MICHELE GIORGIO, GERUSALEMME — A scuola di sciopero –TERRITORI OCCUPATI. Gli insegnanti palestinesi in mobilitazione da inizio anno contro salari da fame (quando arrivano). Ma la protesta è molto più ampia: la gente è stanca del governo di Ramallah + NOTA ( da riprendere )

 

 

IL MANIFESTO — 16 MARZO 2023
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A scuola di sciopero

 

 

TERRITORI OCCUPATI. Gli insegnanti palestinesi in mobilitazione da inizio anno contro salari da fame (quando arrivano). Ma la protesta è molto più ampia: la gente è stanca del governo di Ramallah

 

A scuola di sciopero

Manifestazione degli insegnanti a Ramallah – Getty images

 

Striscia di Gaza - Localizzazione

Striscia di Gaza – Localizzazione–2009
Gringer (talk)– https://it.wikipedia.org/wiki/Striscia_di_Gaza

 

 

 

 

Il freddo e la pioggia caduta copiosa in questi ultimi due giorni li hanno frenati dal tenere nuove proteste di massa. Sono però pronti a tornare nelle strade di Ramallah per far valere i loro diritti. Lunedì migliaia di insegnanti, dopo aver aggirato i blocchi stradali allestiti dalla polizia dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) all’uscita di Ubaidiya, Surda, Al Bireh e Tulkarem, hanno raggiunto Ramallah e si sono radunati davanti alla sede del Consiglio dei ministri costringendo il ministro dell’istruzione, Marwan Awartani, ad incontrarli, per la prima volta, da quando all’inizio dell’anno è scattato nella scuola pubblica lo sciopero più lungo e partecipato degli ultimi anni per ottenere finalmente un aumento dei salari. Awartani si è limitato ad assicurare che il governo farà la sua parte. Più di tutto ha esortato gli insegnanti a riprendere immediatamente il lavoro.

 

«Non abbiamo scelta, continueremo lo sciopero nonostante le minacce (del governo), siamo alla fame, il nostro stipendio basta per dieci giorni e non ci arriva neanche tutto il più delle volte», ci dice Sumaya H, insegnante di arabo in una scuola superiore. Anche lei ha partecipato al grande sit in di lunedì scorso. «Quelli (i ministri) ci accusano di danneggiare i ragazzi palestinesi, di sottrarci al dovere dell’insegnamento. Ma come fanno a non capire che stiano crollando e che anche noi siamo dei genitori e abbiamo delle famiglie da mandare avanti. Piuttosto il governo trovi i fondi necessari per mantenere le promesse che ha fatto. Si impegni a combattere la corruzione e lo spreco di fondi perché anche gli insegnanti hanno diritto a una vita dignitosa», aggiunge Sumaya replicando indirettamente alle parole del primo ministro Muhammad Shttayeh che all’ultima seduta del Consiglio dei ministri ha affermato che il governo «Qualche giorno fa ha firmato degli accordi con i sindacati… Gli insegnanti chiedevano che il bonus fosse fissato in busta paga e il Consiglio dei ministri ha acconsentito. Ed è andato anche oltre pagando il 5 per cento sullo stipendio del mese in corso e fissando il restante 10 per cento nella busta paga successiva». Quindi ha aggiunto che solo un «piccolo gruppo di insegnanti» si ostinerebbe a voler continuare lo sciopero. Dopo le sue parole il TAR dell’Anp ha ordinato il rientro nelle aule ma solo pochi docenti hanno rispettato il provvedimento.

 

Le cose non stanno come le racconta il governo, dicono i leader dello sciopero. La protesta, assicurano, coinvolge buona parte degli insegnanti delle scuole pubbliche. E comunque a guidare le rivendicazioni non è l’Unione generale degli insegnanti, il sindacato ufficiale, ma il Movimento unito degli insegnanti (Mui), indipendente e sorto con il proposito di tenersi a distanza dalle politiche e dalle decisioni delle autorità che non si renderebbero conto della gravità della condizioni degli insegnanti. Omar Assaf, uno dei rappresentanti del Mui, avverte che le assicurazioni del governo non sono concrete perché l’accordo raggiunto con il sindacato ufficiale sarà attuato solo se lo permetterà la situazione delle casse pubbliche. Tenendo conto della mancanza di fondi, dovuta anche ai tagli che Israele attua ormai con regolarità ai 150-200 milioni di dollari – dazi doganali e tasse – che raccoglie ogni mese ai valichi per conto dell’Anp (Accordi di Oslo 1993-4), la possibilità che le intese possano essere rispettate è a dir poco ridotta.

