26 ottobre 2013 ore 22:05 RICEVO QUESTO IMPORTANTE SEGNALAZIONE (E CONTRIBUTO AD UN VASTO DIBATTITO) : LO STATO IMPRENDITORE DI MARIANA MAZZUCATO-FELTRINELLI

commento di donatella: “...l’impresa di Apple è stata in buona parte finanziata da fondi militari e dal denaro pubblico: solo in questo modo il mercato è stato in grado di essere competitivo e di formare il consumatore stesso. Leggendo l’articolo di copertina  del libro ci si rende conto di quante aziende federali abbiano finanziato la ricerca, compresa la stessa Central Intelligence Agency, che ha partecipato alla produzione del touch screen. Alla faccia del liberismo sfrenato e della  “mano invisibile del mercato”!  Forse l’economia europea avrebbe molto da imparare da tutto questo!”
di Gaetano Prisciantelli, Il Venerdì, 28/06/2013
compra su lafeltrinelli.it
La teoria del successo secondo Mazzucato, l’economista italiana che sta conquistando Londra. 

“Mi hanno chiamata eretica, ma per me non c’è niente di meglio che essere definita così sulle pagine di Forbes“. La rivista di finanza più patinata del mondo ha recensito il nuovo libro di Mariana Mazzucato, full professor di Economia e Science Policy alla University of Sussex, e l’ha consigliato a tutti. Anche se nelle sue 260 pagine rivela, eresia!, che il motore delle aziende più innovative non è l’audacia degli investitori, né il sacro fuoco dell’impresa, ma lo Stato.

In The Entrepreneurial State. Debunking Public vs. Private Sector Myths (ovvero “Lo Stato imprenditore: demistificare il conflitto tra pubblico e privato”, Anthem Press, 14 sterline), si legge che una realtà come Apple nasce da una enorme quantità di investimenti pubblici e tutte le tecnologie che rendono l’iPhone così smartprovengono da fondi statali: dal riconoscimento vocale Siri, introdotto recentemente e sviluppato dalla ricerca militare, agli schermi touch, sviluppati da Cia e National Science Foundation (Nsf), fino al Gps e a internet. Anche il meccanismo dietro il motore di ricerca di Google deriva da un progetto Nsf. In questo senso, oggi c’è più Stato nell’economia Usa che in quella europea. Ancora, tre quarti dei farmaci più innovativi vengono dalla ricerca svolta dai laboratori pubblici dei National Institutes of Health.

Eppure, spiega Mazzucato, di quello che guadagnano i miliardari in calzoni corti della Silicon Valley, poco torna allo Stato. Sono free-rider, ovvero gente che incassa profitti grazie a tecnologie prodotte da altri. “Anzi, sono free-surfer, visto che siamo in California, la patria del surf”, scherza Mazzucato, che lo scorso 12 giugno ha attirato l’attenzione dei tanti ospiti della Ted Global di Edinburgo (vedi a pagina 30), la rassegna di conferenze a tematechnology, entertainment and design. “Ci siamo abituati a sentir parlare dello Stato come un soggetto burocratico e lento, una necessità ingombrante. Ma negli Usa il settore pubblico sta spendendo 32 miliardi di dollari l’anno nell’innovazione della medicina. Il dipartimento per l’energia, fino a qualche mese fa guidato da un premio Nobel per la Fisica, Steven Chu, è alle prese con Arpa-e, un progetto sulle energie pulite del futuro. È un’agenzia dinamica e innovativa tanto quanto Google. Ma è pubblica. Quando a Bruxelles si domandano come mai non abbiamo una Google europea, tutti rispondono che da noi non ci sono i venture capitalist, i privati disposti a scommettere su tecnologie nuove. Invece è il contrario. Il problema da noi è che i governi non investono in quelle aree”.

E mentre la Silicon Valley e le sue lobby lavorano per pagare sempre meno tasse (argomentando che solo così possono investire in ricerca e innovazione), reinvestono i profitti per comprare le loro stesse azioni. Secondo i calcoli di Mazzucato, le principali aziende di Wall Street hanno speso miliardi di miliardi di dollari. Laddove, invece, parte di quei profitti dovrebbero tornare a far crescere la scienza e capitale umano. “Nel cedere lo sfruttamento di una nuova tecnologia, il governo dovrebbe pretendere una clausola che dice: in caso di successo, una parte dei profitti saranno destinati a un soggetto come la Nsf (che insieme a tutte le agenzie pubbliche oggi è minacciata da tagli). Facendo una provocazione, dico che se solo l’1 per cento dei profitti generati dal web fossero tornati allo Stato, ci sarebbero più soldi oggi da spendere sulle tecnologie verdi”.

Alla base della mentalità del venture capitalist c’è il rischio. Ovvero, l’idea che si può anche fallire, a patto che per ogni investimento che non decolla ce ne sia un altro che produce profitti. Splendido. Ma nessuno oggi sembra concedere allo Stato di potere investire con una simile mentalità, spiega alternando inglese e italiano. (“Non ho mai studiato in Italia”, si scusa, e racconta dei genitori padovani, il papà fisico nucleare a Princeton, dove è arrivata all’età di cinque anni).

“L’Italia? Lo Stato non è sempre virtuoso, ma non c’è nulla nel suo Dna che gli impedisca di esserlo. Bisogna trasformarlo, non tagliarlo. Le economie che sono cresciute grazie all’innovazione, sono quelle dove lo Stato era il motore, non solo l’arbitro. Un ruolo che non si può giocare al risparmio. In Italia non solo lo Stato ha frenato la spesa destinata a produrre competenze e ricerca, ma il settore privato è inerte. Dove invece lo Stato spende, anche i privati si impegnano in progetti costosi. In Paesi come l’Italia si dà per scontato che il business sia come un leone che ha solo bisogno di essere liberato dalla gabbia della burocrazia e delle tasse per correre verso il successo. Ma non sono i tagli delle tasse a liberare gli investimenti. Le società investono quando vedono opportunità. E queste opportunità sono spesso frutto di investimenti pubblici. Per questo sulla copertina del libro ho messo un leone – lo Stato – e un gattino – il business – che aspetta.

La Cina ha adottato un piano di quasi due miliardi di miliardi di dollari per progettare entro cinque anni nuovi motori, nuovi carburanti, nuove soluzioni nelle tecnologie amiche dell’ambiente. Negli Usa gli investimenti si stanno fermando. Non è difficile prevedere chi vincerà la gara. E l’Italia? Dove sono le nuovo Olivetti? La nuova Iri? La Fiat non investe in motori nuovi! E le ristrutturazioni senza investimenti non funzionano. Basta guardare cosa è successo alla Telecom dopo gli anni Novanta: hanno tagliato la ricerca”.

L’eretica Mazzucato è troppo a sinistra? Può essere, ma intanto deve correre al Parlamento di Londra. “Collaboro con un governo di destra. Mi ascoltano perché io parlo di come rendere più dinamico un sistema capitalista. Poi magari si tappano le orecchie quando aggiungo che una parte dei profitti devono tornare alla popolazione e premiare l’investimento statale in ricerca e tecnologie nuove. E su questo è solo il Partito laburista, che ora è all’opposizione, ad ascoltarmi”.

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *