+++ LIMESONLINE DEL  30 DICEMBRE 2019 — Verbale del 3 aprile 1949, prima riunione della Nato alla Casa Bianca. Partecipanti ( vedi sotto ) – — ” La strategia segreta della Nato : i cardini della geopolitica antisovietica. “

 

 

LIMESONLINE DEL  30 DICEMBRE 2019
https://www.limesonline.com/cartaceo/nato-strategia-segreta-verbale-1949

 

nota 1. 

Alla conversazione, svoltasi alla Casa Bianca il 3 aprile 1949, presero parte

il presidente americano HarryTruman, 

il segretario di Stato Dean Acheson, 

il segretario alla Difesa Louis Johnson

 

e i ministri degli Esteri del Patto Atlantico: 

Carlo Sforza (Italia),
Ernest Bevin (Gran Bretagna),
Robert Schuman (Francia),
Dirk U. Stikker (Olanda),
Paul-Henry Spaak (Belgio),
Halvard Lange (Norvegia),
Lester B. Pearson (Canada),
Gustav Rasmussen (Danimarca),
José Caeiro de Mata (Portogallo).

 

 

La strategia segreta della Nato – Verbale

Prima sessione della Nato a Bruxelles, 17 settembre 1949 (Photo By Nato/Getty Images).

Prima sessione della Nato a Bruxelles, 17 settembre 1949 (Photo By Nato/Getty Images).

 

Pubblichiamo il testo di una conversazione riservata fra Truman, i vertici politico-militari degli Stati Uniti e i ministri degli Esteri dei paesi dell’Alleanza Atlantica. In questo incontro dell’aprile 1949 sono fissati i cardini della geopolitica antisovietica.

 

Pubblicato in: AMERICA CONTRO TUTTI – n°12 – 2019

PRESIDENTESignori1, ho chiesto di incontrarvi questa sera senza che fossero presenti i vostri più stretti collaboratori proprio per sottoporvi in estrema confidenza gli orientamenti della mia nazione sui gravi problemi che attualmente dobbiamo affrontare. Di ciò che vi dirò, finora sono stati messi a conoscenza solo i membri del Consiglio per la sicurezza nazionale che hanno dato parere favorevole, devo chiedervi di comunicare il mio pensiero solo ai vostri capi di governo e ai ministri della Difesa.

Il fatto di essere qui riuniti a Washington per la firma del Patto Atlantico rispecchia perfettamente la natura della nostra comune preoccupazione – lo schiacciante potenziale militare dell’Urss. Eppure vorrei sottolineare che la minaccia sovietica non è soltanto militare, è la minaccia del comunismo in quanto idea, in quanto forza sociale dinamica ed egualitaria che si nutre degli squilibri economici e sociali del mondo, a costituire un problema-base per l’Occidente, sebbene infatti trovi forza significativa nella potenza sovietica, nel lungo periodo è l’idea in sé a costituire una minaccia ancor più insidiosa.

Il Patto Atlantico, come già l’Erp 2 ( PROGRAMMA DI RICOSTRUZIONE EUROPEO ) e come il futuro programma di assistenza tecnologica americana, costituiscono grossi passi in avanti verso lo sviluppo di una futura controffensiva. Ma tutti noi sappiamo bene che il Patto Atlantico è più di un simbolo della nostra comune determinazione, un accordo attraverso il quale noi dobbiamo procedere per sviluppare misure concrete di primo contenimento, per poter poi sconfiggere il mondo comunista. Quando dico sconfiggere non mi riferisco all’azione militare, in quanto voi tutti siete ben consci che il popolo americano non accetterebbe una guerra d’aggressione. Mi riferisco piuttosto alla possibilità di ottenere un equilibrio di potenza sufficiente a far superare il debilitante timore di un’aggressione sovietica e in seguito, da questa sicura posizione di forza, intraprendere una serie di iniziative tese da un lato a rimuovere nel mondo non sovietico le cause delle controversie economiche e sociali su cui il comunismo prospera, dall’altro a creare attive contromisure che minino la base della potenza sovietica.

Il Patto Atlantico tende proprio a sottolineare la comune consapevolezza da parte dei nostri paesi che solamente dall’azione congiunta si può sperare di ottenere lo scopo che ci è comune, senza pagare uno scotto schiacciante che alla fine potrebbe spingerci ad adottare misure di stampo totalitario. Perciò, questa sera desidero andare oltre le tematiche insite nel Patto Atlantico ed esporvi con un approccio globale l’essenza della politica comune necessaria per perseguire il nostro proposito. Mi rendo conto che la maggior parte di ciò che dirò creerà in molti di voi alcune perplessità, come anche che il mio discorso presuppone una comune linea d’azione e una comune sensibilità, circostanze cioè che in pratica sono molto difficili da ottenersi; l’accettazione del mio discorso comporta inoltre il sacrificio di alcuni tradizionali obiettivi economici e di sicurezza; ciò potrebbe rendere l’accettazione non particolarmente auspicabile da parte vostra. Ma, nell’odierno stato di crisi che caratterizza la nostra era, ritengo che grandi problemi richiedono grandi decisioni e che la prioritaria necessità di fermare l’Urss ci costringa a sacrificare quelli che di fatto sono obiettivi secondari al crescente bisogno di sviluppare una politica fruttuosa, capace in primo luogo di garantire la nostra sopravvivenza e secondariamente di far trionfare l’Occidente.


Carta di Laura Canali, 2019

Carta di Laura Canali, 2019


La nostra opinione è che al problema esistano solo due soluzioni. La prima consisterebbe nel battere i sovietici con le loro stesse armi – un vasto programma di riarmo e una spietata soppressione del comunismo nei nostri paesi. Tale soluzione è tuttavia impraticabile negli Stati democratici. Riguardo al primo punto infatti è assai improbabile che il governo degli Stati Uniti o della maggioranza dei vostri paesi possa riuscire a far accettare di buon grado un programma di riarmo ai propri popoli. Sebbene i governi eletti possano in una qualche misura orientare l’opinione pubblica, in ultima analisi essi devono conformarsi ai sentimenti dell’elettorato. Posso assicurarvi che l’attuale governo americano, su cui dovrebbe gravare il maggior peso del fardello, in questo momento non può prendere in considerazione questo approccio. In ogni caso dal punto di vista economico questo programma non sarebbe praticabile in Europa occidentale, dove la maggior parte delle risorse deve ancora essere devoluta alla ricostruzione. Negli Stati Uniti invece ciò comporterebbe l’imposizione di controlli economici, circostanza che, visto l’attuale clima che si respira nel Congresso e nell’opinione pubblica, rende il tutto impossibile.

Riguardo al secondo punto invece si arriverebbe alla violazione delle istituzioni fondamentali che stiamo cercando di preservare. Sopprimere i partiti comunisti potrebbe anche non essere d’estrema utilità, mentre in vece potrebbe inquinare la fiducia nelle libertà civili e promuovere un clima di tipo autoritario. Enormi spese di riarmo, con annessi controlli sull’economia, potrebbero pure sortire lo stesso effetto. Non ultimo, ciò comporterebbe la diversione di risorse dai programmi di benessere economico e sociale sui quali noi contiamo molto per rimuovere quelle cause che promuovono il comunismo all’interno dei nostri confini; questi programmi sono mezzi efficaci contro il comunismo interno almeno quanto lo sono le armi contro l’Urss. In oltre, un riarmo da parte americana ridurrebbe la scala dei nostri programmi d’aiuti verso l’estero, incluso l’aiuto tecnologico, al punto da inficiare la ricostruzione e lo sviluppo economico oltreoceano.

Infine, dobbiamo prendere in considerazione l’effetto di un vasto riarmo occidentale sull’Urss; in particolare dovremmo soffermarci sul pericolo che ciò potrebbe spingere il Cremlino a considerare la possibilità di una guerra preventiva. Dobbiamo infatti avere ben presente che, a dispetto dell’enorme potenziale di guerra americano, le nazioni occidentali sono praticamente disarmate e non hanno nessuna possibilità di impedire che le cinquecento divisioni sovietiche schiaccino l’Europa occidentale e la maggior parte dell’Asia. Per stare tranquilli, noi abbiamo la bomba atomica; ma è bene che consideriamo le attuali limitazioni di carattere strategico al suo impiego e anche il grosso problema di assoggettare un impero che si estende dalla Kamčatka allo Skagerrak con quest’arma, per non parlare poi della necessità di doverla eventualmente usare contro i nostri alleati dell’Europa occidentale quando fossero occupati. In ogni caso, anche se un giorno potremmo respingere un attacco sovietico, ciò comporterebbe uno sforzo di incalcolabile grandezza; anche se la futura vittoria fosse sicura, le conseguenze per gli Stati Uniti, ma soprattutto per l’Europa occidentale, potrebbero essere disastrose.

Esiste tuttavia un altro tipo di politica, più consono alle nostre capacità, che, se perseguito in modo consistente e vigoroso, con piena cooperazione da parte di ogni partner, offre grossa speranza di successo. Il punto su cui tutti i nostri servizi di spionaggio insistono è che l’Urss al momento non tende a trasformare la guerra fredda in calda. Sebbene abbia compreso che il tempo in cui otteneva sostanziali guadagni grazie ai continui mutamenti successivi alla seconda guerra mondiale sia ormai finito, il Cremlino, almeno apparentemente, crede nella possibilità di un eventuale decesso del capitalismo occidentale e ritiene che sia il caso di attendere l’anticipata crisi dell’economia americana cercando di avvicinare il più possibile il proprio potenziale militare a quello dell’Occidente. Non dobbiamo tuttavia illuderci su quale sia l’obiettivo di fondo sovietico. A dispetto di qualsiasi spostamento tattico verso una politica di superficiale cooperazione in linea con la dottrina leninista del flusso e riflusso i partiti comunisti occidentali continueranno i loro tentativi di minare le basi della società occidentale. Quindi noi dobbiamo guardare al tempo in cui l’Urss, moltiplicato il proprio potenziale economico – in particolare la capacità scientifica di produrre nuove armi – e assimilati i paesi satelliti in Europa e in Asia, si sentirà in grado di sfidare con la forza un Occidente relativamente più debole.

