Basi NATO in Sicilia: la storia di Comiso, «la più potente d’Europa»
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Basi NATO in Sicilia: la storia di Comiso, «la più potente d’Europa»
NATO
L’aeroporto di Comiso, “ausiliario” rispetto a quello di Catania, fu una base NATO, la più grande dell’Europa meridionale, capace di minacciare l’Unione Sovietica.
Da entità di sicurezza internazionale – definita dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump «obsoleta», salvo poi ritrattare goffamente – la NATO (North Atlantic Treaty Organization) ha ritrovato collocazione nei dibattiti televisivi odierni a causa dell’invasione, ancora in corso, della Russia nei confronti dell’Ucraina.
In verità la NATO non era mai sparita, soprattutto se pensiamo che gli eventi in Ucraina sono diretta conseguenza di un dialogo mai giunto, negli ultimi dieci anni, a risultati soddisfacenti proprio fra NATO e Russia.
In questi giorni concitati, però, le basi militari dell’organizzazione internazionale in Sicilia – Birgi e Sigonella – sono passate al cosiddetto livello di “pre-mobilitazione”, di “allerta”, per così dire.
Queste basi assumono generalmente un ruolo di estrema importanza in fatto di deterrenza, di sorveglianza e quindi anche di intervento militare.
La Sicilia, in particolare, assume un ruolo molto importante per quanto riguarda il fattore distanza, date le tecnologie belliche che oggi permettono gittate ridotte e missioni più efficienti e, soprattutto, rapide.
Esiste un luogo, oggi un aeroporto “ausiliario” rispetto a quello di Catania, che fu una base NATO, la più grande dell’Europa meridionale, capace di minacciare l’Unione Sovietica. Stiamo parlando dell’aeroporto di Comiso, interessato nei primi anni Ottanta da grossi investimenti – principalmente statunitensi, essendo gli americani i principali finanziatori della NATO – per far fronte all’installazione di imponenti infrastrutture progettate per ospitare centinaia di missili e diverse testate nucleari.
C’era una volta la base di Comiso
Ma facciamo un passo (molto) indietro. Il polo aeronautico di Comiso fu voluto nel 1937 da Benito Mussolini, come passaggio fondamentale all’interno del programma fascista di militarizzazione della Sicilia: si trattava di un avamposto verso Malta e l’Africa settentrionale, funzionale per il piano imperialista di espansione italiana sul Mediterraneo.
Il luogo designato fu una piana di oltre 140 ettari nei pressi di Comiso, a 15 km circa da Ragusa. L’allora Contrada Cannamellito, situata a 3 km da Comiso, ma nel territorio comunale di Vittoria, fu scelta per la costituzione del polo strategico che di lì a due anni sarebbe stato operativo. Il progetto, nel 1939, divenne realtà, tra comizi e folle in festa, e nel 1941 i tedeschi poterono utilizzare la base di Comiso per le operazioni di controllo e bombardamento di Malta e dei convogli inglesi nel Mediterraneo.
Inizialmente intitolata al generale di brigata Vincenzo Magliocco, nel corso dello sbarco degli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale – in occasione della celebre “operazione Husky” – la base venne pesantemente danneggiata dai bombardamenti e, successivamente, ripristinata per l’utilizzo delle stesse forze alleate. Passando per un tentativo di rivalorizzazione dovuto al boom economico degli anni Sessanta, rimase per diversi anni in una sorta di limbo tra l’abbandono e il traffico civile, salvo poi tornare alla ribalta nel 1981 quando si preparò ad acquistare ufficialmente l’appellativo di “base NATO Comiso”.
L’era NATO a un passo dal finimondo
L’intenzione del governo italiano, quell’anno, fu indirizzata alla costituzione di Comiso come «la più potente base missilistica d’Europa». D’altronde, nel dicembre del 1979, il vertice dell’Alleanza atlantica aveva reso noto il programma di installazione in Europa di centinaia di missili a medio raggio in funzione antisovietica.
Comiso fu scelta dalla NATO per la collocazione dei missili cruise – missili a bassa quota e a traiettoria guidata – ma il Ministero della Difesa italiano negò per tutta la primavera del 1981 la concessione del vecchio aeroporto siciliano. La malavita locale, però, si era già organizzata al profumo di nuovi e succulenti appalti milionari.
Pio La Torre, segretario siciliano del Partito Comunista Italiano che da alcuni anni era impegnato nella Commissione Parlamentare Antimafia, fiutò l’occasione per Cosa Nostra di infiltrarsi tra i grandi affari della base di Comiso.
«In Sicilia ci sarà il banchetto mafioso degli appalti per costruire la base» affermò La Torre durante i primi movimenti verso la costruzione della base NATO.
