SAVERIO FERRARI ( studioso /destre radicali )– RECENSIONE CRITICA AL LIBRO DI VINCENZO LA RUSSA ( figlio maggiore- senatore DC ) : ” GIORGIO ALMIRANTE. Da Mussolini a Fini. MURSIA, 2009, pp.257 )

 

 

Giorgio Almirante. Da Mussolini a Fini

Ugo Mursia Editore, 2009

pp. 256

Contestato e idolatrato, additato di volta in volta come erede di Mussolini o traditore degli ideali fascisti, come fiancheggiatore del terrorismo o come suo intransigente avversario, Giorgio Almirante è stato senza dubbio uno dei personaggi politici più discussi e controversi della Prima Repubblica. Questo saggio ne ricostruisce la vicenda umana e politica, dalla prima infanzia vissuta a Torino al lavoro di giornalista a Roma per la rivista “La difesa della razza”, da Salò alla fondazione del MSI e agli anni della Prima Repubblica. Una biografia in cui si mescolano ricordi privati e documenti pubblici, episodi inediti e curiosi – come il duello alla sciabola fra Almirante e il nipote del Duce – e considerazioni sul ruolo pubblico di un uomo che ha segnato la storia della destra italiana e ha gestito, tra mille contraddizioni, l’ingresso degli orfani del fascismo nella democrazia.

 

 

L’AUTORE 

 

È morto Vincenzo La Russa, fratello maggiore di Ignazio: fu parlamentare della Dc

Vincenzo La Russa (Paternò10 luglio 1938 – Milano21 novembre 2021) è stato un politico e avvocato italiano.
Primogenito di quattro figli di Antonino La Russa, fratello maggiore di Ignazio e Romano, tutti attivi in politica;  nel 1957  si trasferisce a Milano con la famiglia e si laurea in Cattolica in diritto costituzionale: E’ avvocato e si iscrive alla Democrazia cristiana a differenza del padre e dei fratelli tutti militanti del MSI. Senatore della Repubblica, quando la DC sciolse nel 1994 si iscrive al CCD ( centro cristiano democratico ) e viene rieletto in Senato. Ha pubblicato vari libri, oltre quello citato sopra :  Franco Verga, uno scandalo cristiano, Milano, Cavallotti (1981) ; Il ministro Scelba, Soveria Mannelli, Rubbettino (2002); Amintore Fanfani, Soveria Mannelli, Rubbettino (2006)

In una puntata di Report dell’ottobre 2023 Michele Riccio, ex colonnello della DIA, ha raccontato di aver consegnato un rapporto al generale Mario Mori contenente le confidenze che gli aveva fatto il boss infiltrato Luigi Ilardo: Nino La Russa e suo figlio Ignazio venivano menzionati nell’elenco dei politici a cui Cosa nostra avrebbe promesso di dare appoggio alle elezioni politiche in Italia del 1994. A candidarsi nel collegio orientale comprendente Paternò fu però l’altro figlio Vincenzo con il Centro Cristiano Democratico risultando eletto mentre Ignazio diventava deputato vincendo un collegio lombardo. I La Russa non verranno però mai indagati sulla base delle dichiarazioni di Ilardo che verrà ucciso nel 1996.

altro nel link a suo nome
https://it.wikipedia.org/wiki/Vincenzo_La_Russa

 

 

ARCHIVIO PUBBLICO

IL MANIFESTO  — 20 AGOSTO 2009
https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003152026

 

Incredibile ALMIRANTE

 

Biografia Giorgio Almirante, vita e storia
Giorgio Almirante (Salsomaggiore Terme, 27 giugno 1914 – Roma, 22 maggio 1988)
FOTO DA : Biografie online

 

storie

SAVERIO   FERRARI

 