Noi ancora confidiamo, sulla base dei nostri calcoli più ottimistici, di poter contare su diversi anni di respiro. Il nostro governo crede che i membri del Patto Atlantico e tutte le altre nazioni ben orientate debbano utilizzare pienamente questo periodo per sviluppare una politica comune che ci dia modo di affrontare tranquillamente il futuro, e anche di andare noi stessi all’offensiva nella guerra fredda. Dobbiamo considerare che il nazionalismo sovietico è dinamico; deve per forza espandersi e il solo modo per sconfiggerlo non consiste nel suo mero contenimento, ma nel portare la guerra ideologica nella sfera sovietica. Di conseguenza, vorrei illustrarvi sei punti chiave della politica che gli Stati Uniti ritengono essenziale proseguire. Come ho detto in precedenza, sarà assai arduo far accettare nei nostri paesi questa politica, che richiede il sacrificio di alcuni obiettivi nazionali tradizionali. Molti di questi punti presuppongono rischi calcolati riguardo ai quali va fatta una prudente analisi prima di qualsiasi decisione politica. Su questi argomenti prevediamo preliminarmente un ampio scambio di idee. Ma è importante che tutto ciò avvenga tenendo ben presente il nostro obiettivo di fondo, affinché si esamini ogni politica non dal punto di vista degli effetti immediati, ma come parte di un grande disegno. Signor Segretario, vuole illustrare il primo punto?

SEGRETARIO DI STATOAbbiamo l’impressione che nessun’altra questione determina una maggiore varietà di opinioni fra le nazioni del Patto Atlantico quanto quella relativa alla Germania e al Giappone. Il punto di vista americano è semplicemente questo. Noi vediamo Germania e Giappone come centri – al momento neutralizzati, ma inevitabilmente destinati a risorgere – di grande potenza, posti fra l’Urss e l’Occidente. Non vi è dubbio alcuno che l’Urss si ponga come obiettivo principale l’assorbimento della Germania nell’orbita sovietica. Vi sono già segnali che l’Urss sta invertendo la dura politica economica di saccheggio della Zona orientale e sta incoraggiando la rinascita del nazionalismo tedesco con l’idea che una rinata Germania, alleata con i sovietici, sarebbe quasi imbattibile. Naturalmente il Cremlino è ben conscio che la Germania potrebbe puntare a est come a ovest, ma spera di evitarlo mediante lo stretto controllo del partito comunista. Dal punto di vista occidentale, anche noi ci rendiamo conto dei pericoli insiti nell’incoraggiare la rinascita tedesca. Crediamo tuttavia che i vantaggi di orientare la Germania verso Occidente e di controbattere le mosse sovietiche giustifichino il rischio calcolato.

Qualsiasi politica alleata che non consenta una ragionevole opportunità di rinascita tedesca può spingere quella nazione fra le braccia dell’Urss. Di conseguenza, sollecitiamo le potenze occidentali ad adottare una comune politica di sostegno alla rinascita economica tedesca, accelerando lo sviluppo di istituzioni democratiche e combattendo attivamente la sovversione comunista. Tale politica non prevede l’abbandono di adeguati controlli di sicurezza mediante il divieto di mantenere alcuni specifici tipi di impianti industriali e mediante restrizioni sulle forze armate, se non addirittura proibendone del tutto la formazione. L’opinione dei nostri esperti sulla Germania è che bisogna incoraggiare un governo tedesco occidentale ragionevolmente centralizzato con opportuni freni e bilanciamenti fra il potere federale e quello statale, rimuovendo altresì le restrizioni alla ricostruzione economica tedesca e integrando gradualmente la Germania nel blocco europeo occidentale.

Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali


 

SCHUMAN- Francia – Il presupposto di questa politica consiste nel credere che la Germania si democraticizzi e si orienti verso l’Occidente, ma la Francia, che ha subito tre invasioni in settant’anni, nutre grossi dubbi sul successo dell’operazione. La neutralizzazione perpetua della Germania, una politica sulla quale anche i russi, avendo a loro volta sperimentato l’invasione da parte tedesca, potrebbero essere d’accordo, ci sembra la soluzione ideale.

SEGRETARIO DI STATONoi crediamo che tale politica sia poco realistica, in quanto proprio la storia ci mostra che una nazione dinamica, con una popolazione di settanta milioni di persone, ben conscia del proprio passato, non può essere perpetuamente mantenuta in soggezione, in particolare quando due opposte potenze stanno cercando di ottenerne il sostegno. Il nostro scopo è vincolare la Germania occidentale all’Ovest prima che il nazionalismo tedesco riviva e prima soprattutto che i tedeschi diventino un grosso motivo d’attrito fra i due blocchi. Inoltre crediamo che esista un metodo preciso per prevenire il pericolo che la Germania diventi una minaccia per la sicurezza occidentale mentre ancora si sta cercando di orientarla verso Occidente. Esso consiste nell’integrazione del Reich come un partner autosufficiente in una sempre più unita Europa occidentale. Vincolando l’economia tedesca a una rafforzata Oeec   3 (  Organizzazione per la cooperazione economica europea ), integrando le future Forze armate tedesche in una difesa occidentale unificata e rendendo la Germania membro a pieno titolo del Consiglio e del Parlamento dell’Europa che si svilupperà, potremo far liberamente sfogare le energie tedesche e fornire ai tedeschi una ragione per darsi da fare in quanto membri a pieno titolo insieme agli altri paesi occidentali.

