GIANFRANCO PAGLIARULO, Il libro del presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo– IL FATTO QUOTIDIANO — 25 APRILE  2023/ 27 APRILE +++ DONATELLA DI CESARE, Così la fascistizzazione dello Stato è già in atto-++-video David Broder

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO — 25 APRILE  2023
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/04/25/lantifascista-oggi-combatte-le-disuguaglianze-e-lotta-per-una-democrazia-sociale-il-libro-del-presidente-dellanpi-pagliarulo/7140811/

 

POLITICA

“L’antifascista oggi combatte le disuguaglianze e lavora per una democrazia sociale”: il libro del presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo

 

 

“L’antifascista oggi combatte le disuguaglianze e lavora per una democrazia sociale”: il libro del presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo

 

Un libro per leggere l’oggi, per capire cosa vuol dire essere antifascisti al giorno d’oggi. A scriverlo è Gianfranco Pagliarulo, il presidente dell’Associazione nazionale partigiani. Il volume si intitola “Antifascismo adesso. Perché non è ancora finita” (edizioni Mimesis). Un libro che richiama ciascuno di noi a una riflessione su una nuova narrazione della Resistenza senza perdere la memoria del passato, i valori che hanno fondato la nostra Repubblica. Ilfattoquotidiano.it anticipa in esclusiva alcuni brani del capitolo “Appunti sul che fare”.

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Una riflessione all’altezza dei tempi sull’antifascismo e sul suo rilancio non può che collocarsi nella prospettiva della costruzione di una società migliore, a partire dal suo fondamento storico, la Resistenza, e giuridico-legislativo, la Costituzione. Ciò richiede uno sforzo teorico e pratico collettivo, che potrebbe – e forse dovrebbe – coinvolgere tutte le culture politiche che fanno riferimento alla centralità della persona, ai diritti sociali, ai diritti civili, ai diritti umani, a una prospettiva di pace non come utopia, ma come cassetta degli attrezzi per risolvere le controversie internazionali dando vita a un assetto del mondo finalmente multipolare. Uno sforzo che deve mettere capo a un grande campo di pensiero laico e religioso, in linea di principio inclusivo, che si riconosca in un orizzonte correttamente definibile come nuovo umanesimo. (…)

Essere coerentemente antifascisti oggi vuol dire, in conseguenza di tutto ciò che ho scritto nelle pagine precedenti, contrastare sia i fenomeni propriamente fascisti, sia i fenomeni più in generale autoritari, sia il declino della democrazia liberale, dotandosi però di uno sguardo lungo, capace cioè di immaginare le forme di una democrazia più avanzata, di combattere efficacemente e di rimuovere i fattori delle diseguaglianze sociali.

Mi pare perciò che i tre punti fondamentali di una moderna visione antifascista siano i seguenti:

antifascismo come contrasto al fascismo e al neofascismo, e al contempo come decostruzione della narrazione neofascista;

antifascismo come difesa e attuazione della Costituzione, cioè come definizione di un orizzonte più avanzato di democrazia, la democrazia sociale;

antifascismo come nuova narrazione della Resistenza. C’è infine da riflettere su quali siano o possano essere le forze motrici dell’antifascismo oggi. (…)

Aggiungo che, per la prima volta dal dopoguerra, ci sono le condizioni parlamentari per un cambiamento anche radicale della Costituzione da parte delle sole forze di destra a trazione postfascista.

Allo stato delle cose, sono annunciati interventi sulla forma di governo, sul sistema delle autonomie, sulla giustizia, interventi che di per sé stravolgerebbero la Carta; ma non si possono escludere in futuro revisioni di altri punti chiave. È possibile in sostanza un attacco alla Costituzione di dimensioni inedite. Assieme, occorre contrastare la rilegittimazione strisciante del fascismo storico e la contestuale delegittimazione della Resistenza, assi portanti di una narrazione afascista. Basti pensare alla campagna su Norma Cossetto, che simboleggia il tentativo di capovolgere il paradigma vittimario, di accreditare una versione degli avvenimenti secondo cui le vittime della violenza non sono più i partigiani e i civili, ma i fascisti e “gli italiani”. Per non parlare delle foibe, che rimangono – sia chiaro – eventi da condannare senza esitazione, ma che sono spiegabili storicamente.

In alcuni Consigli regionali sono state approvate mozioni che sanzionano o limitano in qualche modo la libera ricerca storiografica in nome di una presunta verità di Stato.

La Resistenza come lotta di liberazione dal nazismo e dal fascismo e come lotta di classe, già derubricata a “guerra civilenel saggio di Pavone, rischia di diventare nella vulgata postfascista una guerra paradossalmente “antiitaliana”.

Per esempio, l’invasione italiana della Jugoslavia può trasformarsi in liberazione delle terre irredente.

Si percepisce già qualche inquietante nostalgia per l’italianità di Fiume e dell’Istria; a ciò si aggiunga, come segnala Federico Tenca Montini, «la dichiarazione di Viktor Orbán, che recentemente ha fatto scalpore, sull’ungaricità di Fiume (nell’economia dell’Impero austroungarico la Croazia era infatti sotto il controllo di Budapest, cui Fiume fungeva da porto)». È il cortocircuito dei neonazionalismi. La conclusione logica del percorso di riscrittura della storia che è in pieno svolgimento è molto semplice:

se le vittime sono tutte uguali, anche i carnefici sono tutti uguali. Dunque fascisti e antifascisti, X MAS e partigiani vengono messi tutti nello stesso sacco, semmai con un trattamento di favore per i fascisti, che “difendevano l’italianità”. (…)

Va ribadito che la Costituzione è la forma legislativa e giuridica storicamente determinata dall’antifascismo e dalla Resistenza, e dunque ha il valore – come ho in precedenza accennato – sia di una rivoluzione promessa, sia di una rivoluzione istituzionale.

In ogni sua parte la Carta fondamentale contiene un’idea di Stato e di società specularmente inverse a quella fascista. (…)

La Resistenza non è più soltanto l’ultima parte della storia, ma diviene anche la prima parte, cioè il presupposto, della convivenza civile. (…) Allo stato delle cose rimane una vocazione antifascista nel centro-sinistra, in alcuni casi però intermittente e in altri offuscata da tensioni e lacerazioni sia fra i soggetti politici che compongono quello schieramento sia, qualche volta, all’interno di essi, e condizionata da linee politiche profondamente diverse, in alcuni casi opposte.

La questione non si risolverà fino a quando non ci sarà una definita e credibile rappresentanza politica del mondo del lavoro e una definita e credibile unità delle forze politiche che definiamo democratiche per far rinascere il Paese, dopo tutte le tragedie che stiamo vivendo, sulla base di una svolta profonda nelle politiche economiche e sociali, in quelle relative alla pace e alla guerra, al welfare, all’accoglienza, alla tutela dell’ambiente, al rilancio della Repubblica parlamentare e della partecipazione popolare.

 

 

 

Sinossi

Cosa vuol dire essere antifascisti ai giorni nostri? Esiste un pericolo di ritorno del fascismo storico? O è piuttosto verosimile l’espandersi di un impasto di nazionalismo camuffato da primato patriottardo, di razzismo come paura patologica dell’altro, di dirigismo autoritario, di pensiero antiscientifico mischiato a elementi propri del fascismo?

Essere antifascisti adesso vuol dire contrastare il mostro destrutturandolo e assieme proporre un’alternativa che è tutta contenuta nella Costituzione, mai pienamente applicata, e che va difesa, nella cura della memoria partigiana. Occorre una nuova narrazione della Resistenza, in cui la memoria del passato diventi guida per l’azione nel presente e stimolo per l’impegno civile. Al tempo del reversibile declino della democrazia, quando il sistema dei partiti non corrisponde più all’arco costituzionale dei primi decenni della Repubblica, l’associazionismo democratico può essere sia una barriera contro qualsiasi avventura autoritaria sia un punto di ripartenza civile e sociale nella storia dell’Italia libera e liberata. Ma non basta. Occorre estirpare i mali che avvelenano il Paese e creano sfiducia, risentimento, rancore: la povertà, il declassamento sociale, la disoccupazione. Non c’è antifascismo senza lotta contro le diseguaglianze.

 

GRAZIE A DONATELLA !

 

IL FATTO QUOTIDIANO — 27 APRILE 2023
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/04/27/cosi-la-fascistizzazione-dello-stato-e-gia-in-atto/7143030/

 

Così la fascistizzazione dello Stato è già in atto

DI DONATELLA DI CESARE

I fascisti sono fascisti. Non sono ignoranti. Difficilmente cambierebbero le loro idee se, come alcuni ripetono in questi giorni convulsi, studiassero meglio i libri di Storia.

L’erronea convinzione che un fenomeno politico possa essere ridotto a incultura, incompetenza, nasce da un certo progressismo di sinistrache si è visto, e si vede ancora, come il partito che cavalca il tempo seguendo la freccia della Storia. Una freccia diretta appunto verso il progresso. Questa visione ingenua e riduttiva ha portato alla situazione attuale. Quelli che venivano chiamati nel migliore dei casi “rigurgiti” – a indicarne appunto il riemergerne temporaneo dal passato, una ricomparsa esigua e non preoccupante – sono diventati i capi del governo attuale. Un trauma profondo per molta parte del Paese che fa fatica ad accettarlo. Tanto più che i “rigurgiti”, una volta al potere, hanno agito (o non agito) in coerenza con il loro post-fascismo, vale a dire esibendo elementi di continuità con il passato, ma mostrando anche tratti inediti che ne fanno un nuovo animale politico.

