sottolineatura di chiara
[…] Quanto al titolo da dare al libro, dapprima ho cercato se tra i titoli originali dei vari saggi ce ne fosse uno che facesse al caso. Ma erano per lo più titoli baldanzosi ed energetici come “Il midollo del leone” o “La sfida al labirinto”, mentre io cercavo un titolo adeguato allo stato d’animo in cui oggi rileggo e ricapitolo la mia esperienza. Ho scelto “Una pietra sopra” per dare il senso d’una storia conclusa e per la quale non c’è proprio da cantar vittoria, per significare che non si può riprendere il discorso se non dopo aver allontanato da sé molte pretese senza fondamento. Ma “Una pietra sopra” ha anche il senso della necessità di fissare la propria esperienza così come è stata, perché possa servirci a qualcosa.[…] Questo saggio è l’ultimo mio tentativo di riassorbire tutte le obiezioni possibili in un disegno generale. Di lì in poi non posso più nascondermi la sproporzione tra la complessità del mondo e i miei mezzi d’interpretazione: per cui abbandono ogni tono di sfida baldanzosa e non tento più sintesi che si pretendano esaustive. La fiducia in un lungo sviluppo della società industriale che m’ha sostenuto fin qui […] si dimostra insostenibile, così come una possibilità di progettazione che non sia a breve scadenza, per tirare avanti alla meno peggio. […]
Dalla Presentazione a Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società di Italo Calvino. Milano, Arnoldo Mondadori, 1995. (Collana “Oscar Mondadori”). Edizione alla quale ha collaborato Luca Baranelli. ISBN 88-04-39991-0
Il testo citato è tratto da l’articolo “Sotto quella pietra” che Italo Calvino pubblicò su “La Repubblica” il 15 aprile 1980.
Mi sembra che interpreti bene il sentimento collettivo e personale che stiamo vivendo.