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Il paradigma epigenetico 12 dicembre 2011
L’EPIGENETICA non è cosa semplice. Partiamo da lontano.
Da sempre si sono riconosciuti nei figli i caratteri di genitori (“Tutto suo padre!”) e congiunti. La ripetizione dei caratteri nelle generazioni successive è alla base della selezione delle razze nell’allevamento animale e delle varietà nell’agricoltura. Da millenni è nota anche la persistenza di certe malattie in alcune famiglie: l’emofilia, per esempio, era considerata una malattia delle famiglie regnanti, per via dei matrimoni tra parenti.
Queste osservazioni, storiche o popolari, non sono diventate scienza. Il frate ortolano Mendel ha inziato a studiare in modo sistematico il passaggio dei caratteri di alcuni piselli nelle generazioni successive. L’esperimento, condotto misurando la frequenza delle diverse caratteristiche nelle successive generazioni, permise a Mendel di riconoscere le regole secondo le quali quei fenomeni si verificano: le leggi naturali dell’ereditarietà . Era nata la genetica.
Successivamente, quelle leggi sono state giustificate identificando il materiale che porta i caratteri, i cromosomi, della loro organizzazione in geni e la sostanza chimica che ne costituisce il supporto nella lunga catena del DNA (tanto che nel parlare comune l’espressione ”ce l’ho nel DNA” rivendica la consuetudine con qualche abilità).
Il DNA rappresenta la stabilità della specie, trasmettendosi da una generazione all’altra con tutto ciò che le è proprio, compreso il tesoro delle differenze: il colore degli occhi, dei capelli e i diversi gruppi sanguigni ne sono un esempio. I geni presiedono alla produzione delle proteine del corpo, che sono “materiale da costruzione” ma anche sostanze implicate nella produzione di enzimi e nella regolazione di molte funzioni (ormoni).
Molte malattie sono legate ai cromosomi, ai geni e alle loro alterazioni. L’origine di certe malattie è stata riconosciuta nelle alterazioni di una sola posizione della catena del DNA, le cosiddette alterazioni “puntiformi”. Queste scoperte hanno dato corpo ad una certezza: la nostra vita, le nostre malattie, i nostri comportamenti sono dunque determinati, in misura rilevante, dal nostro materiale genetico.
Ma cos’è l’epigenetica?
Lo sviluppo di strumenti per indagare sempre più a fondo il DNA ha portato alla scoperta di ampie zone della catena che non sono geni, ma servono per regolarli, attivarli o reprimerli.
Questo studio è l’epigenetica.
Facciamo un esempio. Immaginiamo una grande scatola di costruzioni con le quali realizzare un elicottero, possibilmente che voli. La genetica è costituita dall’elenco dei pezzi che troviamo nella scatola; l’epigenetica sono le istruzioni contenute al suo interno, insieme ai mattoncini, che ci guidano in ogni fase del montaggio. Se si perdono le istruzioni, anche solo un piccolo passaggio, l’elicottero sarà difettoso o non riuscirà affatto.
Grazie all’epigenetica, si inizia a capire come si svolgono questi processi di controllo dell’espressione genica, scoprendo le ragioni di certe malattie. Si comprende il meccanismo di alcuni farmaci e se ne inventano di nuovi che intervengano su processi epigenetici.
Gli studi epigenetici aiutano a capire come agiscono molti inquinanti. Sostanze metilanti, diossine, interferenti endocrini, antiparassitari, additivi degli alimenti e dei prodotti di uso domestico interferiscono col genoma a livello dei processi epigenetici. Questi prodotti, presenti nelle nostre case e nella nostra vita, ci aprono a una prospettiva che si stava perdendo: se tante sostanze possono danneggiare il DNA, noi rischiamo di trasmettere alla nostra discendenza un patrimonio ereditario variamente compromesso. Per questo è necessario impegnarsi a ridurle, nell’aria che respiriamo e nei cibi che mangiamo.
In tutto il mondo industrializzato, e in Italia più che altrove, di anno in anno sono sempre più numerosi i tumori che colpiscono i bambini, i quali non hanno vissuto abbastanza per contrarre la malattia nei pochi mesi o anni della loro vita. Questo significa che l’origine del terribile male va ricercata nei mesi o addirittura negli anni che precedono la loro nascita. Nel linguaggio medico, si parla di esposizione del bambino transplacentare, quando agenti inquinanti sono stati inalati o ingeriti dalla loro mamma; di trasmissione transgenerazionale quando farmaci o inquinanti hanno inserito piccole marcature, appunto epigenetiche, nel DNA dei gameti dei loro genitori, prima del concepimento.
