Giuliana Sgrena mentre, dopo essere stata rapita (2005), parla al mondo dalla sua prigionia, che è durata un mese intero, naturalmente usando le parole del testo fornitogli dai suoi rapitori. Vedrete anche voi che è l’immagine del dolore più inumano e che è letteralemnte irriconoscibile se la confrontate con la foto seguente del 2010.
Giuliana Sgrena (Masera, in Piemonte, 20 dicembre 1948) è una giornalista, scrittrice e politica italiana.
Scrive per il quotidiano il manifesto dal 1988, per il mensile Modus vivendi dal 1997 e per il settimanale tedesco Die Zeit. È stata candidata per le Europee del 2009 con Sinistra e Libertà e nel Congresso fondativo del partito a dicembre dello stesso anno è stata inserita nel coordinamento nazionale.
La sua liberazione era stata invocata in più appelli video trasmessi dal capo dello stato Carlo Azeglio Ciampi (che le aveva conferito nel2003 il titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana per la sua attività di giornalista e scrittrice) e della sua sorte si era preoccupato (dal letto dell’ospedale Gemelli di Roma in cui si trovava ricoverato) anche Papa Giovanni Paolo II.
Nella sua carriera di cronista, la Sgrena ha avuto modo di realizzare numerosi resoconti da zone di guerra, tra cui Algeria, Somalia edAfghanistan. Si è occupata particolarmente della condizione della donna nell’Islam, tema sul quale ha scritto un libro. (da Wikepedia)
Questo l’articolo:
Signore della guerra afghano ricevuto in Campidoglio da Alemanno
Autore di crimini e di violenze contro le donne, Mohammad Mohaqiq, fondamentalista ricevuto in Campidoglio da autorità e ong.
Sostenitori di Mohammad Mohaqiq
Ci scandalizziamo quando leggiamo di codici medioevali varati dal governo afgano contro le donne. Ma poco ci soffermiamo sui personaggi politici che ne sono artefici e che stanno riportando quel paese a ritroso nella storia, fino a rilegittimare i taleban, che erano stati temporaneamente allontanati dal potere con l’intervento militare del 2001. Undici anni di guerra sono serviti per recuperare i taleban e mantenere al potere gli altri signori della guerra che in questi anni hanno continuato a governare, a commettere crimini e, per di più, si sono avvalsi del loro potere per autoassolversi con una legge di amnistia condannata anche dalle Nazioni unite: “Nessuno ha il diritto di perdonare i responsabili delle violazioni dei diritti umani se non le stesse vittime”.
Tra i fautori di questa legge, oltre che del codice di famiglia per le donne sciite (che legittima lo stupro in famiglia, autorizza il marito a negare gli alimenti alla moglie se non ubbidisce ai suoi ordini…) vi è uno dei più noti signori della guerra afghani: Mohammad Mohaqiq. Tra i fondatori e tuttora leader di Hezb-e Wahdat (partito sciita, fondamentalista), noto, secondo Human rights watch (Hrw), per le “sistematiche implicazioni in razzie e violenze in tutte le zone da loro (dalle milizie di Hezb-e Wahdat, ndr) controllate, dirette soprattutto contro i villaggi pashtun (l’etnia maggioritaria in Afghanistan, sunnita, ndr). Negli assalti ai villaggi le case venivano distrutte, rubati gli averi delle persone e i ragazzi picchiati e uccisi. Ci sono anche molti rapporti sugli stupri di ragazze e donne. Nel distretto di Chimtal, vicino a Mazar-e Sharif, e nella provincia di Balkh, le milizie di Hizb-e Wahdat e di Jamiat erano particolarmente violente. Nel villaggio di Bargah-e Afghani, le truppe di Hizb-e Wahdat hanno ucciso 36 civili, nel 2003, il più grande massacro commesso da afghani dopo la caduta dei taleban”.