Ed ecco il 25 Aprile, la data di nascita di un nuovo Paese. Per La Russa & C. una data da aggirare con parole e gesti. Perché loro antifascisti non sono e non lo saranno mai. A che pro chiederglielo? Per anni e decenni hanno guardato con occhi torvi i cortei che sfilavano per ricordare l’ingresso festoso dei partigiani nelle città italiane liberate. Loro erano dall’altra parte, e si sentivano sconfitti. La cosiddetta “pacificazione” – una delle tante parole vuote – non c’è mai stata e non poteva esserci.

Perché in Italia in quegli anni ha avuto luogo una guerra civile che, al contrario di quel che è avvenuto nel contesto spagnolo, non è stata riconosciuta nella sua gravità e profondità. Le “forze progressiste” si sono raccontate di aver vinto per sempre e definitivamente. E siccome il progresso va solo assecondato, hanno abdicato ai loro contenuti, rinunciato ai loro ideali. Anche a costo di distruggere e annientare parti decisive della sinistra, come è accaduto negli anni Settanta. È stata quella una nuova fase, quasi una ripresa della guerra civile, dove i fascisti, oltre a scatenare una violenza inaudita, andarono tessendo nell’ombra le trame più buie ed eversive.

A lottare nelle piazze fu la generazione Settanta, che dalla stessa sinistra subì una terribile repressione e che viene ancora stigmatizzata. Erano peraltro quelli che promossero una critica contro l’Unione sovietica e si identificarono in Jan Palach che si era dato alle fiamme per protestare contro i carri armati a Praga.

I “nipoti di Mussolini” (secondo il titolo del libro di David Broder) si sono moltiplicati; la loro natalità è alta, perché hanno fatto leva non tanto sull’ignoranza quanto sulla fortissima depoliticizzazione di questo Paese, dove molti si sentono esautorati dalla democrazia. E ora che sono al potere riscrivono la Storia, quella del ventennio e quella degli anni Settanta.

Partono astutamente dal dogma dei due totalitarismi, avallato qualche anno fa anche dall’Ue, per cui il nazismo sarebbe equiparabile allo stalinismo. È una tesi controversa. Le analogie sono evidenti: soppressione della democrazia e delle libertà individuali, introduzione del partito unico e il monopolio dello Stato. Ma le differenze sono incommensurabili. L’ideale umanistico di emancipazione può essere criticato, ma neppure lontanamente avvicinato al nazifascismo, che è stato il progetto di una perversione, quello del rimodellamento etnico della popolazione.

E soprattutto il gulag non è il campo di sterminio dove, con un salto nell’antimondo, si è passati all’industrializzazione della morte. Se non si capisce questo, si rischia di sottovalutare un progetto politico fondato sul mito dell’identità etnica, che non si è esaurito e ricompare oggi in altre forme e con slogan analoghi.

La Russa, Lollobrigida, Piantedosi, Valditara – la fascistizzazione dello Stato è in atto. E passa fra l’altro per il discredito gettato sulla Resistenza, a cui hanno contribuito quelli che nell’ultimo anno l’hanno a torto utilizzata per avallare la guerra d’Ucraina. Un paragone vergognoso, che ha avuto e ha ripercussioni politiche devastanti.

In questo nuovo scenario occorre allora chiedersi che cosa significa la parola “antifascista”, che appare logora ed esaurita. Se lo chiede Gianfranco Pagliarulo nel suo libro Antifascisti adesso… perché non è ancora finita (Mimesis 2023), dove rinviando alla difesa della Costituzione, riconosce anche l’esigenza di una decostruzione di questo post-fascismo, che purtroppo manca. Cambiare rotta insomma, interrogarsi davvero sull’antifascismo, dato troppo spesso per scontato, prenderlo non come punto d’arrivo, bensì di partenza.

 

NOTA 1 – NORMA COSSETTO

 

Norma Cossetto  (Visinada17 maggio 1920 – Antignana, 4 o 5 ottobre 1943), fu una studentessa italianaistriana di un villaggio nel comune di Visignano, uccisa dai partigiani jugoslavi nei pressi della foiba di Villa Surani.

CONTINUA:: 

https://it.wikipedia.org/wiki/Norma_Cossetto

 

 

NOTA 2- DAVID BRODER– video 

 

Mussolini's Grandchildren: Fascism in Contemporary Italy - David Broder - cover

Mussolini’s Grandchildren: Fascism in Contemporary Italy

di David Broder(Autore)

Pluto Press, 2023

 

COMMENTO : UNICO ARTICOLO  TROVATO IN ITALIANO, MA SOLO APRENDO IL LINK

https://www.vigilanzatv.it/financial-times-e-david-broder-meloni-mussolini-e-lombra-lunga-del-fascismo/

 

 

 

VIDEO DI RADIO RADICALE:

1h 56 minuti

https://www.radioradicale.it/scheda/694925/clioscopio-i-nipoti-di-mussolini-lombra-del-fascismo-sulla-storia-ditalia

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