Un raccondo di Roberto Rododendro — Il suo amico topo —

 

 

 

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Il suo amico topo

 

“ Senti un po’ cosa mi è capitato qualche tempo fa…E giuro che è proprio vero….”
Finisce sempre così, quando ha alzato il gomito e non importa se chi gli sta di fronte è un amico o uno incontrato casualmente.
“….. Una mattina, appena alzato, sarà stato mezzogiorno più o meno, perché sento sempre le campane, sai?, vado in cucina a prepararmi il caffè….”
S’interrompe un attimo come per un momento di riflessione:” Io vivo solo, ma non sono solo o meglio…forse sono solo, ma non solo solo…..” E qui normalmente si perde in un suo pensiero fino a quando, bevuto un sorso di vino, riprende: “ Insomma, vado a farmi questo caffè. E, cosa ti vedo? “
Non è una domanda, perché si risponde da solo, senza lasciare spazio:
“ Un topo!! Un topolino di campagna spaparanzato sulla mia sedia, che prende il sole!!
Giuro: il raggio che entra dalla finestra lo avvolge tutto e lui pare goderselo! Ma io non bado a questo effetto estetico o quel che è , anzi, non ci penso nemmeno e vado a prendere la scopa e paletta e cerco di ammazzarlo!
Mai avuto un topo in casa…. tu?
Ma non aspetta risposta: ti dico che gli mancavano gli occhiali da sole e sarebbe sembrato un turista sulla spiaggia!
Vabbè…prendo sta scopa, ma non faccio in tempo a fare il gesto che il topo già è scappato! Ho un bel cercarlo: sparito!
Non lo cerco più di tanto: quando vuole uscire…lo prendo! Penso, mica può restare rintanato in eterno, e lascio perdere.
Ma la mattina dopo, più o meno alla stessa ora, immagino, rieccolo spaparanzato sulla mia sedia e sotto al sole. Io riprendo la scopa e la paletta e lui niente… Mi avvicino e penso: questa volta lo spiaccico. Ma mentre mi avvicino lui mi guarda e non si muove e allora non ce la faccio ad alzare la scopa: è un topolino di campagna, penso per consolarmi, di solito sono puliti e non portano rogna, e se lui non rompe, io non rompo lui. C’è spazio per tutti e due in questa casa! Penso ad una tregua armata, capito? “
Rimane lì che non capisci se aspetta una cenno di consenso da te o se è partito per la tangente, poi trasale e :” La mia casa è grande, sussurra, e vuota. Ora ce n’è di spazio. Hai voglia! Chi vuole se lo prende, e , perché non un topo?”
A quel punto, normalmente il compagno di bevute ha un moto d’insofferenza, guarda l’orologio o immagina un appuntamento urgente e dimenticato e finisce d’un colpo il bicchiere e fa il movimento per alzarsi, ma Flavio lo trattiene per un braccio: “ Aspetta…. ” E quello è costretto a risedersi mentre Flavio gli ordina un altro bicchiere.
“ Perché no? Anche un topo può essere una compagnia, così, mi muovo piano per non spaventarlo. Mi preparo il caffè, metto la cuccuma sul gas. Apro il frigorifero, prendo un pezzetto di formaggio e, sempre molto lentamente glie lo appoggio sul bordo della sedia: lui mi guarda e io, guardo lui. Capisci? Ci guardiamo e ci capiamo. Intanto il caffè è pronto, mi verso la tazza e mi siedo per godermelo in pace con la prima sigaretta sulla sedia vicino a lui. Il caffè bisogna goderselo seduti, altrimenti fa male. Lui mi guarda e, come vede che io bevo il caffè, lui comincia a spiluccare il formaggio. Mica prima: mi ha aspettato, hai capito? Da allora siamo diventati amici e tutte le mattine: lui il formaggio io il caffè. Non voglio darti da credere che ci parlassimo, anche se.. Ma ci capivano bene, senza bisogno di tante parole. A volte lo incontravo anche la notte, quando rientravo: lui sentiva il rumore della porta e veniva a vedere ….Questo fino a..”
Ma a quel punto l’interlocutore ha finito il bicchiere e gli mormora a mezza bocca: “una bella storia “ e se ne va.
Flavio rimane lì da solo a raccontarsela. Borbotta qualcosa tra se e se sulla fretta o sulla poca disponibilità della gente e ordina un altro bicchiere di vino. Qualcuno una volta deve avergli detto che il vino non fa male perché in fondo non è altro che uva spremuta. E lui l’ha preso in parola.
E’ un uomo alto e piuttosto grosso, più che robusto. Nessuno sa bene che faccia, né da quando sia apparso in Trastevere, ma è uno che parla bene, quindi dev’essere istruito. S’incontra solo la notte, sul tardi. Proprio come un topo che esce dal suo buco.
Ogni tanto, un tempo che solo lui conosce , perché sembra quasi periodico, appare tutto lindo e pulito, sbarbato e con gli abiti stirati e in perfetto stile…che poi porta per tutto il resto del tempo, fino alla volta successiva.
Qui in Trastevere è conosciuto e accettato, come tanti come lui. Anch’io lo incontro spesso: ci facciamo un saluto, anzi, un semplice cenno col capo o con gli occhi , come due che si conoscono e si sono già valutati.
Una sera strana, sono momenti che capitano, Veronica aveva deciso che doveva incontrare i suoi amici da sola: ”Stiamo sempre insieme, mi aveva detto, non è giusto. Dobbiamo anche abituarci a stare ciascuno per proprio conto, e poi io voglio vedere Jacopo da sola.” Jacopo è un suo caro amico.