Un meccanismo diabolico, purtroppo ancora pressoché ignoto alla quasi totalità dei medici. E questo nonostante l’allarme dato oltre 30 anni fa da Renzo Tomatis, ex direttore scientifico dell’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro di Lione e di ISDE. Tomatis studiò infatti la vicenda del dietilstilbestrolo ( per memorizzare: DIETIL-STIL-BESTROLO) un farmaco somministrato a centinaia di migliaia di donne che determinò l’insorgenza di tumori maligni nelle loro figlie.
Queste conoscenze ci costringono a farci carico di una responsabilità verso i nostri figli (e verso le generazioni future) che l’illusione del determinismo genetico ci aveva tolto.
Ora sappiamo, infatti, che il nostro destino non è “scritto nei geni”: l’ambiente, in particolare le sostanze e i fattori inquinanti, come molte nostre abitudini errate, interferiscono sul DNA dei nostri figli e nipoti. Regolandone l’assetto e l’espressione, questi fattori possono influenzare la crescita, la salute e la vita di tutta la specie umana, nella discendenza degli uomini d’oggi.
Il diritto alla sostenibilità ambientale non è dunque il diritto a un ambiente consolatorio per distrarre i bambini e i vecchi ammalati: il diritto alla sostenibilità ambientale è il diritto a veder combattuti il disinteresse e la tolleranza verso gli inquinatori, per la salute dei nostri e dei loro figli.
Le sottolineature in rosso sono di Ch.
nota di Chiara: questi studi, quasi sempre di difficile comprensione per noi profani, sono fondamentali, oltre che per l’origine di tante malattie, per capire “l’influenza dell’ambiente interno al feto” in quanto determinante per l’origine delle malattie mentali, insieme alla “disponibilità genetica” o potenzialità verso una malattia: adesso si sa scientificamente che questa non basta a generare una malattia se non intervengono fattori ambientali non solo durante la gravidanza (in un articolo aggiungevo: anche nel momento del concepimento, momenti che evidentemente generano sostanze chimiche buone o meno buone per il feto nel sangue della madre, a seconda di come questo avviene: panico, violenze, non accettazione ecc.), ma anche nei primi mesi e primi anni della vita del bambino quando il suo sistema nervoso si completa.
dal sito “VITA DI COPPIA” pubblico questo piccolo riassunto di uno studio che non sono riuscita a trovare:
Lo stress in gravidanza sarebbe da evitare. Ma esistono delle conseguenze sul feto? Le ricerche scientifiche sono sempre più orientate a rispondere a questo quesito, data la notevole diffusione del fattore stress.
Ad occuparsene è stata di recente anche una ricerca condotta dagli studiosi tedeschi dell’Università di Costanza. Lo studio è stato anche pubblicato su Translational Psychiatry. Gli studiosi hanno riscontrato il cambiamento di un gene nei bambini nati dalle mamme sottoposte a stress durante la gravidanza.
In particolare, i bambini nati da queste mamme, presentavano una mutazione del recettore dei glucocorticoidi, il gene responsabile della regolazione della risposta ormonale allo stress. In altre parole, i bambini nati da mamme stressate in gravidanza, a causa di questa mutazione, sono e saranno da grandi più suscettibili alle situazioni di stress. Insomma, lo stress in gravidanza può avere davvero avere conseguenze sul feto.
“per parlare sempre di me”, come dice la mia cara amica BB in una sua critica costruttiva al blog a cui devo rispondere, come dovrebbe essere già apparso da qualche mio articolo su EREDITARIETA’ E AMBIENTE, dal momento che mia madre ha vissuto in panico tutto il tempo della gravidanza (periodo ’43-’44) e in seguito fino alla Liberazione del ’45, io sono un esempio vivente della “suscettibilità alle situazioni di stress” dal momento che non ho mai mai avuto una crisi psicotica (mania) senza che sia stata preceduta da una grave situazione di stress. Ovviamente, almeno nel mio caso, come direbbe la bella BB, potrei documentarlo dettagliatamente!