Ma la decisione era stata presa: il Consiglio Atlantico deliberò di dispiegare 572 missili nucleari a media gittata in cinque paesi dell’Europa occidentale, tra cui l’Italia. La base, dal 1983 – anno in cui divenne effettivamente operativa –sarebbe stata uno dei tasselli fondamentali nella guerra all’Unione Sovietica.
Oltre 200 milioni di dollari furono spesi dal Pentagono a Comiso, sia per le operazioni di demolizione che per l’edificazione di una vera e propria città. Non si tratta di un’esagerazione: fu spiegata così al Congresso statunitense quando si parlò di «costruire una città» con le sue case, la sua chiesa e persino una scuola per rendere autentica la permanenza dei soldati e delle loro famiglie a Comiso.
In pochi secondi, da lì, era possibile scatenare il finimondo a Mosca con il lancio di una testata 15 volte superiore alla bomba sganciata su Hiroshima. Come è ovvio, la base fu molto criticata e bersaglio preferito delle manifestazioni pacifiste: siamo al centro di un teatro dominato da minacce, sfide e riarmo da parte di due super potenze uscite vincitrici dal secondo conflitto mondiale, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.

Dalle proteste al definitivo smantellamento
Così come recentemente avvenuto per il MUOS (nota 1 ), in quegli anni furono organizzate manifestazioni di protesta atte a bloccare i lavori di costruzione della base. Una giornata in particolare rimarrà impressa nella storia della base di Comiso, l’8 agosto del 1983.Alla fine di una tre giorni di “sit-in” a più riprese, le persone accampate davanti ai diversi cancelli d’ingresso della base militare subirono delle violente cariche da parte delle Forze dell’ordine: parte la baraonda, quasi una carneficina, come quelle che avremmo amaramente rivisto in occasione del G8 di Genova.
Alla fine saranno un centinaio i feriti dopo gli scontri con la Polizia. Le testimonianze raccontano di colpi di pistola, giornalisti e fotografi picchiati, macchine distrutte e rullini sequestrati. Successivamente il governo italiano dovrà ammettere le responsabilità del Ministero degli Interni e del questore. La base, comunque, arriverà alla piena operatività e continuerà a ricevere carichi di missili fino al 1991.
Armate fino ai denti, con tutta l’intenzione di militarizzare ogni area disponibile sul pianeta senza però “premere il bottone della fine del mondo” – è la Guerra Fredda – Stati Uniti e Unione Sovietica faranno tremare il mondo intero per molti anni (così come sta tremando nel 2022). Solo con l’affievolirsi delle esigenze di difesa, e soprattutto dopo il crollo del blocco sovietico, la base militare perse d’importanza e venne progressivamente smantellata.
Alloggio per i kosovari durante la guerra in Jugoslavia prima e oggetto di azioni di sciacallaggio locale poi, la «base senza missione» diviene solo nel 2013 parte del Piano nazionale degli aeroporti. Ed è così che comincia una nuova storia per l’aeroporto di Comiso, da sette anni intitolato proprio a Pio La Torre, tributo doveroso arrivato, però, dopo una goffa intitolazione al primo “destinatario” storico della struttura, quel generale Magliocco che si distinse eroicamente per i bombardamenti all’iprite in Etiopia.
NOTA 1 :: MUOS
La stazione di telecomunicazioni di Niscemi (Caltanissetta) è attiva dal 1991. Si tratta di una delle infrastrutture militari più estese del territorio italiano: 1.660.000 metri quadri di terreni boschivi e agricoli, entrati nel settembre 1988 nella disponibilità del Demanio pubblico dello Stato – Ramo Difesa Aeronautica Militare, dopo l’acquisizione dalla Olmo S.p.A. di Catania.
La Naval Radio Transmitter Facility di Niscemi assicura le comunicazioni supersegrete delle forze di superficie, sottomarine, aeree e terrestri e dei centri C4I (Command, Control, Computer, Communications and Intelligence) della Marina militare Usa.
Un’infrastruttura ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi, come scritto nell’Accordo tecnico tra il Ministero della difesa e il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America riguardante le installazioni in uso alle forze USA di Sigonella, firmato a Roma il 6 aprile del 2006 dall’ammiraglio N. G. Preston, comandante US Navy per la regione europea e dal generale Mario Marioli dell’esercito italiano.
