LA PALUDE ITALIA
A suo tempo Berlinguer fu ignorato. Il Movimento di Grillo oggi viene irriso. E noi, chissà poi perché, affoghiamo in una palude di melma (e merda)
Grillo, Berlinguer e questi partiti da sciogliere subito!
20.10.2015, 16:35
di PAOLO ERCOLANI
«I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela. Scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società, della gente. Idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune».
BERLINGUER IGNORATO
Sembra la lucida e precisa fotografia di oggi. In realtà era il 28 luglio del 1981, quando un signore di nome Enrico Berlinguer rilasciava queste parole pesanti come pietre a Eugenio Scalfari, per un’intervista su «Repubblica» che è rimasta nella Storia.
Ci è rimasta in tutti i sensi, a onor del vero, perché la Storia si è incaricata di testimoniarne la perenne attualità, il costante saper descrivere una realtà sempre più misera, indegna di un Paese civile, foriera di guasti, storture e disastri perfettamente in grado di gettare una nazione nell’abisso da cui non si torna indietro.
Piaccia o meno, il dato italiano è questo: i partiti, questi partiti con cui abbiamo a che fare oggi, sono ridotti a carrozzoni senza idee, programmi e valori che non siano quello di gestire il presente. Senza alcuna capacità di elaborare e quindi perseguire una visione futura dell’Italia che si vuole costruire.
In più, ovviamente, si presentano a tutti gli effetti come dei lugubri carrozzoni del malaffare, della corruzione più bieca, della gestione criminosa del denaro pubblico. Corpi malati dove la selezione delle classi dirigenti, a tutti i livelli, è regolata dall’alto in base al grado di fedeltà, di potere e di criminalità di cui ogni individuo si mostra capace e disponibile.
Agli elementi sani, insomma, non si dà neppure la possibilità di arrivare a certi livelli di dirigenza (figuriamoci di governo).
E quando questo dovesse succedere, per un errore di calcolo o per una curiosa ironia del caso, la fragorosa e violenta macchina della delegittimazione e maledizione si scatena contro quella mosca bianca, costringendola a dimettersi quanto prima per non dover incorrere in una sorte ben peggiore.
Questo è il quadro lugubre del nostro Paese, di cui la politica rappresenta soltanto la punta dell’iceberg più esposta alla visibilità e al clamore mediatico.
Negarlo o anche solo ignorarlo sarebbe sciocco. Inutile. Criminale.
Nel 1981 quelle parole dure, oneste e profetiche di Enrico Berlinguer (che sostanzialmente segnalavano e denunciavano la necessità di occuparsi qui e ora della «questione morale») vennero pacificamente ignorate.
IL MOVIMENTO CINQUE STELLE IRRISO
Così come oggi, con una colpevolezza, indecenza e irresponsabilità perfino più oscene, vengono non solo ignorate ma proprio irrise le parole (e i fatti!) del Movimento cinque stelle, laddove esso ha fatto e fa dell’onestà trasparente dei propri esponenti un baluardo irrinunciabile e fondamentale della propria attività politica.
Non ho risparmiato e non risparmio critiche al Movimento di Grillo e Casaleggio, ma nella misura in cui esso si presenta (anche) come un prodotto spontaneo e diretto dell’indignazione popolare verso una classe dirigente incapace, corrotta e arrogante, è stupido, incosciente e persino criminale fare finta che si tratti di un fenomeno grezzo, superficiale, populistico.
Sarà bene dirlo una volta per tutte: il populismo è quello che proviene dall’alto, quando un politico cerca di blandire e conquistare il favore popolare con promesse furbe e irrealistiche.
Quando si tratta di un’esigenza che proviene dal basso, per di più a fronte di un’oggettiva e ormai insopportabile inclinazione della classe dirigente a delinquere e abusare dei soldi della comunità, non si può parlare di populismo, relegando la reazione che ne segue a fenomeno irrilevante quando non fastidioso.
Certo, organizzare una forza politica soltanto sulla reazione alla criminalità organizzata propria dell’élite dominante, spesso si rivela un’operazione sterile, incapace di modificare il dato reale, o peggio ancora tristemente inadatta a governare un Paese qualora questa forza «spontanea» e popolare si trovasse ad essere maggioritaria rispetto al consenso elettorale.