Fortunatamente noi possiamo trarre vantaggio dal fatto che l’antipatia tedesca verso l’Urss, intensificata dalla spietata politica sovietica d’occupazione, è molto più sviluppata di quella verso l’Occidente. Dobbiamo riconoscere che la ripresa economica tedesca è essenziale non solo ai fini della vitalità dell’economia dell’Europa occidentale, ma anche al fine di prevenire la diffusione del comunismo o la rinascita di altre forme di totalitarismo nella stessa Germania. La rinascita politica della Germania, se finalizzata a un più ampio scopo europeo, può allo stesso modo catturare l’immaginazione tedesca. I partiti della Zona occidentale sono maturi per una tale operazione, ma, se frustrati in questo senso, si orienteranno inevitabilmente verso posizioni scioviniste e saranno sensibili alla mano tesa dei sovietici. Noi dobbiamo agire adesso, mentre c’è il giusto clima psicologico, grazie al nostro successo a Berlino.

SPAAKCredo che il Belgio sarebbe molto favorevole all’integrazione tedesca in un’Europa occidentale federale.

SCHUMANLa Francia ha già favorito una politica di questo tipo, ma crede anche che vada perseguita in un contesto di controllo continuo della sicurezza e mantenendo la Germania decentralizzata e debole.

BEVIN - Gran BretagnaIo ho fortemente favorito una politica realistica nei riguardi della Germania. Voi avete omesso ciò che tuttavia ritengo essenziale, e cioè che solamente una socializzazione dell’economia della Trizona garantirà il necessario sostegno democratico del popolo, in particolare dei sindacati.

SEGRETARIO ALLA DIFESA Nel lungo termine noi riconosciamo l’opportunità di considerare questa possibilità, ma come prima cosa noi abbiamo ritenuto necessario rimettere in piedi l’economia tedesca e lasciare che i tedeschi stessi si preoccupino del socialismo. Inoltre, il popolo americano potrebbe pesantemente osteggiare un programma di socializzazione da parte dell’Omgus 4. Non si può socializzare e nello stesso tempo far aumentare la produzione. Prima servono manager esperti. Gli Stati Uniti non possono ancora continuare per lungo tempo a fornire sussidi al Giappone e alla Germania.

BEVINLa socializzazione in Gran Bretagna non sembra aver particolarmente ostacolato il nostro processo di ricostruzione. Ciò mi porta a un’altra considerazione. A essere del tutto franchi, il governo di Sua Maestà è ben poco interessato alla rinascita della competizione commerciale tedesca. In un momento come questo, in cui lo sforzo d’esportazione della Gran Bretagna ha raggiunto il culmine, nel tentativo di ottenere l’autosufficienza, temiamo che la rinascita dell’industria tedesca, specialmente di alcuni settori come quello navale e quello della meccanica, sia una cosa pericolosa. Non ho dubbi che qui vi siano altri che la pensano allo stesso modo.

SEGRETARIO DI STATOQuesto è uno dei rischi calcolati di cui parlava il Presidente. Se la Germania deve rinascere, le deve esser consentito di poter competere per ot­tenere una quota dei mercati mondiali. Un grado crescente di cooperazione economica europea, come intendiamo mostrarvi fra breve, può offrire in questo caso una soluzione.

BEVINNoi siamo propensi a pensare le stesse cose anche per quanto riguarda il Giappone.

 

SEGRETARIO DI STATOÈ lo stesso tipo di problema. Il Giappone, sebbene sia in un’area molto meno critica rispetto alla Germania e completamente sotto il nostro controllopone un problema di lunga durata altrettanto serio. Anche al Giappone, una nazione di settanta milioni di persone, deve essere data un’opportunità di sviluppo politico ed economico (e in questo caso ritengo che l’aspetto politico sia ampiamente secondario rispetto a quello economico), se vogliamo orientarlo verso l’Occidente.

Il problema economico giapponese è quasi insolubile senza un intero riallineamento dei suoi modelli commerciali. La sovietizzazione della Corea, della Manciuria e ora della Cina l’ha privata non solo delle sue principali fonti di materie prime, ma anche dei suoi più ricchi mercati. L’Urss può promuovere la restaurazione del commercio giapponese con queste aree, ma questo potrebbe essere altamente pericoloso in quanto verrebbe fornito ai sovietici un potente mezzo di pressione per spingere il Giappone a una più stretta relazione con loro. Il problema consiste nella redistribuzione del commercio giapponese nelle Filippine, nel Sud-Est asiatico, in India e anche nelle Americhe, in Africa e in Europa, nonostante esso possa essere fortemente concorrenziale nei nostri riguardi.

Il Giappone si trova nel pieno di una rivoluzione sociale e se non siamo in grado di risolvere i suoi problemi economici, rischiano non soltanto la rinascita di un sentimento antiamericano ma anche un’inevitabile sua attrazione verso i mercati dell’Asia settentrionale. Signor Segretario, deve dire qualcosa sulla posizione strategica del Giappone?


Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali


SEGRETARIO ALLA DIFESAÈ essenziale riconoscere l’importanza strategica del Giappone, posto proprio di fronte all’Urss. Qualsiasi guerra futura sarà combattuta su scala globale e l’area dell’Estremo Oriente sovietico è l’unico nucleo importante dell’economia altamente vulnerabile a un attacco immediato. Da una base sicura in Giappone, più prossima di quella di Okinawa, noi possiamo non solo raggiungere centri-chiave dell’industria ma anche rintuzzare sul fianco il lungo dito della Siberia sovietica puntato contro l’Alaska.

