PRIMO FEBBRAIO 2013 ORE 06:58 …dedicato alla do…? RABBIA E VENDICATIVITA’ I. UN ARTICOLO DI MARCO BELPOLITI, UN COLLAGE DI CITAZIONI PER UNA SPOLVERATA DEL TEMA, INTERESSANTE E DI ATTUALITA’, MA NON FERMATEVI LI’…noticelle e sottolin. di chiara che non concorda sul giudizio espresso su Pasolini: un giudizio “clinico” su un artista “fa caldo”, anche se è stato fatto, perché non chiamare – la sua- “passione civile” che puo’ oscillare “dal sublime al primitivo” rimanendo tale?

mario bardelli, cangaceiro
(ch. “eroe” della zona “senza piogge” del nord-est brasiliano, zona di emigrazione al sud)

DALLA STAMPA ONLINE:
CULTURA
23/10/2012
Marco Belpoliti (Reggio nell’Emilia1954) è uno scrittorecritico letterario italiano.
Fondatore e direttore editoriale con Stefano Chiodi del sito culturale www.doppiozero.com.


chiara: voglio dire ben chiaro che questo, diciamo, intellettuale, con tutti i meriti che gli si possono riconoscere come pensatore, non è assolutamente “preparato” -scientificamente- per parlare di scienze psicologiche.

TITOLO DELL’ARTICOLO di Marco Belpoliti: Finché c’è rabbia c’è speranza

Una manifestazione di precari: la rabbia sociale scende in piazza e invade i titoli dei giornali  

Un sentimento tornato prepotentemente d’attualità
dalle manifestazioni di piazza alla riflessione dei filosofi

“Lo so: perché in me è oramai chiuso il demone / della rabbia. Un piccolo, sordo, fosco / sentimento che m’intossica: / esaurimento, dicono, febbrile impazienza». Così scrive Pier Paolo Pasolini in un componimento compreso nelle «Poesie incivili», appendice al volume La religione del mio tempo.

 

 

Lo scrittore aveva in mente di pubblicare un libro di racconti con il medesimo titolo; non ne fece invece nulla, e la parola «rabbia» finì in cima a un documentario del 1963. Secondo Emanuele Trevi – ne ha trattato in Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie) – la grande prerogativa di Pasolini è proprio la rabbia, ed è questa reazione emotiva, stato di violenta agitazione, che differenzia l’artista, lo scrittore e il poeta da tutti gli altri. Non dunque un difetto, ma proprio un’indispensabile prerogativa.

 

In un piccolo libro, un pamphlet, Dio è violento (Nottetempo), una filosofa, Luisa Muraro, affronta l’argomento, e fa un elogio della rabbia e della violenza in una società, la nostra, in cui, com’è scritto nella quarta di copertina, «è venuta meno la narrazione salvifica del contratto sociale». Il tema della rabbia sembra tornato in modo prepotente d’attualità.

 

mario bardelli, senza titolo, Vesalius

Nei mesi scorsi è comparsa nei titoli dei giornali riguardo la chiusura di fabbriche, l’occupazione di miniere o le manifestazioni di piazza. Una rabbia non solo individuale, ma anche, e soprattutto, sociale. Il filosofo Peter Sloterdijk in Stress e libertà (Cortina), sembra indirettamente rispondere alla filosofa femminista. Scrive che nella coesione di una società è fondamentale il livello di stress provato dai suoi componenti, e che il compito dei mass media sembra proprio quello di mantenere alto il livello di inquietudine della collettività; un tipo di stress che, invece di disgregare, crea piuttosto consenso. Non certo attraverso l’adesione a un’ideologia, ma, appunto, intorno a uno stato d’animo.