Attive nella guerra contro i sovietici, l’azione delle milizie di Mohaqiq è continuata anche con la presenza degli americani, nonostante il leader fosse stato nominato vicepresidente del governo ad interim e poi ministro della pianificazione. Sempre secondo l’organizzazione per i diritti umani Hrw, i sostenitori di Mohaqiq hanno usato minacce e intimidazioni contro i delegati alla Loya Jirga nel 2002, per permettere alla loro componente di mantenere una posizione di potere.
Mohammad Mohaqiq è diventato tristemente famoso per il rapimento e lo stupro di giovani donne, a volte restituite alle famiglie dopo il pagamento di un riscatto, in altri casi invece il rapimento serviva per costringere le ragazze a matrimoni forzati. Ora è presidente della Commissione giustizia del parlamento afghano!
Mohammad Mohaqiq non è l’unico signore della guerra autore di crimini in Afghanistan, ma è sorprendente il fatto che sarà accolto il 16 marzo con tutti gli onori in Campidoglio dal sindaco Alemanno, parlamentari, autorità e rappresentanti di Ong (Intersos e Afgana). Contro la visita in Italia di Mohaqiq si è mobilitato il Cisda (Coordinamento italiano sostegno donne afghane).
Il Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus (Cisda) raccoglie e pubblica materiali informativi nel sito www.ecn.org/reds/donne/donne.html. E’ stato costituito, mi pare, nel 2004 (ch.)
Ch.: non sono riuscita a trovare il sito: www.giulianasgrena.it, ma vi segnalo quello su cui trovate vari articoli suoi nonché di altri: www.globalist.it
Scrive anche su: www. ilmanifesto.it
PER CHI HA INTERESSE SU QUESTO TEMA, pubblico un testo trovato per caso mentre cercavo notizie sulle iniziative del CISDA per il 16 marzo. Si tratta del sito che non conoscevo dal nome:
L’ho trovato digitando CISDA su Facebook.
Le notizie riportate mi paiono interessanti sia per chi si è allontanato dal comunismo per ragioni varie sia per chi l’ha sempre odiato e lo odia. Riusciamo così a sapere che il sindaco di Roma ha ritirato l’invito. Se volete leggere il testo, vedrete che si tratta di un testo di “informazione corretta” che riporta voci discordanti. Come dovevamo dire una volta, BIPARTISAN?
Domenica 18 Marzo 2012 07:18
Signori della guerra afghani: chi ci parla, chi no, chi maledice il pasticcio
di Enrico Campofreda
La vicenda del convegno con l’attuale Presidente della Commissione Giustizia afghana Mohammed Mohaqiq indetto e poi cancellato dal Campidoglio, che doveva vedere la partecipazione di politici e animatori della cooperazione italiana, ha avuto strascichi fra le parti. Con posizioni perentorie o imbarazzate.
Siamo andati alla fonte – evitando, noi sì, di parlare con Mahaqiq perché non ce n’era motivo – e riportiamo le voci di chi voleva partecipare all’incontro e di chi l’ha boicottato.
L’onorevole Jean Leonard Tuadì del Partito Democratico, membro della Commissione Affari Esteri e della Commissione Affari Nato, uno dei mancati interlocutori di Mohaqiq definisce la vicenda “Un brutto pasticcio. Quando Romulo Salvador, consigliere aggiunto per il Comune di Roma, mi ha chiesto l’adesione riferiva di un incontro con la comunità afghana senza far cenno alla presenza dei Mohaqiq. Personalmente mi sentivo rassicurato dall’invito del Comune perché sapevo, avendone fatto parte con la precedente Giunta, che esisteva un severo vaglio delle iniziative internazionali. Quando sono scoppiate le polemiche sollevate da alcune associazioni stavo rientrando da una trasferta in India. Le proteste di quelle associazioni riprese dai colleghi di partito (Della Seta e Ferrante, ndr) sono diventate anche le mie rimostranze. Su talune vicende e certi personaggi bisogna essere chiari e denunciare i criminali di guerra”. Chiediamo il pensiero di Tuadì sul sistema della cooperazione internazionale che a volte si presta a iniziative autoreferenziali e accetta i finanziamenti assieme alle missioni militari, come avviene in Italia. “E’ vero accade, ma non lo ritengo scandaloso. Le iniziative umanitarie e di ricostruzione sono ben distinte da quelle militari. Ormai la strada è consolidata dai tempi delle missioni nei Balcani. Se prendiamo la situazione dell’Afghanistan c’è chi come Intersos si presta a ricevere finanziamenti per la cooperazione votati in aula assieme a quelli per la missione Isaf e chi come Emergency sostiene il proprio intervento umanitario svincolato da quei finanziamenti. Sono filosofie diverse ma penso che lo scopo umanitario sia reciproco. Comunque fondi differenziati per il sostegno delle azioni civili eviterebbero l’ambiguità che la cooperazione si strascina dietro”.
