Dan Dungaciu e Leonardo Dinu, L’UNICA GARANZIA DI SICUREZZA DELLA MOLDOVA È LA RESISTENZA DELL’UCRAINA –LIMESONLINE  – 9 FEBBRAIO 2023–DA : ” LA GUERRA CONTINUA “- N. 1 / 2023

 

 

LIMESONLINE  – 9 FEBBRAIO 2023
https://www.limesonline.com/cartaceo/lunica-garanzia-di-sicurezza-della-moldova-e-la-resistenza-dellucraina

 

L’UNICA GARANZIA DI SICUREZZA DELLA MOLDOVA È LA RESISTENZA DELL’UCRAINA

 

 

 

Carta di Laura Canali – 2023

La neutralità disarma Chişinău di fronte al vicino conflitto. Il separatismo transnistriano e la crisi socioeconomica interna ne fanno uno Stato fallito. La possibilità di unione con la Romania e l’ingresso nell’Ue non sono una scelta, ma il male minore.

 

di Dan Dungaciu e Leonardo Dinu

 

Pubblicato in: LA GUERRA CONTINUA – n°1 – 2023

1.Prima che l’Ucraina venisse invasai principali problemi di sicurezza nella regione del Mar Nero derivavano dai conflitti congelati nelle repubbliche ex sovietiche:

Azerbaigian (Nagorno Karabakh), Georgia (Abkhazia e Ossezia del Sud), Moldova (Transnistria) e dal 2014 Ucraina (Donec’k e Luhans’k).

Quando attriti simili si sono prodotti in aree di giurisdizione russa, non sono rimasti affatto «congelati»: bollati come attività terroristica, sono stati violentemente repressi dalle autorità federali come nel caso delle due guerre cecene 1. Al di fuori dei suoi confini, è però nell’interesse di Mosca generare e mantenere latenti simili focolai di tensione allo scopo di esercitare un’influenza su Stati sovrani (o su spazi strategici) attraverso il controllo di una loro parte (la zona di conflitto). Il «congelamento» di tali crisi ha così accresciuto la capacità russa di ingerenza diretta o indiretta nelle dinamiche dei paesi ex sovietici, volta principalmente a tenerli lontani dallo spazio euroatlantico. Nel 2014 la stessa tattica è stata replicata con le regioni separatiste del Donbas, facendo leva proprio sui contenziosi irrisolti nell’area 2.


Nei calcoli di Mosca, questo uso strategico dei conflitti congelati doveva servire a creareuna zona cuscinetto tra sé e l’Occidente (Nato), dunque a conquistare profondità difensiva in quell’area enorme e priva di barriere naturali che già francesi e tedeschi attraversarono per invadere lo spazio russo. Tale era la posta in gioco anche nel caso ucraino. Con gli accordi di Minsk, il Cremlino puntava a una federalizzazione dell’Ucraina, de facto o de iure: sfruttando le regioni separatiste come leva geopolitica, la Russia avrebbe così potuto manovrare le politiche di sicurezza e la politica estera di Kiev.


 

Cartina geografica della Moldavia - La capitale è Chisinau Mappa - Carta

MOLDOVIA  — TIRASPOL è la capitale della Transnistria

 

Per Chișinău era previsto uno scenario analogo. Con la differenza che, di per sé, la Repubblica Moldova non è un tassello strategico per Mosca: troppo lontana, troppo difficile da controllare e troppo piccola. In ottica russa, il caso moldavo doveva piuttosto servire da esempio riuscito di pacificazione attraverso la federalizzazione forzata, a dimostrare che lo stesso processo poteva essere replicato in Ucraina. La guerra iniziata il 24 febbraio scorso è anche conseguenza di questo calcolo errato del Cremlino, che sta cercando ora di risolvere per vie militari ciò che non è riuscito a ottenere al tavolo dei negoziati. Indipendentemente dall’esito del conflitto in corso, la Moldova è tuttavia destinata a restare uno Stato fallito dal punto di vista socioeconomico e un problema irrisolto da quello geopolitico.