 

BEVINA proposito della rinascita delle esportazioni giapponesi, io devo tener conto non solo delle esigenze del settore tessile del Lancashire, ma, come già sapete, anche di quelle dei Dominions.

 

STIKKER – OLANDA-Noi saremmo abbastanza contrari a una rinnovata penetrazione commerciale giapponese in Indonesia.

 

SEGRETARIO DI STATOQuanto ho detto ci introduce a un’altra grossa difficoltà dal punto di vista politico, il problema coloniale. Il mio governo è preso tra due fuochi da una parte dal desiderio di sostenere le potenze coloniali europee, dall’altra dalla necessità di stabilire buone relazioni con i nuovi Stati che sono sorti in Asia, per prevenire il loro avvicinamento all’Urss. Anche questa è un’area critica dove noi crediamo che le potenze coloniali debbano subordinare gli interessi più immediati al problema principale di fronteggiare il comunismo.

A parte il Regno Unito, è nostra opinione che le potenze coloniali stiano poco accortamente sacrificando i loro interessi di lungo periodo in un disperato tentativo di ristabilire i modelli di dominio coloniale prebellici. Noi dobbiamo guardare con simpatia alla tendenza storica al nazionalismo che si riscontra in molte aree sottosviluppate e comprendere che, se si vogliono preservare i legami a lungo termine con queste aree, va sostituita l’insostenibile politica di oppressione coloniale con l’incoraggiamento e la cooperazione con i regimi coloniali indigeni.

Di certo l’azione di polizia dell’Olanda e la prolungata lotta della Francia con Ho Chi-Minh comportano non solo un alto costo in vite e denaro, ma danno ben poco ritorno in termini politici. Nella migliore delle ipotesi, si può riuscire a reprimere temporaneamente il nazionalismo locale, ma facendo così incoraggiamo solamente il radicalismo indigeno e forniamo all’Urss un’occasione d’oro. Noi dobbiamo riconoscere in questo caso l’inevitabile, nessuna questione di questo tipo colpisce il nostro orgoglio.

 

STIKKERDevo obiettare alla descrizione, fatta dal Segretario, della politica olandese come reazionaria. Il regime repubblicano era chiaramente comunista ed era una piccola minoranza che cercava di imporre il suo volere alla maggioranza della popolazione indonesiana. L’Olanda ha bisogno delle risorse indonesiane per la ricostruzione della sua economia e non vi rinuncerà né se ne tirerà fuori. Inoltre, siamo preoccupati che gli Stati Uniti subentrino agli interessi olandesi nelle Indie per lo sfruttamento della ricchezza economica dell’area.

 

SEGRETARIO DI STATORiguardo alla sua prima affermazione, per quanto ci è dato di capire, il governo di Sjahrir era relativamente moderato, tanto che ha represso una ribellione comunista a Giava. Concesso che i prodotti del Sud-Est asiatico sono essenziali per molti paesi occidentali, non possiamo che guardare con favore al momento in cui, stabilizzatasi la situazione, il commercio con quell’area continui e si espanda. Questi nuovi Stati sono ancora sottosviluppati e hanno bisogno di ogni tipo di aiuto per la loro crescita economica. Solamente gli Stati Uniti e l’Europa possono fornire un aiuto in questo senso e ciò eserciterà un’inesorabile spinta verso l’Occidente. A breve e a lungo termine, scambiando i capitali e i prodotti occidentali con le materie prime, verranno gettate le basi per un rapporto economico molto più conveniente della repressione armata. Il punto quattro del programma presidenziale è un’arma tremenda fra le nostre mani. E vorrei ricordarvi che il Congresso non intende finanziare indirettamente attraverso l’Erp le avventure coloniali.

 

SEGRETARIO ALLA DIFESAI nostri ambienti militari sono assai disturbati dalle dimensioni dello sforzo militare francese e olandese in Indonesia e in Indocina, che catalizza forze essenziali alla difesa dell’Europa occidentale. Non possiamo essere troppo favorevoli a riarmare l’Europa occidentale se si permettono ripiegamenti di truppe verso guerre coloniali senza speranza. Alla finfine, quello della difesa è un vitale problema di famiglia.

 

PRESIDENTEMi rendo conto che questo è un soggetto rischioso, sebbene debba aggiungere che sono incline a concordare con i punti di vista dei militari americani. L’avanzata dei comunisti in Cina li ha ormai condotti a ridosso dei confini con il Sud-Est asiatico e mi sembra vitale risolvere i nostri problemi in quell’area prima che si introduca un ulteriore fattore dirompente. Tuttavia, visto che si è accennato al problema della difesa dell’Europa occidentale, procediamo su questo punto.

 

SEGRETARIO ALLA DIFESADobbiamo considerare che né la firma del Patto Atlantico, né il programma di aiuto militare americano ci consentirà di mantenere la linea del Reno. Dando per scontato la continuazione dell’aiuto americano e probabilmente anche un riarmo della Europa occidentale, ci vorranno alcuni anni prima di essere in grado di riuscirci. Anche in questo caso, tuttavia, i nostri esperti militari sono molto pessimisti, a meno che non vengano prese e portate a termine molte decisioni difficili. Escludendo un grosso aumento dell’aggressività sovietica, dobbiamo tener presente che il Congresso non elargirà più di un miliardo di dollari all’anno. È altresì chiaro che un sostanziale riarmo dell’Europa occidentale è inverosimile senza che non ostacoli allo stesso tempo la ricostruzione economica.

 


Carta di Laura Canali, 2019

Carta di Laura Canali, 2019


BEVINNon prendiamoci in giro. L’Erp è una misura di sicurezza più efficace di qualche divisione in più in Germania, che comunque sarebbe solo una goccia nel mare.

SEGRETARIO DI STATOSi tratta di assicurare un conveniente equilibrio fra le due cose, di non trascurare interamente le possibilità a breve termine, mentre ancora per molti anni a venire saremo in fase di (ri)costruzione.

 

SEGRETARIO ALLA DIFESAA meno che non prendiamo drastiche misure per utilizzare interamente ciò che è e sarà disponibile, noi non saremo in grado di fornire nessuna effettiva difesa. Questo principio deve tradursi primo, in un’unificazione al massimo grado possibile delle nostre forze e della produzione militare e, secondo, nel concentrare senza tentennamenti quasi tutto ciò di cui disponiamo nell’area critica. Disperdere il nostro potenziale su tutto il globo sarebbe quasi fatale.

 

SCHUMANRitengo che sia l’Europa nordoccidentale l’area critica, vero?

 

SEGRETARIO ALLA DIFESASenz’altro. Ma per avere una possibilità di combattere, diciamo, prima del 1956, o anche in prossimità di quella data, bisogna fare, e rapidamente, queste cose. Come punto di partenza va creato un autentico comando congiunto che controlli pienamente la pianificazione strategica e logistica, ed eserciti un totale controllo operativo in tempo di guerra. Noi crediamo, per ragioni di sicurezza e anche per altre ragioni, che esso dovrebbe esser limitato agli Stati Uniti, al Regno Unito e alla Francia, mentre gli altri membri dovrebbero mantenere missioni di collegamento. Sotto questo comando ci sarebbero i paesi appartenenti all’organizzazione dell’Unione occidentale, magari allargandola all’Italia, che dovrebbero essere responsabili per le pianificazioni dettagliate e per il coordinamento nel settore dell’Europa occidentale.

Secondariamente noi dobbiamo radicalmente alterare il rapporto numerico fra le forze di terra, di mare e di aria, affinché si sia in grado di combattere quella che sarà principalmente una guerra aerea e marina.

Noi siamo altamente forniti di forze navali mentre quelle terrestri sono quasi inesistenti. A parte le sensibilità nazionali e delle rispettive Forze armate, appare logico che i compiti navali siano affidati alle Marine britannica e americana mentre i paesi continentali, specialmente la Francia, l’Italia e l’Olanda, dovrebbero concentrarsi nella formazione di eserciti efficienti. Allo stesso modo, il bombardamento strategico deve essere compito degli Stati Uniti e in una certa misura del Regno Unito, mentre gli altri paesi, insieme al Regno Unito, dovrebbero sviluppare le forze aeree tattiche. Terzo, dobbiamo ottenere una vera e propria integrazione in fatto di addestramento, equipaggiamento e tecniche operative, con unità organicamente uguali in tutti gli eserciti e con dottrine tattiche, catene di comando e (al massimo grado possibile) armi ed equipaggiamenti simili tra loro. Quarto, dobbiamo ripartire la produzione degli armamenti in modo tale che si eviti di costruire ognuno le stesse cose e che si standardizzino invece le armi e si riducano i costi di produzione. Infine, è logico che il Regno Unito e specialmente gli Stati Uniti, per il loro più vasto potenziale d’armamenti e per la loro maggiore distanza dalla portata d’attacco sovietica, divengano gli arsenali degli alleati atlantici. Ci rendiamo conto che non è semplice attuare queste misure in prospettiva e che la Francia, ad esempio, possa essere riluttante a ridurre la propria Marina o a uniformare il proprio equipaggiamento a quello delle altre nazioni, ma l’alternativa a tali drastiche linee d’azione è che l’Europa occidentale continui ad avere una difesa solo sulla carta.

SPAAKLa nostra più grande preoccupazione è che l’impegno americano sia a livello talmente globale, con gli Stati Uniti che riarmano l’Italia, la Grecia, la Turchia, l’Iran, la Corea, la Scandinavia e forse altri, che l’aiuto disponibile per l’Europa occidentale sia troppo scarso e forse tardivo.

 

PRESIDENTEÈ mia intenzione ordinare ai Joint Chiefs of Staff di limitare al minimo l’aiuto alle aree strategicamente periferiche. Tale aiuto è inteso più che altro per ragioni di sicurezza interne, per sostegno psicologico e per avvertire l’Urss di tenersi alla larga. Noi vogliamo che sia chiaro il basilare principio che qualsiasi guerra futura sarà globale, come i ragazzi del Cremlino ben sanno, e che se siamo forti in alcuni teatri decisivi eviteranno di colpirci altrove.

 

SEGRETARIO DI STATOC’è un importante corollario alla cooperazione difensiva incondizionata ed è quello in cui a nostro avviso, l’Europa deve impegnarsi con il massimo sforzo. Si tratta di una più vasta unificazione politica ed economica.