Io avevo capito, o cosi credevo, e mentre Veronica era al nostro solito bar io andavo bighellonando per Trastevere e invece di sentirmi libero, come pensavo, mi sentivo abbandonato, senza uno scopo, senza un itinerario preciso e mi lasciavo andare. Giravo per i bar, entravo e uscivo, in attesa che il tempo passasse per poter rincontrare Veronica senza fare la figura dello scemo. Finché mi trovo seduto in una vecchia osteria sopravvissuta ai pub imperversanti con le nuove mode: la segatura per terra anche ad agosto ed i vecchi aggrappati al bicchiere. Mi trovo lì seduto che mi guardo intorno senza vedere nulla perché c’è ben poco da vedere e pensando nebulosamente ai fatti miei, quando sento qualcuno sedersi di fronte a me.
Flavio mi guarda con aria supplichevole, piuttosto fanciullesco e sperso, forse più di me. L’accetto quasi con piacere, riconoscendolo in quel momento come un mio simile. E cosi beviamo insieme. E’ allora che vengo a conoscenza della storia col suo amico topo:
“….Ormai eravamo diventati amici. Puoi non crederci, ma ci capivano anche senza troppe parole. Cioè, io gli parlavo e lui mi capiva, ero sicuro che un giorno o l’altro, quando avesse voluto, m’avrebbe risposto. Era una bella amicizia….. fino a quando, una mattina non lo trovo più. Io penso “sarà andato a prendere una boccata d’aria” e gli preparo il suo solito pezzetto di formaggio. Niente da fare: la mattina dopo e quella dopo ancora il formaggio resta lì sulla sedia…Il mio amico topo è scomparso. Se n’è andato senza dirmi niente. Alla fine me ne faccio una ragione, perché penso che se ti pianta in asso un essere umano…” Tace di colpo. Tracanna il vino tutto d’un fiato, ne ordina un altro e lo tracanna: fa tutto cosi velocemente che quasi non lo noto:”… Senza darti spiegazioni, nessuna spiegazione che ti faccia capire…Allora può farlo anche un topo, non credi? “
Io faccio cenno di si con la testa e mi viene in mente una possibilità.
“E invece sai che succede?”
Insomma, io la pensavo finita la storia, e invece no…c’è un seguito.
“…Qualche tempo dopo, non so…forse un mese o due.. Sono lì che girello per piazza S. Cosimato, sai, dalla parte occupata dal mercato, vicino ai banchi dei fiori, capito?
Ecco, sono lì che non ci ho nulla da fare , saranno state le cinque del pomeriggio…un’ora inutile che di solito non amo, e la passo camminando per le solite strade, almeno, su strade conosciute mi sento più sicuro…Capisci? In casa sento che manca qualcuno. I bar, a quell’ora sono vuoti, mi restano le solite strade: è un modo per scacciare un senso panico che spesso ho dentro. Anche ricordi. Sai, anch’io ho dei ricordi .” Mi guarda con occhi ingenui e chiari , mentre me lo dice.
“Bene. Sono lì e mi sento mordicchiare sull’orlo dei pantaloni… Credo di averci messo un po’ prima di capire, perché il risvolto era tutto mangiucchiato. Abbasso gli occhi e chi ti vedo che mi guarda, direi, sorridendo, già, non mi prendere in giro: se ti dico che sorrideva, vuol dire che sorrideva!
Era il mio amico topo. Ma non è solo. Li guardo tutti e due un po’ stupito e vedo che hanno lo stesso sorriso. Capisco tutto allora: sono innamorati. Ecco perché se n’era andato.
E’ una cosa strana dirai tu e neppure tu vorrai credermi, eppure ti dico di si: erano innamorati!! Si vedeva benissimo. So riconoscere due innamorati.. Ad esempio, tu e Veronica…” Non lo lascio finire, vede il mio sguardo. “Chissà perché non ho voluto sapere quel che pensava di me e Veronica.” Mi sono chiesto dopo, quando sono uscito dall’osteria.
Così riprende a raccontare:” Ma la cosa strana c’era veramente e…piuttosto inquietante. Cercai di spiegarlo al mio amico topo, ma lui faceva finta di niente, mi guardava e si girava verso di lei: io mi ero chinato quasi alla sua altezza e cercavo di spiegargli che innamorarsi era giusto ma, di una gattina? No! proprio no!
Già, hai capito bene: era una gattina nera dalle ciglia lunghissime ed uno sguardo dolce, ma, come fidarsi? Quelle hanno sempre un loro istinto. Ed io ero li a spiegargli che la storia di Giulietta e Romeo era finita proprio male…Macché!
Lui mi aveva capito ma…ahimè, l’amore…. Era rassegnato e pronto a tutto ma comunque incredulo che potesse capitare loro qualcosa di storto. Anche la gattina, mentre se lo strofinava, mi lanciava occhiate di sottecchi che intendevano chiaramente la sua incredulità e di lasciarli in pace.
Ero un po’ disperato, perché capivo che non potevo far niente. Allora andai al bar un po’ prima del solito, quel pomeriggio…”
Io pensavo che fosse finita lì quella storia strampalata, dettata dai fumi dell’alcool , invece no:
“Vuoi sapere com’è finita, mi domanda?”
E perché no, mi dico io, intanto non ho nulla da fare e due chiacchiere in più, anche se assurde, vanno bene a farmi passare il tempo….E resto ad ascoltarlo fino alla fine. Quando guardo l’ora vedo che ormai posso tornare da Veronica con la faccia salva, cosi lo saluto e lo lascio a rimuginare sulla sua storia.