 


Ufficialmente la Moldova è uno Stato neutrale, ma nei fatti non c’è nessuno che garantisca tale neutralità, né ci sarà mai. Nel testo costituzionale è affermata la «neutralità permanente» del paese, che ripudia «il dispiegamento di truppe militari di altri Stati sul suo territorio». Modifiche relative alla disposizione di neutralità potranno essere valutate «solo in seguito alla loro approvazione attraverso referendum, con il voto della maggioranza dei cittadini iscritti alle liste elettorali». Nel 1994,momento in cui la costituzione entrava in vigore senza alcuna consultazione popolare, le truppe russe – mai menzionate nel testo – si trovavano già illegalmente sul territorio moldavo. In pratica, la costituzione è stata violata dal primo istante della sua adozione. Fino a oggi, visto che la Russia mantiene circa 1.500 soldati in Transnistria, divisi tra le truppe deputate al «mantenimento della pace» e quelle inquadrate nel cosiddetto Gruppo operativo delle forze russe, a difesa dei depositi di munizioni di Cobasna/Kolbasna.

L’articolo costituzionale che rifiuta la presenza di contingenti stranieri è servito solo a tenere la Nato il più lontano possibile dai confini moldavi e a impedire la cooperazione con le forze dell’Alleanza, mentre gli effetti su un eventuale ritiro delle truppe russe sono stati nulli. Lo status di neutralità sancito dalla Costituzione, benché non garantito da nessuno, ha comunque indotto Chișinău a disinvestire nelle politiche di difesa.


I problemi della Moldova sono radicati molto più a fondo della congiuntura che attraversa ora. Questa piccola repubblica è di fatto in crisi dal primo momento in cui è apparsa sulla mappa.Dal giorno della sua indipendenza (27 agosto 1991), Chișinău ha sempre dovuto fare affidamento su aiuti esterni per sopravvivere (rimesse, prestiti, sovvenzioni). Ciò cui assistiamo oggi in seguito all’invasione russa dell’Ucraina è solo l’esacerbarsi di una crisi che non è mai veramente scomparsa. Prima di affrontare la questione della sicurezza militare della Moldova, occorre discutere la situazione socioeconomica di un paese che ha tutte le caratteristiche di uno Stato fallito.


Carta di Laura Canali - 2023

Carta di Laura Canali – 2023


2. Dal punto di vista demografico, la Moldova registra il tasso più alto di spopolamento in Europa, pur non essendo più stata in guerra dal 1992. Villaggi e piccole città si sono svuotati. Se nel 1991 la popolazione era di 4 milioni e 364 mila abitanti (inclusi quelli della Transnistria, circa 731 mila), ora il paese ne conta 2 milioni e 900 mila 3. In 30 anni i cittadini moldavi sono diminuiti di un milione e mezzo, toccando una quota simile a quella del 1955. Un tale tasso di spopolamento è unico nella storia della Bessarabia (la regione storica da cui è originata la Moldova). Tra le cause vanno annoverate povertà ed emigrazione economica (permanente e temporanea) ma anche un tasso di crescita naturale negativo.


La situazione dell’economia è ancora più drammatica. Come afferma l’analista economico di Bucarest Petrișor Peiu, oggi Chișinău sta affrontando la sua terza recessione in soli 7 anni 4.Il pil moldavo stimato per il secondo trimestre del 2022 (64,3 miliardi di lei moldavi 5) è diminuito, in termini reali, dell’1,3% e nel primo semestre dello stesso anno è stata registrata una contrazione del 6,3%. L’estrema vulnerabilità dell’economia moldava è dovuta all’elevato grado di dipendenza dall’esterno, in termini sia commerciali sia di assistenza finanziaria. Tale vulnerabilità aumenta con l’aggravarsi del disavanzo commerciale, che ha quasi raggiunto i 2,5 miliardi di euro nei primi sette mesi dell’anno, registrando importazioni per 5,1 miliardi ed esportazioni per 2,6 miliardi. In altre parole, per ogni euro esportato si fanno importazioni del valore di due euro. Il dramma di queste cifre è evidente se si guarda allo stesso periodo (gennaio-luglio) di cinque anni fa, in cui il deficit commerciale era di soli 1,35 miliardi di euro: circa la metà di quanto totalizzato quest’anno.


