IL CANTO EPICO DEL KOSOVO – L’EPICA LEGGENDARIA DELLA REGIONE DOVE SI INCROCIANO LA LINGUA ALBANESE E QUELLA SLAVA — per i più curiosi—

 

 

 

Battle of Kosovo, Adam Stefanović, 1870.jpg15 GIUGNO 1389 — IL PRINCIPE LAZAR MENTRE MUORE CON IL SUO CAVALLO – DIPINTO DI ADAM STEFANOVIC NEL 1873

 

 

La battaglia della Piana dei Merli, nota anche come battaglia del Cossovo (in serbo Бој на Косову/Boj na Kosovu o Косовска битка/Kosovska bitka; in albanese Beteja e Kosovës), venne combattuta nell’omonima località il 15 giugno 1389, giorno di San Vito, tra le forze cristiane guidate dal principe serbo Lazar Hrebeljanović e le truppe ottomane.

 

 

File:Archangel Cathedral - NE column, 2nd lev., east - Lazar of Serbia.jpg

PRINCIPE LAZAR DI SERBIA- commons wikipedia

 

L’esercito cristiano, composto da una coalizione tra la Serbia Moravica e il Regno di Bosnia, il Principato d’Albania, Regno di Romania, Secondo Impero bulgaro e i Cavalieri di Rodi, era comandato dal Knez (principe e condottiero) serbo Lazar Hrebeljanović.

 

 

Santo Stefan Lazar Hrebeljanović, eroe serbo difensore della civiltà. Serbian Saint and Hero (Prilepac, 1329 – Kosovo Polje, 28 june 1389) - pray for … | História

Knez  serbo Lazar Hrebeljanović,  eroe serbo difensore della civiltà

 

File:Knez Lazar, Vladislav Titelbah, alternate.jpg - Wikimedia Commons

un altro suo ritratto

 

 

Le truppe della coalizione serbo-bosniaca contavano circa 25 000 uomini ben armati, suddivisi in tre armate. Erano comandati dal genero di Lazar, Vuk Branković, sull’ala sinistra, dal principe Lazar al centro e dal duca bosniaco Vlatko Vuković sull’ala destra.

 

Sultan Murad I - Biyografya

IL SULTANO MURAD I ( 1326-1389 ), fu il primo governante a fregiarsi del titolo di ” sultano ”

 

L’esercito ottomano era guidato dal sultano Murad I e dal comandante militare Evrenos Bey e contava circa 50 000 uomini.

 

 

la sua tomba del Kosovo

 

 

 

 

 

Battaglia di Kosovo 1389, antica miniatura russo Foto stock - Alamy

LA PRIMA BATTAGLIA DEL KOSOVO ( ” DELLA PIANA DEI MERLI ” ), 1389, MINIATURA RUSSA DELL’EPOCA

 

 

 

La battaglia iniziò con l’avanzata della cavalleria serba, che distrusse completamente l’ala sinistra ottomana. Le truppe comandate da Branković riuscirono inoltre ad annientare completamente anche l’ala destra degli avversari, ma gli Ottomani furono infine raggiunti da cospicui rinforzi e poterono così sconfiggere le milizie avversarie, stanche e inferiori numericamente. Pressoché tutta la nobiltà serba fu sterminata sul posto insieme al Knez Lazar. Il comandante Vuk Branković si ritirò e continuò la resistenza contro gli Ottomani, ma successivamente fu a sua volta catturato dai Turchi, morendo in prigionia.

 

 

MINIATURA OTTOMANA DELLA BATTAGLIA –

DA :

https://iremmo.org/rencontres/le-monde-arabe-selon-les-ottomans/attachment/ottoman-miniature-8/

 

 

Nel corso della battaglia, il nobile serbo Miloš Obilić riuscì comunque a uccidere il sultano Murad con un inganno. Dopo la morte di Murad, il figlio Bayezid I continuò l’espansione ottomana verso i Balcani e l’Europa sud-orientale. Tuttavia il Regno di Serbia riuscì a sopravvivere per un altro secolo prima di cadere definitivamente sotto il dominio turco. Entrambi gli eserciti ebbero delle gravi perdite, ma per la Serbia l’esito fu catastrofico: vennero infatti uccisi più di 150 cavalieri serbi e il Paese vide sparire gran parte della sua élite politica e militare.

 

 

Accadde Oggi, 20 Ottobre: 1448, seconda Battaglia del Kosovo che prelude alla conquista di Costantinopoli

SECONDA BATTAGLIA DEL KOSOVO CHE PRELUDE ALLA CONQUISTA DI COSTANTINOPOLI– 20 OTTOBRE 1448 CHE CADRA’ POCHI ANNI DOPO ( 1453 )

 

Il nuovo sultano Bayezid I prese come moglie la figlia di Lazar, la principessa Olivera Despina. Bayezid prese con sé il figlio di Lazar, Stefan Lazarevic, che più tardi si segnalò come valoroso capo militare, specialmente nella battaglia di Ancyra contro il vittorioso Tamerlano (1402). I Serbi furono costretti a pagare tributi ai Turchi e a compiere servizi militari presso l’esercito ottomano, come nel caso della citata battaglia di Ancyra (o di Angora, odierna Ankara).

In seguito, dopo altre due battaglie minori e l’assedio di Smederevo, gli Ottomani annetterono il resto del Regno di Serbia, completandone la conquista nel 1459. La fine dell’indipendenza serba fu l’evento che diede la possibilità all’esercito ottomano di arrivare fino alle porte di Vienna.