In particolare con l’Erp, percepiamo che, dopo un buon avvio, l’enfasi verso la cooperazione si è attenuata in proporzione al consolidarsi del processo di ricostruzione. Siamo entusiasti per i grossi passi in avanti fatti fin ora nella Oeec, nell’Unione occidentale, nel Consiglio d’Europa e forse siamo più consapevoli di quanto effettivamente voi siate disposti a concederci degli enormi ostacoli derivanti dalla tradizione, dalla eterogeneità delle economie nazionali eccetera. Devo avvertirvi però che il Congresso vorrà vedere qualche risultato più tangibile di qualche diagramma sulla produzione economica, se volete assicurarvi i fondi desiderati. È stato esaurientemente reso chiaro a tutti voi che solo da uno sforzo di unità maggiore potremo creare un equilibrio di potenza senza costi proibitivi. Collegando le economie europee a una cooperazione politica più stretta sortiremo due effetti. Dando una base solida alla ricostruzione potremo ridurre la minaccia comunista interna e parallelamente fornire la base potenziale indispensabile per un adeguato, futuro riarmo. Gli europei devono riconoscere che la situazione economica prebellica si è ormai dissolta, che ciò di cui l’Europa ha bisogno non è un ritorno agli schemi economici del 1938, ma un approccio interamente nuovo, se vuole ottenere capacità di esistenza indipendente. L’Europa orientale è quasi permanentemente uscita dall’orbita occidentale e sebbene noi speriamo in una sostanziale rinascita del commercio, ciò avverrà su nuove basi rispetto a prima. Gli investimenti europei all’estero, come molto del suo patrimonio, sono spariti e quindi devono essere trovati nuovi metodi per riequilibrare il suo rapporto commerciale con il resto del mondo. I passi necessari sono stati indicati, seppure con qualche esitazione, dalla Oeec; l’Europa deve cogliere quest’opportunità.

LANGE – NORVEGIA –Sebbene rappresenti una piccola nazione, penso di poter parlare a nome della maggioranza dell’Europa occidentale quando dico che molta della nostra abilità di ottenere una capacità di esistenza indipendente e un’economia in espansione dipende dagli Stati Uniti.

 

SEGRETARIO DI STATOSiamo estremamente consci del problema, sebbene sia il Congresso che il popolo americano siano un po’ indietro nel riconoscere il ruolo chiave degli Stati Uniti nell’economia mondiale e gli obblighi che ciò comporta. Ma con l’Erp noi abbiamo mostrato la nostra buona volontà dirottando sulla ricostruzione europea beni rari e contribuendo a rimettere in piedi uno dei nostri maggiori concorrenti. Il dipartimento di Stato, fin dalla gestione Hull, ha costantemente mantenuto basse barriere commerciali alle importazioni americane proprio per promuovere un commercio multilaterale più libero. Noi stiamo provando ora, attraverso il Gatt 5 (General Agreement on Tariffs and Trad  )  e lIto 6 (International Trade Organization ) , ad ancorare gli Stati Uniti a una politica di questo tipo. Siamo anche consapevoli dell’impatto delle fluttuazioni dell’economia americana sul resto del mondo e stiamo facendo ogni sforzo, Congresso permettendo, per cercare di minimizzare queste oscillazioni.

SFORZA – ITALIA –Sono sicuro che ci rendiamo tutti conto delle difficoltà di sensibilizzare gli americani a questo problema, ma il vostro popolo deve capire che, se agli altri paesi non è consentito esportare negli Stati Uniti, questi non possono guadagnare i soldi con cui pagare le loro importazioni, i loro prestiti, i loro crediti.

 

SEGRETARIO DI STATOConte Sforza, lei forse più di ogni altro qui questa sera è stato un protagonista eminente dei tentativi verso una più stretta cooperazione europea sia in campo politico che in quello economico. Lei potrà quindi ben valutare il senso d’urgenza con cui questo governo ritiene desiderabile una più stretta unione politica, sia per integrare che per irrobustire la cooperazione nei settori della ricostruzione e della difesa. Riteniamo che in Europa occidentale debba formarsi un nuovo sentimento di unità, un nuovo scopo dinamico che riesca a ridare vigore a spiriti cinici e prostrati dalla guerra, un antidoto, in un certo senso, al richiamo del comunismo internazionale. Noi crediamo anche che la grandezza del problema che investe l’Europa, insieme alla minaccia esterna, sia tale che solo un approccio da tutti condiviso offra una qualche soluzione reale. Riconosciamo il bisogno di gradualità, di non procedere più in fretta di quanto l’opinione pubblica sia disposta a seguirci, ma sappiamo che in questo caso gli stessi popoli sono piuttosto avanti rispetto ai loro leader.
Concordiamo sul fatto che nessun passo tipo gli «Stati Uniti d’Europa» sia praticabile o anche desiderabile in questo momento, ma piuttosto va intrapresa una serie di passi concreti per rafforzare ed estendere i ragguardevoli progressi già compiuti. In questo contesto, signor Bevin, l’America è piuttosto preoccupata dall’evidente esitazione britannica nell’andare troppo oltre su queste linee.


Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali


BEVINIn quest’ambiente, la Gran Bretagna viene troppo spesso accusata di essere il Ragazzo Timido. Francamente, noi non ci consideriamo una nazione continentale; noi dobbiamo badare a un’associazione come il Commonwealth, che si estende a livello mondiale e quindi il nostro atteggiamento verso il continente è all’incirca simile a quello americano. Abbiamo intenzione di accollarci più parte del fardello di quanto ci spetterebbe, ma non desideriamo impegolarci in un groviglio di impegni finché questi non abbiano avuto un lungo periodo di gestazione e finché non saremo sicuri che non ci vincolino a una serie di governi politicamente instabili che sono poi anche economicamente deboli. Come sapete, la Gran Bretagna ha contribuito più di ogni altro paese europeo all’aiuto per la ricostruzione.