Sono tali e tanti i silenzi, le reticenze e le omissioni nella biografia di Giorgio Almirante curata da Vincenzo La Russa (“Giorgio Almirante. Da Mussolini a Fini”, Mursia, pag. 247, 17 euro), che potrebbe addirittura sorgere il sospetto che si stia parlando di un’altra persona. Davvero scoperto e grossolano appare il tentativo, tutto politico, di santificare il leader del neofascismo italiano, in spregio alle conoscenze storiche pacificamente acquisite. Dopo poche pagine iniziali in cui si concentrano le origini familiari e i primi passi compiuti da giornalista al seguito di Telesio Interlandi (un autentico invasato razzista nei confronti del quale Almirante manterrà sempre «stima e devozione»), prima al quotidiano Tevere e poi come segretario di redazione al quindicinale La difesa della razza, si passa subito a narrare del ruolo svolto dal settembre 1943 in veste di capo di gabinetto di Fernando Mezzasoma al ministero della Cultura popolare nella Rsi. Circostanza che viene presentata come frutto di un incontro del tutto fortuito a Roma con lo stesso Mezzasoma. Così la sua elezione a segretario nazionale del Msi nel giugno 1947, raccontata come un accidente non previsto, avvenuta a pochi mesi dalla costituzione della formazione politica da parte di un gruppo di nostalgici della Repubblica di Salò, che lo innalzarono a tale carica essendo loro ben più compromessi con il passato ventennio o addirittura latitanti. È il caso di Pino Romualdi, la più importante figura del neofascismo di quel periodo, costretto a operare dalla clandestinità. In realtà Almirante, come ricorderà egli stesso anni dopo, giunse a questo ruolo portando in dote al Msi un intero movimento da lui fondato, il Movimento italiano di unità sociale (Mius), «che raccoglieva l’élite direttiva del fascismo».

Fu lui a sottolinearlo nella sua storia del Movimento sociale italiano, scritta con Francesco Palamenghi-Crispi nel 1958. Non proprio, dunque, come si vorrebbe, un’elezione casuale.

Sul terrorismo delle Sam (Squadre d’azione Mussolini) e dei Far (Fasci di azione rivoluzionaria), che precedettero e accompagnarono la fase iniziale del Msi, in buona parte composti e diretti dagli stessi missini, non una sola parola.

Eppure gli attentati dinamitardi furono innumerevoli, spesso tutt’altro che dimostrativi, con tanto di morti e feriti. Ma siamo solo agli inizi. Tutta la vita politica di Almirante e del Msi viene, infatti, nel complesso collocata in un contesto volutamente depurato da tutti quegli elementi che potrebbero contraddire una ricostruzione di comodo. Si cita più volte l’importante lavoro di Giuseppe Parlato “Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia, 1943-1948”, edito dal Mulino nel 2006, forse la miglior ricerca su quel periodo da parte di uno storico di destra, ma, ad esempio, si tralascia clamorosamente di riprenderne la parte essenziale, minuziosamente documentata anche con carte tratte dagli archivi americani, relativa agli intensi rapporti intercorsi tra i dirigenti neofascisti, Pino Romualdi in testa, e i servizi segreti americani che appoggiarono, anche economicamente, e favorirono in chiave anticomunista la nascita del Msi.

Una tessitura di contatti avviata ancor prima della fine della guerra, che consentì allo stesso Romualdi, il 27 aprile 1945, di scampare a fucilazione certa.

Queste le conclusioni di Giuseppe Parlato: «Da lì discendono una serie di legami che consentono di leggere la nascita del Msi in modo totalmente diverso: non un movimento di reduci, ma una forza atlantica e nazionale nel quadro della Guerra Fredda» (dall’intervista rilasciata a Simonetta Fiori apparsa su La Repubblica del 9 novembre 2006).

