Sembra incredibile, ma questi meravigliosi suoni vengono esclusivamente dalle Launeddas del maestro Stefano Pinna (non ci sono altri strumenti che suonano nel video). In pratica, da tre pezzi di umile canna….
DA WIKIPEDIA ::
Le launeddas sono uno strumento musicale a fiato policalamo ad ancia battente, originario della Sardegna. È uno strumento di origini antichissime in grado di produrre polifonia, è suonato con la tecnica della respirazione circolare ed è costruito utilizzando diversi tipi di canne
Lo strumento è formato da tre canne, di diverse misure e spessore, con in cima la cabitzina dove è ricavata l’ancia.
- Il basso (basciu o tumbu) è la canna più lunga e fornisce una sola nota: quella della tonica su cui è intonato l’intero strumento (nota di “pedale” o “bordone”), ed è privo di fori.
- La seconda canna (mancosa manna) ha la funzione di produrre le note dell’accompagnamento e viene legata con spago impeciato al basso (formando la croba).
- La terza canna (mancosedda) è libera, ed ha la funzione di produrre le note della melodia.
Uno strumento simile caratterizza Pan, il dio pastore del mondo greco. Strumenti congeneri, suonati con tecniche simili, sono presenti nell’Africa Settentrionale ed in Medio Oriente. L’uso delle launeddas è attestato in un arco temporale che va dalla preistoria, come si evince dal celebre bronzetto itifallico (nuragico), ritrovato ad Ittiri, rappresentante presumibilmente un suonatore di launeddas e, attraverso varie vicissitudini e con le modificazioni dovute al riuso, sino ai nostri giorni.
aprite perché è veramente notevole !
http://www.cagliariartmagazine.it/il-bronzetto-maleducato-di-marcello-madau/
BRONZETTO ITIFALLICO DI ITTIRI
Quanto alla cronologia, i confronti extrainsulari suggeriscono una attribuzione al VI sec. a.C+
+altre notizie nel link::
https://www.ittiricannedu.it/pg/bronzetto-itifallico
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI CAGLIARI
LA FAVOLA CHE RACCONTA L’ORIGINE DELLE LAUNEDDAS
In un tempo lontano, in una radura vicino al mare, viveva Sadur, vecchio pastore dai lunghi capelli e dalla barba gialla. La sua capanna era come quelle che, ancora oggi, si possono vedere nelle terre del Gennargentu. Un cerchio di pietre murate a secco, sormontato da frasche chiuse a cono, delimitava lo spazio in cui viveva con la sua giovane moglie e la figlia Greca. Quando il gregge gli dava tregua sedeva in riva al mare a scrutare l’orizzonte. Temeva di vedere in lontananza le vele rosse delle imbarcazioni fenicie, dalle quali sbarcavano uomini pallidi e dalle corte vesti, che si riversavano nella pianura circostante, razziando e bruciando quanto incontravano sul loro cammino.
Anche se da molte stagioni dal mare non era arrivato nessun pericolo e la piccola comunità di pastori viveva in tranquillità, Sadur, forse a causa del fatto che con l’età aveva perso vigore e non si sentiva in grado di difendere la sua famiglia, era agitato e inquieto. L’unica sua consolazione erano dei piccoli flauti di legno, di diverse dimensioni tra loro, che da tempo aveva preso a costruire. Li suonava uno alla volta, ricavandone una melodia monotona, ma piacevole.
Un bellissimo giorno di primavera, le paure di Sadur si concretizzarono nelle vele rosse che apparvero all’orizzonte, spinte da un vento invisibile sembravano venire dal nulla. C’era poco tempo per pensare e il vecchio pastore decise di mettere in salvo sua moglie, sua figlia e parte del gregge, lui sarebbe rimasto per dar modo alle sue donne di mettersi in salvo, verso la montagna. Con lui rimasero poche pecore e i piccoli flauti di canne.
Appena toccata la terraferma, gli invasori si diedero alle razzie, bruciarono le capanne del piccolo villaggio e uccisero gli animali per mangiarli. finito il banchetto, il giovane capo degli invasori chiese a Sadur di suonare per lui, una melodia lenta si levò nel silenzio della pianura. Ad un tratto, però, come preso da un’idea balzana, il fenicio ordinò al pastore di suonare i flauti tutti insieme, allora Sadur legò le canne fra loro, servendosi di un’erba filamentosa, e prova e riprova riuscì a suonare un motivo melodioso e armonico che incantò i fenici, i quali sazi e soddisfatti si addormentarono.
Appagato e felice il giovane capo disse al vecchio pastore che avrebbe esaudito ogni suoi desiderio. Il desiderio più grande era quello di far tornare moglie e figlia, senza che corressero nessun pericolo. Ottenuta l’assicurazione che nulla sarebbe accaduto alle due donne, Sadur andò a prenderle il giovane fenicio quando vide Greca se ne innamorò e decise di stabilirsi in terra di Sardegna.
Sadur continuò a suonare, per molto tempo ancora, i flauti di canna, legati fra loro con erbe filamentose.
UN’ALTRA STORIELLA SUL BRONZETTO..E IL PARROCO–
Il bronzetto sembra collocabile fra il VII ed il VI secolo a.C. è dotato di una fortissima carica simbolica che si gioca nel rapporto evidentemente stretto fra musica e sessualità.
La musica produce eccitazione e l’eccitazione è uno stato di grazia che favorisce la fertilità e la prosperità del gruppo sociale.
L’immagine potrebbe essere captata da una festa, forse nei pressi di un pozzo sacro (ma questo non lo sapremo mai).
Si racconta piuttosto che il bronzetto, ritrovato agli inizi del secolo nelle campagne di Ittiri, fu nascosto in casa da una pia donnina e rivestito con un apposito slip prima dell’arrivo del parroco, opportunamente avvertito:
“Caminade a bennere proitte appo agattadu unu santuzzu maleducadu/Venite in fretta, ché ho trovato un santino maleducato”.
Non è da escludere che il piccolo slip creasse un effetto ancora più “scandaloso”.
Così questo bellissimo bronzetto è prezioso per diverse ragioni: per l’arte antica, per la storia della musica, per gli squarci sul rituale e la festa, e anche per la storiella che abbiamo riportato.
Se pensiamo all’antico “libertino” paganesimo delle popolazioni sarde e ai mutandoni che fecero ricoprire i personaggi dipinti da Michelangelo nel Giudizio Universale, ci rendiamo conto che Gramsci non sbagliava scrivendo che la cultura popolare assume non di rado i valori e le manifestazioni delle classi dominanti.
DA :
CAGLIARI ART MAGAZINE.IT
http://www.cagliariartmagazine.it/il-bronzetto-maleducato-di-marcello-madau/
Bellissimo il bronzetto e le storie che ne fanno un protagonista: la musica deve avere accompagnato la storia dell’uomo, nel bene e nel male.