PAOLO FAVILLI, Il conflitto «a pezzi» ha una storia di trent’anni. LA «GUERRA MONDIALE» – IL MANIFESTO  9  FEBBRAIO 2024 + altro su Zbigniew Brzezinski – intervista di Lucio Caracciolo/ domani il libro ” La guerra capitalista ” – Mimesis 2022

 

 

IL MANIFESTO  9  FEBBRAIO 2024
https://ilmanifesto.it/il-conflitto-a-pezzi-ha-una-storia-di-trentanni

 

Il conflitto «a pezzi» ha una storia di trent’anni.

 

LA «GUERRA MONDIALE». «È una gran cosa essere capaci di vedere ciò che è sotto il proprio naso. Di solito non lo facciamo, ma è un grande talento da coltivare». Si tratta di […]

Il conflitto «a pezzi» ha una storia di trent’anni

 

«È una gran cosa essere capaci di vedere ciò che è sotto il proprio naso. Di solito non lo facciamo, ma è un grande talento da coltivare». Si tratta di un’affermazione espressa nell’immediato dopoguerra dal grande saggista Dwight Macdonald, ripresa poi da Noam Chomsky nel suo Le conseguenze del capitalismo del 2021. Per comprendere la «guerra mondiale a pezzi» che si sta svolgendo sotto il nostro naso bisogna cercare di vedere quello che sotto il nostro naso era già evidente agli inizi degli anni Novanta del Novecento.

Zbigniew Brzezinski, nel 1993 (Il mondo fuori controllo) e poi soprattutto nel 1997 (La grande scacchiera. Il mondo e la politica nell’era della supremazia americana), aveva costruito il quadro teorico entro il quale doveva muoversi, in maniera articolata, tutta l’immensa forza di cui disponeva la potenza vincitrice della guerra fredda. Il nuovo ordine mondiale, il modo in cui la globalizzazione doveva essere governata, non sarebbero stati il frutto della naturale espansione del libero mercato, bensì di una realtà da plasmare in maniera tale che l’affermazione del Washington consensus potesse svolgersi in piena sicurezza.

Per plasmare il nuovo ordine mondiale occorreva una politica internazionale che non si limitasse alla difesa di uno statu quo, che pure era il risultato di una vittoria epocale sull’Urss, il nemico storico del Novecento. Occorreva una politica costante di intervento in tutte quelle aree del mondo in cui il momento unipolare potesse essere messo in pericolo dal sorgere di attori competitivi.

In questa visione ogni area del mondo è considerata solo per la sua funzione geostrategica sul piano di una scacchiera nella quale il primum movens dei pezzi rimane il mantenimento dell’American Superpower.

Persino la vecchia Europa appare sulla scacchiera come «l’essenziale testa di ponte geopolitica dell’America» (A Geostrategy for Eurasia, «Foreign Affairs», September 1, 1997). E l’Ucraina come territorio da sottrarre in ogni modo ai residui di influenza russa.

Tale sistematica «teorica» si è successivamente articolata in numerosi elaborati di ogni livello prodotti da centri studi e da centri operativi statunitensi. Una ricca documentazione del tutto sotto il nostro naso. E si è articolata, soprattutto, nella guerra continua che, a partire dai bombardamenti Nato di quella che era, seppure in dimensioni ridotte, ancora la repubblica Federale di Jugoslavia, ha progressivamente interessato tutte le aree dell’intervento attivo indicato da Brzezinski.

Questo insieme di relazioni, che è davvero sotto il nostro naso, ha nella guerra il suo principio dinamico. Nell’esercizio teorizzato e praticato della guerra confluiscono tutti gli aspetti contraddittori dei modi di accumulazione caratterizzanti le diverse forme di capitalismo che si confrontano. Gli imperialismi conflittuali di oggi si manifestano in forma assai diversa rispetto a quella considerata come l’età classica dell’Imperialismo. Necessario dunque operare per distinzioni, avendo ben presente, però, che la meccanica della centralizzazione del capitale accomuna nel profondo tanto la belle époque, che l’età, da poco alle spalle, dell’euforia globalizzante. A ognuna il suo 1914?
Meccanica della centralizzazione e meccanica della competizione sono elementi strutturalmente compenetrati nel «nuovo conflitto imperialista», come recita il sottotitotolo di La guerra capitalista, (Brancaccio, Giammetti, Lucarelli, 2022): un «libro da leggere» (copyright Piergiorgio Bellocchio, «Quaderni Piacentini»).

