imprenditore russo, con stretti legami con il presidente russo Vladimir Putin. È stato definito lo chef di Putin in un articolo dell’Associated Press a causa dei ristoranti e delle sue attività di catering che hanno ospitato cene a cui Vladimir Putin ha partecipato con dignitari stranieri.
https://it.wikipedia.org/wiki/Evgenij_Prigo%C5%BEin
- Yevgeny Prigozhin ha ammesso per la prima volta di aver fondato il Gruppo Wagner.
Il menu panafricano di Prigožin, lo chef di Putin
- È morto il religioso musulmano sunnita Yusuf al-Qaradawi.
Il mufti globale che divide il Golfo Arabico
Opera propria – wikipedia
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Yūsuf al-Qaraḍāwī ( Saft Turab, 9 settembre 1926 – Doha, 26 settembre 2022 ) è stato un religioso musulmano sunnita qatariota di origine egiziana.
Diresse il Consiglio europeo della fatwa e della ricerca e fu noto per il suo programma televisivo nell’Al-Jazeera, e per IslamOnline (un sito web che aiutò a fondare nel 1997), dove espresse le sue opinioni ed editti (“fatwā“) basati nelle sue interpretazioni del Corano. Ha anche pubblicato circa 50 libri.
È stato vincitore di otto premi internazionali per i suoi contributi sul pensiero islamico.[1].
Al-Qaraḍāwī ha svolto a lungo un ruolo di rilievo nell’organizzazione dei Fratelli musulmani.
Da un lato, considerò la democrazia compatibile con l’Islam e auspicabile per i Paesi musulmani, ma, d’altro canto, sostenne che le leggi della Shari’a non devono essere emendate per conformarsi ai valori e agli standard umani che mutano.
Fu fermamente ostile al principio della separazione tra religione e politica, secondo la formula classica che l’Islam è “religione e mondanità” (dīn wa dunyā).
In gioventù, un seguace di Ḥasan al-Bannāʾ
Frequentò l’Università al-Azhar prima di emigrare in Qatar.
Qaraḍāwī è alla guida del Consiglio europeo della fatwa e della ricerca.
Viviamo in tempi interessanti.