Rimango con la ‘stupida’ convinzione – nonostante gli studi dell’ epigenetica – che influiscano sul ‘come siamo’, vita natural durante , molto di più le ‘condizioni’ di vita ( famigliari, sociali, geografiche, ecc. ecc. ) della ‘ eredità ‘ genetica. Ehh, sarebbe troppo ‘comoda’ scaricare tutto sulla ereditarietà …. Il Dna conta poco, assai meno di un padre ( o madre ) che ‘se ne sbatte’ ….
voglio risponderti sull’articolo perché evidentemente quel poco che ho detto non è stato chiaro, mentre a me, forse perché erano cose “abbastanza” conosciute, il testo di Bologna mi è sembrato di una chiarezza straordinaria (benedetto dal cielo). Questa ramo della genetica dice proprio quello che dici tu e cioè che le condizioni ambientali arrivano ad influire sui geni, non su quelli che custodiscono il patrimonio ereditario, o almeno così ho capito, ma su quelli che danno ai geni “le istruzioni” per la costruzione dell’organismo; questo ambiente agisce immediatamente dopo il concepimento, quindi durante la gravidanza ecc. fino ad arrivare alle “tue condizioni di vita” (famigliari, sociali, geografiche ecc.). Grazie, come sempre del tuo importante contributo, anche se mi permetto una minuscola considerazione: è giusto che tu non debba fidarti di me, assolutamente, non se ne capirebbe il motivo, ma dal momento che una certa cosa è considerata scientifica dalla comunità scientifica, non mi pare tocchi a noi decidere…certo il fondamento della scienza è il dubbio, quello che va andare avanti gli scienziati, –forse riguarda solo me– ma non oserei dire per esempio che la scoperta del DNA non mi convince…mah! rimango con un mah! Ci terrei molto che qualcuno intervenisse perché mi sembra un tema non da poco, ciao grazie, chiara
PS Ovviamente a chi vuole posso consigliare alcuni articoli su Internet o lasciarli al vostro criterio. Fatemi sapere, ch
PS1 purtroppo in questo paese non abbiamo niente e nessuno, se non riviste specializzate inaccessibili, per diffondere una cultura scientifica generale o anche una informazione su temi quali per es. : come si comporta un cittadino nei confronti di certe scoperte scientifiche? Se non si diffondono le informazioni corrette, a me pare che come cittadini non specialisti non possiamo decidere. Fuori di questo ci possono essere solo posizioni “ideologiche” come per es. per le cellule staminali, la pillola del giorno dopo e il testamento per affermare il diritto di non voler sopravvivere in condizioni estreme e irrevocabili. Intorno agli anni Sessanta, come saprai, c’è stata una rivolta contro un assoluto “determinismo genetico” diciamo tipo Lombroso (lo conosco pochissimo) ed è stata esattamente una presa di posizione politica nel senso migliore del termine, perché se tutto è determinato, non si può cambiare nulla e allora ci tocca incrociare le braccia ed assistere allo sfacelo. Nel frattempo, cinquant’anni, la posizione delle scienze in generale sono cambiate e so, per quello – pochissimo – che posso sapere, che non c’è più nessuno che sostiene il determinismo genetico, a non essere intellettuali di moda, per es. per quanto riguarda . la formazione della nostra mente, di certe malattie ecc. Provvederò ad essere più documentata. Comunque credo di aver pubblicato una parte di un testo di Eric Kandel, premio Nobel per la genetica, che ha dedicato tutta la vita a questi studi, stimato internazionalmente da altri scienziati ecc. ecc. Di fronte a “giganti” del genere, io personalmente, se giudico seri e fondati i suoi scritti con i pochi strumenti che ovviamente ho, non ho alcun problema ad accettare le sue opinioni e farle mie o difenderle dai preconcetti invece così scritti nel marmo, anche perché dire che c’è una potenzialità genetica per es. nelle malattie mentali che può generare una malattia solo ed esclusivamente per un intervento dell’ambiente, non tocca minimamente le mie posizioni politiche, sempre nel senso migliore del termine, cioè come volontà personale e, se possibile, collettiva, a migliorare e trasmettere delle condizioni sociali culturali ecc., anche se di pochisismo, più umane di quelle in cui sono o siamo nati. Anch’io, come forse anche tu da quello che hai scritto, credo che sia il “buon senso” che viene dall’esperienza il punto di riferimento fondamentale anche per professionisti e scienziati oltre che per noi, ma forse nel Seicento, la teoria di Galileo che spostava la terra dal centro dell’universo non rispondeva al “buon senso dell’epoca”, tanto è vero che è stato portato in tribunale, proibito di insegnare e prima di lui, ho un bianco, sì, Giordano Bruno, un filosofo che non aveva come portare “prove”, è stato bruciato a Roma in piazza pubblica ad ammonimento perpetuo.