I pezzi della guerra mondiale in atto, se lasciati alle loro dinamiche naturali, hanno possibilità di saldarsi tutt’altro che esigue. Perciò la realtà intrisa di bellicismo così pervasiva nel momento attuale, è la questione del nostro tempo. La stessa questione sociale, così dipendente dai rapporti di dominio che la guerra ridefinisce continuamente, deve esserne pensata come aspetto.

L’orrore che ci sovrasta non può essere combattutto solo con posizioni ireniche, che pure sono ammirevoli e indispensabili. In Italia, in questo momento, si sta discutendo della presentazione alle prossime elezioni europee di una lista non tanto pacifista, bensì contro la guerra.Il che significa contro le ragioni della guerra. È essenziale che l’iniziativa in corso abbia esiti positivi. È anche il modo di rifiutare l’immagine dell’Occidente che la retorica bellicista imperante agita come condizione necessaria per la vittoria. Il nostro Occidente non è quello di Pizarro e di Cortés così intrinseco al sistema teorico di Brzezinski, ma quello fecondo di umanismo e giustizia evocato da Erasmo da Rotterdam.

 

 

NOTA SU :

Zbigniew Brzezinski 

Zbigniew Brzezinski (Varsavia, 28 marzo 1928 //  Falls Church- Virginia, Stati Uniti  26 maggio 2017) è stato un politico e politologo polacco naturalizzato statunitense, consigliere per la sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter, dal 1977 al 1981. Si è distinto nel mondo accademico per le sue analisi politiche e la sua conoscenza dell’Europa e dell’URSS. Infatti, è considerato uno dei maggiori esperti di politica internazionale, con particolare riferimento ai rapporti con l’Unione Sovietica.

Nel 1956 scrive con Carl J. Friedrich Totalitarian Dictatorship and Autocracy in cui si introducono 6 misure per distinguere il totalitarismo:

  1. un partito unico di massa guidato da un capo;
  2. un’ideologia cui consacrarsi ciecamente;
  3. il monopolio della forza bruta, degli strumenti di polizia e della lotta armata;
  4. il controllo centralizzato dell’economia;
  5. la penetrazione dello Stato-partito in ogni settore della società e in ogni dimensione della vita quotidiana;
  6. il monopolio da parte del partito dei mezzi di comunicazione di massa di propaganda.

Gli elementi (5) e (6) costituiscono la novità del totalitarismo: non si propone tradizionalmente di controllare solo la politica, ma in aggiunta di trasformare anche le coscienze individuali.

https://it.wikipedia.org/wiki/Zbigniew_Brzezinski

 

 

CITAZIONI DI BRZEZINSKI DI CUI SI CITA LA FONTE-

ne pubbichiamo solo una perché sono  tutte interessanti e troppe-  sotto c’è il link dove potete leggerle :

La Stampa, 21 novembre 2002, p. 7

  • [La Nato deve] preparare attivamente e promuovere una prossima ridefinizione dello spazio geopolitico della comunità atlantica, eventualmente comprendendo in essa l’Ucraina, come la Georgia e l’Azerbaigian. È opportuno notare che diversi anni fa l’idea di includere i Paesi baltici era considerata impensabile.

https://it.wikiquote.org/wiki/Zbigniew_Brzezinski

 

******

 

+++ INTERVISTA DI LUCIO CARACCIOLO A

BRZEZISNKI

 

limesonline – 5 marzo 1996 – Ombre russe. Il mondo secondo Mosca

l’articolo pubblicato sotto  è stato aggiornato il 26 maggio 2022

https://www.limesonline.com/rivista/brzezisnki-l-europa-piu-larga-conviene-anche-a-mosca-14564309/

 

BRZEZISNKI: L’EUROPA PIÙ LARGA CONVIENE ANCHE A MOSCA

Colloquio con Zbigniew BRZEZINSKI, esperto di politica internazionale.

a cura di Lucio Caracciolo

Pubblicato il 
Aggiornato il 
Pubblicato in:Ombre russe – n°2 – 1996
Zbigniew Brzezinski. Foto di MANDEL NGAN/AFP/Getty Images
Zbigniew Brzezinski.

Foto di MANDEL NGAN/AFP/Getty Images

 

 

LIMES  Quando lei era consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Carter, Mosca era la capitale dell’Unione Sovietica. Ora lo è solo della Russia. Ma si tratta sempre della capitale di una superpotenza?

 

BRZEZINSKI A livello strategico, militarmente parlando, la Russia è ancora una superpotenza, ma a livello tattico non lo è più. E non lo è nemmeno dal punto di vista economico, finanziario e culturale. Le manca soprattutto la dimensione globale della superpotenza.


LIMES  Il ministro degli Esteri russo Primakov ama ripetere che occorre un «pluralismo geopolitico», un modo per dire che gli Stati Uniti non dovrebbero essere l’unica superpotenza. È d’accordo?

BRZEZINSKI Che gli Stati Uniti siano attualmente l’unica superpotenza al mondo è un dato di fatto e non vedo cosa Primakov possa fare per impedirlo. Col tempo forse appariranno anche altre superpotenze e fra queste si può certamente sperare che vi sia l’Europa, che affiancherà forse il Giappone, la Cina, la Russia e l’India. Ma assurgere o no a superpotenza dipende dal loro livello di sviluppo politico ed economico.


LIMES  Crede che alcuni progetti di ricostruzione dell’impero russo che, come il piano Surikov, prevedono la reintegrazione nell’attuale Federazione di parti dell’ex Unione Sovietica, attentino a vitali interessi degli Stati Uniti? E in tal caso, Washington come dovrebbe reagire?

BRZEZINSKI Al momento la Russia non minaccia la nostra sicurezza e ritengo quindi che ogni sforzo vada compiuto affinché essa sia integrata nella comunità internazionale e in particolare affinché rafforzi il legame con l’Europa.

L’eventuale ricostruzione dell’impero russo potrebbe influire negativamente sugli interessi americani se ciò avvenisse per coercizione. L’uso della forza significherebbe che la Russia è diventata una dittatura di carattere nazional-sciovinista e come tale sarebbe una minaccia per i suoi vicini. Perciò, gli Stati Uniti dovrebbero sostenere il pluralismo geopolitico nello spazio ex sovietico e il modo migliore per favorirlo è sostenere i nuovi Stati indipendenti che intendono rimanere tali.

 


LIMES  La reintegrazione della Bielorussia nella Federazione sembra però un dato di fatto. È un preludio al ritorno dell’Ucraina e del Kazakhstan? Dove l’Occidente dovrebbe mettere un limite e come?

 

BRZEZINSKI Molto semplicemente il limite dovrebbe essere la frontiera degli Stati indipendenti che desiderano rimanere tali. Questo obiettivo è compatibile con il concetto di pluralismo geopolitico che l’Occidente dovrebbe favorire. Solo in questo modo la Russia può diventare un normale Stato nazionale europeo, abbandonando le ambizioni imperiali.


LIMES  Qual è stato secondo lei il maggior errore fatto dall’Occidente nei confronti della Russia all’epoca della caduta del Muro? Ritiene ad esempio corretto l’approccio di coloro che sostenevano la «terapia dello shock» in campo economico?

BRZEZINSKI A mio avviso, e questo io l’avevo già scritto prima, l’applicazione meccanicistica della «terapia dello shock» alla Russia è stato un errore. Non esistevano né le condizioni politiche né quelle economiche per l’applicazione di tale terapia. Il tentativo di imporre modelli occidentali ha provocato una naturale reazione antioccidentale.


LIMES Non è un caso dunque che tutti i leader russi filoccidentali divengano prima o poi impopolari o tendano a cambiare opinione?

 

BRZEZINSKI La reazione antioccidentale e antidemocratica in Russia era quasi inevitabile. Dopo tutto, il collasso della potenza sovietica significava la fine dell’egemonia russa. Ciò ha comportato una buona dose di frustrazione e risentimento.