La battaglia della Piana dei Merli, a partire dalla politica jugoslava, è considerata dai serbi uno degli eventi più importanti della loro storia. La battaglia e la sorte dei cavalieri cristiani divennero il soggetto della poesia epica romantica ottocentesca, alla quale faceva riferimento la corte della vedova di Lazar, Milica. Il principe Lazar venne canonizzato dalla Chiesa ortodossa serba.

Questa battaglia è ricordata tantissimo anche dai turchi, perché dopo aver vinto quella battaglia riuscirono a entrare nei Balcani, aumentando i loro possedimenti sulla penisola.

 

DA :

https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_della_Piana_dei_Merli

 

 

 

 

 

AMADEUS – FONDAZIONE CINI

 

 

 

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Pubblicato il 06/12/2018

Samantha Colombo

Il canto epico del Kosovo alla Fondazione Giorgio Cini

 

 

È una tradizione antica, che trae linfa vitale nel cuore della penisola balcanica: il canto epico leggendario del Kosovo affonda le sue radici proprio qui, dove si incrociano le terre di lingua slava e albanese. Al fenomeno è stata dedicata, il 13 novembre scorso, di un’intera giornata di studi presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Qui, un seminario a tema “Il canto epico: il testo e la performance”, seguito da una performance dal vivo, hanno fatto rivivere l’epica kosovara nella Laguna.

Vitalità, longevità e straordinaria ricchezza del repertorio di questa tradizione fanno sì che, già dagli anni ‘30, sia stata oggetto di studio di due eminenti studiosi quali Milman Parry e Albert Lord. I due innescano peraltro una rivoluzione: dallo studio accademico dei poemi omerici, approdano infatti alla ricerca sul campo, scoprendo nella penisola balcanica una fucina creativa.

Le pietre miliari fissate da Parry e Lord sono quindi punto di partenza per il seminario alla Cini. In occasione dell’incontro, si è parlato infatti del rapporto tra due componenti della tradizione epica, quella performativa e le forme di testualizzazione, già evidenziati dagli studiosi.

I lavori sono stati coordinati da Nicola Scaldaferri dell’Università di Milano, che vanta un’intensa attività di ricerca sul campo nell’epica balcanica, e ha visto protagonisti: David F. Elmer, professore di studi classici ad Harvard e curatore della Milman Parry Collection, tra i maggiori studiosi di Omero ed esperto di epica in lingua slava; Zymer U. Neziri, impegnato nella ricerca sull’epica albanese con all’attivo numerosi volumi; Ettore Cingano, classicista e professore a Ca’ Foscari, autorevole studioso  di poesia lirica e dell’epica dell’antica Grecia.

Tra i temi principali della giornata, la cosiddetta “composition in performance”: nell’epica non esiste infatti un testo predefinito e codificato per le diverse opere, sono piuttosto usate delle formule, ovvero delle unità espressive di valenza metrica equivalente, innestante all’interno della performance stessa. Secondo un altro studioso, George Herzog, l’elemento musicale è differenziante, in quanto in grado di conferire una struttura che il testo, da solo, non è in grado di dare.

Proprio dalla spedizione di Parry e Lord, non va dimenticata l’importanza che emerge dei poeti-cantori bilingue, in grado di recitare sia in albanese sia in slavo: ciò consente non solo una diffusione dei canti epici, ma pure potenzialità e dimensioni espressive diverse. Grazie al bilinguismo, è possibile infatti la diffusione della tradizione, per mezzo dell’adattamento nei vari dialetti. Nel corso dell’evento è stato presentato anche “Wild Songs, Sweet Songs. The Albanian Epic in the Collections of Milman Parry and Albert B. Lord”, progetto di pubblicazione di canti in lingua albanese della Milman Parry Collection rimasti sino ad oggi inediti, curato da Nicola Scaldaferri.

Va ricordato inoltre che il contenuto dei canti che compongono la tradizione epica del Kosovo è principalmente storico e leggendario: sono questi temi a dare origine a veri e propri cicli narrativi. I cantori che li eseguono si accompagnano da uno strumento monocorde: il gusle, in slavo, o lahuta, in albanese.

In particolare è celebre il ciclo poetico dei “Kreshnik”, gli eroi della frontiera, che vede protagonisti i fratelli Muji e Halil. Oggi questa tradizione è più vitale che mai e trova il proprio centro nevralgico nelle montagne di Rugova: questa è la vera frontiera, al confine tra Kosovo e Montenegro, vicina a Serbia e Albania.

 

 

LA GOLA DI RUGOVA

 

 

MONTE RUGOVA

 

 

MONTE RUGOVA

 

DA:

https://it.wander.al/attrazione/la-canione-di-rugova

 

 

 

 

Il concerto, tenutosi a conclusione del seminario, ha visto l’esecuzione integrale de “Il canto delle nozze di Halil” per voce e lahuta, dal ciclo dei kreshnik. Le gesta compiute dal giovane protagonista, Halil, sono documentate in numerose versioni. Oggi sono eseguite da Isa Elezi-Lekgjekaj, il più importante cantore con lahuta attivo a Rugova maestro nel padroneggiare le tecniche formulaiche del canto e della narrazione, che ha dato un reale esempio di “composing in performance”, creando in tempo reale la narrazione sulla base di un serbatoio di formule. Ospitato dall’Auditorium Lo Squero, affacciato sulla Laguna, è accompagnato dalla proiezione della traduzione dei versi. Trattandosi di un canto non rigidamente fissato, la proiezione della traduzione, effettuata da Scaldaferri, ha costituito un’avvincente sfida: sulla base di precedenti versioni eseguite da Isa, è stato predisposto un testo base da cui, grazie ad un apposito software, in modo estemporaneo, seguendo la narrazione di Isa, venivano selezionati i titoli da proiettare.

Accanto al canto di Halil già citata, compare poi il liuto pizzicato a manico lungo (sharki), per l’occasione imbracciato da Hasan Hasani, che si esibisce cantando e accompagnandosi in un’elegia e un canto d’amore.

 

La realizzazione di seminario e concerto nasce dalla sinergia tra il Laboratorio di Etnomusicologia e Antropologia Visuale dell’Università degli studi di Milano, la Milman Parry Collection of Oral Literature dell’Università di Harvard University, avvalendosi anche della collaborazione dell’Istituto Albanologico di Prishtina.

 

 

Per maggiori info sul canto epico del Kosovo clicca qui: http://leavlab.com/the-song-of-halils-wedding/

 

Il video della performance:

 

 

VIDEO, 3 minuti ca

Kosovo – The Legendary Epic of Kosovo – The Song of Halil’s Wedding (vv 1-20)

 

 

 

 

Kosovo – The Legendary Epic of Kosovo – Këngë lirike

 

 

Accademia University Press

https://books.openedition.org/aaccademia/8018?lang=it

 

 

 

Il canto dei passi: voce e ritmo del corpo nella performance dei canti epici del Kosovo

Nicola Scaldaferri

p. 186-201
TESTO NOTE AUTOREILLUSTRAZIONI

TESTO INTEGRALE

1. Dai poemi omerici alla ricerca sul campo

  • 1 Vedi quanto discusso in Ph.V. Bohlman, N. Petković (eds.), Balkan Epic. Song, History, Modernity, (…)

 

 

E.t.l.e.b.o.r.o: La strategia inesistente

 

 

Nell’area balcanica, soprattutto nelle zone di confine tra Serbia, Montenegro, Bosnia, Kosovo e Albania, è attestata una delle principali pratiche di canto epico di tradizione orale documentata al mondo. Essa comprende canti di contenuto leggendario, articolati in cicli narrativi talvolta di considerevole lunghezza, caratterizzati dalla presenza di versi formulaici.

I canti sono eseguiti a voce sola da un cantore che si accompagna con uno strumento monocorde ad arco, chiamato gusle nelle lingue slave e lahuta in lingua albanese.

Nel dicembre del 2018 il canto accompagnato con gusle della Serbia è stato inserito nella Representative List of the Intangible Cultural Heritage of Humanity Unesco; questo inserimento ha certamente un valore significativo al fine di far conoscere certi repertori poetici e musicali presso il grande pubblico; tuttavia è innegabile che questo offre una prospettiva parziale e deformata in quanto limita a un solo paese un fenomeno che invece costituisce una pratica trasversale a diverse lingue e culture del Sud-Est europeo 1.nota

La diffusione e condivisione dei medesimi repertori da parte di varie culture e lingue rappresenta uno dei dati importanti emersi nel corso della ricerca compiuta da Milman Parry e Albert Lord negli anni Trenta del secolo scorso; i due studiosi hanno esplorato a fondo i repertori di canto epico muovendosi in aree di frontiera proprio nella convinzione di potervi trovare materiali di maggior interesse. Le vicende storiche delle aree geografiche dell’Europa sud-orientale ne hanno fatto una delle zone di confine per antonomasia a livello globale; essa è entrata nell’immaginario comune come l’area di svolgimento di molteplici conflitti nel corso del tempo – tra Oriente e Occidente, tra cristianità e islam – con risvolti talvolta tragici che si sono riproposti ancora in anni assai recenti. Tali dinamiche certamente hanno spinto a trovare un elemento catalizzatore, potente come forse nessun altro, nei repertori del canto epico di tradizione orale, favorendone così la fioritura. La disamina di queste ragioni esulerebbe dai compiti di queste pagine; esse tuttavia possono essere efficacemente riassunte nelle celebri parole sul canto epico formulate da Paul Zumthor nel suo libro sulla poesia orale:

  • 2 P. Zumthor, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale, il Mulino, Bologna 1984, p. 13 (…)

Il canto epico racconta la lotta contro l’Altro, lo straniero ostile, il nemico esterno al gruppo, sia quest’ultimo una nazione, una classe sociale o una famiglia. […] L’epopea tende all’“eroico”, se con questo termine si intende l’esaltazione di un super-io collettivo. Si è potuto osservare che essa trova il suo terreno più favorevole nelle regioni di frontiera, dove regna un’ostilità prolungata tra due razze o due culture, nessuna delle quali domina nettamente sull’altra. Il canto epico cristallizza l’ostilità e compensa l’incertezza della lotta; annunzia che tutto finirà bene, proclama almeno che noi abbiamo la ragione dalla parte nostra. In questo modo, l’epica incita in modo potente all’azione
2. nota

 

  • 3 A.B. Lord, The Singer of Tales, Harvard University Press, Cambridge (Ma) 2000.
  • 4 M. Parry, The Making of Homeric Verse, ed. by A. Parry, Clarendon Press, Oxford 1971.
  • 5 J.M. Foley, The Theory of Oral Composition. History and Methodology,Indiana University Press, Blo (…)

 

 

 

 

Albania – archivio Franco Tagliarini

 

 

Il lavoro di ricerca e studio sul canto epico nei Balcani è stato promosso da Milman Parry come proseguimento del suo lavoro di analisi dei poemi omerici; dopo la sua prematura morte, avvenuta accidentalmente nel dicembre del 1935 al momento del suo rientro in USA dal Regno di Jugoslavia, il lavoro sarebbe stato portato avanti dal suo allievo Albert Lord, che ne avrebbe sintetizzato gli esiti nella fondamentale monografia The Singer of Tales, uscita nel 1960 – 3. nota

Tale ricerca ha costituito una tappa di cruciale importanza per la questione omerica, riconsiderata grazie al confronto con una tradizione epica vivente; questo era infatti l’obiettivo primario al quale era interessato Parry in quanto classicista 4.nota