 

 

 

“Poverino…Sembrava crederci veramente!!”
Cosi, dico a Veronica quella notte, tornati a casa.
Lei queste storie le prende sempre seriamente. Lei ci crede. Perché conosce tutti i barboni e gli sbandati del quartiere e sa che non raccontano mia balle, almeno lei dice così, perché, dice, non ne hanno motivo, al massimo è un parto della loro mente, dice, ma non per questo meno vera!
Cosi la racconto anche a lei…come se fossi lui, Flavio.
“ Allora, come è andata a finire? “ M’incalza Veronica, quando mi fermo sul finale. Eravamo ormai a letto e lei si sposta dal suo posto e mi salta addosso e mi guarda negli occhi…coi suoi occhi chiari e sorride:” Dai, topastro, non lasciarmi in ansia!” Lei vuole sapere, mentre io sento una certa inquietudine, e quel che m’inquieta di più è non capire il perché.
“ Semplice, cerco di minimizzare, è andata a finire come doveva: la gattina innamorata ( e calco sulla gattina innamorata con tono ironico) alla fine se l’è mangiato!”
A Veronica è sparito il sorriso e gli occhi le si sono velati…Sono verdi ora, intensi, ed è come se fosse calata una nuvola nella nostra stanza. Mi bacia rapida e violenta e si scosta da me girandosi tutta raggomitolata.
“ Dice Flavio che ora nella gattina ci sono due cuori che battono insieme. Lui dice che è stato il suo amico topo a volerlo….” Riprendo fiato mentre parlo alla sua schiena:”… Per stare per sempre con lei.“ Finisco con un sussurro rauco.
Poi rido.

 

 

le foto e video sono del:

IL MATTINO– di Marta Ferraro  – 18 agosto 2018
https://www.ilmattino.it/pelo_e_contropelo/gatto_topo_innamorati_si_scambiano_coccole_tenerezze_video-3907081.html?refresh_ce

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3 risposte a Un raccondo di Roberto Rododendro — Il suo amico topo —

  1. roberto rododendro scrive:

    grazie per la rimembranza. Rileggendo questo racconto, che fa parte di una serie di racconti con un filone unico, altrimenti non si capisce ‘na mazza, noto qualche piccolo errore, banali ma intralciano il ritmo. Comunque a me piace e quindi grazie.
    p.s. volendo lo puoi tradurre in tante storie d’incontri sfilacciati come mi sento sfilacciato – e te pareva che non andava sul personale? -bah.
    Grazie Chiara , almeno serve per tenerci in contatto: questo FB ma esiliato a casa mia!
    Incredibile-
    Un bell’abbraccio!

    • Chiara Salvini scrive:

      ma cosa interndi per ” esiliato a casa mia ” ? Non puoi cercare di spiegarlo..

      • roberto rododendro scrive:

        oh, semplice: non riesco più ad entrare nella mia pagina Facebook originale, per capirci quella con me con il viso a pois 🙂 e, avendo dimenticato sia casella di posta (sparito il mio indirizzo, chiuso perchè non l’usavo) che la pass, la pagina rimane lì ed ogni tanto mi scrivo :-9
        Il punto è che sulla nuova o nuove perchè ne ho persa un’altra, ho la metà degli amici e non ho più i loro commenti come io non ho più i loro. Esempio: son fuori da giornalando e cc. ecc.
        No, nessuno mi ha buttato fuori di casa!! 🙂 Ciao fiore dei miei occhi!

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