ILVO DIAMANTI, REP. 28 MAGGIO 2018—pag. 10 ::: IN QUESTI TEMPI BURRASCOSI, LA FIDUCIA NELL’EUROPA CRESCE FINO AL 41% — I PIU’ EUROPEI SONO I GIOVANI SOTTO I 30 ANNI…

 

 

Ma la crisi non tocca l’Ue la fiducia cresce: è al 41%

ILVO DIAMANTI

Pare che ormai le sorti del governo italiano si decidano in Europa. E che le questioni europee siano decisive, prioritarie, nelle scelte del Presidente della Repubblica. E degli attori politici: partiti e leader. Alla base della rinuncia di Giuseppe Conte all’incarico di formare il governo, infatti, è il veto posto da Mattarella su Paolo Savona, destinato al ministero dell’Economia. Per le posizioni assunte, in passato, ma anche di recente, sull’euro.

Ma, allo stesso tempo, è la “convergenza” di posizioni critiche verso la Ue espressa dai partiti della maggioranza la ragione di questa “crisi di governo” (anticipata).

Consumata sui temi europei, d’altronde, gli italiani hanno sempre mostrato grande attenzione. In modo, però, “mutevole”. Erano (eravamo) Euro-entusiasti. Più degli altri europei. Finché non siamo entrati nell’Euro. In seguito, il clima d’opinione è cambiato sensibilmente. E la UE è divenuta un fattore di divisione politica. Gli italiani, al proposito, hanno sempre manifestato posizioni ambivalenti. Insoddisfatti delle istituzioni europee e ancor più dell’Euro. Ma non al punto di auspicare l’uscita del nostro Paese dai due sistemi: politico e monetario. Per la precisione, negli anni 2015-16 il grado di fiducia verso la Ue, in Italia, era intorno al 30% (Atlante Politico Demos-La Repubblica). Circa 20 punti in meno rispetto al 2010, quando la crisi economica internazionale iniziava a far sentire i propri effetti. Eppure, anche allora, 2 italiani su 3 si dicevano contrari all’idea di uscire dall’Euro (Oss. Europeo Demos-Unipolis). Per questa ragione abbiamo scritto, in passato, che gli italiani si dicono “europei nonostante”… l’Unione e la moneta Europea non piacciano. E non hanno (non abbiamo) tutti i torti, sia ben chiaro. È difficile chiedere a un Popolo di identificarsi in una Moneta. In tempi di crisi, peraltro… Gli italiani, dunque, più che “euro-scettici” sono “euro-prudenti”. Temono il salto nel buio. Così, probabilmente, si spiega la risalita della fiducia verso la Ue degli ultimi mesi. Dopo il voto del 4 marzo 2018. In aprile, infatti, il consenso nei confronti della Ue ha raggiunto il 34%: 4-5 punti più degli anni precedenti (e successivi al 2014). Ma nelle ultime settimane (maggio 2018) il sondaggio Demos-Repubblica registra una vera impennata.

La fiducia nella Ue, fra gli italiani ha, infatti, raggiunto il 41%. Il livello più elevato dal 2011 ad oggi. È come se le tensioni euro-scettiche, apertamente evocate da alcuni esponenti della maggioranza di governo, avessero ravvivato il sentimento europeo. Per le ragioni indicate. Per prudenza.

Per timore di “restare soli”. In altri termini, così com’è, la Ue non ci piace, ma l’idea di uscirne ci piace ancora meno.

Anzi, ci spaventa (non poco). Se analizziamo il dato in base alla preferenza di voto, le differenze appaiono profonde.

Molto più che nel passato (anche recente). Unici euro-entusiasti: gli elettori del Pd (80%). Mentre nel Centro-destra (Lega e FI) si scende al 25-30%. Fra gli elettori del M5s il favore risale, ma di poco (35%).

Il principale sostegno alla Ue continua ad essere fornito dal “fattore generazionale”. La fiducia verso la Ue, infatti, sale sensibilmente fra i più giovani.

Fino a toccare il 60% tra coloro che hanno meno di 30 anni. I giovani: “europei” per vocazione e per esperienza. Per motivi di studio e di occupazione, se ne vanno altrove, in Europa, appena possono. E spesso non rientrano. Ma i giovani, si sa, in Italia sono una razza in via di estinzione… Così, il clima d’opinione verso la Ue, per quanto negli ultimi mesi sia migliorato sensibilmente, resta, generalmente, freddo. Ma gelido fra gli elettori di centro-destra e del M5s. La base elettorale dei partiti che hanno vinto le elezioni.

Tuttavia, conviene riflettere sul disincanto europeo degli italiani – e non solo – verso un “progetto” rimasto tale. Senza diventare un “soggetto”. È difficile chiedere ai cittadini di riconoscersi in un sistema istituzionale “fondato sulla moneta”. Tanto più che la principale sede decisionale della Ue non è il Parlamento, ma una Commissione che riunisce i rappresentanti dei governi nazionali. Un “governo dei governi”. Condizionato in modo determinante dagli organismi e dai dirigenti “burocratici”.

Oggi, la Ue è ancora un’idea incompiuta. E, come mostrano i sondaggi, soddisfa soprattutto i tedeschi (che ne sono il centro). Oltre ai cittadini della “nuova Europa”, per motivi di interesse. Così, la leva” euro-scettica” può garantire consensi, presso elettori euro-prudenti, come gran parte degli italiani. Tuttavia, agitarla troppo potrebbe produrre effetti opposti. Come sta avvenendo. Per motivi di conservazione e per cautela: i cittadini sembrano avvicinarsi di nuovo alla Ue. È la “sindrome europea” che incombe su di noi. La Ue non ci piace, l’Euro ancor meno. Ma è meglio non abbandonare la nave.

Naufragare in mare aperto, da soli… può essere molto rischioso. E oggi, in piena crisi di governo, di fronte alla prospettiva di nuove elezioni, il mare intorno a noi è in burrasca. Un maremoto.

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