 

Tuttavia i risultati conseguiti, in particolare la definizione della teoria formulaica, hanno avuto un forte impatto nello studio delle tradizioni orali in generale, consentendo di comprendere alcuni dei principi di fondo che ne regolano i meccanismi  5.nota

 

 

 

Albania nell'Enciclopedia Treccani

ALBANIA– TRECCANI

 

 

 

 

Il tratto fortemente innovativo della ricerca di Parry sta nella documentazione delle performance dei cantori, compiuta utilizzando tecniche di registrazione del suono per l’epoca assai avanzate. Nel corso di un primo soggiorno dal carattere esplorativo compiuto nel 1933 in aree dell’allora Regno di Jugoslavia, Parry aveva iniziato a raccogliere i testi verbali dei canti epici sotto dettatura, chiedendo ai cantori di recitare un verso per volta al fine di consentirne la trascrizione. Va ricordato come questa fosse stata, fino a quel momento, la modalità usuale di raccolta di testi epici adoperata da tutti gli studiosi; essa aveva portato di fatto a trascurare gli aspetti musicali e performativi e a concentrarsi sulla parte testuale e poetica. Prima dell’avvento dei mezzi di registrazione e delle ricerche di Parry, tutte le raccolte dei canti epici, in particolare quelle che hanno contribuito a stabilire i testi canonici delle varie tradizioni epiche nazionali, erano state compiute trascrivendo i soli testi dei poemi sotto dettatura. Questo è spesso accaduto nel corso di ricerche condotte da illustri studiosi e letterati, che hanno rappresentato passaggi cruciali non solo per la codificazione e lo studio del corpus di canti epici, ma hanno anche contribuito fattivamente alla creazione del processo di identità nazionale dei rispettivi paesi: basta ricordare il lavoro di Vuk Karadžić per l’epica e più in generale per la lingua e la cultura serba, o quello di Bernardin Palaj e dei francescani di Shkodër per quella albanese.

 

  • 6 Id., The Singer of Tales in Perfomance, Indiana University Press, Bloomington 1995.
  • SCHS – Serbocroatian Heroic Songs, vol. I, collected by M. Parry, edited and translated by A.B. Lo (…)

 

Parry si rende conto che per comprendere il meccanismo compositivo delle formule non è sufficiente raccogliere solo i testi verbali, ma bisogna concentrarsi sulla performance vocale, che costituisce il luogo in cui si mette in atto il reale processo creativo; composing in performance sarà infatti l’espressione coniata, successivamente da Lord, per descrivere la modalità creativa del poeta-cantore
6. nota

 

Nel corso della sua ricerca, Parry arriva a mettere a punto un sistema di raccolta che gli consente di registrare senza mai interrompere l’integrità della performance di un canto, che poteva così dilungarsi anche per molto tempo. Questo viene reso possibile grazie all’uso di dischi di alluminio come supporti di registrazione, e di due incisori usati alternativamente: quando il disco posto su uno dei due incisori si esaurisce, inizia la registrazione su un secondo disco posto sull’altro incisore, mentre sul primo incisore si provvede a sostituire il disco in modo da farlo partire quando si sarà esaurito il secondo, e così via; questo permette di effettuare registrazioni per un tempo indefinito senza interrompere il ritmo narrativo del cantore. Le apparecchiature usate da Parry sono andate perdute nel tempo, mentre è conservato presso la Milman Parry Collection di Harvard il corpus delle registrazioni fissate sui supporti in alluminio, oltre a tutti i materiali cartacei e fotografici della ricerca7.

 

Con la consapevolezza dell’importanza della performance vocale come momento cruciale per lo studio del canto epico, emerge subito, in Parry, anche la consapevolezza che la sola dettatura del testo verbale di un canto non costituisce solo un “surrogato” della performance cantata; al contrario, essa stessa rappresenta una vera modalità di performance, con sue specifiche caratteristiche che si riflettono anche nella logica compositiva dei poemi; e infatti anche quando dispone del sistema di registrazione del suono con i due incisori, Parry non smetterà di raccogliere testi di canti sotto dettatura, ma userà entrambi i sistemi: alcuni canti verranno infatti trascritti mentre altri verranno registrati. Trascrivere e registrare vengono considerati due metodi diversi di codificare, su differenti supporti, un testo poetico di tradizione orale, che conducono a differenti risultati.

La registrazione richiede al cantore una performance cantata continuativa; il cantore si esibisce senza interruzioni, rispettando rigorosamente il ritmo e la melodia e rinforzandoli, da un punto di vista sia musicale che gestuale, con l’uso dello strumento; è quello che accade durante una vera performance di fronte a un uditorio, che è sempre cantata, con accompagnamento dello strumento, ed avviene solitamente durante momenti di intrattenimento pubblico. Invece, la recitazione di un verso alla volta ai fini della dettatura viene richiesta solitamente dai ricercatori; in questo caso il cantore deve spezzare la regolarità e continuità ritmica della narrazione, rinunciando a usare sia lo strumento musicale che il canto. Mentre nel primo caso il cantore compone il canto nel corso della performance rispettando il rigore ritmico temporale, nel secondo gli viene imposto un differente tipo di passo narrativo, per lui insolito, che comporta la ri-creazione di un testo spezzando il rigore del tempo al fine di rispettare le esigenze di chi sta trascrivendo. La logica compositiva che avviene nel corso della dettatura di un testo orale tuttavia è forse più aderente alle necessità analitiche perseguite da Parry e Lord. Non bisogna infatti dimenticare che i due ricercatori sono in primo luogo studiosi dei poemi omerici; essi sono dunque interessati all’epica di tradizione orale soprattutto nella misura in cui può illuminare le loro ipotesi di lavoro sul mondo antico. Essi partono dal presupposto che i poemi omerici siano stati fissati secondo una modalità in parte simile a quella che avviene durante la dettatura di un cantore illetterato, come quelli scoperti nei Balcani.