Nino Sergi, rappresentante della struttura di cooperazione internazionale Intersos, non si crea problemi “E’ vero che Afgana e Intersos sono stati invitati dal consigliere comunale responsabile per l’Asia a un incontro col Presidente della Commissione Giustizia del Parlamento afghano. E’ vero che abbiamo accettato. Il personaggio, discutibile come l’80 % degli altri personaggi politici afghani, è pur sempre l’espressione di un’Istituzione che merita rispetto. In ogni caso, dato che per esempio in Somalia sono andato a parlare con persone iscritte nella lista internazionale dei terroristi, per capire la loro visione e per dire loro la mia visione sul possibile processo di pacificazione, non capisco perché non dovrei farlo con questo politico afghano”. Più chiaro di così. Sulla stessa lunghezza d’onda Emanuele Giordana animatore di un’altra componente della cooperazione italiana nel Paese mediorientale denominata Afgana. “Quando sono stato invitato alla tavola rotonda del Campidoglio non mi era stata riferita la presenza del signor Mohaqiq. Poi l’incontro è venuto meno per le polemiche sollevate da alcune associazioni e per la retromarcia dei politici del Pd. Io e l’amico Sergi avremmo comunque partecipato al colloquio perché il passato pur sanguinario di Mohaqiq non è diverso da quello di numerosi esponenti del Parlamento e delle Istituzioni afghane. Il vicepresidente Khalili ha alle spalle molte imprese criminali ma come Mohaqiq è attualmente un rappresentante afghano con cui i politici occidentali non possono fare a meno d’interloquire, e nepure noi impegnati nella cooperazione. Perciò ieri Afgana e Intersos hanno avuto un colloquio, pur privato con questo signore. Mentre Staffan De Mistura ne ha avuto uno ufficiale, a nome del governo italiano. A chi compie distinguo sulla classe politica afghana chiedo chi siano i personaggi pubblici di quel Paese che incontra. Nella migliore delle ipotesi sono coinvolti in casi di corruzione, Karzai è l’esempio più illustre. Nei peggiori si tratta di Signori della Guerra. In politica estera il purismo porta a una deleteria immobilità. La cooperazione internazionale ha minor peso di coalizioni e nazioni ma non è detto che non venga ascoltata. Porto quest’esempio. Nell’incontro privato abbiamo chiesto a Mohaqiq se fosse d’accordo col “Codice di condotta”, un recente editto degli Ulema che Karzai ha avallato. L’ha fatto personalmente, usando la decisione per rapporti di forza interni. Abbiamo fatto presente che una simile decisione riporta indietro la condizione della donna all’epoca talebana, rilanciando l’obbligo di accompagnamento di un uomo della famiglia durante le uscite dall’abitazione. Mohaqiq ci ha risposto che il Parlamento potrà rifiutarsi di tramutare in legge questo codice. Insomma il dialogo non può venire meno se si vogliono riconquistare spazi in quella nazione”. E sugli intralazzi di tanta cooperazione internazionale cosa pensate? “Il problema esiste. Si disperdono fondi e la popolazione è la vera vittima di certe cattive gestioni ma non mi pare una buona ragione per sospenderla. Se attualmente diversi giovani afghani vanno a scuola, se la popolazione, magari non numerosissima, può curarsi è grazie alla cooperazione internazionale. L’impegno militare può contare su 2 milioni di euro al giorno, la cooperazione su 37 milioni l’anno, c’è una sperequazione è assoluta eppure andiamo avanti. Perché se eliminiamo anche questi fondi dove finiranno i denari? Al ponte sullo Stretto? Anch’io concordo sull’opportunità di svincolare i finanziamenti dei veri aiuti ai civili da quelli militari così ciascuno può rispondere solo di ciò che fa”.
