Tintoretto, San Giorgio e il Drago, 1560 ca, olio su tela, National Gallery, Londra
IL TEMPO SACRO DEL RITORNO DELLA PRIMAVERA A TERAGEA
CHIUSE LA PORTA DIETRO DI SE’, ripose la chiave nella borsa, nel reparto anteriore, dove sempre la metteva quando usciva per fare la spesa, controllò se aveva i documenti, i soldi, le pillole e si avviò alla stazione.
Faceva lo stesso viaggio una volta all’anno, sempre il 21 Marzo. A suo marito e ai suoi figli diceva di andare a trovare l’amica Ersilia, in verità l’amica non era mai esistita. Era una menzogna per tutti e di questo si compiaceva, assaporando quell’affanno solo suo. Il marito la lasciava andare senza indagare troppo, forse perché quando ritornava a casa era molto tranquilla. In effetti dopo aver vissuto la sua avventura a Teragea, si sentiva bene, quasi rinata, sicura di sé e pronta ad affrontare la lenta e noiosa vita quotidiana con l’entusiasmo di chi ricomincia da capo.
In attesa del giorno della partenza diventava nervosa e distratta, spesso le accadeva di bruciare i cibi, di mettere la biancheria di un figlio nel cassetto dell’altro, di dimenticare di comprare il latte, di non dormire di notte. Riusciva però a nascondere la sua agitazione cosicché nessuno dei suoi familiari si accorgeva di nulla, ma un passante qualsiasi, guardandola, avrebbe indovinato facilmente il fremito di libertà che aveva dentro e l’audacia che agitava il suo sangue.
Ora che era sul treno e aveva chiuso dietro la porta le preoccupazioni della casa, del marito, dei figli, si sentiva incredibilmente calma e soddisfatta per essere riuscita a partire ancora una volta. Con gli occhi chiusi, il sorriso sulla labbra e la figura rilassata lasciava fluire i suoi pensieri liberamente, così come le succedeva prima di addormentarsi.
Era una donna minuta e piccola di statura, un po’ frettolosa, anche nel parlare, ma precisa, ordinata, economa; una perfetta casalinga. Nel suo viso asciutto e pallido non si notava lo sguardo, sempre un po’ sfuggente, ma i capelli di un biondo luminoso raccolti alla nuca e le labbra, che parevano disegnate con un pennello e particolarmente turgide e umide. Trascorreva il suo tempo in casa sempre indaffarata a stirare, cucinare, pulire per i suoi tre uomini: i due figli maschi e il marito, un contabile del consorzio agrario del paese sempre vestito di grigio, dai calzini al cappello. La sua vita trascorreva tranquilla e apparentemente serena, ma ormai da tempo faceva uso di tranquillanti per via di un tremore che ogni tanto diventava incontrollabile.
- Già si sa che le donne sono nervose! – Le spiegava il marito
- – non devi preoccuparti, è una cosa da nulla! – Un tempo le tremavano solo un po’ le mani, ma poi la cosa cominciò a estendersi alle braccia, alle gambe, a tutto il corpo, così che le accadeva di perdere il controllo di sé, in balia di un fremito sovrumano. Era come se un demone si impadronisse di lei scuotendola da capo a piedi per pochi minuti e lasciandola poi impaurita, ridotta allo stremo come un povero stecco dopo la tempesta. Era convinta, dalle parole del marito e del neurologo, che non fosse nulla di grave, solo “ un male da donne”
- – Vede dottore, credo sia colpa della mia immaginazione – raccontava al medico – mi pare di avere dentro l’acqua di una grande diga che sale, sale sempre di più e non riesco a farla uscire, né dalla bocca, né dalla vescica e quando arriva al colmo, le pareti della diga vibrano, ondeggiano, fino a rompere tutti i tramezzi ed è così che l’acqua esce in uno straripamento irrefrenabile. Lei dirà che sono solo fantasie, eppure, quando mi succede di tremare, io penso proprio alla diga che vibra, che si incrina e si schianta e non so come fare con tutta quell’acqua che irrompe a forza . . . come un’onda di piena che non si può fermare. –
Non pensava più ai suoi malesseri, si lasciava cullare dagli ondeggiamenti del treno e con la coscienza completamente abbandonata si deliziava al pensiero dell’incontro. Nessun pensiero era più sublime di quello. Lo teneva stretto e lo accarezzava come un sentimento d’amore che percorreva tutto il suo corpo, dagli occhi, al petto, al ventre. L’avrebbe trattenuto sempre, o almeno il più a lungo possibile. No, non era superstiziosa e non considerava certe spinte del corpo come appartenenti alle zone oscure dell’anima, bensì come impulsi naturali di provenienza animalesca e divina allo stesso tempo.