Risultano illuminanti le parole di Parry che compaiono nel suo lavoro incompiuto dal titolo Ćor Huso. A Study of Southslavic Songs:

  • 8 M. Parry, The Making of Homeric Verse cit., p. 451 (trad. mia).

Io immagino, proprio ora, il momento in cui l’autore dell’Odissea siede e detta il suo canto, mentre un altro, con l’occorrente per scrivere, scrive verso per verso, nella maniera in cui i nostri cantori, seduti nell’immobilità dei loro pensieri, guardando il movimento della mano di Nikola [Vuinović] sulla pagina bianca, attendono che lui indichi loro il momento di pronunciare il verso successivo 8.nota

 

Su questo punto, Lord va più a fondo in un significativo articolo intitolato Homer’s Originality: Oral Dictated Texts. Qui infatti fa esplicita menzione della differenza, sul piano della qualità narrativa, tra un testo cantato e un testo dettato verso per verso ai fini della trascrizione; una differenza di cui hanno consapevolezza anche i cantori:

  • 9 A.B. Lord, Epic Singers and Oral Tradition, Cornell University Press, Ithaca-London 1991, p. 38 (t (…)

Un poeta orale cui è chiesto di dettare un canto per qualcuno affinché lo trascriva, si viene a trovare in una condizione assai insolita. Lui è abituato a comporre rapidamente con l’accompagnamento musicale di uno strumento che stabilisce ritmo e tempo della performance. Per la prima volta lui è senza questo supporto ritmico, e all’inizio trova difficoltà a comporre i suoi versi. Lui può facilmente abituarsi a farlo, e stabilisce un certo ritmo nella sua mente. […] Il vantaggio principale di questo modo di esibirsi è quello di mettere il cantore nelle condizioni di pensare ai suoi versi e al suo canto. La sua piccola audience è stabile. Questa è un’opportunità per il cantore di dare il suo meglio non come performer, ma come narratore e come poeta. […] È interessante notare che quando Parry chiedeva ai cantori se pensassero che i versi cantati fossero migliori di quelli recitati o viceversa, la loro risposta era sempre questa: i versi cantati sono più veri, quelli dettati sono migliori. Si potrebbe parafrasare nella seguente maniera: i versi cantati sono più vicini a quelli che noi abbiamo ascoltato dagli altri, ma noi possiamo essere migliori poeti nella dettatura dei versi  9.nota

Non sono solo i ricercatori a rilevare le differenze tra la dettatura di un testo e una performance cantata; anche i cantori da parte loro sono consapevoli che la recitazione verso per verso ai fini della dettatura consente di strutturare e organizzare meglio la narrazione, al prezzo però della rinuncia al meccanismo del composing in performance e al suo rigore ritmico e narrativo.

 

 

2. Cantare, recitare, dettare

 

  • 10 N. Scaldaferri, Appunti per un’analisi della versificazione tradizionale arbëreshe, in F. Altimari (…)

Prendendo spunto dalle ricerche di Parry e Lord, ho compiuto un’indagine finalizzata allo studio degli aspetti strutturali di un canto epico di tradizione orale in rapporto alle modalità di performance; questo è stato compiuto nel quadro di una più ampia attenzione verso il canto epico dei Balcani e in particolare dell’epica albanese di tradizione orale
10. nota

 

Il lavoro è stato svolto soprattutto grazie alla disponibilita del cantore albanese Isa Elezi-Lekgjekaj (all’anagrafe Isa Muriqi, 1947) di Koshutan (Peja); si tratta del più importante cantore in attività oggi nell’area di Rugova, in Kosovo, nelle zone di confine con il Montenegro. Nel corso di questa ricerca ho approfondito soprattutto le diverse tipologie performative a cui ricorrono i cantori; grazie ai sistemi audiovisivi è stato possibile registrare e filmare, e successivamente studiare, diverse forme di enunciazione di un testo poetico considerate come differenti performance, capaci di ripercussioni anche sulla struttura metrica e narrativa del poema.

  • 11 R. Elsie, J. Mathie-Heck (eds.), Songs of the Frontier Warriors. Këngë Kreshnikësh. Albanian Epic (…)

 

A Isa è stato chiesto di ‘eseguire’ un canto secondo diverse modalità. Innanzitutto quella che è la performance consueta, ovvero cantando accompagnandosi con lo strumento; ma gli è stato poi chiesto di recitarlo anche senza canto e senza strumento; infine di dettare il solo testo verbale per la trascrizione su carta. Un video, in cui si sintetizzano gli esiti della ricerca, con frammenti delle diverse esecuzioni di Isa, è accessibile sul sito http://<http://leavlab.com/​portfolio/​epic-songs-balkans/​>.

Il canto prescelto era quello delle nozze di Halil (Kanga e marteses e Halilit) del ciclo dei canti della frontiera, Këngë Kreshnike11, presente sia in lingua albanese che nelle lingue slave. Le riprese sono state effettuate a Peja nel novembre 2008 e nell’estate 2009.