Arriviamo così all’indicatore più importante: il tasso di inflazione, misura del degrado senza precedenti del potere d’acquisto e del tenore di vita in Moldova. Negli ultimi 12 mesi il tasso di inflazione annualizzato è aumentato del 30,2%, con conseguente aumento dei prezzi medi di consumo: il costo dei prodotti alimentari è cresciuto di quasi un terzo, quello dei beni non alimentari del 20% e quello dei servizi forniti alla popolazione del 44%. La rapidità e la drasticità con cui si sono aggravati i parametri inflativi sono motivo di preoccupazione quotidiana tra i moldavi. Inoltre, l’elettricità è diventata più costosa di circa 2,7 volte e il gas naturale di quasi l’80% 6. Persino l’Ucraina, paese devastato dalla guerra, ha un tasso di inflazione annualizzata pari al 26,6% 7,dunque inferiore a quello della Moldova, mentre in Russia si attesta all’11,9% 8. Neanche gli Stati baltici, scossi indirettamente dal conflitto e pure soggetti ad alti livelli di inflazione (tra il 17,5 e il 22% 9), arrivano alle cifre registrate da Chișinău.


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Chișinău, infine, è priva di una vera politica di sicurezza. L’unica garanzia di cui dispone è la resistenza dell’Ucraina. Si pensi a quando nella primavera 2022 si temeva che i russi raggiungessero Odessa. In quel caso le forze di Mosca si sarebbero trovate di fronte una popolazione non ostile, su cui anzi l’idea di Mondo Russo (Russkij Mir) esercita una certa presa. Ciò può esser detto anche delle regioni di Bugeac/Budjak (Ucraina), della Transnistria e persino nella stessa Moldova, dove circa la metà della popolazione nutre simpatie filorusse. Se le truppe della Federazione fossero davvero arrivate a Odessa il fronte sarebbe crollato facilmente: la Transnistria sarebbe stata spinta a schierarsi apertamente con Mosca e la Moldova non sarebbe stata in grado di frenare l’eventuale avanzata dei russi, che avrebbero raggiunto senza problemi il fiume Prut. In quel periodo, Chișinău ha adottato un atteggiamento molto cauto nei confronti della guerra, suscitando irritazione nelle autorità di Kiev. In seguito il registro è cambiato: ora le autorità moldave professano totale solidarietà all’Ucraina e hanno perfino sollevato la necessità di un potenziamento delle forze militari. Obiettivo per cui comunque il governo non dispone di sufficienti fondi e che potrebbe essere conseguito solo ricorrendo a un supporto esterno, ciò che però contravverrebbe al principio di neutralità.


3. La terza città più grande dell’Ucraina, Odessa, è anche l’unico porto in acque profonde del paese. Prima dell’invasione militare russa, da qui passava circa il 65% del commercio marittimo dell’Ucraina nonché il 70% del volume totale delle sue importazioni ed esportazioni 10. Attualmente è l’unico porto che esporta cereali sul mercato internazionale, in attuazione dell’accordo umanitario marittimo tra Russia e Ucraina mediato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia (Black Sea Grain Initiative 11). Da un punto di vista strategico, Odessa è anche un nodo di comunicazioni stradali e ferroviarie verso altre regioni del paese, verso la capitale Kiev e verso la Moldova. Considerati gli obiettivi iniziali dell’invasione militare russa e quelli energetici degli ultimi mesi, non si può escludere che in caso di ripresa di un’offensiva militare su larga scala Mosca scelga di colpire le infrastrutture economiche e i canali di esportazione marittima di merci, bersagliando il porto cittadino di Odessa e le coste regionali adiacenti (Mykolajiv/Nikolaev e Bugeac/Budjak). In questo caso, la Russia non solo otterrebbe il pieno controllo della costa ucraina dal Mar d’Azov alle foci del Danubio, ma si assicurerebbe anche un corridoio strategico verso la regione separatista della Transnistria e verso Kiev. La riconquista dell’Isola dei Serpenti nei primi giorni dell’invasione è indicativa in tal senso.