 

L’indignazione, l’invidia, la presunzione, e anche la rabbia, sono fattori aggreganti e non disgreganti, almeno fino a che lo stress non supera un certo livello, per cui vale la pena di ribellarsi. Allora nella società esplodono atti di ribellione palese, di violenza, come sembra invocare Luisa Muraro. Casi che, tuttavia, si danno raramente, e solo in alcuni momenti della storia umana: le rivoluzioni. La rabbia, quindi, sarebbe per Sloterdijk un elemento di vitalità: i collettivi umani sani s’irritano, s’inquietano e danno in questo modo buona prova di sé. Il problema che il saggio del filosofo tedesco si pone è: «perché la nostra società, così egotica, paranoica e individualista, continua a far sì che gli uomini stiano insieme?».

 

 

Heinz Kohut (Vienna3 maggio 1913 – Chicago8 ottobre 1981) è stato uno psicoanalista austriaco.

ch. imparatevi questo nome: è un grandissimo psicoanalista che ha rivoluzionato il concetto di narcisismo che, in Freud ed altri seguaci, era fondamentalmente, negativo: ne ha dato una “comprensione che noi umani capiamo”, mostrando quale è il tipo di “relazione” (che questa persona ha, per quanto di tipo specifico) che gli permette di comunicare con gli altri, “essere insieme” nonostante una “capsula autistica” – più o meno apparente. A mio parere, ha rivoluzionato anche il concetto di “simbiosi”, uno spettro nella cosiddetta “psicoanalisi classica” : in nome suo, chiara ha dovuto mettere tra lei e la famiglia l’Oceano Atlantico….tornando a pezzi.

 

 

La rabbia – sostengono gli psicoanalisti, che lavorano per lo più sul livello individuale (lo dice Belpoliti che, evidentemente, non è informato, come non è informato sulla “obbligata relazione :rabbia-narcissimo”, ma pazienza, impariamo quello che sa e lasciamo perdere quello che non sa….) – è un fattore narcisistico.

Heinz Kohut in La ricerca del Sé (Bollati Boringhieri) cita due libri della cultura occidentale in cui la rabbia sembra evidenziarsi allo stato puro: Michael Kohlhaas (1808) di Kleist, dove l’insaziabile ricerca della vendetta manifesta una grave ferita narcisistica, e poi Moby Dick di Melville, in cui Achab è travolto da una implacabile rabbia narcisistica. Kohut si spinge addirittura a indicare nella rabbia dopo la sconfitta nella guerra, e l’umiliazione del 1918, la causa dell’adesione dei tedeschi al nazismo.

 

L’analisi dello psicoanalista è complessa, dal momento che ritiene il narcisismo non affatto colpevole in toto dello scatenamento rabbioso. A suo parere l’aggressività umana è più pericolosa quando si connette a due «costellazioni psicologiche assolutizzanti: il Sé grandioso e l’oggetto arcaico onnipotente». (non è importante capire subito “tutto”: la comprensione è come una mille foglie… sì sì, con la crema (una piccola lucina c’è sempre) : gradualissima e per successivi strati di impolverimento…lasciatevi appena appena impolverare un po’, al fondo del tunnel, se lo percorriamo, nell’apprendimento per lo meno, c’è sempre la luce, fidatevi, chiara)

Per spiegarsi, aggiunge che la più orribile distruttività umana non s’incontra sotto forma di comportamenti selvaggi, regressivi o primitivi, ma come «attività ordinate e organizzate nelle quali la distruttività umana degli esecutori è amalgamata con la convinzione assoluta circa la grandezza e con la devozione a figure arcaiche onnipotenti». Cita il caso di Himmler e dei quadri delle SS, una tesi che richiama inevitabilmente quella della Arendt sulla «banalità del male»: i carnefici sono i pacifici vicini della porta accanto, non selvaggi che urlano, sbraitano e compiono atti teppistici.

 

Probabile. Ma il problema della rabbia resta, della sua natura e funzione.

Kohut non nega che la rabbia narcisistica appartenga all’ampia zona dell’aggressività, della collera e distruttività umana, ma, dice, è un fenomeno circoscritto (??).

 

Leggendo le sue pagine si ha la sensazione che Pasolini rientri in questa categoria; innegabile che dai suoi versi, dai racconti, dalle frasi degli articoli, emani un che di violento, insieme con un’insondabile e assoluta dolcezza: la rabbia è decisiva nella costituzione della sua identità di artista. E allora come interpretare la rabbia che si scatena nelle piazze e nelle strade? Luisa Muraro la invoca; e, per quanto il suo ragionamento sia complesso, è evidente che quella cui s’appella sia la rabbia della rivolta, una delle questioni decisive dei nostri anni. Ha anche trovato dei suoi teorici: Furio Jesi, e più di recente un giovane filosofo partenopeo, Pierandrea Amato. In un libro intitolato Rivolta (Cronopio) questi tesse una lode dell’azione rivoltosa, «un effetto che contiene in sé la propria causa»; ovvero nasce e si risolve in se stessa, oltre ogni possibile razionalità. (Chiara non conosce queste cose, ma non si stupirebbe ci fosse un clima culturale, a lei ed ad altri sconosciuto (che viene da fuori certamente: in Italia, la cultura, anche il clima di “leggende” varie, è importato / dal Cinquecento in poi) che starebbe nelle variabili mentali anche di certi fenomeni elettorali – definite da ch. : “ciù in là ghe tapau”, o aldilà dell’umano, se non nelle parole della magistrata Ilde Bocassini rilasciate a LA 7- come per esempio Ingroia e, badate bene – non fatevi ingannare dalla truffa- come chi ci sta dietro ben nascosto, disposto ad acchiappare qualunque tram del destino pur di tornare in Parlamento. Lo so, questa opinione non piacerà a tanta sinistra che, per l’appunto, lo vota, mi pare che sia al 5% e andrà avanti. Ragazzi: è meglio Grillo…persino con la sua Casa Pound, adesso sparita! chiara, opinione sua.)

 

L’opposto dell’idea di rivoluzione, tesa a creare nel futuro il Regno della Libertà. La rivolta sospende ogni tempo storico, come gli operai di Parigi, ricordati da Walter Benjamin, che sparavano contro gli orologi, simbolo dell’odiato tempo di lavoro.

 

Al di là di ogni teoria, è indubbio che l’individualismo di massa delle nostre società fa di noi degli individui isolati, vittime di continui soprusi, piccoli o grandi che siano, per cui la necessità di reagire, di vendicare un torto, di annullare un danno subìto portano a reazioni rabbiose. Non ci sono più le grandi banche del rancore e del risentimento, come le chiama Sloterdijk in Ira e tempo (Meltemi), le chiese cristiane e il comunismo, a trattenerci e consolarci. Oggi ciascuno è solo con la sua rabbia. Ed è subito sera.

chiara: se si fosse fermato un soffio prima…

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5 risposte a PRIMO FEBBRAIO 2013 ORE 06:58 …dedicato alla do…? RABBIA E VENDICATIVITA’ I. UN ARTICOLO DI MARCO BELPOLITI, UN COLLAGE DI CITAZIONI PER UNA SPOLVERATA DEL TEMA, INTERESSANTE E DI ATTUALITA’, MA NON FERMATEVI LI’…noticelle e sottolin. di chiara che non concorda sul giudizio espresso su Pasolini: un giudizio “clinico” su un artista “fa caldo”, anche se è stato fatto, perché non chiamare – la sua- “passione civile” che puo’ oscillare “dal sublime al primitivo” rimanendo tale?

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    La rabbia secondo me va elaborata, incanalata, se no non produce niente. Se guardiamo ai vari movimenti che abbiamo avuto modo di conoscere durante la nostra esistenza, nessuno ha retto perché non ha avuto continuità, organizzazione sufficiente e duratura nel tempo. Non è di per se’ negativa ma non basta: ha bisogno di essere finalizzata a qualcosa di positivo, di essere interpretata e fatta propria dalla maggioranza. Soprattutto ha bisogno di un’organizzazione che la razionalizzi, la tenga viva e ottenga dei miglioramenti a livello di società.