Si era quasi assopita, quando entrarono nello scompartimento due signori vestiti con abiti stravaganti e molto colorati. Uno di loro aveva sotto il braccio una grande busta di cartone pesante, come quelle che usano gli artisti per i loro disegni, l’altro una borsa di pelle gonfia. Si sedettero proprio di fronte a lei, continuando a parlare in modo concitato.
Antonio Cicognara, San Giorgio e la Principessa, fìne secolo XV, tempera su tavola, Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia.
- Sì, sì, anch’io ho tutti i dettagli: le zampe, la coda, la cresta, ma la cosa più straordinaria sono le ali. Può volare, sì, malgrado il peso, può volare.-
- – Direi che questo esemplare è ancora più bello del precedente. I colori delle ali e il muso quasi umano. Molto somigliante a quello del dipinto di Paolo Uccello, ma questo è anfibio. Straordinario, veramente incredibile! –
La donna, alzò lo sguardo e accennò un sorriso ai due uomini che continuarono a discutere affannosamente, senza neppure accorgersi della sua presenza. Subito abbassò gli occhi e ritornò al suo pensiero che si era fatto sempre più intenso. Era un senso di intimità e di appartenenza alle forze misteriose della vita, alla profondità delle acque e all’oscurità della terra. Un sentimento di verità, perfettamente in accordo con la sorgente primordiale dei viventi, l’assoluta certezza di fare parte del mondo selvaggio e miracoloso, sicura di avere dentro di sé una antica matrice animale. Così si sentiva . . . la testimone autentica dell’origine, del principio antico e oscuro della vita.
- Nessuno poteva credere che in questo lago si nascondesse una tale meraviglia. Hai portato i disegni?-
- Certo, certo e ho ripreso quelli di Aldrovandi, gli acquerelli dal vero del drago trovato nel 1572, poi essiccato per esporlo al Museo di Storia Naturale, le foto di Walter Bonatti e gli articoli e anche. . .
- – Quello era il Drago di Komodo in Indonesia. Ne esistono oggi degli esemplari migliori in Africa e in Australia, ma direi nessuno perfetto come questo.
- – Beh! Se guardiamo poi la mitologia ne abbiamo esemplari stupefacenti. Nell’antica Grecia e di seguito in tutto il mondo e in tutti i periodi storici . . . fino ai Cristiani, il drago era una figura protettiva, era un tutore dei riti iniziatici, dei fenomeni che possono oltrepassare il limite tra il reale e l’ultraterreno. E anche un padre amato con il quale è più facile parlare. Tutto questo mi affascina in modo incredibile.-
Ancora la donna alzò lo sguardo e l’uomo si interruppe per rivolgersi a lei.
– Anche lei a Teragea? – Lei fece un cenno con il capo per acconsentire.
– Ci scuserà, ma siamo pieni di entusiasmo.- La donna socchiuse gli occhi e sorrise leggermente. E l’uomo subito riprese.
– Non ti ho detto del fossile ritrovato in Cina a Chang Qu, risale al 300 a.Cr.-
– Non si spiega come sia finito a diventare l’erede del demonio, il male supremo da annientare. –
Paolo Uccello, San Giorgio e il drago, 1460 ca. olio su tela, National Gallery, Londra
Una storia veramente crudele quella di S. Giorgio e il drago, la conosceva bene, si fermava per ore davanti a quel quadro ben esposto nella cappella grande della sua chiesa. Una vera crudeltà il volerlo uccidere. E quella donna . . . no, non poteva essere prigioniera, non c’erano segni di lotta o di tristezza in lei, ma tranquillità e benevolenza. Era lei, la bella, ad averlo legato, per tenerlo con sé. Ma certo . . . ne era sicura. Così pensava. . . sapeva bene che l’interpretazione del mondo era un’altra . . . non avrebbe mai detto a nessuno la sua versione, poteva sembrare una follia, mai più al parroco che aveva esposto quel dipinto a riprova dell’esistenza del diavolo e della santa volontà di San Giorgio di eliminare il male dal mondo. Quella, quella sì che era una superstizione, quella . . . un sortilegio malefico.
I due uomini continuarono a parlare mentre il treno correva e la donna con le mani in grembo e gli occhi puntati al finestrino guardava la campagna, sempre persa nei suoi pensieri. Una nebbia fitta copriva ogni cosa senza lasciare spiragli, solo gli alberi dalle cime più alte emergevano timidi, con il loro fiorire primaverile.
