REPUBBLICA — 20 GIUGNO 2023
MAESTRI
Gli anni d’oro del mio amico Cesare Pavese
di Italo Calvino
LO SCRITTORE ITALO CALVINO A CASA SUA (NICOLO’ ADDARIO, ROMA – 1980-10-12) p.s. la foto e’ utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e’ stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate (fotogramma)
Il risvolto di copertina che pubblichiamo è tra i testi meno noti dello scrittore, di cui ricorre il centenario della nascita. Ed è dedicato al suo maestro inquieto
Negli anni dal 1945 al 1950, Pavese scrive Dialoghi con Leucò, Il compagno, Prima che il gallo canti, La bella estate, La luna e i falò, i saggi sul Mito; contemporaneamente, vive giorno per giorno la vita d’una casa editrice alla quale fanno capo personalità diverse ma tutte prese dalla smania di veder nascere dalle macerie della guerra un rinnovamento della cultura (e lui che lì in ufficio fa la parte di quello che manda avanti la macchina, che chiacchiera poco, che si sobbarca qualsiasi lavoro ma esige che gli altri siano puntuali); contemporaneamente, realizza la collana “Etnologica”, attraverso un mare di letture d’antropologia e di storia delle religioni antiche, un assiduo accanimento a procurarsi i testi, a discuterli con Ernesto De Martino, a farli tradurre e rivederli; in più, partecipa, sia pure un po’ a soprassalti, alle battaglie per una nuova letteratura italiana, attende autori nuovi che non esistono ancora, li incoraggia e ammonisce e bistratta, e con Vittorini un po’ si sente alleato, un po’ fa il bastian-contrario, e con tutti gli altri scrittori si chiude come un istrice; in più, imposta e segue verso per verso una traduzione dell’Iliade; in più, milita — pur senza mettere mai il naso fuori dal suo studio — nella politica, e talvolta riesce a identificare la propria burbera tempra con la tensione di guerra fredda che c’è intorno, e s’accorge presto che le battaglie più accanite e continue sono quelle all’interno del proprio fronte, ma non per questo addolcisce la sua grinta verso i fronti avversari.
Alla svolta di quel 1950 che ci appare già una data d’altro secolo, s’intravede come uno scorcio di quella che sarà un’epoca più tarda, l’Italia tra soddisfatta e nevrotica degli anni ’60, dei “successi letterari”, della “cultura di massa”, dell’ideologia che cerca di rifare i suoi conti dal principio, dei soprassalti della coscienza tra la speranza d’un rimborso ai patimenti della giovinezza e il rifiuto di tradire se stessi estremizzato in negazione nichilista. Il tutto con una guerra che incombe all’orizzonte dell’Asia. Questa temperie per Pavese prende il volto di due sorelle americane che sono a Roma a fare il cinema. S’innamora della più giovane, ma comunica e si confida soprattutto con la maggiore, anche se ciò che si chiede da lui è che scriva e firmi soggetti di film apposta per loro. L’epistolario documenta quasi giorno per giorno il precipitare della crisi.
Le lettere diventano una serie di preannunci di morte. Il breve 1950 di Cesare Pavese è come un’incursione che quest’abitante di tempi duri compie nel futuro, nel mondo “facile” che abitiamo noi oggi, per sapere cosa si prepara. Ci fa visita, si guarda intorno rapido. E non gli piace. E se ne va.
Risvolto a Cesare Pavese, Lettere 1945-1950, a cura di Italo Calvino, Einaudi 1966, ora in Il libro dei risvolti. Note introduttive, quarte di copertina e altre scritture editoriali, a c. di L. Baranelli e C. Ferrero, introduzione di T. Munari, Mondadori 2023.
© 2002 by Eredi Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
© 2023 by Eredi Calvino e Mondadori Libri S.p.A., Milano
Un ritratto in movimento rinchiuso in poche righe
di Bruno Falcetto
Quarte di copertina, risvolti, note prefazionali sono un aspetto centrale dell’attività di Calvino “editore”, un altro dei molti generi da lui felicemente praticati. È una scrittura di servizio realizzata con rigore creativo, una testualità d’eccezione: per efficacia di sintesi, chiarezza d’informazione, intelligenza critica.
Uno dei testi editoriali più belli di Calvino è dedicato, non per caso, a Pavese, l’amico-maestro che ha più contato per il giovane autore. Di Pavese, le trenta righe fitte di verbi che portano al primo punto fermo, ci mostrano di slancio tutta l’alacrità molteplice: è un Pavese in ufficio, che pare aver trovato nel lavoro in casa editrice il baricentro di un’identità inquieta. Lo spazio stretto del risvolto sembra moltiplicarsi, grazie a uno stile che interpreta raccontando: costruendo e facendo muovere un personaggio, dando profondità agli ambienti e ai tempi in cui vive. E così l’ultimo Pavese che Calvino ci descrive è rivolto al futuro, visitatore temporaneo e insoddisfatto di una società culturale di massa a venire, che è ancora più di un poco la nostra.
LA SERIE
A un secolo dalla nascita pubblichiamo, ogni mese, testi rari dello scrittore, selezionati in collaborazione con il Comitato promotore delle celebrazioni
Risvolti molto interessanti di questi due grandi scrittori.