 

 

la parte al sud ovest in giallo oro è la regione del Budjak   ( UCRAINA )-
A nord di questa regione, c’è la Moldova e in rosso- violetto la Transnistria– CARTINA

DA : https://www.limesonline.com/carta-guerra-ucraina-russia-novorossija-putin/131084   del  9-2-23

 

 

 

 


Le truppe russe potrebbero prendere Odessa con una vasta azione armata combinata coinvolgendo le forze di terra di Kherson, che dovrebbero prima impadronirsi della città di Mykolajiv con operazioni di sbarco navale e aereo tra gli estuari di Tylihul e Kuyalnik, per poi stabilire teste di ponte a nord della riva orientale del fiume Nistru/Dnestr e infine accerchiare Odessa. Queste manovre andrebbero coadiuvate da artiglieria e aviazione navale e richiederebbero il supporto diretto del fuoco missilistico delle navi da guerra russe. A seconda del successo dell’operazione di accerchiamento, i russi potrebbero poi valutare di dirigersi verso la regione di Bugeac/Budjak al fine di raggiungere le foci del Danubio.


D’altra parte, il porto cittadino di Odessa è molto difficile da conquistare. Non solo per la configurazione della costa e per le caratteristiche fisiche del terreno nelle vicinanze della città, ma anche in ragione delle misure adottate dall’Ucraina per difendere la linea costiera: difesa tattica anti-aerea, opere permanenti di ingegneria e fortificazioni interrate. Nonostante il rinfoltimento del 22° Corpo d’Armata russo in Crimea (subordinato alla Flotta del Mar Nero), il riarmo dell’Aeronautica e il potenziamento delle difese aeree qui dispiegate, le perdite umane e materiali sarebbero elevatissime per la Federazione e avrebbero un impatto psicologico e mediatico estremamente negativo sia sulle le forze russe sia sull’opinione pubblica e sullo stesso Putin. È quindi improbabile che Mosca si lanci in una vasta operazione aeronavale e terrestre per l’occupazione di Odessa e delle regioni adiacenti. Piuttosto, continuerà a mantenere il suo blocco navale e a controllare le rotte marittime commerciali dell’Ucraina, che passano per quel porto.


Carta di Laura Canali - 2023

Carta di Laura Canali – 2023


4. La Transnistria è rimasta per ora neutrale nella guerra d’Ucraina. Il governo moldavo avrebbe potuto approfittare del contesto bellico e del sostegno di Kiev per premere su Tiraspol’ affinché smilitarizzasse l’area dai soldati russi. Invece i toni si sono distesi: Chișinău è arrivata a sostenere che nella regione separatista esistano un campo della pace e uno della guerra e che con il primo si possa perfino discutere. Distinzioni semplicemente inesistenti prima che scoppiasse la guerra, quando le autorità d’Oltre Nistru erano considerate agenti al soldo di Mosca. Chișinău continua peraltro a sovvenzionare le élite economiche di Tiraspol’: tutto il gas venduto dalla Federazione Russa alla Moldova viene infatti inviato in Transnistria, dove l’impianto di Cuciurgan lo trasforma in energia elettrica e lo vende… alla Moldova. In pratica, nonostante la guerra e il separatismo promosso dalle autorità transnistriane, il rapporto tra Chișinău e Tiraspol prosegue senza ostacoli, anzi forse meglio di prima.