  • 12 G. Herzog, The Music of Yugoslav Heroic Epic Folk Poetry, «Journal of the:: International Folk Music (…)

Nella prima sezione della performance presente nel video (A), Isa canta il testo accompagnandosi con lo strumento, la lahuta. Dal punto di vista melodico, il cantore, dopo una melodia di apertura, utilizza un breve modulo ripetuto per ogni singolo verso, supportato dalla linea melodica dello strumento; questo in linea con quanto illustrato dalle analisi musicali compiute sia sui repertori slavi che su quelli albanesi 12.nota

Si tratta dell’esecuzione più levigata dal punto di vista metrico: come accade sempre nei casi in cui è presente il canto, eventuali irregolarità metrico-ritmiche del testo verbale vengono integrate da intercalari che finiscono per rendere il metro regolare e coerente. Il numero delle sillabe per verso, qui indicate tra parentesi, di solito è di 11 o 12:

[An-ë] O lum-e për ty-e Zot oi lumi Zot (11)e po hiç s’jem kjenë po ti na ke dhan’ (11)eu hiç eu pa shybe po çaren na e ban (11)e tridhet’ agë-o po n’llanxhe janë dalë (12)e sa kanë marrë lafin e kan fol (11)e sa kanë marrë pijen e po pin’ (11)

Lode a te signore degno di lode / non esistevamo e ci ha dato tutto / dal niente ci ha creato / i trenta Aga sono usciti sul campo / hanno preso la parola e cominciano a parlare / hanno preso le bevande e cominciano a bere (video: 0’57’’-2’06’’)

 

Nella seconda sezione del video (B), Isa recita il testo declamandone i singoli versi senza cantarli; siamo in presenza qui di una recitazione ritmica. La struttura del verso in questo caso è interamente ripensata rispetto al caso precedente, e il numero di sillabe oscilla tra 7 e 9. La performance ritmica recitata del solo testo è considerata sempre assai difficile da parte dei cantori, come non manca di rimarcare lo stesso Isa introducendo la recitazione:

Më kollaj m’vjen me knua me lahute ni ditë, se gjysë ore me fjalë:Lum për ty oj lumi Zot (7)hiç s’jem kan’ e na ke dhan’ (7)hiç pa çare çaren na’ ban (8)ish çu Muja n’nate n’saba’ (8)avdes t’paç burri ki marr’ (8)Zot i madhi kabull ja past’ ba (9)Halil ag’s po i ban za (7)çou Halil vlla me u shtërgu-a (8)pse n’ llanxhe po duem me shkua (8)

Mi viene più facile cantare un giorno intero con la lahuta che recitare le parole per mezz’ora: Lode a te Signore degno di lode / non esistevamo e ci ha dato tutto / dal niente ci ha creato / si alza Muja al mattino / si lava prima di pregare / il Signore lo benedice / dice Muja a Aga Halil / alzati Halil e vestiti / perché dobbiamo uscire sul campo (video: 2’25’’-3’05’’).

 

Nella terza sezione del video (C) si è in presenza della dettatura del testo verbale: viene dettato un verso alla volta, ai fini della trascrizione su carta; i tempi della recitazione sono stabiliti dalle esigenze della trascrizione che conduce a spezzare la continuità ritmica dell’esecuzione e talvolta anche della struttura del verso. Il numero delle sillabe oscilla tra 6 e 8; manca ogni regolarità ritmica e vi sono pause lunghe diversi secondi, indicate nell’esempio seguente tra parentesi quadre. I versi certamente possono essere pensati meglio e il cantore ha più tempo per strutturare la narrazione, con la conseguenza però di un totale scardinamento del ritmo:

 

Lum për ty oj lumi Zot [..3’’..] (7)hiç s’jem kan’ [..2’’..] e na ke dhan’ [..5’’..] (7)pa shybe çaren n’e ban [..7’’..] (7)ish çu Muja n’nate n’saba’ [..9’’..] (7)po pin kafe me sheqer [..8’’..] (7)çou Halil, v’lla, i ki than’ [..8’’..] (7)dy en llanxhe tek janë dalë [..8’’..] (7)bashk’ me ag’ llaf kan’ ba [..9’’..] (6)ven’ e kuqe n’faqe u ka dal’ [..11’’..] (8)sa raki-a n’llaf i ka hap’ [..10’’..] (8)jan’ dredh’ shok’t Muj’s i kan’ than’ [..10’’..]

 

Lode a te Signore degno di lode / non esistevamo e ci ha dato tutto / dal niente ci ha creato / si alza Muji al mattino / beve il caffè con lo zucchero / svegliati Halil, fratello, gli dice / insieme i due escono sul campo / con gli Aga cominciano a parlare / il vino rosso colora le loro guance / tanto che gustano la raki / gli amici cominciano a criticare Muji (video: 3’09’’- 4’52’’)

  • 13 Visaret e Kombit [I tesori della Nazione], 2 voll., Shtypshkroja Nikaj, Tirana 1937.

 

In questo terzo caso il cantore, dettando il singolo verso allo studioso che lo sta trascrivendo, segue la modalità utilizzata dai ricercatori prima dell’avvento dei mezzi di registrazione. La cosa che balza subito in evidenza, in questo caso, è la mancanza della regolarità ritmica dei versi dettati. L’esecuzione sembra procedere a singhiozzo; spesso il verso viene spezzato, con lunghe pause tra un verso e l’altro oppure tra parole che apparterrebbero allo stesso verso, per adeguarsi alla tempistica chi sta trascrivendo. Verosimilmente tutte le dettature di canti epici, anche in presenza di studiosi allenati a trascrivere con molta velocità, hanno comportato una rottura della regolarità metrica del testo. Tuttavia, questo stride col fatto che le versioni pubblicate dei canti epici risultano sempre essere assai regolari, a maggior ragione quelle compiute da illustri studiosi che sono diventate le versioni scritte di riferimento delle tradizioni epiche nazionali. Questo induce a pensare come lo studioso che raccoglieva i versi sotto dettatura probabilmente compisse anche un’operazione di correzione e ‘normalizzazione’ del testo raccolto.

Significativa a questo proposito è la testimonianza del gesuita Fulvio Cordignano, ricercatore attivo nel nord Albania negli stessi anni in cui lavorava anche Bernardin Palaj le cui ricerche sono alla base del canone dell’epica albanese 13.nota

 

Cordignano attesta infatti come i poemi pubblicati da Palaj non siano delle semplici trascrizioni di rapsodie dettate dai cantori, ma delle vere rielaborazioni poetiche e letterarie, al punto tale da poterle quasi considerare delle sue creazioni:

  • 14 F. Cordignano, La poesia epica di confine nell’Albania del Nord. 1a parte. Studio critico-letterar (…)

Non sono però canzoni del tutto genuine com’eran uscite dalla bocca del popolo, ma il compilatore vi si è permesso dei rimpasti e dei ritocchi – e del resto è riconosciuto subito da chi abbia una conoscenza approfondita di tal genere di letteratura popolare. Ad ogni modo bisogna dire che il compilatore stesso vi si manifesta come artista e poeta geniale. Non solo artista e poeta, ma anche critico ed esteta finissimo. E non esito punto a tributare questo doveroso omaggio a P. Bernardino Pàlaj che modestamente non sottoscrive il suo nome alla compilazione 14.nota

 

 

Grazie alla registrazione e alla ripresa audiovisiva emerge con chiarezza come nei casi esaminati ci troviamo in presenza di modalità diverse di performance di uno stesso testo, ognuna delle quali presenta delle sue norme ritmiche, con ripercussioni anche sulla struttura metrica; essa vede di volta in volta dei cambiamenti, fino ad arrivare al terzo caso dove una struttura metrica spesso non sarebbe neanche riconoscibile se lo studioso non avesse in mente il modello preciso al quale relazionarla, ricostruendola a posteriori.

 

 

3. La voce e i passi

 

Prendere in esame la performance di un canto epico vuol dire considerare l’importanza dell’azione fisica del corpo del cantore: non solo l’azione dell’apparato fonatorio che agisce nell’enunciazione cantata o recitata, ma anche dei movimenti delle mani mentre suonano lo strumento che accompagna il canto. Le dita della mano che suona la lahuta, oltre a produrre le altezze che supportano il canto, si muovono secondo un determinato ritmo, così come il movimento del braccio che serve a far scorrere l’arco. Questi movimenti si trovano a svolgere una funzione di rinforzo per l’azione mnemonica, aiutando con il loro ritmo la successione regolare dei versi formulaici.

 

La relazione tra il movimento ritmico del corpo e la creazione poetica orale era stata già intuita e messa in luce dagli studiosi che si sono occupati del mondo classico. Celebri sono alcune riflessioni del classicista Eric Havelock;

illustrando gli elementi chiave “di quella che i greci chiamavanomousiké, egli parte proprio col sottolineare il ruolo cruciale svolto dal movimento del corpo del performer:

 

  • 15 E. Havelock, Cultura orale e civiltà della scrittura. Da Omero a Platone, Laterza, Bari-Roma 1973, (…)

Ogni discorso viene prodotto da una serie di riflessi corporei. Il discorso metrico viene prodotto quando questi stessi riflessi vengono messi in funzione entro schemi speciali, e certi altri riflessi intervengono in parallelo.

“Ettore è morto” è un discorso articolato mediante una serie complessa di movimenti da parte dei polmoni, della laringe, della lingua e dei denti, che devono essere combinati inconsciamente con sottile precisione in un certo schema. La semplice ripetizione dell’enunciato costituisce un ritmo. Ma i ritmi che ripetono lo stesso gruppo di parole non consentono una nuova enunciazione. Sicché l’onere principale della pura ripetizione, di cui la memoria abbisogna come di un puntello, è trasferito allo schema metrico privo di significato che viene ritenuto tenacemente nella memoria, e le nuove enunciazioni vengono quindi espresse in modo da adattarsi acusticamente a questo schema 15.nota

 

I cantori epici dei Balcani, come abbiamo visto con il caso di Isa, si accompagnano sempre con uno strumento musicale, che naturalmente non sarà mai uno strumento a fiato, essendo l’apparato fonatorio impegnato nel canto. Lo strumento richiede alle mani e alle braccia di articolare dei movimenti secondo un preciso ritmo, che procede in parallelo col movimento degli organi dell’apparato fonatorio, e fornisce al cantore un ausilio mnemonico stimolandolo a rispettare il ritmo della versificazione; questo accade in aggiunta ai suoni strumentali che accompagnano la linea del canto offrendo un ulteriore rinforzo sul piano melodico. Havelock sottolinea come tutto questo eserciti poi un effetto anche sugli uditori:

  • 16 Ivi, p. 123.

 

Il risultato più evidente è diretto non già a se stesso ma al suo uditorio. I timpani degli ascoltatori sono bombardati simultaneamente da due serie distinte di suoni organizzati in ritmo concorde: il discorso metrico e la melodia strumentale. Quest’ultima deve essere ripetitiva; non può permettersi di evolversi come tecnica separata con un suo proprio virtuosismo, diventando così quel che noi chiameremmo “musica”. Ciò infatti stornerebbe l’attenzione dal compito principale, che è quello dell’apprendimento mnemonico verbale. La “musica” greca esiste soltanto per rendere le parole più ricordabili, o piuttosto per rendere le ondulazioni e le increspature del metro ricordabili automaticamente, al fine di liberare energia psichica per ricordare le parole stesse 16.nota

 

Il coinvolgimento del corpo è sempre totale; in qualche misura tutti gli organi si trovano ad essere coinvolti, inclusi gli arti inferiori, finendo anche per assumere comportamenti che possono essere simili alla danza. Riprendendo ancora una volta la riflessione di Havelock:

  • 17 Ivi, p. 124.