Perentoria la posizione del Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) che si è spesa per ostacolare l’iniziativa pubblica di Mohaqiq, centrando l’obiettivo. Dichiara Patrizia Fiocchetti, attivista romana del gruppo “Quando ti siedi a un tavolo con un assassino diventi comunque un suo connivente. La nostra associazione sostiene in Occidente l’impegno che Rawa (Revolutionary Association Women Afghanistan) attua in Afghanistan. Per comprendere quanto siano lontane le posizioni di Rawa, e nostre, dal criminale Mohammed Mohaqiq riporto alcune recenti note riprese dal sito web di Hezb-e-Wahdat, il partito di cui Mohaqiq è motore.”… dobbiamo far capire a questo gruppo (Rawa) criminale e mafioso che se in Afghanistan operano con i nemici del popolo hazara e delle altre etnie, in Europa non gli permetteremo di approfittare dell’atmosfera di libertà per fare propaganda contro il nostro popolo…”. E ancora “La rete internazionale hazara chiede agli hazara in Italia, Olanda e nel resto dei Paesi europei di attivarsi contro questo gruppo fascista… (Rawa, ndr)”. Personalmente ho conosciuto e parlato con parenti delle vittime delle truppe di Mohaqiq che mi hanno ricordato gli scempi di quest’uomo. Non voglio impressionare, però non dimenticherò mai lo sguardo disperato di una donna diventata anzitempo anziana per il dolore. Riferiva della crudeltà con cui Mohaqiq la fece portare davanti da alcuni scagnozzi una cesta che conteneva le orbite prelevate ai giovani catturati che rifiutavano di combattere con le sue truppe. Sicuramente c’erano anche gli occhi di suo figlio. Per questo siamo categoriche: non si può parlare con un criminale, come è impossibile qualsiasi dialogo con altri Signori della Guerra, si chiamino Sayyaf, Hekmatyar, Khalili. Non ci si può parlare neppure se ora si ammantano di incarichi istituzionali. Un passo del genere ci farebbe sentire collusi. A chi pensava di partecipare a quel consesso dico: come si fa a sostenere un impegno umanitario e poi rivolgersi a quest’individuo che ha appoggiato quella legge contro le donne sciite che ammette lo stupro fra le mura domestiche? Come si può colloquiare con un carnefice che impartiva ordini per massacrare persone indifese? Mohaqiq è uno degli assassini del popolo afghano che ha evitato di comparire davanti ai Tribunali Internazionali in virtù di un’amnistia generale promossa da Karzai, avallata dagli Stati Uniti e dall’alleato italiano che aveva il mandato, nell’ambito della missione Isaf, della ricostruzione del sistema giudiziario. Non ci potrà essere ricostruzione del sistema statale se non ci sarà una ricucitura delle ferite mortali inferte al popolo afghano attraverso la condanna penale e politica di simili personaggi. Mohaqiq è uno dei molti assassini riciclati nell’establishment afghano per volere anche occidentale, il nostro dovere è denunciarne il passato di quest’accozzaglia, smascherare le pratiche attuali, non consegnargli una patente rappresentativa. Se lo fanno i governi, la cooperazione internazionale dovrebbe distinguersi. Come quei parlamentari che parlano di pasticcio hanno il dovere istituzionale d’informarsi. Siedono nei Palazzi anche per questo”.
Ultima modifica Domenica 18 Marzo 2012 11:25