Il formato 5+2 per la regolamentazione del conflitto transnistriano, di cui fanno parte Moldova, Transnistria, Ucraina, Russia e Osce (e anche, con status di ospiti, Stati Uniti e Unione Europea) non è di fatto mai stato ripudiato dai moldavi. Ciò significa che a guerra finita questa cornice negoziale potrà essere riattivata e che Mosca potrà sfruttare una eventuale partecipazione ai lavori del format per riguadagnare dignità sul piano internazionale. In caso gli ucraini vincessero, è tuttavia improbabile che accetterebbero di sedere al fianco dei russi.


Anche nel caso ideale in cui i soldati russi si ritirassero e nel territorio separatista si instaurasse un regime di autonomia, la Transnistria rimarrebbe comunque un problema per la Moldova. Per almeno tre ragioni di carattere politico, prima ancora che economiche o di sicurezza. Anzitutto, la regione ha sviluppato negli ultimi 30 anni una forte identità locale. In un sondaggio del 2019 12, il 38% degli abitanti si definisce «transnistriano» e il 36% «russo», mentre solo il 14% si identifica come «moldavo». In secondo luogo, la popolazione della regione non è filo-europea, nonostante le illusioni di alcuni politici di Chișinău: nelle ultime elezioni presidenziali ha votato per Maia Sandu il 14% degli elettori transnistriani (4.413 cittadini).

MAIA SANDU, PRESIDENTE DELLA TRANSNISTRIA DAL 24-12-2020;
era stata Primo ministro della Moldavia dall’8 giugno al 14 novembre 2019.

” In seguito all’Invasione russa dell’Ucraina del 2022, Sandu ha firmato il 3 marzo 2022 la domanda di adesione all’UE, insieme a Igor Grosu, il presidente del parlamento moldavo e Natalia Gavrilița, Primo Ministro della Moldavia. ”  ( WIKIPEDIA : https://it.wikipedia.org/wiki/Maia_Sandu )

 

Ciò vuol dire che l’ingresso della popolazione della Transnistria nel campo elettorale moldavo farebbe pendere la bilancia elettorale verso il polo filo-orientale almeno per il prossimo decennio, mettendo così a repentaglio il percorso di integrazione europea di Chișinău. In tal modo, Mosca acquisirebbe per altro un’importante leva di influenza nel processo. Questo senza contare il debito di quasi 8 miliardi di dollari contratto dalla Moldova per aver fornito gas alla Transnistria 13 negli ultimi trent’anni né i problemi di corruzione e criminalità organizzata che l’integrazione di questo territorio separatista porterebbe al paese.


Infine, nella prospettiva di negoziati finali per il conflitto ucraino, il dossier transnistriano potrebbe essere evocato per risolvere il problema dello status ambiguo di alcuni territori dell’Ucraina: c’è quindi la possibilità che la soluzione delle autonomie territoriali, rifiutata da Kiev nell’ambito degli accordi di Minsk, venga ripresa facendo leva sul precedente della Moldova.


5. Abbiamo insistito sulla situazione di crisi permanente della Moldova perché è essenziale in qualsiasi discussione relativa a una potenziale unione (Unirea) con la Romania, questione che si pone soprattutto in tempi di crisi. La nostra tesi è che la prospettiva di un’unione sia per i cittadini moldavi al massimo una soluzione in negativo: la situazione è peggiorata a tal punto che il ricongiungimento con la Romania sul modello tedesco e il conseguente ingresso nell’Ue e nella Nato sono visti come male minore. Una popolazione che per il 70% vede il futuro dei propri figli al di fuori della Moldova 14 è una popolazione che non crede più in questo Stato.

 