[…] un’altra serie di riflessi fisici che possono esser messi in moto anch’essi parallelamente al movimento degli organi vocali. Si tratta delle gambe e dei piedi e dei loro movimenti, organizzati nella danza. […] Ecco quindi che una terza serie di riflessi viene chiamata in azione per rafforzare la sequenza mnemonicamente appresa. L’uditorio stesso compie quest’azione durante la recitazione, ovvero assiste alla sua esecuzione, nel qual caso l’ausilio mnemonico viene mediato agli spettatori tramite gli occhi, quando osservano il ritmo della danza; e forse, mentre osservano, il loro sistema nervoso risponde in simpatia con piccoli movimenti 17.nota

 

Il collegamento tra la performance vocale e il movimento dei piedi non è solo un’ipotesi scaturita da una riflessione teorica; tale legame è realmente emerso da un successivo approfondimento della ricerca compiuta con Isa Elezi. Oltre alle modalità performative viste in precedenza, ne è emersa infatti una, di natura soprattutto privata del cantore, intesa come esercizio propedeutico alla performance pubblica. In essa, Isa si esercitava camminando, senza strumento, scandendo ritmicamente il canto o la recitazione con i propri passi. Essa ha rivelato come la relazione ritmica tra l’articolazione vocale e il movimento dei passi rivesta un ruolo cruciale nel processo estemporaneo di ri-composizione formulaica dei canti. Il ritmo del corpo si trova infatti a svolgere una funzione di supporto alla voce nei processi strutturali della narrazione probabilmente superiore a quello svolto dai suoni dell’accompagnamento strumentale.

 

Nella sezione conclusiva del video (D) si può vedere Isa mentre cammina, recitando ritmicamente la stessa sezione del canto osservata nei casi precedenti. Il verso presenta due accenti isocroni, che compaiono evidenziati nella trascrizione seguente, e che vengono a coincidere con i passi marcati sul pavimento dal cantore. Isa, come si evince dalla sua spiegazione, ha difficoltà a recitare un testo in versi senza marcarne in qualche maniera il ritmo, mentre trova assai più semplice farlo scandendo il ritmo con i propri passi:

Ma mirë e thom fjalorin, se me kjenë unxhë, pa lahutë, pse unë e thom me kamë, me hap:Lum për ty e lumi zot (7)ti s’ke qen zoti na ka dhan (8)ai pa shbeqare na ban (8)ish shku Muja notel saba(8)pse i bie n’hapje, mua ma kollaj, m’vjen se unxhun […]

 

Senza lahuta, riesco a dire in modo più facile il testo in piedi che non da seduto, perché lo dico in base ai passi: Sia resa lode a te o Signore / non esistevamo e ci hai dato tutto / si avvia Muja sul far del mattino…l’accento cade sul passo, per me è assai più facile farlo così che non stando seduto (4’54’’-6’00’’).

 

Quest’ultimo caso conferma con maggior evidenza l’importanza della componente rimico-gestuale per la creazione di un canto epico di tradizione orale, e come l’assenza del canto e soprattutto del movimento richiesto dallo strumento incoraggi il cantore a ricorrere ad altre forme di scansione ritmico-corporea. Nello stesso tempo, volendo ricollegarsi alla riflessione sul mondo antico, questo esempio apre prospettive nuove sul concetto stesso di piede nella metrica classica, forse in origine legato non tanto, o non solo, a interpretazioni di tipo allegorico sul ‘percorso’ della creazione poetica, ma anche a una reale articolazione ritmica del verso effettuata con dei passi.

 

 

4. Conclusione

 

Nei canti epici di tradizione orale, l’importanza della componente ritmico-corporea emerge con evidenza dalle testimonianze raccolte in passato; tuttavia essa è ben documentabile e analizzabile soprattutto grazie alle tecnologie audiovisuali, che consentono analisi sempre più appropriate dei fenomeni performativi. Ipotesi relative anche alla prassi poetica del mondo classico possono trovare conferma nella pratica attiva del mondo contemporaneo.

  • 18 J. Molino, La poesia cantata. Alcuni problemi teorici, in M. Agamennone, F. Giannattasio (a cura d (…)
  • 19 M. Jousse, L’anthropologie du geste, Resma, Paris 1969.

 

Dagli esempi qui discussi, relativi al lavoro compiuto con il cantore kosovaro Isa Elezi-Lekgjekaj, risulta evidente come per comprendere il canto epico di tradizione orale bisogna considerare anche i valori ritmico-strutturali che il linguaggio poetico ha in comune con la gestualità, la ritmica corporea e perfino con la danza, come suggerito da studiosi come Havelock o Jean Molino 18.nota

 

Nella poesia orale infatti il sapere del cantore si presenta come un sapere incorporato; il corpo si trova ad agire come una sorta di gramophone humain, per riprendere la terminologia introdotta da Jousse nelle sue riflessioni sull’antropologia del gesto 19.nota

 

Il movimento ritmico non si limita tuttavia ad aiutare la memorizzazione dei versi e la loro riproduzione, ma anche la loro stessa creazione, secondo la tecnica del composing in performance, soprattutto nel caso di versi formulaici.

 

Isa Elezi-Lekgjekaj (foto di Stefano Vaja)

Isa Elezi-Lekgjekaj (foto di Stefano Vaja)

 

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1 risposta a IL CANTO EPICO DEL KOSOVO – L’EPICA LEGGENDARIA DELLA REGIONE DOVE SI INCROCIANO LA LINGUA ALBANESE E QUELLA SLAVA — per i più curiosi—

  1. ueue scrive:

    Chissà come erano i poemi omerici ripetuti dai cantori: un seducente interrogativo.

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