Nulla di tutto ciò, neanche un cenno, nel libro di Vincenzo La Russa. Un approccio teso, il suo, da un lato a rileggere, all’opposto, il neofascismo italiano come un’area posta ai margini della vita politica e vessata dalla violenza comunista, mai attraversata da spinte eversive, frustrata nei suoi tentativi di inserimento nel sistema anche a causa del peso che vi ebbero i nostalgici del fascismo repubblichino (in ciò una critica) come Almirante, comunque conquistati al metodo democratico, dall’altro lato, a cercare di “salvare” proprio questa figura da ogni sospetto riguardo alla sua buona fede democratica, non si capisce bene quando acquisita. Forse da sempre.

Che la Repubblica sociale e il fascismo fossero stati democratici? Il dubbio è lecito. Un esercizio spericolato, in definitiva, che per essere condotto ha bisogno di pesanti manipolazioni storiche. E queste davvero non mancano.

In particolare in questa biografia, salvo poche righe su piazza Fontana, sembrerebbe non essere mai esistita la strategia della tensione con le sue stragi nere, in cui rimasero coinvolti e in alcuni casi condannati (si vedano le sentenze definitive per la strage di Peteano del 31 maggio 1972 e per la tentata strage del 7 aprile 1973 sul treno Torino-Roma) proprio quegli esponenti di Ordine nuovo che Giorgio Almirante invitò «lui a rientrare» nel 1969 nel Msi.

Ovviamente La Russa omette anche di ricordare il pesante coinvolgimento proprio di Almirante in relazione a Peteano, quando fu rinviato a giudizio per favoreggiamento di Carlo Cicuttini (ex segretario di una sezione missina), latitante in Spagna, al quale fece pervenire 34mila dollari affinché si sottoponesse a un’operazione alle corde vocali per vanificare il suo riconoscimento come autore della telefonata che attirò una pattuglia di carabinieri a Peteano, in provincia di Gorizia, dove aveva predisposto, insieme a Vincenzo Vinciguerra, un’autobomba che esplose all’apertura del cofano.

Tre militi rimasero uccisi sul colpo. Carlo Cicuttini fu condannato all’ergastolo. Almirante evitò invece il processo beneficiando dell’amnistia nel febbraio del 1987.

Del bando rinvenuto nel giugno 1971 in un comune della provincia di Arezzo, firmato il 17 maggio 1944 dal capo di gabinetto Giorgio Almirante per conto del ministro Mezzasoma, in cui si minacciavano «gli sbandati» e gli appartenenti alle bande partigiane di «fucilazione nella schiena», che suscitò nel Paese una forte ondata di sdegno, Vincenzo La Russa ne parla come di un semplice e dovuto adempimento burocratico.

Come se Almirante fosse stato a Salò un semplice passacarte, quando invece collaborava con uno dei più fanatici ministri di Mussolini, e secondo diverse testimonianze era chiamato «il prete nazista» proprio dagli altri componenti del gabinetto per il suo acceso estremismo e il furore con cui si scagliava contro ogni pietismo.

Ma è proprio riguardo al nodo della violenza, «lui non incitava certo», che forse sarebbe il caso di ricordare a La Russa il famoso comizio di Almirante a Firenze, il 4 giugno 1972, in cui il segretario del Msi proclamò che i giovani di destra erano «pronti allo scontro frontale con i comunisti», e ancor prima la famosa intervista al settimanale tedesco Der Spiegel, il 10 dicembre 1969,

solo due giorni prima della strage di piazza Fontana,

dove il segretario missino confessò che «le organizzazioni giovanili fasciste si preparano alla guerra civile… tutti i mezzi sono giustificati per combattere i comunisti… misure politiche e militari non sono più distinguibili».

Non male come “pacificatore”.

Di diversi episodi degli anni Settanta Vincenzo La Russa fa poi letteralmente strazio.

Ricostruisce l’uccisione dell’agente Antonio Marino, avvenuta a Milano il 12 aprile 1973, nel corso di scontri provocati da una manifestazione missina, inventandosi di sana pianta la dinamica dei fatti.

