Mi viene un sacco di nostalgia e di rabbia per tutto quello che non è stato fatto. Per quanto riguarda la rivolta di Sanremo contro Genova del 1753, riprendo alcuni punti dal libro dello storico Nilo Calvini, pubblicato nel 1953, duecentesimo della rivolta, a cura dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri ( sezione di Sanremo) per conto del Comune di Sanremo-Assessorato al Turismo.
Mercoledì 6 giugno 1753:” Il Doria tentò qualche compromesso tra il prestigio e la dignità genovese da salvare, e l’ira e la spavalderia sanremese da reprimere; ma questa diplomazia fu d’un tratto sopraffatta da un avvenimento imprevisto: fu il suono cupo e fragoroso del campanone di San Siro, che per ben due ore chiamò a raccolta la popolazione, ed eccitò gli animi, accompagnando le fasi più movimentate della furiosa ribellione. Chi suonò? Dagli incartamenti dei processi, molto meticolosi a questo punto, risulta che l’iniziativa partì da un folto gruppo di donne, capitanate da certa Brigida Moreno q. Pietro, soprannominata da Galletta. Esse, avviatesi verso il campanile, furono dapprima trattenute da alcuni più cauti; tornate poi, con l’aiuto di certo Francesco Ferrandino, sfondarono la porta, e la Moreno poté, a quanto testimonia lo stesso sacrestano G.B.Gaita, sfogare il proprio furore, suonando a martello. A quel segnale il popolo si radunò nelle vie e nelle piazze e alle 22, sotto l’archivolto del Palazzo, cominciarono i primi atti di violenza contro i soldati genovesi”.
La reazione di Genova ( pag.45): ” I componenti il Magistrato di Guerra e G.B.Stella, Giuseppe Riccobono e Stefano Palmaro furono condannati all’impiccagione e ” taglio della testa da farsi in capo alle porte. Gli assenti dovevano essere impiccati in effigie. Quelli del Consiglio furono tutti condannati all’esilio; Gio Batta Frixero, Giovanni Grossi e Giovanni Maria Bosio, condannati in contumacia all’esilio. I compratori di armi a 10 anni di galera. Brigida Moreno, Francesco Bottino e, tutti quelli, donne comprese, che avevano lavorato per le trincee, frusta ed esilio. Persino Antonio Martini, che aveva scritta sotto dettatura del Bracco la carta di dedizione al Re di Sardegna, si buscò tre tratti di corda oltre l’esilio”.
Mi viene un sacco di nostalgia e di rabbia per tutto quello che non è stato fatto. Per quanto riguarda la rivolta di Sanremo contro Genova del 1753, riprendo alcuni punti dal libro dello storico Nilo Calvini, pubblicato nel 1953, duecentesimo della rivolta, a cura dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri ( sezione di Sanremo) per conto del Comune di Sanremo-Assessorato al Turismo.
Mercoledì 6 giugno 1753:” Il Doria tentò qualche compromesso tra il prestigio e la dignità genovese da salvare, e l’ira e la spavalderia sanremese da reprimere; ma questa diplomazia fu d’un tratto sopraffatta da un avvenimento imprevisto: fu il suono cupo e fragoroso del campanone di San Siro, che per ben due ore chiamò a raccolta la popolazione, ed eccitò gli animi, accompagnando le fasi più movimentate della furiosa ribellione. Chi suonò? Dagli incartamenti dei processi, molto meticolosi a questo punto, risulta che l’iniziativa partì da un folto gruppo di donne, capitanate da certa Brigida Moreno q. Pietro, soprannominata da Galletta. Esse, avviatesi verso il campanile, furono dapprima trattenute da alcuni più cauti; tornate poi, con l’aiuto di certo Francesco Ferrandino, sfondarono la porta, e la Moreno poté, a quanto testimonia lo stesso sacrestano G.B.Gaita, sfogare il proprio furore, suonando a martello. A quel segnale il popolo si radunò nelle vie e nelle piazze e alle 22, sotto l’archivolto del Palazzo, cominciarono i primi atti di violenza contro i soldati genovesi”.
La reazione di Genova ( pag.45): ” I componenti il Magistrato di Guerra e G.B.Stella, Giuseppe Riccobono e Stefano Palmaro furono condannati all’impiccagione e ” taglio della testa da farsi in capo alle porte. Gli assenti dovevano essere impiccati in effigie. Quelli del Consiglio furono tutti condannati all’esilio; Gio Batta Frixero, Giovanni Grossi e Giovanni Maria Bosio, condannati in contumacia all’esilio. I compratori di armi a 10 anni di galera. Brigida Moreno, Francesco Bottino e, tutti quelli, donne comprese, che avevano lavorato per le trincee, frusta ed esilio. Persino Antonio Martini, che aveva scritta sotto dettatura del Bracco la carta di dedizione al Re di Sardegna, si buscò tre tratti di corda oltre l’esilio”.
Continuerò a spulciare le nefandezze dei Genovesi e le riporterò a loro ludibrio.