In Romania, circa il 75% degli abitanti si esprime a favore dell’unione con la Moldova. Si tratta tuttavia di una sorta di posizione politica di rito, che la popolazione romena abbraccia senza avere una vera consapevolezza dell’effettiva situazione geopolitica di Chișinău e delle conseguenze economiche di tale progetto 15. I sondaggi condotti in Moldova rivelano invece che i suoi abitanti sarebbero favorevoli alla prospettiva unionista per il 35-40%: è l’unico tasso in costante crescita dagli anni Novanta, anche se di fatto non è supportato da dichiarazioni unioniste da parte di Chișinău o di Bucarest. Questo orientamento è motivato da diversi fattori. Un ruolo importante è giocato dal cambio generazionale: rispetto ai primi giorni di indipendenza della repubblica, oggi si sta affermando una generazione che non nutre più le fobie sovietiche della precedente. Inoltre – e questo è l’elemento più importante – l’aumento delle simpatie unioniste è sintomo del fallimento della Repubblica Moldova come progetto politico. Negli ultimi 30 anni Chișinău ha sperimentato i regimi più disparati: governi di sinistra, filorussi, filo-europei, coalizioni Est-Ovest con rappresentanti di entrambe le correnti. Nessuno di questi ha funzionato, nessuno è riuscito a proporre un programma nazionale di successo. Neanche l’esenzione dai visti per i cittadini moldavi può essere considerata una vera vittoria, perché gran parte di loro (oltre un milione 16) possedeva già un passaporto romeno – dunque europeo – con cui poter circolare e stabilirsi nel Vecchio Continente. La reintegrazione della regione transnistriana non c’è stata, le truppe russe non hanno lasciato il paese, la prosperità non è arrivata. La Moldova è rimasta un paese diviso tra Oriente e Occidente.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


Lo stesso riconoscimento dello status di paese candidato all’ingresso nell’Ue è percepito positivamente solo dalla metà dei cittadini. È per altro diffusa la sensazione che il merito principale non sia da attribuire a Chișinău ma alla guerra in Ucraina. Uno studio del 2019 sulla sociologia dell’unionismo moldavo 17 evidenzia come la prospettiva di un ricongiungimento con la Romania sia in realtà percepita con diverse sfumature dalla popolazione locale. Una parte di essa propende ad esempio per un «unionismo potenziale»: non voterebbe per l’unione ma la ritiene plausibile in un orizzonte di 10-20 anni. C’è poi un «unionismo passivo», quello di un 35% che sicuramente non voterebbe per l’unione ma neanche protesterebbe violentemente se dovesse concretizzarsi (solo il 4% dichiara che scenderebbe in strada e sarebbe pronto alla violenza). Per circa un 40% si può poi parlare di «unionismo del cuore», che sintetizza le posizioni di coloro che si unirebbero convintamente a Bucarest; una fetta considerevole degli intervistati si esprime infine per una sorta di «unionismo della mente», dichiarandosi a favore dell’unione «se gli stipendi, le pensioni, o le indennità aumentassero di tre-quattro volte».


6. Il quadro ricostruito non è dei migliori. Le sorti di Chișinău dipendono esclusivamente dall’Ucraina. La Moldova non dispone di alcun progetto di sicurezza autonomo e rischia di sparire dalla mappa europea, sia che la Russia raggiunga Odessa e continui verso i fiumi Nistru e Prut sia che la guerra finisca prima che le truppe di Mosca vengano ritirate dall’Ucraina.


Inoltre, data la sua fondamentale ambiguità strategica dovuta alla questione della Transnistria, nel caso di vittoria russa in Ucraina Chișinău potrebbe diventare una pericolosa vulnerabilità. Il rischio è che per risolvere i conflitti congelati le autorità moldave accettino – se non ora, dopo le elezioni – soluzioni favorevoli alla Russia (autonomia territoriale, federalizzazione) poi replicabili in Ucraina.


Il ricongiungimento con la Romania dipende anzitutto dagli sviluppi della guerra in corso e dagli equilibri interni moldavi. Se Kiev non ottiene una vittoria totale (il ritiro delle truppe russe da tutta l’Ucraina), ogni possibilità di integrazione europea per Kiev e Chișinău andrà in frantumi e la regione rimarrà un’area cuscinetto in gran parte controllata da Mosca. In questo caso, l’opinione pubblica internazionale sarà ancora più diffidente rispetto al futuro di questa repubblica. Gli sconvolgimenti innescati dalla guerra e il venir meno della prospettiva di integrazione europea rischiano di portare a un ulteriore deterioramento della situazione politica e socioeconomica interna. Questo insieme di fattori manterrà la questione unionista all’ordine del giorno, non necessariamente come progetto positivo ma in quanto soluzione negativa: la Romania è ciò che resta alla Moldova quando tutto il resto le viene portato via.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


Note:

1. D. Dungaciu, J. Godzimiski, «Russia and Frozen Conflicts in the Black Sea Region», New Strategy Center, Norwegian Institute for International Affairs, 19/10/2020.

2. D. Dungaciu, The Geopolitical Black Sea Encyclopaedia, Newcastle upon Tyne 2020, Cambridge Scholars Publishing.

3. V. Ioniță, «În ultimii 5 ani Moldova a cunoscut cel mai mare exod al populației din istoria sa» («Negli ultimi cinque anni la Moldova ha conosciuto il più grande esodo di popolazione della sua storia»), 13/7/2021.

4. P. Peiu, «În Basarabia abandonată de București, nu va mai exista niciun colac de salvare pentru mult timp de acum înainte» («Nella Bessarabia abbandonata da Bucarest, non ci sarà un’ancora di salvezza per molto tempo a venire»), Gândul, 26/9/2022.

5. Un euro vale circa 20 lei moldavi.

6. B. Nigai, «Rata inflației în decembrie 2022 a constituit 30%» («Il tasso di inflazione nel dicembre 2022 è stato pari al 30%»), radiomoldova.md, 11/1/2023.

7. O. Harmash, «Ukraine’s 2022 inflation hits 26.6%, but lower than forecast», Reuters, 10/1/2023.

8. «Russian monthly inflation was 0.78% in December – Rosstat», Reuters, 13/1/2023.

9. B. Oja, H. Wright, «Estonia’s inflation fell to 17.5 percent in December», ERR News, 6/1/2023; «Latvia Inflation Rate», tradingeconomics.com; «Lithuania Inflation Rate», tradingeconomics.com

10. C.A. Costea, «The strategic importance of the port of Odessa, Romanian Centre for Russian Studies», Romanian Centre for Russian Studies, 25/3/2022.

11. «Infographic – Ukraine grain exports explained», Consiglio dell’Unione Europea, 4/1/2023.

12. T. Cojocari, D. Dungaciu, R. Cupcea, «Perceptions, attitudes and values of the population from the left bank of Dniester river», Black Sea University Foundation (Funm) e Cbs-Axa Sociological Investigation and Marketing Centre, 2019.

13. P. Remler, «Transdniestria, Moldova, and Russia’s War in Ukraine», Carnegie Endowment for International Peace, 2/8/2022.

14. V. Ionițăop. cit.

15. D. Dungaciu, P. Peiu, Reunirea, București-Chișinău 2018, Libris.

16. M. Necșuțu, «Peste 100.000 de cetățeni ai Republicii Moldova așteaptă cetățenia română. Statistici oficiale despre deținătorii cetățeniei statului vecin» («Circa 100 mila cittadini della Repubblica Moldova stanno aspettando la cittadinanza romena. Statistiche ufficiali sui titolari della cittadinanza nello Stato vicino»), anticorupție.md, 8/6/2022.

17. D. Dungaciu, «Sociological Evaluations: Potential Unionism, Passive Unionism, Unionism of the Heart and Unionism of the Mind», in D. Dungaciu, V. Manolache (a cura di), 100 Years since the Great Union of Romania, Newcastle upon Tyne 2019, Cambridge Scholars Publishing.

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  1. DONATELLA scrive:

    Si potrebbe sospendere la guerra e istituire una commissione per discutere di come sistemare questa situazione inestricabile: la commissione andrebbe avanti per anni, la guerra sarebbe sospesa, la gente riprenderebbe la sua vita normale e piano piano ci si dimenticherebbe della guerra. Si tratta di una proposta che si attuerebbe lentamente, ma facendo tacere le armi. La Commissione potrebbe andare avanti fino all’estinzione naturale dei suoi partecipanti. Mi sembra estremamente ragionevole.

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