Il racconto
LA FIABA NERA DI BRECHT
Paolo Di Paolo
E’ STATA COMPOSTA TRA IL 1931 1 IL ’34 MENTRE BRECHT ERA IN ESILIO IN DANIMARCA
Teste tonde e teste a puntaovvero Ricco e ricco van d’accordo
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Introduzione di Emilio Castellani
Traduzione di Giuseppina Panzieri Saija
Bertolt Brecht gioca a scacchi con Walter Benjamin nel giardino della casa di Brecht a Skovsbostrand,in Danimarca, nel 1934
Gente « straniera, calata qui fra noi, non ha una patria » : è colpevole, secondo il leader, di ogni nostra calamità. Il leader, Iberin, è un uomo nuovo della politica, pensa « soltanto al bene del paese » , è — « in apparenza » — disinteressato, « esige giustizia e fermezza verso il povero e verso il ricco». Chi gli sta dietro? «L’intero ceto medio impoverito; egli l’ha unito nella Lega Iberin». La sua grande trovata, la sua causa è «una causa che ha due gambe » : « Il nostro Iberin sa che il popolo, non molto esperto di astrazioni, reso impaziente dal bisogno, cerca un reo di tutti i mali che abbia aspetto familiare: un essere che sia con occhi naso bocca e su due gambe, uno che si possa incontrare per strada » .
La storia di Iberin è una storia di fantasia. L’ha raccontata Bertolt Brecht, in forma di favola nera per il teatro, ottantacinque anni fa. Testo giudicato minore, spesso liquidato in poche righe, si intitola Teste tonde e teste a punta. Brecht cominciò a lavorarci nell’autunno del 1933, mentre era esiliato in Danimarca, e lo vide in scena una volta sola, nel ’ 36 a Copenaghen. C’è un paese di nome Jahoo, in crisi economica e morale, dove l’insoddisfazione monta e la politica non riesce a trovare soluzioni e risposte. Il Viceré vorrebbe ipotecare ferrovie e dogane; il suo consigliere lo informa che è stato già fatto. I ” Cinque Grossi” che possiedono un terzo delle ricchezze non si fidano più, « sono delusi e furiosi » . Non resta dunque che dare pieni poteri a Iberin e alla sua Lega ( uno dei ” Cinque Grossi”, d’altra parte, lo finanzia in segreto). E così Iberin ha campo libero, porta finalmente al potere « un governo amico del popolo » ( testuale), e insiste sullo scontro fra teste tonde, i Ciuk, « indigeni di Jahoo fin dal principio, e di buon sangue » , e teste a punta, i Cik, gli stranieri. Il Viceré e il consigliere hanno qualche perplessità, ma la tengono per sé: « Al posto della lotta fra ricchi e poveretti pone quella fra Ciuk e Cik » . Si alza qualche voce timida, o intimidita, per far notare che la dottrina delle teste a punta distoglie dai problemi effettivi: si tratta in fondo solo di « parole, parole, parole! Ne inventano una ogni giorno » ; la vera differenza è fra chi sta male e chi sta bene. Ma Iberin non si ferma: « Popolo ciuk, che in miseria dimori! Oppresso, depredato! Chi ti opprime? Chi ti saccheggia? Un perfido nemico che non conosci » .
Il popolo protesta, le tasse sono alte, le prospettive scarse, chiunque si aspetta qualcosa. Iberin garantisce che « è cominciata una nuova era » : manderà al diavolo i padroni ( ma loro hanno la testa tonda, gli fa notare qualcuno), lui sta con gli umili. La priorità, comunque, è arginare le teste a punta. Voci dalla folla: « Per noi tonde o appuntite, è tutt’uguale! Poveri o ricchi: questo è quel che vale! » « Pensatela un po’ come volete: io voglio provare con Iberin! » .
Iberin, nelle intenzioni di Brecht, è una raffigurazione idealizzata di qualche profeta di razzismo e xenofobia, quando sono usati per fini demagogici, come un trucco; ha un rapporto quasi erotico con il microfono e l’aria del servitore affaticato del popolo.
« Provare con Iberin » significa accettare la cupa e demenziale trovata di un mondo diviso in Ciuk e Cik, il loop di una propaganda di cui Roberto Saviano riassumeva su queste pagine i punti cardine (” loro” invadono, portano malattie, tolgono lavoro, diventeranno leve criminali; per stare ancora a Brecht: gli estranei, i distruttori). Provare con Iberin significa, a Budapest, accettare l’emendamento che rende illegale prestare aiuto ai richiedenti asilo; significa, a Zagabria, rispondere « pronti per la patria! » alla chiamata nazionalista; significa, in Baviera, credere — per stare alle parole di una leader euroscettica di Afd — che i tedeschi si stiano auto- abolendo « per colpa di tutti questi stranieri » . Da noi, provare con Iberin vuol dire, per esempio, accettare che una nave con 150 migranti a bordo resti bloccata al largo per dieci giorni, appesa alle parole di un ministro dell’Interno che gioca alla guerra fra poveri ( « in Italia vivono 5 milioni di persone in povertà assoluta » , tweet del 24 agosto). Fiero, lui, di battersi « per difendere i confini, tutelare la sicurezza degli italiani e proteggere il futuro dei nostri figli » . Prima i Ciuk
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