SCHUMANPer caso, signor Bevin, preferirebbe attendere fino a quando i comunisti non abbiano stabilizzato l’Europa occidentale?

SEGRETARIO DI STATONoi possiamo capire la cautela della Gran Bretagna verso mosse troppo affrettate che successivamente possono limitare la sua libertà d’azione. Anche gli Stati Uniti hanno ancor più chiaramente esitato di fronte alle vischiosità europee, ma noi speriamo che l’Erp e il Patto Atlantico segnino l’inizio di una nuova fase. Non occorre ricordare che il continente è lo scudo della Gran Bretagna, ancor più di quanto sia il nostro…

BEVINSiamo ben consci di questo fatto.

SEGRETARIO DI STATO… e che alcuni sacrifici del suo tradizionale riserbo possono essere giustificati se ciò aiuta il sostegno del nostro comune baluardo.

 

PRESIDENTEVi sono numerosi altri problemi critici quali la politica di guerra economica e il controllo delle esportazioni, la necessità di sostenere le nostre posizioni nel Levante e in Estremo Oriente forse con ulteriori patti regionali, il problema base di sviluppare nei nostri paesi politiche sociali ed economiche che rafforzino internamente la nostra società occidentale e combattano il comunismo da dentro, la necessità di un programma dinamico di guerra politica e psicologica per fronteggiare la propaganda comunista e impossessarsi dell’iniziativa nella guerra fredda e, ultimo, rafforzare le Nazioni Unite come punto focale per recuperare e collegare tutto il mondo non comunista. Ma il teatro decisivo resta l’Europa occidentale, il solo complesso di potere sufficientemente forte, con il sostegno americano, da far pendere la bilancia del potere mondiale e il solo che, se conquistato dall’Urss, potrebbe renderla pressoché invincibile. Vi abbiamo illustrato ciò che a nostro avviso è assolutamente necessario, se vogliamo che il blocco di sicurezza atlantico si trasformi da potenza sulla carta a solida realtà, riconoscendo pienamente i rischi calcolati, i sacrifici comuni e le enormi difficoltà sottintese. Questo governo è conscio che i progressi saranno necessariamente lenti e pieni di complicazioni, ma è fermamente convinto della necessità di dover anzitutto tener sempre presente l’obiettivo di fondo di integrare tutte le sfaccettature delle nostre politiche a questo fine.

 

SPAAKSignor Presidente, sono sicuro che parlo a nome di tutti i presenti quando dico che vi siamo grati per la sua vigorosa, talora, in effetti brusca, esposizione del pensiero americano e che le sue dichiarazioni e quelle dei suoi ministri saranno prese in attenta considerazione.

(traduzione di Marcello Canali)


Carta di Laura Canali, 2019

Carta di Laura Canali, 2019


Note:

1. Alla conversazione, svoltasi alla Casa Bianca il 3 aprile 1949, presero parte il presidente americano Harry Truman, il segretario di Stato Dean Acheson, il segretario alla Difesa Louis Johnson e i ministri degli Esteri del Patto Atlantico: Carlo Sforza (Italia), Ernest Bevin (Gran Bretagna), Robert Schuman (Francia), Dirk U. Stikker (Olanda), Paul-Henry Spaak (Belgio), Halvard Lange (Norvegia), Lester B. Pearson (Canada), Gustav Rasmussen (Danimarca), José Caeiro de Mata (Portogallo).

2. European Recovery Program, Programma di ricostruzione europeo (n.d.r.).

3. Organization for European Economic Cooperation, Organizzazione per la cooperazione economica europea (n.d.r.).

4. Office of Military Governement for Germany, Ufficio del governo militare per la Germania (n.d.r.).

5. General Agreement on Tariffs and Trade (n.d.r.).

6. International Trade Organization (n.d.r.).

 

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in COSE BELLE, GENERALE. Contrassegna il permalink.

2 risposte a +++ LIMESONLINE DEL  30 DICEMBRE 2019 — Verbale del 3 aprile 1949, prima riunione della Nato alla Casa Bianca. Partecipanti ( vedi sotto ) – — ” La strategia segreta della Nato : i cardini della geopolitica antisovietica. “

  1. DONATELLA scrive:

    In questo incontro tra USA e Stati europei c’è già tutta la politica mondiale che ha indirizzato la storia successiva per decenni e che prosegue tutt’ora.

    • Chiara Salvini scrive:

      chiara . come dice Donatella, questo testo dà tutti gli argomenti necessari a capire cosa significa la formula da noi tante volte ripetute che è ” Imperialismo americano “.
      Insieme fa capire concretamente cosa ha voluto dire Marx nel primo capitolo ” Borghesi e proletari ” de Il Manifesto : http://www.centrogramsci.it/classici/pdf/manifesto_marx-engels.pdf
      perché un’analisi, così calibrata su ogni nazione, era possibile solo da parte degli Stati Uniti che avevano il capitalismo più sviluppato dell’epoca. Si resta stupiti nel vedere la differenza di contributi al dibattito tra l’Europa e gli Usa, anche da parte della Gran Bretagna.
      ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *