+++ STEFANIA MAURIZI — Ellsberg, la malattia di un uomo integro e quella dell’America — IL FATTO QUOTIDIANO DEL 14 MARZO 2023

 

 

STEFANIA MAURIZI

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IL FATTO QUOTIDIANO DEL 14 MARZO 2023
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Ellsberg, la malattia di un uomo integro e quella dell’America

 

PER LA VERITÀ RISCHIÒ IL CARCERE E LA VITA – L’eroe che con i Pentagon Papers fece conoscere agli Usa la palude del Vietnam ha un cancro al pancreas. La sua vita ha ispirato Snowden e Assange

 

 

14 MARZO 2023

“Cari amici e sostenitori, vi devo dare una notizia difficile. Il 17 febbraio, senza preavviso, mi è stato diagnosticato un cancro al pancreas (…) Mi dispiace dirvi che i miei medici mi hanno dato tra i tre e i sei mesi di vita”.Quando ho aperto questa email sul mio computer pochi giorni fa, faticavo a tenere a bada le emozioni. “NON un arrivederci, ancora”, era l’oggetto del messaggio. A inviarmelo, una leggenda: Daniel Ellsberg.

 

 

“Quando fotocopiai i Pentagon Papers nel 1969, avevo tutti i motivi di credere che avrei passato il resto della mia vita dietro le sbarre”, potevo leggere nella sua email, in cui raccontava di non provare alcun dolore fisico, in questa fase, e di avere una grande energia per fare interviste, dopo che il suo cardiologo gli aveva ormai concesso di abbandonare la dieta priva di sale. “Ho scoperto che io vivo meglio quando ho una scadenza!”, continuava. Non riuscivo ad andare avanti nella lettura… le lacrime mi sgorgavano dagli occhi in modo incontrollabile e il flusso dei pensieri mi riportava indietro nel tempo.

1971. La guerra in Vietnam. Tre milioni di morti. I civili vietnamiti bruciati vivi dal napalm. 58.200 ragazzi americani uccisi. Un grande movimento contro la guerra, che infiammava piazze e università, perché allora, negli Stati Uniti, c’era la leva obbligatoria: la guerra entrava in ogni casa e falciava figli e fratelli. Fu in quell’anno che Daniel Ellsberg fece un gesto di straordinario coraggio.

 

Consegnò alla stampa americanaPentagon Papers, un report di settemila pagine top secret sul conflitto in Vietnam, che rivelavano come il governo americano mandasse a morire decine di migliaia di ragazzi, pur sapendo che la guerra non aveva alcuna speranza di essere vinta. Ellsberg era un analista militare e lavorava per un think tank che si occupava di conflitti convenzionali e nucleari: la RAND Corporation. Aveva contribuito a scrivere quel report, custodito in cassaforte. A partire dal 1969, fotocopiò di nascosto le settemila pagine una per una, a notte fonda, con una fotocopiatrice di quegli anni, e le passò al New York Times e al Washington Post.

Pubblicarle richiese una battaglia legale entrata nella leggenda del giornalismo. Il presidente americano Richard Nixon piombò nella paranoia, il suo consigliere per la Sicurezza Nazionale, Henry Kissinger, confidò al suo staff che Ellsberg era “l’uomo più pericoloso d’America, che va fermato a ogni costo”.

 

Ellsberg fu incriminato con l’Espionage Act, una brutale legge del 1917: rischiava 115 anni di prigione per aver rivelato quei documenti top secret. Si salvò solo perché, nel tentativo di annientarlo, l’amministrazione Nixon commise un crimine dietro l’altro: pianificò di ammazzarlo, lo intercettò illegalmente, violò lo studio del suo psicanalista alla ricerca di segreti compromettenti. E gli uomini di Nixon non si fermarono lì: violarono anche la sede dei Democratici a Washington DC, innescando lo scandalo Watergate, che portò alle dimissioni del presidente, nel 1974. La guerra in Vietnam finì nove mesi dopo.

Ellsberg ne uscì con la testa attaccata al collo e senza finire in galera, ma gli Stati Uniti dovettero aspettare trentanove anni prima che un’altra analista dell’intelligence, Chelsea Manning, rivelasse centinaia di migliaia di documenti segreti del governo americano sugli orrori delle guerre in Afghanistan, in Iraq e della war on terror, pubblicati da Julian Assange e dai giornalisti di WikiLeaks nel 2010.

Ellsberg aveva subito detto di sentire un’affinità di spirito con Assange e Manning. E da allora, non ha mai fatto mancare il suo appoggio a Julian Assange e WikiLeaks. È sempre stato la loro roccia.

Arrivare alla soglia di 92 anni eccezionalmente lucidi e attivi, come Daniel Ellsberg, è una benedizione, e la morte può sembrare un fatto naturale, eppure la sua email mi fa un’impressione che non riesco a superare. La gioia di un’esistenza straordinaria, la serenità con cui affronta la morte, l’ironia, ma anche la missione di una vita: combattere la guerra, soprattutto quella nucleare, di cui Ellsberg conosce gli orrori segreti, a causa del suo lavoro top secret per la RAND.

“Ho potuto dedicare questi ultimi cinquanta anni a fare tutto quello che potevo immaginare per allertare il mondo sui pericoli della guerra nucleare e degli interventi militari sbagliati”, scrive nel suo messaggio, “ho fatto lobbying, conferenze, ho scritto articoli e libri e mi sono unito ad altre persone per protestare e per fare azioni di resistenza non violenta. Vorrei potervi raccontare che i nostri sforzi avessero avuto un successo maggiore. Mentre scrivo, la ‘modernizzazione’ delle armi nucleari è in corso in tutti i nove stati che le possiedono (soprattutto negli Stati Uniti). La Russia sta facendo minacce mostruose di iniziare una guerra nucleare per mantenere il suo controllo sulla Crimea e sul Donbass, esattamente come le decine di minacce, ugualmente illegittime, che il governo americano ha fatto, in passato, di usare per primo le armi nucleari al fine di mantenere la sua presenza militare in Corea del Sud, Taiwan, Vietnam del sud, e (con la complicità di ogni stato allora nella Nato) a Berlino Est. Il rischio attuale di guerra nucleare, sull’Ucraina, è il più grande che il mondo abbia mai visto”.

Arrivata alla fine del suo messaggio, cerco di distogliere la mia attenzione dalla sua persona, per concentrarlo sull’America che lui rappresenta. Un’America che ammiro: quella di chi denuncia i crimini del suo governo e lotta per un mondo più umano, rischiando la vita e la libertà.

Ma cinquant’anni dopo i Pentagon Papers, gli Stati Uniti non hanno più un movimento di massa contro la guerra, i grandi whistleblower sono tutti perseguitati – Manning, otto anni in prigione e tre tentativi di suicidio, Snowden, costretto a vivere in esilio – e i giornalisti rischiano il carcere a vita per aver rivelato crimini di guerra, come Julian Assange, incriminato con l’Espionage Act, proprio come Ellsberg.

Piango per Daniel Ellsberg e per la sua America che sta morendo.

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1 risposta a +++ STEFANIA MAURIZI — Ellsberg, la malattia di un uomo integro e quella dell’America — IL FATTO QUOTIDIANO DEL 14 MARZO 2023

  1. DONATELLA scrive:

    Grazie per avermi ricordato questa grande persona. Ho visto recentemente un film sulla sua vicenda eroica. La storia era incentrata soprattutto sul” Washington Post”, che doveva decidere se pubblicare quei documenti, andando incontro a processi e multe.

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