 

Ahmad T., 44 anni, insegna scienze a Hebron e descrive la frustrazione sua e dei colleghi. «Insegnare, trasmettere il sapere non è solo un dovere per me, è soprattutto un piacere» dice. «Quando sono entrato in un’aula per la prima volta e mi sono seduto di fronte agli studenti, ho pensato di aver raggiunto il traguardo che volevo. Non è andata come credevo da giovane» racconta. Aggiunge di «non aver mai pensato di diventare benestante facendo l’insegnante» ma neanche «di finire in miseria e di essere poi accusato di non rispettare il diritto all’istruzione di bambini e ragazzi». In media un insegnante del ministro dell’istruzione dell’Anp riceve mensilmente in busta paga tra 2000 e 3000 shekel (tra 500 e 700 euro), una retribuzione del tutto inadeguata a coprire il costo reale della vita nei Territori palestinesi occupati. E quei pochi che percepiscono di più comunque non guadagnano abbastanza per una vita dignitosa. «I miei colleghi ed io – spiega Ahmad – facciamo altri lavori, diversi dall’insegnamento, per sopravvivere. Un tempo ci aiutavamo le ripetizioni private, ora però le famiglie non hanno abbastanza soldi. Nessun ha più soldi, specie se lavori per l’Anp».

 

Il governo Shttayeh si giustifica sottolineando i tagli di Israele ai fondi palestinesi e il calo delle donazioni arabe e internazionali all’Anp. Problemi reali che tuttavia convincono solo in parte la massa dei dipendenti pubblici. «Credo che la questione sia molto più ampia e che vada ben oltre lo sciopero degli insegnanti che prosegue da settimane. È un questione di consenso all’Anp che si sta sgretolando. Le rivendicazioni salariali si aggiungono alla profonda delusione per il ruolo dell’Anp che non ha realizzato alcuna delle aspirazioni palestinesi nei trent’anni passato dagli Accordi di Oslo» ci spiega il giornalista Nasser Atta. «Non è che gli insegnanti – prosegue – e tutti gli altri palestinesi non siano consapevoli delle politiche di Israele e della precarietà finanziaria del governo. Però si domandano cosa abbia fatto l’Anp per evitare tutto questo».
Tanti palestinesi ora guardano alle Forze di sicurezza che ricevono oltre il 30% del budget dell’Anp ed inoltre cooperano con l’intelligence israeliana. L’istruzione pubblica arriva appena al 10%.

 

 

NOTA – 1 

L’Autorità Nazionale Palestinese (ANP)

 

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ABU MAZEN – ANP

 

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L’Autorità Nazionale Palestinese (ANP, è l’organismo politico di autogoverno palestinese ad interim, formato nel 1994 in conseguenza degli Accordi di Oslo per governare la Striscia di Gaza e le aree A e B della Cisgiordania.

L’ANP era una filiale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina  ( OLP ). Questa in origine era l’unica entità politica a rappresentare il popolo palestinese, nei primi decenni di lotta contro Israele, a livello internazionale tra gli anni sessanta e novanta.

 

Yasser Arafāt

 

 

Dal 3 gennaio 2013, in conseguenza della risoluzione 67/19 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’Autorità Palestinese ha adottato il nome di Stato di Palestina sui documenti ufficiali.
Tuttavia, lo Stato di Palestina (unilateralmente proclamato nel 1988 dall’OLP, ma non ancora effettivamente indipendente e sovrano) e l’Autorità Nazionale Palestinese (creata nel 1994 in accordo con Israele per governare transitoriamente parte dei territori palestinesi in attesa di un accordo di pace definitivo) restano due organismi distinti.

 

Nel 2005, dopo la morte di ʿArafāt e dopo un breve governo ad interim di Rawhi Fattuh, alla presidenza dell’ANP è succeduto Abū Māzen (Muhammad ʿAbbās) che batté col 62,3% dei voti il medico Muṣṭafà Barghūthī, che si era presentato come candidato indipendente, raccogliendo il 19,8% dei voti.

L’Autorità Nazionale Palestinese, in quanto rappresentante del popolo palestinese, dispone di un posto di osservatore all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e di un seggio permanente nell’ambito della Lega degli Stati Arabi e della Organizzazione per la Conferenza Islamica. Dal 2011 inoltre, come Palestina, è membro dell’UNESCO.

 

Dopo la firma degli accordi di Oslo la Cisgiordania e la Striscia di Gaza sono state divise in aree (A, B, e C) e governatorati:

  • Area A: è l’area sotto il controllo civile e di sicurezza dell’ANP.
  • Area B: è l’area sotto il controllo civile dell’ANP e di Israele per quanto riguarda la sicurezza.
  • Area C: è l’area sotto il controllo integrale di Israele.

Dalla battaglia di Gaza del 2007 la Striscia di Gaza è sotto il controllo di Hamas.

L’ANP ha suddiviso lo Stato di Palestina in 16 governatorati, 11 in Cisgiordania e 5 nella Striscia di Gaza:

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Zone sotto il controllo ANP (aree A e B in verde)
Roke~commonswiki

ALTRO :
https://it.wikipedia.org/wiki/Autorit%C3%A0_Nazionale_Palestinese

 

 

 

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1 risposta a MICHELE GIORGIO, GERUSALEMME — A scuola di sciopero –TERRITORI OCCUPATI. Gli insegnanti palestinesi in mobilitazione da inizio anno contro salari da fame (quando arrivano). Ma la protesta è molto più ampia: la gente è stanca del governo di Ramallah + NOTA ( da riprendere )

  1. DONATELLA scrive:

    E’ davvero un brutto segno che la scuola pubblica in molti Paesi abbia così poca considerazione, che si riflette poi sugli stipendi.

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