foto di bardelli (2015)
Roma non ci sei
Roma è svanita
– a Campo de’ Fiori la notte
andavamo a braccetto per quattro
cantando e scansando bancarelle e passanti
con allegre e sonanti risate –
e la bianca Colomba del monumento agli ignoti
caduti che cadono ancora
inorriditi
anche il lindo baraccone non c’è
col suo grande casino di auto tonanti
dai Fori al Colosseo
tutto è finito
Tu Roma non ci sei
cammino le tue strade e non ti vedo
le tue chiese le trapasso
non mi fermano più
neppure i platani del lungotevere
o i tramonti che trafiggevano il cuore
dal giardino degli aranci
Ti sei tradita in metropoli lombarda
senza navigli col grigio Tevere infangato
Roma non ci sei e noi con te
E’ così che mi trovo
coi miei umori di fango sparsi sul selciato
coi miei dolori
di finto santo trafitto sul simulato costato
d’inattendibile uomo che sospetta di essere
in un deserto di anime in motorini rombanti
di politici santi a braccia aperte
pronti a spiccare voli per cieli di piombo
in un deserto di lattine colorate
di borse di nylon ondeggianti
come nuvole dai mille colori
di cacche di cane di topi voraci
Io t’ho scacciata Roma distratta
così distratta da non esserci più
tu Roma distrutta
da non esserci mai stata
E con lei anche te t’ho scacciata
mia sola speranza
unica voce che sentiva
con la mia voce ti ho assordata
perché le tue tette erano dolci
ma i tuoi capezzoli trafiggevano
il filo sottile
che mi dava sembianze di anima
perché i tuoi peli arricciati sul pube
scioglievano le mie tenerezze
davano brame alla vita che tu mi mostravi
ma di vita non c’era che un riso
di scherno di noia di attesa
O d’amore?
D’amore scacciato e negato perché
le nostre due vite si sono incontrate
su file parallele oramai sfilacciate
su storie logore e disilluse
ritorte senza speranza
sulle loro speranze fallite
La vita ci ha evitato
con Roma incantata con Roma disfatta
con Roma sognata con Roma distratta
E me ne vado a braccetto
allegro andante ma non troppo
con questa Roma senile dimentica di sé
fra gente che mi urta e trapassa
Larve di fanciulle pronte a volare in farfalle
non mi danno fremiti né gemiti
conto i miei anni alla rovescia aspettando
senza ansia né gioia
La vita e l’amore mi sfiora
e svìolo lentamente nel grigio.
Bella e corposa la ballata di Roberto: riflette lo sfacelo e il disamore attuale per tutto ciò che sembrava eterno per ineffabile bellezza, per storia millenaria che trasudava vita anche dalle più piccole pietre, per lo stupore davanti ad una tale meraviglia che uomini come noi, miracolosamente e forse inconsciamente, ci aveva donato.
Grazie Donatella
e grazie al Bardelli per questa “giusta” foto.
Per inciso, questa ballata n° 5 (ed un’altra) finirono finaliste al premio Eugenio Montale per inediti, presieduto da Maria Luisa Spaziani; questo più o meno un secolo fa..:-) .
Giusto per non lasciar spazio al tempo, posterò anche la sesta ballata ( altra che, almeno a me, piace, come la settima, anche se un po’ “spigolosa” se non ricordo male).
ecco qua:
ballata n. 6
Roma la notte lascia spiragli antichi
Tra i colonnati austeri di S. Pietro
possiamo passare in punta di piedi
o calpestare il selciato violato
con stivali tedeschi urlando
perchè nessuno ci sente
se nessuno ci vuol sentire
e il mondo si sa
non sa che farsene di noi
ladri furtivi che passiamo ai margini
rubando frasi umori pensieri amori
di coloro che nel mondo vivono
Clandestini abbiamo scavalcato i cancelli
di Villa Borghese come fosse un cimitero
confusi tra coppie celate
di pederasti vogliosi e timidi
di puttane e ruffiani al soldo pronti
Emancipati noi come loro a una vita estranea
ci siamo lasciati alle spalle
i nostri abiti cittadini
abbandonati come resti definitivi
e nudi come si conviene
siamo entrati nella gabbia delle scimmie
noi come loro ci siamo seduti
benvenuti o spiati con occhi adirati
noi come loro ci siamo sdraiati
a coccolarci a ninnolarci
a spidocchiarci con amore
la nostra pelle liscia e chiara
la nostra corazza sbriciolata e forata
La bottiglia del vino era a un lato
piena profumata e dimenticata
Il bere non serve in queste sere
di Roma che vive un’altra vita
che torna immortale e torna a fare male
La senti alitare sui seni
sui tuoi capezzoli duri
sul mio pene che pare
un vecchio dinosauro triste
Lo accarezzi lenta
con la tua mano
mano dolce e pietosa
di vecchi dinosauri tristi
Anch’io ti accarezzo leggero
per non farmi sentire
per farti sembrare la mia mano
sia la brezza che passa
tra le sbarre della nostra gabbia
e mi pare tu pianga
Tu volevi una mano che non sapesse di sesso
ma conoscesse parole che altri non sanno
e tu piangi in questa Roma svagata evaporata
in quest’estate che lascia sudate le foglie
finalmente tu piangi ti sei liberata
o fors’io non ti vedo ed immagino lacrime
allo stormire dei salici
e la brezza e le nostre mani
ci fanno sentire per una volta umani
e le scimmie anche loro rapite
ci guardano e ripetono i gesti
come i nostri
inusuali
ci paiono maldestri
Le guardo e sorrido mentre tu svanisci
svanisci per sempre
Ed anch’io sono scimmia piangente
che si toglie le pulci da sola
ed urlo
urlo al cielo ed al mondo unendomi al coro.
06.08.1988