Non fu, infatti, mai lanciata una bomba contro alcuna camionetta di polizia, ma ben tre per colpire i cordoni degli agenti. Il poliziotto Marino morì perché raggiunto in pieno petto da una di queste e non perché esplose il tascapane con i candelotti lacrimogeni, che per altro non portava. Sarebbe bastato a La Russa leggere seppur sommariamente gli atti giudiziari o più semplicemente chiedere informazioni ai suoi fratelli, Ignazio e Romano, presenti alla manifestazione. Romano fu anche fermato dopo gli incidenti.

Sempre secondo l’autore, e qui siamo davvero oltre ogni limite, nell’aprile del 1975 «il giovane milanese Claudio Varalli» sarebbe stato addirittura «ucciso da estremisti di sinistra» (pag. 173, leggere per credere).

Si potrebbe pensare a uno svarione, dato che Varalli militava nel Movimento lavoratori per il socialismo e che per il delitto fu condannato Antonio Braggion di Avanguardia nazionale. Ma solo poche righe più sotto troviamo scritto che nello stesso anno, a giugno, «Alceste Campanile, militante di Lotta continua, viene trovato ucciso (si scoprirà dopo che il delitto era maturato nell’ambiente dell’estrema sinistra)».

Vale la pena di ricordare che l’assassino reo confesso di Alceste Campanile si chiama Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia nazionale poi finito come killer al servizio di grandi organizzazioni criminali. Un caso ormai risolto da diversi anni. Noi non sappiamo da dove Vincenzo La Russa tragga le proprie informazioni. Qui non si tratta di spulciare polverosi archivi o di impegnarsi in estenuanti e difficili inchieste. Basterebbe a volte solo leggere i giornali.

Anche relativamente alle fotografie allegate al volume va citata una perla. In una di queste, a un certo punto, si ritrae Giorgio Almirante a Roma, il 16 marzo 1968, su una scalinata dell’Università La Sapienza, circondato da giovani con bastoni. La didascalia recita: «Almirante viene aggredito da alcuni studenti».

L’episodio, che Vincenzo La Russa si guarda bene dal commentare, è relativo alla spedizione di circa trecento mazzieri missini, arrivati da tutta Italia, più qualche decina di bulgari reclutati al campo profughi di Latina, guidati proprio da Almirante e Giulio Caradonna, che tentarono di sgomberare a forza alcune facoltà occupate.

Una vicenda notissima, immortalata da centinaia di fotografie e più di un filmato, che ritrassero per altro Almirante sorridente attorniato dai suoi squadristi con tanto di mazze, spranghe e catene. Lui che «non incitava alla violenza». Finì semplicemente male. Gli studenti di sinistra si difesero e il nostro fu costretto a battere in ritirata protetto dalle forze di polizia.

Tra i circa 160 fascisti fermati quel giorno figureranno, tra l’altro, anche i nomi di Mario Merlino e Stefano Delle Chiaie.

Una biografia, in conclusione, per molti versi inservibile. Forse non l’avrebbe apprezzata neanche Giorgio Almirante. Sarebbe stato davvero difficile riconoscersi anche per lui.

 

***

vale la pena dare un’occhiata alla storia del padre Antonino La Russa, sempre che non abbiate visto i vari Report  sul terzo dedicati alla famiglia La Russa

Antonino La Russa, detto Nino (Paternò8 settembre 1913 – Milano20 dicembre 2004), è stato un politicodirigente d’azienda e avvocato italiano.

https://it.wikipedia.org/wiki/Antonino_La_Russa

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1 risposta a SAVERIO FERRARI ( studioso /destre radicali )– RECENSIONE CRITICA AL LIBRO DI VINCENZO LA RUSSA ( figlio maggiore- senatore DC ) : ” GIORGIO ALMIRANTE. Da Mussolini a Fini. MURSIA, 2009, pp.257 )

  1. DONATELLA scrive:

    Fascisti per caso!

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