C’era poca gente alla stazione di Teragea, tutti erano già nel viale, sulle tribune, arrampicati sulle impalcature o sugli alberi. Un rumore febbrile aleggiava per il paese, come il fragore cupo di un mare profondo. L’aria pareva spessa, carica di un fermento denso di attesa, lacerata a tratti da grida e strepiti improvvisi. Il suo posto era in alto, sulla tribuna centrale, a cavallo della via. Lo raggiunse a fatica, facendosi largo tra la folla e rimase lassù, con lo sguardo fisso in fondo sullo scivolo che univa la strada all’acqua del lago. Gli alberi di Ginkgo biloba fiancheggiavano il viale, dietro il verde delle foglie nuove, luccicavano le strutture di ferro che arrivavano quasi ai tetti delle case, le bandiere in fila su entrambi i lati ondeggiavano e dietro si potevano vedere i balconi aperti, decorati a festa, i drappi ricamati esposti alle finestre e le donne curiose con i fazzoletti in mano. Il frastuono crescente lasciava brevi spazi di silenzio per riprendere dopo pochi secondi, ancora più intenso di prima. I bambini correvano su e giù dalla piramide di legno innalzata nella piazzetta della posta, i ragazzi appesi ai pali si chiamavano a gran voce, i preti erano usciti sul sagrato della chiesa e si guardavano in faccia sospettosi.
Sempre in piedi, con le mani strette alla barra del ponteggio, stordita dal quel frastuono si sentiva sola e unica, nessuno avrebbe potuto distoglierla neppure per un attimo da quello spasmo di tensione e di piacere che la protendeva in avanti, a nessuno avrebbe potuto dire che quello era il posto più luminoso del mondo. Girò la testa di lato e sorrise maliziosamente come fa chi deve mascherare un pensiero, non poteva dire a nessuno che lì c’era vita e resurrezione. La nebbia si era diradata, ma infondo al viale, proprio all’imbocco del lago si addensava e la riva si poteva vedere confusamente. Si spinse ancora in avanti quando un urlo collettivo come un tuono trafisse l’aria improvvisamente.
– Eccolo! E’uscito dal lago – gridò una voce maschile potente.
Un silenzio assoluto dominò tutto il paese per qualche secondo, poi un altro boato. Enorme, mostruoso, con il corpo eretto grondante acqua e fango, avanza lentamente sulle due zampe posteriori. La folla trattenuta dalla staccionata ondeggia, si agita, indietreggia, applaude e grida. Dopo pochi passi l’animale si ferma, rimane immobile, si guarda intorno consapevole della sua stupefacente presenza. Ancora procede lento e pesante, poi con fare compiaciuto inizia la sua esibizione. Allunga il collo ora da una parte ora dall’altra, spalanca la bocca enorme mostrando la gola e i lunghi denti affilati, solleva la testa verso l’alto soffiando acqua dalle narici. Gli occhi tondi e rossastri girano rapidamente in ogni direzione e la lingua protesa a dismisura, lambisce i curiosi delle prime file. Dalla tribuna laterale emerge una voce squillante, è il grido di un bambino.
– Sei il mio Drago, tu sei il mio Drago! –
Il cuore le scoppia nel petto. Si regge a stento, tale è l’emozione. La stessa dell’anno precedente, degli anni passati. Per un attimo si vede bambina persa tra la folla, con gli occhi rivolti al cielo in attesa del lampo successivo. Apre gli occhi e ritrova il respiro. Scompigliata, confusa, con una mano sul ventre per il dolore non si accorge più dei rumori della folla, dei fischi assordanti delle trombette, dei palloni, dei fiori lanciati a mazzi dalle finestre. Sente solo il tumulto del suo petto, i brividi sulla pelle e un languore in grembo che le fa perdere le forze.
Il Drago procede accompagnato dal crepitio dei passi sul ghiaino, appoggia con calma le estremità uncinate e ancora si ferma. Apre le grandi ali, sfoggiando le bellissime forme dipinte sulle membrane, solleva le braccia e distende le dite come volesse prendere il volo. Ora erge la coda ritta fino a toccare la cima più alta degli alberi, inanellandola in numerose spirali, ora la lascia cadere facendola oscillare di qua e di là dal bacino, ancora la innalza con più vigore e la ripiega in avanti fino a toccarne la punta con la lingua.
Un altro urlo si libera nell’aria.
