JENNER MELETTI, REPUBBLICA 29 AGOSTO 2018, pag. 23– ADDIO AI PESTICIDI :::: GRAZIE ALL’ATENEO DI UDINE E ALL’ISTITUTO DI GENOMICA APPLICATA!

 

La storia

L’esperimento pilota

Addio ai pesticidi arriva la Super Uva

JENNER MELETTI,

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VO’ ( PADOVA)

Innanzitutto questa è un’uva da corsa. Dalla cantina stanno già uscendo i profumi dei mosti rossi di merlot e cabernet mentre solo ora stanno arrivando nel piazzale i primi carri con l’uva bianca. «Fino all’anno scorso si partiva con i bianchi e a settembre si staccavano i grappoli rossi.

Quest’anno invece abbiamo vendemmiato i rossi già dal 16 agosto, una cosa mai vista».

L’azienda Parco del Venda è la prima, in Italia, a produrre 100 quintali di uva con quelle che sono chiamate “Viti resistenti”. «Solo un inizio, ma splendido», raccontano Benedetta Bison e suo marito Michael Toniolo.

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BENEDETTA BISON E SUO MARITO MICHAEL TONIOLO

 

Resistenti perché queste piante tengono lontano le malattie più pericolose, come l’oidio e la peronospora.

Sembra proprio di essere di fronte a una Super Uva, in grado di resistere a nemici fino ad oggi combattuti con abbondanti dosi di fitofarmaci e — anche nei campi biologici — con zolfo e rame.

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«Abbiamo piantato 4.000 barbatelle di merlot Khorus e cabernet Volos tre anni fa e questa è la prima produzione.

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Piantine fornite dai Vivai cooperativi Rauscedo di Pordenone, ma create dall’università di Udine».

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Sono il risultato di un incrocio ottenuto immettendo il polline di una varietà resistente nel fiore di un’altra varietà soggetta ad attacchi. «I professori di Udine spiegheranno meglio. Noi possiamo solo dire che le nostre nuove viti non si sono mai ammalate. Nella viticoltura convenzionale si fanno in media una decina di trattamenti all’anno. In quella biologica si arriva anche a 15 – 17. Per la nostra nuova vite nessun trattamento nel primo e secondo anno e un solo intervento quest’anno». «La ricerca in questo campo — commenta Massimo Bressan, presidente della Coldiretti di Padova — ha fatto numerosi passi avanti. Il Parco del Venda ha scelto senza indugio di aprire una nuova strada. Stiamo gettando le basi per una nuova viticoltura, che rispetti la natura e l’uomo». Mai chiedere all’oste se il vino è buono, ma Michail Toniolo (produzione di 8.500 ettolitri all’anno e numerosi premi anche all’estero) parla di Khorus e Volos come fossero figli. «Colore strepitoso, alcol con 15 gradi, profumo entusiasmante…Uva maturata in pieno sole d’agosto, non sotto le perturbazioni di settembre. Non vedo l’ora di stappare, il prossimo anno».

Notizie di viti nuove e anche di vecchie disgrazie. Le grandinate hanno distrutto il 60% del Primitivo delle Puglie, troppa pioggia sta mettendo in crisi la Sicilia. «Quando mi chiedono le previsioni sulla vendemmia — dice Domenico Bosco, responsabile ufficio vitivinicolo della Coldiretti — ricordo sempre che la raccolta, in Italia, dura dal primo agosto al 10 novembre. Cento giorni in cui può succedere di tutto. Per ora noi stimiamo un aumento del 10 — 20% rispetto allo scorso, che non è certo stato fra i più buoni, con una produzione di 46-47 milioni di ettolitri». Gabriele Di Gaspero è ricercatore di Genetica all’Istituto di Genomica applicata nell’ateneo di Udine ed è fra i “creatori” dei 10 vitigni resistenti a diverse malattie. «In passato — spiega — con la tecnica dell’incrocio si ottenevano risultati dopo 20- 30 anni. Dopo l’impollinazione si doveva seguire il seme, la crescita della pianta fino all’età adulta, fare le tante verifiche. Negli ultimi anni, grazie al lavoro di sequenziamento del genoma della vite e alla mappatura dei geni di resistenza, è stato possibile adottare le tecniche di selezione assistita basate sull’analisi di sequenze di Dna. È così possibile una selezione precoce, che fa risparmiare tempo e costi».

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I geni resistenti alla peronospora sono stati presi da specie americane e asiatiche, mentre quelli contro l’oidio sono stati ricercati in varietà coltivate in alcune ex Repubbliche sovietiche come l’Uzbekistan, il Daghestan, la Georgia. «Oggi le nostre 10 viti resistenti sono inserite nel Registro delle varietà presso il ministero delle Politiche agricole.

Ma per la coltivazione serve il parere positivo delle Regioni, e soltanto due, il Friuli e il Veneto, hanno dato il permesso». «Una raccomandazione: non battezzatele Super Uva o Super Vite, per non illudere i coltivatori. La nostra è una battaglia ancora lunga. Certo, abbiamo fatto un lavoro importante». Sono state sperimentate anche tecniche come il “genome editing”, che prevede il trasferimento di geni della stessa specie. La comunità scientifica è tutta unita, ci sono state aperture anche da parte dell’ex ministro Maurizio Martina. Ma nel luglio scorso la Corte di giustizia europea ha detto no, anche questa tecnica è stata bollata come Ogm. Questo in una Europa dove la vite usa il 3% della superficie agricola e consuma il 65% di tutti i fungicidi o pesticidi usati in agricoltura.

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