Fatto sta, però, che l’eventuale maggioranza politica di questa forza segnalerebbe almeno due dati difficilmente smentibili: da una parte la miserrima incapacità della politica «organizzata» di rispondere, magari con i propri anticorpi, a un cancro che si estende inesorabile a tutti gli organi del corpo sociale.
Dall’altra, però, segnalerebbe una concreta e non ignorabile volontà del popolo stesso di reagire, di rifiutare una classe politica incapace e truffaldina, di impegnarsi concretamente (seppure in forme che possono rivelarsi inefficaci) per rigettare quel cancro e sostituirlo con una medicina naturale e purificante.
Lo stesso Berlinguer, del resto, rimarcando una «differenza» del partito comunista di allora (che, ammesso fosse fondata, e in buona parte lo era, si è tristemente e inesorabilmente estinta fino agli esiti miserevoli dell’odierno Pd), proseguiva l’intervista affermando che «noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato».
Pensiamo un attimo ai grillini che, in maniera sacrosanta, si vantano quando dalle intercettazioni telefoniche emerge la lamentela di imprenditori e politici corrotti che si scagliano contro questo o quell’altro sindaco o amministratore grillino, purtroppo e disgraziatamente rivelantesi «incorruttibile» e tetragono a ogni tentativo di compromesso a danno del bene comune.
Ebbene, lo faceva anche Berlinguer: «Ai tempi della maggioranza di solidarietà nazionale (il Pci al governo con la Dc e gli altri per reagire al pericolo del terrorismo, ndr.) – queste le parole dell’allora leader del Pci – ci hanno scongiurato in tutti i modi di fornire i nostri uomini per banche, enti, poltrone di sottogoverno, per partecipare anche noi al banchetto. Abbiamo sempre risposto di no!».
«Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi – proseguiva il leader comunista — che i poveri, gli emarginati, gli svantaggiati vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata!».
Il punto è proprio questo. Berlinguer, che ovviamente aveva letto Gramsci, richiamava la funzione rappresentativa degli interessi popolari che un Partito sano, «professionale», unito e rivolto alla realizzazione del bene comune, dovrebbe svolgere per tutelare l’interesse collettivo e i bisogni delle categorie sociali più oppresse e svantaggiate.
IL FALLIMENTO DI QUESTA POLITICA
Ecco, oggigiorno, proprio oggi (e non ieri, né domani), oggi che il «Guardian» (13 ottobre 2015) denuncia che la metà della ricchezza mondiale è nelle mani dell’1% della popolazione, possiamo poco tranquillamente prendere atto che i partiti, questi partiti con cui oggi dobbiamo fare i conti, hanno fallito miseramente rispetto al ruolo di farsi rappresentanti dei più vasti interessi e bisogni popolari.
Abbandonandosi all’affarismo più cupo e criminoso, incapaci di elaborare qualunque programma serio e credibile per ridisegnare una società adatta i tempi mutati, perché l’unico programma è quello di favorire il potere economico più disonesto e impopolare, possibilmente partecipando alle ricchezza che esso accumula troppo spesso a danno del bene pubblico e dell’interesse collettivo.
Questa situazione penosa, di cui il Movimento cinque stelle rappresenta un sintomo inequivocabile e un tentativo (maldestro?) di più che legittima reazione, dice una cosa soltanto a uomini e donne onesti e di buona volontà.
Dice che i partiti, questi partiti vanno sciolti in blocco per manifesta incapacità e criminosità congenita e quindi irrimediabile.
Dice che uomini e donne di buona volontà, a destra come a sinistra e al centro (volendo utilizzare le vecchie categorie), devono mettersi a tavolino per costruire nuovi soggetti politici, con un bagaglio teorico e un programma chiari e definiti, capaci di leggere il presente, pensare il futuro e dotarsi di regolamenti interni in cui trasparenza delle regole, questione morale ed espulsione immediata dei soggetti che delinquono costituiscono dei fondamenti espliciti e irrinunciabili.
Se non troviamo il modo di farlo, e non domani, ma proprio oggi, proprio qui ed ora, verremo meno al compito fondamentale di ogni sana comunità sociale e politica.
Ci condanneremo irreparabilmente a una fine miserevole che era già nelle parole di Enrico Berlinguer del 1981: «Ma poi, quel che deve interessare veramente è la sorte del Paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi. Rischia di soffocare in una palude!».