– Sei tu il Drago del mondo, di tutto il mondo. –
E’ ormai vicino, tra poco sarà sulla tribuna centrale, si dirige verso di lei, l’ha vista, la guarda, la fissa. La donna attratta dallo sguardo dell’animale si sente preda di un impulso che sembra unirli naturalmente, quasi fossero legati da una stessa origine, quasi appartenessero alla stessa mostruosità. Cerca disperatamente di urlare, ma nulla esce dalla sua bocca; il respiro si è fermato, la muscolatura si è irrigidita, il panico la immobilizza. Smarrita chiude gli occhi per un attimo, di colpo il drago la raggiunge e la avvolge completamente. Il fiato infuocato dell’animale le brucia il viso, le riempie le orecchie, mentre la coda vibrante cerca il suo corpo e penetra segretamente tra le sue cosce. Stretta e protetta dalle ali del Drago allontana ogni rigidità, ogni timore, ogni affanno e si abbandona alla disperata dolcezza dell’abbraccio.
Una folata di vento la investe in pieno, sente i capelli scomposti sul viso, porta una mano alle labbra come per chiuderle e di scatto apre gli occhi cercando l’animale davanti a sé, ma il Drago è già passato oltre e continua il suo spettacolo.
A sera, di ritorno, aprì la borsa, controllò i soldi rimasti, i documenti, le pillole, cercò nel reparto anteriore le chiavi di casa, aprì e CHIUSE LA PORTA DIETRO DI SE’.
Grazie Chiara per le immagini, mi sembrano perfette tutte e tre:
Tintoretto, Antonio Cicognara e Paolo Uccello. Bellissimi quadri!
Il drago e la bella temi antichi e sempre attuali.
Un abbraccio
sono contenta, grazie, ch.
Ne ho letto una parte e direi , beh che è scritto bene è ovvio. Scrivi bene , una scrittura , direi: programmata. N
Nel senso, almeno, che sai già prima cosa ci sarà nella pagina successiva.
Ma ecco, per uno come me, almeno per me, funziona poco perchè sulla storia che ho a grandissime linee mi piace improvvisare, ma non stupire.
Comunque devo ancora finirlo ma sono assai impegnato in questo periodo, solo scampoli di tempo la notte e, poichè vecchietto sugno, non poso più fare l’alba come mi piaceva .. al massimo un Cenerentolo 🙂 Ciao
Bella e originale questa interpretazione gioiosa del mitico drago, che tanto cattivo non è. C’è sicuramente bisogno di più draghi e che siano facilmente raggiungibili.
Vero, vero c’è bisogno di più draghi . . .
ma forse anche di donne coraggiose e trasgressive.
Un carissimo abbraccio
Mi ha colpito la voglia di sogno di questa donna che almeno una volta all’anno sente il bisogno di uscire dalla mediocrità della sua vita( è casalinga) così chiude la porta dietro di sè e parte. Libera finalmente il
suo sogno : l’amore per il drago a cui si sente vicina, sicura di avere dentro una eguale matrice animale
e quindi l’abbraccio, l’estasi e il senso di sicurezza e protezione che ne derivano. Poi il ritorno e questo
chiudere la porta dietro di sè forse fino al prossimo anno? Ciao mi piace come scrivi.
Grazie Giancarlo, un bel commento.
E’ proprio così come dici, il desiderio di scappare dalla monotona vita familiare e allo stesso tempo il riconoscere dentro di sè, come donna, un’appartenenza a un mondo misterioso (incarnato nel Drago) che va onorato.
Mi fa molto piacere che tu capisca e condivida il sogno.
Un caro abbraccio
Come sempre sono le descrizioni dettagliate di ciò che accade intorno e quelle interiori dei protagonisti dei tuoi racconti che mi piacciono.
Descrizioni che vogliono definire un sentire intimo avvalendosi di immagini quasi oniriche, irreali. Chi non ha catene o mostri nella pancia? Ciascuno ha i suoi per evadere da una quotidianità il più delle volte inappagante.
La protagonista vive il suo orgasmo, le sale dal profondo ed esplode. La sconvolge, così come siamo sconvolti e confusi quando sentiamo che la vita, il desiderio di andare oltre e più a fondo, divampa dentro e scuote le nostre effimere certezze. La vita, quel vulcano di sensazioni, di emozioni, di pensieri che ribolle sotto, chiede una realizzazione, reale o immaginaria per darne un senso. Ognuno ha la sua versione…e chiude poi la porta dietro di sé.
Splendidi e potenti i quadri scelti.
Grazie Ivana del tuo commento.
Sì, è così. . . le donne conoscono qualcosa di potente, di selvaggio e di vero che appartiene al loro essere donne. Io lo descrivo come legato al mistero, alla mostruosità, al drago, creatura primordiale e autentica. Una natura un po’ selvaggia e un po’ folle, diciamo così. La protagonista del racconto sente questo richiamo e va, non può non andare, niente può trattenerla.
E’ una sorta di rito che deve compiere annualmente.
E’ la sua vita nascosta, sconosciuta forse anche a se stessa, ma estremamente intensa e veritiera.
Questa spinta femminile è ciò che gli uomini tacciono, temono e soffocano. La storia, la letteratura e l’arte ne raccontano i tentativi, i pregiudizi e le punizioni.
Grazie ancora e un abbraccio d’affetto MGP
Dividerei il racconto in due parti.
La prima parte fotografa molto bene uno squarcio di vita reale di una famiglia come appare esternamente.
La descrizione della donna è completa, incisiva, direi perfetta: sembra di vederla, di conoscerla nella sua immagine apparente.
Quanti esempi reali di donne simili la nostra memoria può resuscitare!
Viene naturale chiedersi se, dietro a un aspetto dimesso e ad una vita abitudinaria non ci sia stato per tutte loro lo stesso desiderio di tempesta emotiva e sensuale che vive la protagonista del racconto. Mah!
Per par condicio, il discorso dovrebbe valere per il marito, anche lui ben fotografato, anche se con pochi tratti, nella sua grigia apparenza; forse anche lui , dietro ad una anonima scrivania del consorzio agrario sognava un improbabile trasferimento nel prestigioso ufficio del super presidente del medesimo consorzio. ufficio ovviamente dotato di segretaria giovane, procace, disponibile (trattandosi di citazione degli elementi che rappresentano il fulcro del “desiderio” maschile, ho volutamente sottolineato sia l’aspetto di “potere” sia l’aspetto erotico.).
In questo caso al posto della figura del drago proporrei l’immagine del fauno che insegue la ninfa.
La seconda parte ci fa invece entrare in una “realtà fantastica” (mi si perdoni l’ossimoro):
il drago che sorge dalle acque è una figura salvifica e avvolgente in grado di soddisfare totalmente ogni necessità e desiderio . Questo drago assume la figura di un dio salvatore, figura comune a molte religioni: la folla sulle gradinate lo aspetta e lo accogli come tale. Il suo effetto sulla protagonista è deflagrante e sfocia in un orgasmo totalmente appagante che le consente poi un tranquillo rientro e la forza per affrontare un altro anno di vita grigia.
Viste le precise citazioni pittoriche, per descrivere lo stato della protagonista avvolta dal drago, aggiungerei una delle tante opere che si riferiscono all’estasi di santa Teresa d’Avila del Bernini dove viene ben descritta, con eleganza barocca la fusione tra orgasmo e trasporto religioso.
Un ultima cosa , se la mia amica scrittrice riprenderà in mano questo racconto le consiglierei di modificare, (o eliminare) il raccordo fra la prima e la seconda parte: quello dei due disegnatori in treno non mi sembra in linea con la elegante struttura .
Ti ringrazio molto caro Giovanni dell’esaustivo contributo, è un vero peccato che ci segui ” solo per alcune tue stelle “, e non anche per altro perché allora potremmo approfittare anche noi tutti della tua esperienza culturale e della tua verve…ciao, un abbraccio, chiara per il blog
Caro Giovanni,
ho riso leggendo le tue parole, mi sono sembrate molto ironiche.
Mi appare chiara la tua difesa del maschile impersonata nel marito grigio e particolarmente squallido (con i suoi presunti desideri di potere e di sesso, come tu supponi) di fianco alla protagonista che vive in modo forte e molto coinvolgente la trasgressione.
Il racconto, chiaramente immaginifico, vorrebbe mettere in evidenza un aspetto del femminile, considerato spesso di esaltazione e di follia, che esprime invece, un legame con un mondo misterioso, in qualche modo primitivo che ha bisogno di rompere gli schemi e le procedure razionali per trovare una verità di inquietudine e di stravaganza che appartiene squisitamente al mondo delle donne.
Rimane come tu dici un senso del sacro in questa cerimonia inverosimile, sia per la partecipazione della folla che per la complicità della donna che attende ogni anno l’unione con il suo Dio Drago.
Grazie del bel commento . . . abbiamo ancora molto da dire. MGP