Come si legge nell’accordo, l’uso esclusivo «significa l’utilizzazione dell’infrastruttura da parte della forza armata di una singola Nazione, per la realizzazione di attività relative alla missione e/o a compiti assegnati a detta forza dallo Stato che l’ha inviata». A esplicitare ulteriormente la piena sovranità di Washington, la tabella annessa all’accordo con l’elenco delle infrastrutture di «proprietà ed uso esclusivo» USA a Niscemi:
SEGUE NEL LINK :
PALERMO.REPUBBLICA.IT / 21 NOVEMBRE 2022
https://palermo.repubblica.it/cronaca/2022/11/21/news/muos_niscemi_abusivo_tar_palermo-375451483/
Il Tar di Palermo boccia il Muos: “Illegittimo il via libera al super-radar Usa”
di Claudio Reale

Condannato il ministero della Difesa. Ma l’opera è già stata ultimata. Il tribunale di Gela infligge 2 anni ciascuno ai manifestanti finiti sotto accusa nel 2014
La parte italiana del Muos, il super-sistema di difesa voluto dagli Stati Uniti e installato a Niscemi, in provincia di Caltanissetta, è stata costruita senza rispettare le norme edilizie. La nuova grana per il ministro della Difesa Guido Crosetto arriva dal Tar di Palermo, che si è pronunciato su un ricorso del Comune di Niscemi: secondo il tribunale amministrativo nel 2018 il suo dicastero “non avrebbe potuto concludere la conferenza di servizi disponendo l’approvazione dei progetti in parola, dando per acquisito a tale data il silenzio assenso del Comune”.
Antenne a tappeto e parabole<br />ecco il Muos visto dall’alto
Sembrano quasi innocue, immerse tra le sedici gigantesche antenne radio che dall’alto ricordano i misteriosi disegni nel terreno attribuiti agli alieni: le tre parabole del Muos di Niscemi, il super radar satellitare della Marina statunitense, sono pronte per l’installazione e secondo quanto annunciato da fonti militari, entro un anno saranno in funzione. La stazione si trova all’interno di un impianto di comunicazioni militari attivo a Niscemi fin dal 1991.
Ora il presidente della Regione ha chiesto e ottenuto dal ministro della Difesa Mauro l’impegno a monitorare attraverso apposite centraline il livello di emissioni, pena una nuova revoca dell’autorizzazione. I comitati No Muos restano sulla linea dura e continuano la protesta contro l’impianto (Foto di Alessandro Puglia da Google Earth)
La storia del Muos e la mobilitazione per stopparlo si trascinano da anni. Il sistema di difesa satellitare è stato concepito durante l’amministrazione Usa di George W. Bush e annunciato nel 2004: prevede quattro radar in tutto il mondo, con basi terrestri oltre che a Niscemi in Australia, nello stato americano della Virginia e alle Hawaii.
Il punto è che l’impianto siciliano si trova all’interno di una riserva naturale orientata, la Sughereta: qui, oltre a 30 specie di orchidee, viene tutelata la zona di nidicazione di poiana, colombaccio, cuculo, ghiandaia, barbagianni, gruccione e upupa.
Torri e antenne fino a 150 metri: il Muos è ultimato
Proprio da questo hanno preso spunto la sfida davanti al Tar. Se infatti contro l’opera c’è stata una grande mobilitazione pacifista, l’appiglio legale per contrastarla è stato fornito dalle questioni ambientali: il principale dei ricorsi, portato avanti da Legambiente, è stato però bocciato dal Consiglio di giustizia amministrativa, l’organo che in Sicilia prende il posto del Consiglio di Stato e si pronuncia dunque in secondo grado sui contenziosi amministrativi.
Il corteo diventa una festa, duemila in piazza per lo stop ai lavori del Muos
Quella sentenza, però, è arrivata all’inizio di gennaio del 2019, pochissimi giorni dopo i fatti che il Comune contesta al ministero della Difesa: tanto che per il Tar le due pronunce sono sganciate, vista “la non coincidenza tra i lavori di quel giudizio e quelli oggetto del presente”.
No Muos, attivisti sulle antenne: Persa una battaglia, non la guerra
Questa volta, infatti, il Comune contesta l’ultimo via libera alle opere, quello dato a dicembre del 2018. Il ministero aveva presunto il silenzio-assenso dell’amministrazione, che però pochi giorni prima aveva messo nero su bianco la richiesta di aspettare: “A tutt’oggi – si legge in quella nota – non sono pervenuti i pareri dell’ente gestore della riserva e della soprintendenza ai Beni culturali di Caltanissetta”. Il ministero tirò dritto, concedendo l’ultimo via libera a un’opera che adesso è completa: cosa si debba fare adesso sarà una questione da risolvere nei prossimi giorni.
Intanto, però, 17 manifestanti No Muos sono stati condannati a due anni ciascuno per la manifestazione dell’1 marzo 2014. Alcuni di loro erano minorenni. “Non ci stupisce affatto – commenta il Movimento No Muos – dato il clima generale, per cui leggi, misure preventive e sentenze sproporzionate vengono applicate con l’intento di gestire e reprimere il dissenso”.
chiara : l’articolo di Rep. non mi è stato molto chiaro, qualcuno vuole riassumere
il punto ? grati.