24 settembre 2012 ore 14:22 Ho trovato questa lettera di tempo fa, ho intenzione di rispondere a quello che ho capito, non tutto cioè: è una persona che scrive difficile.

 

 

 

chiara: quello che è scritto così grosso è perché è il più significativo di tutto, la conclusione di questa breve autoanalisi.

 

Cara Chiara, ho letto l’ Introduzione, coinvolgente per le ‘verità’ molto dure che lascia intravvedere. Che può dirti un lettore come me ? Se non farti delle domande, ad esempio che pubblico ti riproponi di ‘avvicinare’ ? Se il tuo scritto è ‘biografico’ ( cioè tiene conto delle tue esperienze personali che ‘romanza’ ) o invece è ‘autobiografico’ ( racconta la tua ‘vita’ ) ? Se, invece, è un saggio scientifico ? O se vuol essere tutte queste cose insieme. Insomma, se ne può parlare ma chi legge ti può dare ben pochi ‘consigli’, io credo. Circa lo stile di scrittura, osservo solo che ‘apri’ e ‘condensi’ in poche righe più ‘fronti’, sia pure per assimilazione. Ad esempio, dalla denuncia di una certa indifferenza della società verso gli ammalati psichici a quella del ‘bussines’ dell’ ecologia o meglio della pseudoecologia. Ma anche qui, non posso dire nulla, lo ‘stile’ è tuo, e allora ? Quello che farei io non ha alcun valore perchè io sono io e tu ( scrittrice) sei tu (tautologia ?). Una cosa posso dirti, che ti leggo con interesse e piacere e che, pertanto, ti invito a continuare con impegno. Un abbraccio. Nemo

 

Caro Nemo, prima di tutto ti ringrazio per l’appoggio che hai sempre dato al blog e a me. La risposta alle tue domande è di oggi… domani o ieri…? Come sai meglio di me le distinzioni sono sottili: io racconto tutto quello che credo sia avvenuto. Non romanzo, è già un romanzo di per sé. Il difetto di questo blog è nel manico proprio perché non ha un pubblico definito e forse lo dovrebbe avere. Di tutto i vari intenti, forse quello che mi interessa di più è cercare di sensibilizzare le persone sul tema dei malati mentali.

Sono convinta di poter parlare con un altro malato, ma non attraverso uno scritto che non sia il suo: se un malato mentale riesce a seguire lo scritto di un altro, non ne ha già più bisogno. La malattia è soprattutto chiudersi nel proprio egocentrismo (lo fanno anche i malati comuni) cercando di salvarci. Lo fanno gli anziani e i bambini. Sono tesi nello sforzo di tenersi in vita bene.

Non è un saggio scientifico, anche se potrebbe essere una testimonianza “scritta con principio di verità”. Ma non lo è se non certe volte.

All’inizio i miei lettori (la fila da qui a Venezia) mi ha osteggiato per la pesantezza del lavoro, arrivando a dire, una carissima amica, non è ironico, che “faccio di tutto per tener lontano il lettore”; Jenny recentemente, ricordo, 31 anni, ha detto che all’inizio mi ero così “impostata…!” o similia: un po’ mi sono adattata.

Ma l’aspetto principale che ha cambiato le cose (per me tanto, forse per un lettore, meno) è, come ho già scritto, che questo blog mi fa da terapia.

Una terapia deve essere libera di esprimere tutto quello che sente “in quel preciso momento e in quel preciso istante”, altrimenti è una forzatura al tuo animo, diventa una costrizione e non fa terapia. La terapia è ossigeno che ti arriva alle cellule nervose, libero e bello. Così seguo il mio stato d’animo.

Cosa farà, il blog, sai che oggi, dopo vari mesi, non lo so più?

Farà quel che farà! Io lo lascio libero.

 

E mi voglio sentire libera di essere quello che sono. Quello che sono nei vari diversi momenti.


Proprio ieri sera parlavo con Diletta Luna dello scandalo che dà una persona che si spoglia in pubblico. Intanto io non mi spoglio: sono così, tu lo sai, forse vivo spogliata, ma semplicemente, come sono con gli amici, lo sono anche sul blog. Troverò un racconto che ricordo bellissimo che si chiama “L’uomo di cristallo”: è una favoletta di…, mi verrà in mente. Ecco, di Gianni Rodari. Ai tempi delle superiori ho tanto sognato di essere così. Certo, ci vuole molta arroganza per avere un’ambizione del genere. Mi ricordo, se ricordo bene, che viveva in un cubo di vetro al centro della città o paese e mostrandosi a tutti per quello che era…senti senti!…lui, intendo proprio lui… migliorava la vita della città.

Adesso, senza fare paragoni, io- ci penso da un po’- non credo di avere qualcosa da nascondere. Non perché non abbia fatto e detto cose riprovevoli, ma perché a tutto c’è stata una ragione che le giustificava. La mia “buona volontà” di fare il meglio non è in discussione, non mi sono mai sentita “stanca” di fare un pezzetto in più, proprio come ci aveva insegnato Mons. Ablondi, Don Alberto. Quando facevamo le gite in montagna, le borracce vuote, si arrivava ad una fonte e lui ci chiedeva di aspettare almeno cinque minuti prima di bere. E’ in questo senso che dico che in me non c’era stanchezza di fare un pezzettino in più di quello che mi sentivo. Tutti gli sbagli che ho fatto è stato perché non ci sono arrivata.

Io come tutti?

Io non mi sento di condannarmi. Se uno fa qualcosa in più del suo possibile (devi essere onesto con te stesso), io non lo posso condannare anche quando sbaglia. E anche non ha di che vergognarsi.

Ma sarò normale? Vorrei saperlo. LO CHIEDO A TE, A VOI. E’ normale non vergognarsi del malfatto se “di più non potevi fare”?

Avrà da vergognarsi della sua pochezza, vivere è unicamente apprendere l’umiltà di essere così minuscoli, e darsi una mossa ad apprendere. Ma poi…? A una persona che sbaglia facendo così, puoi per-donare che significa “fare un dono per eccellenza”.

 

Per questo non vedo cosa ho da nascondere.

Devo essere perdonata, questo sì, molto perdonata.

 

Ma c’è anche un altro cosa che penso io e che magari è una sciocchezza: “gli psicotici e il segreto”, sarebbe il titolo. Gli psicotici che ho conosciuto io, avendo con loro intima dimestichezza, sono come me: non si vergognano delle solite cose che affliggono i normali, sono sempre molto sinceri e schietti, ci sono “altre cose” che non possono dire. Cose in genere legate al loro delirio: questo sì per loro è un segreto. Non tutto il resto. Ma qui il discorso si farebbe fitto, dovremmo andare a vedere quali sono “i meccanismi di difesa dell’io”, come li chiama Freud. Un parolone per nulla: tutti noi siamo dotati di strumenti di difesa per sopravvivere bene, che possono essere, per esempio, scordarsi le cose che ci danno fastidio… a volte, in piena buona fede, negare che siano mai avvenute…e tanti altri, come immaginate.

E’ molto probabile che i meccanismi di difesa, che nel loro complesso definiscono quel preciso carattere, siano diversi nei normali e negli psicotici, ex che siano. Così però è tutto tagliato con l’accetta. Non era da parlarne, o ne sai parlare bene di queste cose o è meglio che stai zitto.

Ma, sai, o sapete, non è questo che mi ha disturbato: mi ha disturbato percepire che, essendo come sono, io stessa fornisco gli strumenti per non considerarmi “normale”, ma psicotica. “E’ tutta spantenegata”, lo dice anche lei, “quindi è psicotica”.

E l’ennesimo bollo che mi metto da sola che mi disturba. Be’, gli altri, un po’ “stranetta” mi trovano!

Può darsi,

però

 

voglio dire che il mio essere psicotica fa parte della variegata normalità dal momento che non fa male a nessuno, nessuno esterno e neanche a me, anzi io mi sento bene ad essere così. Qual è il problema? direbbe Giorgio.

 

 

Infine, ripeto, che ho bisogno di collaboratori come sta diventando Donatella per mia felicità e in parte Diletta, più presa dai duecento nipotini e il suo ruolo di mamma, sì sì di mamma, ho scritto giusto: e Nemo, famoso per le sue sintesi…? E Mario Bardelli e, adesso, Silvio Maiano e le loro pitture?

 

Un blog, come lo vorrei io, ha bisogno di tante voci.

 

Verrà un giorno che cinguetteremo tutti insieme come un bosco in primavera…

 

 

 

 

Chiara: Ho pubblicato l’Introduzione di cui parla Nemo il 16 ottobre 2011: è lunga ma è un buon pezzo per capire il blog.

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4 risposte a 24 settembre 2012 ore 14:22 Ho trovato questa lettera di tempo fa, ho intenzione di rispondere a quello che ho capito, non tutto cioè: è una persona che scrive difficile.

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Sono d’accordo con quello che dici ( anche se non mi è arrivata la lettera di cui parlate). Ad ogni modo credo che la verità sia in sé un valore irrinunciabile, anche se faticoso e, per me, da conquistarsi. Penso che si possa parlare tranquillamente anche dei propri errori ( e se no di che cosa?). Forse gli anni accumulati rendono il cervello più libero, spero non in senso di demenza-
    Mandami se puoi la lettera.

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