    • Chiara Salvini scrive:

      Ho voluto sottolineare in grassetto quello che dici perché è molto importante, ma “prima”, anche se nella realtà emotiva è quasi un “tutto assieme”, la rabbia, bisogna avere il coraggio di sentirla, portarla alla coscienza, viverla e pensarla, cosa non facile, ma è passo necessario per incanalarla, sempre che uno ci riesca: la freccia del Machiavelli vale sempre e in tutto, miriamo alto, certamente un miglioramento lo otteniamo…basta non puntare alla perfezione che ci fa disprezzare i piccoli passi..(senti fischiare?:::)…un bicchiere pieno è fatto di miliardi o milioni, non so, di piccole gocce…certo una goccia ci fa dire che non abbiamo niente in mano, ma-come dici-se abbiamo tenuta, se incanaliamo la rabbia nel senso di “sostegno” ad un comportamento “virtuoso” (iniziare un circolo virtuoso in sostituzione di un circolo vizioso che ci fa del male)</em>, fosse una prima goccia (poi bisogna stringere i denti per la seconda e terza…difficilissime – quasi impossibili- perché vanno contro ad un’abitudine—che è un habitus o identità, vestito nostro, nostra immagine…ma poi, dopo le prime, anche pochissime, queste cominciano ad avere “il loro peso di gravità” che dà olio ai nostri muscoli mentali. Senza fare falsa modestia, chiara l’aveva verificato nella lotta per uscire dalla malattia, quindi lo diceva dappertutto (in bagno, allo specchio…), ma ora è provato – dai famosi studiosi del cervello che si basano su esperimenti ripetibili (neuroscienziati) – e sempre limitatamente a quello che orecchia Chiara – che la volontà è un muscolo (così come il cervello, aggiungo)…percio’: EVVIVA GOCCE! PIOVETE! CIAO, CH.

  2. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Da quello che ho letto sull”Unità” tutta la polemica tra Bocassini e Ingroia mi è sembrata ” oscena”. Non so se il termine è giusto, ma perché fare polemiche a quei livelli, riuscendo in qualche modo ad intaccare anche delle figure, poche, che hanno ottenuto a prezzo della vita, il rispetto e la riconoscenza degli italiani? E poi ci sono i giornali, la televisione, che pur di conquistare lettori e spettatori sono disposti a stravolgere la realtà. Ho sentito che Grillo probabilmente andrà in TV e un giornalista del “Fatto”, a ” Otto e mezzo”, pur facendo notare l’incongruenza con quanto fino ad ora affermato da Grillo, lo giustificava. Pensiamo se la stessa cosa fosse stata fatta dal PD !!! Anche sullo scandalo del MPS viene da pensare : sicuramente molti sapevano da tempo, nelle sfere che contano. Perché fare scoppiare lo scandalo proprio in campagna elettorale? Credo che tutte queste cose andrebbero dette con ben altra forza dalla sinistra, che avrebbe mille e più ragioni per esprimere con più forza la sua rabbia e la sua volontà di cambiare rotta.

    • Chiara Salvini scrive:

      Se puoi, spiegaci meglio cosa è osceno nella polemica Ingroia/Bocassini: ti confesso che, tra l’altro vedendo Ingroia in TV tipo 2×3, mi è diventato veramente odioso; già non mi era piaciuto il suo lasciare tutto per il Guatemala, perché aveva incontrato un ostacolo, non mi piace che i magistrati /come niente/ si mettano in politica, è un dare corpo ai mantra della destra, oltre AL fatto principale che credo fermamente nella “divisione dei poteri” di Montesquieu come base della democrazia; Grasso si è dimesso, Ingroia si è sospeso, per quanto io sappia, quindi ritorna. Lui, mi pare, ha una tesi difficile da far passare, ma che, oltre tutto, non sa spiegare: è vero che ciascuno di noi ha una visione del mondo che gli viene da un codice genetico, famiglia, apprendimenti ed esperienze, umori…ce lo siamo detti mille volte: ognuno di noi “colora” la realtà a modo suo. Per esempio, un campo che conosciamo bene: certamente gli insegnanti fanno politica-dovrebbe essere in questo senso lato- e solo in questo senso lato- a mio parere, s’intende: se vuoi insegnare da “partigiano”, nel senso di colui che sta “da una sola parte” e fa la testa degli alunni a sua immagine e somiglianza, per me non sta insegnando, ma sta facendo un lavaggio del cervello per tirare su dei pupattoli che non possono imparare a ragionare e scegliere con la propria testa. Secondo me, devi insegnare a “pensare” e a scegliere, per quanto si possa, tra “documenti” diversi: così fa uno storico serio, per esempio (tutte cose che sai): dai documenti, lui ha fatto una “scelta”, ma presenta, come si diceva, anche l’altra campagna a chi legge o studia. Ma nessun insgenate, che non fosse abelinato, pretenderebbe “il diritto di fare politica mentre insegna”…con al concezione della politica che c’è in giro. L’insegnate fa politica nel senso di Aristotele (“La politica”), ossia si occupa delle cose pubbliche e vuole tirar su dei cittadini che abbiamo questo impegno-dovere. Ingroia, già da magistrato, ha fatto delle scelte molto precise come presentarsi ai comizi di…non so più se dell’Italia dei Valori, o Ferrero ecc. Che lui, a questo punto – e da magistrato- pretenda di fare delle “scelte oggettive” è una cosa impossibile: neanche avesse alle spalle 20-30 anni di autoanalisi profonda! Uno non si accorge, senz’altro, ma l’emozione, metti pure la passione civile, se vuoi, ti guida “nel discriminare” i famosi dati, che “dati”, lo sappiamo, assolutamente “dati”, non sono mai, ma dati e costruiti dal soggetto. Queste cose le sappiamo: tanto per dire: intorno al ’46, più o meno comunque una cosa vecchia, dal grande fisico HEISENBERG è stato introdotto “Il principio di indeterminazione” che, sempre per quel che posso sapere, introduce la visione del soggetto, o scienziato, nell’osservazione dell’ultrapiccolo cioè degli elettroni dell’atomo. Figurarsi nelle scienze umane, quale parte ha il soggetto! Discuteremo a lungo come per Di Pietro, eh Donatellina? Forse io mi faccio guidare da “una percezione oltre l’apparenza” che mi fa dire che è la peggior disgrazia della sinistra che costui sia entrato in politica. Questa cosa del Senato è gravissima! Come dicesse: viva la destra! Ho adorato la Bocassini perché ha detto tutto il disprezzo che ha il mio cuore per questo “uomo piccolo”, in politica, che ha l’arroganza di un gigante: solo una profonda “ignoranza”, tu una volta dicevi “quella che viene da pietre secolari gnucche”, o qualcosa di simile, può giustificarlo. E un uomo coltissimo, nel suo campo, come credo sia, non puo’ avere a mio parere “questa ignoranza” che è la pretesa di – “conoscendo bene una parte della torta” – credere di conoscerla tutta. Ammesso che mi spieghi. Oggi, con tutto quello che si è detto in scienza filosofia cultura in generale…(per esempio, “teoria della complessità”, che ho solo orecchiato), ” questa semplicità” è cosa molto grave. Non è scusabile perché non te ne stai a casa tua, ti metti nelle cose che ci riguardano tutti. A sentire Grasso, la Bocassini (che a quanto dice lui, la conosce molto bene, “da vecchi carnevali”, come si dice in Brasile) non è affatto entrata in campagna elettorale, affatto, è che non ne ha potuto più / esattamente-ognuno nelle sue scarpe, come me. Per me, oltre le parole e oltre a quello che uno si crede di essere, questa gente (il gruppazzo tutto) non è “oggettivamente-nei fatti-nella realtà storica del momento”/ non è di sinistra, ma dà un aiuto alla destra inverosimile perché scredita chi vorrebbe davvero fare le riforme. Che poi sia Bersani o no, è un passo successivo; certo che è l’unico che ha mantenuto “una dignità umana” nella campagna elettorale, oltre ad un umorismo…Che, poi, in questo preciso momento, la Bocassini abbia sbagliato, può darsi, dovrei pensarci…ma screditare un avversario della sinistra a me pare giusto: ho il terrore che questa gente entri in Parlamento: te lo ricordi-certo che lo ricordi- che durante il governo Prodi, Diliberto manifestava con qualche movimento contro il governo e Di Pietro si è-mi pare-addirittura inginocchiato contro lo svuotamento carceri…Ma ti sembrano dei politici? E poi, Ingroia, di buona scuola (Di Pietro) si mangia- attaccando a zero- i voti del PD che, con tutti i difetti che avrà, almeno sotto la direzione Bersani, mi sembra l’unico “partito” rimasto in piedi con una visione “umanamente chiara” di cosa si puo’ fare per questo nostro disgraziato paese. Ingroia – obbiettivamente- dà una grande mano a Berlusconi e solo per questo…”gli sparerei a vista”…è forza di espressione, per carità! Chiara non ammazza neanche le mosche! letterale…anche perché non riuscirebbe mai! Non aver timore di radermi al suolo, adesso stiamo imparando a bisticciare, c’è meno odio nascosto tra di noi, o meno ambivalenza, ma ci credi?, è un nobel dell’amicizia e della maturità emotiva di ciascuna di noi…ciao bella stelassa! SCRIVI SCRIVI SCRIVI, il tuo Pietro Verri (meglio di quel melenso pre-romantico tutto tombe di Alessandro. guarda che tu SEI IL BECCARIA…! Ma un giorno, bisognerà spiegarlo a chi non sa questi pettegolezzi settecenteschi, ciao a tutti, ch.

  3. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Confesso di avere seguito poco lo scambio di ” opinioni” tra Ingroia e Bocassini. La mia unica fonte è stata l’Unità del giorno dopo, in cui si elencavano le varie tappe dello scontro: Ingroia ha detto di essere stato attaccato nel momento in cui ha manifestato di volere entrare in politica, come del resto, in situazione simile, era stato attaccato Falcone. Da qui la reazione della Boccassini, che a me francamente è parsa eccessiva, per non parlare della successiva e ancor più eccessiva reazione di Ingroia, sempre a livello personale, dove addirittura si ipotizzavano giudizi innominabili su di lei da parte di un morto. Tutta la vicenda mi è parsa oscena, nel senso che può avere questo termine in una lite senza controllo, davanti ad un pubblico, in questo caso l’Italia, che avrebbe bisogno di ben altre lezioni di civiltà. Perché toccare la dignità umana, se vuoi anche di un personaggio potenzialmente nocivo politicamente e considerato nemico ( mi riferisco a tutte e due le parti, non so bene chi abbia iniziato e quali rancori si portino dietro). Soprattutto, perché fare dei favori così grandi alla destra che incombe, in piena campagna elettorale. Su quanto dice Ingroia della visione politica che ognuno ha facendo il proprio lavoro, io l’avevo inteso nel senso migliore : anche cercando di essere il più oggettivi possibile, in un qualsiasi lavoro penso che ognuno porti la sua formazione, i suoi valori, anche se cerca doverosamente di considerarli oggettivamente nel suo operare. Certo questo Ingroia non l’ha spiegato bene o non lo ha spiegato per niente. C’è un proverbio milanese che dice: “Ofelè, fa’ el to mesté”, cioè:” Pasticciere, fa’ il tuo mestiere”. Dovrebbe essere una massima applicata anche in magistratura. Penso che alcuni magistrati si illudano che entrare in politica sia una possibilità in più per loro di contare e di migliorare la società: si addentrano con pochi strumenti mentali ( è ben differente la mentalità di un magistrato da quella di chi fa politica), circondati magari da persone altrettanto sprovvedute o addirittura arriviste, in una realtà che non conoscono o di cui sottovalutano i codici. Per riuscire dovrebbero essere circondati da persone consapevoli, esperte, oneste ed accettare di imparare da chi ne sa di più in quel campo. Invece si consegnano colpevolmente disarmati, con una supponenza infantile, ad una realtà che non perdona e trascinano altri, addirittura interi movimenti e partiti, nella loro probabile rovina.

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