 


LIMES Nelle élite russe sembra generale l’avversione nei confronti dell’allargamento della Nato. A Mosca qualcuno sostiene che Washington userà l’allargamento dell’Alleanza in funzione antirussa così come a suo tempo il progetto dello scudo stellare fu usato contro l’Unione Sovietica: per alimentare una corsa agli armamenti che minerebbe le fondamenta dell’economia e della Russia come Stato. Se non è questo lo scopo, qual è la ragione dell’allargamento?

 

BRZEZINSKI L’élite russa è molto più preoccupata della Nato di quanto non lo sia l’opinione pubblica. I sondaggi d’opinione sulla questione dell’allargamento dimostrano che alla maggioranza dei russi la cosa non interessa granché. In buona sostanza, l’opposizione dei vertici si fonda su profonde aspirazioni di potenza. L’espansione dell’Europa significa che Mosca avrà meno opportunità di stabilire un predominio geopolitico in Europa centrale. A mio avviso bisogna procedere con l’espansione dell’Europa, mentre allo stesso tempo va chiarito che l’allargamento della Nato non è fatto in funzione antirussa, ma è invece finalizzato alla costruzione di una valida struttura di sicurezza per l’Europa. La costruzione dell’entità continentale europea non può fermarsi alle frontiere arbitrarie e antistoriche tracciate nel 1945.


Carta di Laura Canali

Carta di Laura Canali

 


LIMES Secondo lei, futuri membri della Nato come la Polonia dovrebbero far parte a pieno titolo del club atlantico?

BRZEZINSKI  Sì.


LIMES Alcuni recenti sondaggi in Europa centrale mostrano che le opinioni pubbliche di quei paesi sono interessate a un’eventuale integrazione nella Nato, ma sono assai poco inclini a scendere in campo per difendersi reciprocamente in caso di aggressione. Pensa possibile che i cechi combattano per i polacchi e viceversa?

 

BRZEZINSKI La Nato è una struttura di si­curezza collettiva ed è per questo che agli americani non si chiede se sono pronti o no a morire per l’Anatolia ma se sono disposti a farlo per la comune sicurezza d’Europa e d’America. Lo stesso discorso andrebbe applicato all’Europa centrale, specialmente se l’Europa un giorno diventerà veramente Europa.


LIMES  Ritiene che, come diceva Lord Ismay, l’obiettivo di fondo della Nato sia ancora quello di tenere alla larga i russi, dentro gli americani e a bada i tedeschi? Non si potrebbe pensare in fondo che tutta l’operazione allargamento sia anche un modo per controllare e limitare la potenza tedesca in Europa centrorientale? In questo caso potrebbe esserci una coincidenza di interessi con i russi, non crede?

BRZEZINSKI  Lo scopo principale della Nato è quello di creare il sistema di sicurezza più ampio possibile in parallelo alla crescita di un’Europa più grande. Coloro che si oppongono all’allargamento della Nato sono di fatto gli stessi che optano per un’Europa tronca, di cui alcune parti rimarrebbero poco sicure, percorse da fremiti etnici ed esposte ad ambizioni imperiali. Un’Europa più larga, politicamente più unita e legata attraverso un sistema di sicurezza all’America, eliminerebbe invece il vecchio problema della potenza tedesca e creerebbe le basi per un sistema di relazioni con la Russia stabile e reciprocamente sicuro. In breve, l’Europa allargata è vantaggiosa non solo per gli europei, ma anche per gli americani e per i russi, in quanto viene incontro alle esigenze di sicurezza di tutti.


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se ti interessa leggere l’indice del volume apri sotto:

https://www.limesonline.com/rivista/ombre-russe-14564335/

 

 

 

libri tradotti in italiano:

 

L'ultima chance. La crisi della superpotenza americana

Editore Salerno -2008

 

Un’analisi dei risultati prodotti dai tre presidenti che, per la prima volta nella storia, hanno svolto consecutivamente il ruolo di leaders globali, e del modo in cui lo stile personale di ciascuna leadership ha influenzato tali risultati. Tra i più autorevoli commentatori americani di politica estera, Brzezinski sostiene che gli Stati Uniti hanno male impiegato gran parte del loro potere e prestigio. Nessuno dei tre presidenti sfugge alla critica, malgrado l’autore ascriva a ciascuno un diverso grado di responsabilità. Obiettivo ma sferzante, questo libro costituisce un riferimento costruttivo per il ruolo mondiale dell’America nel prossimo futuro

 

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