Putin e la ricostruzione della grande Russia
di Sergio Romano (Autore)
Longanesi, 2016
Dire Russia per molti significa dire Vladimir Putin. Da più di quindici anni al governo di un Paese di enormi dimensioni, che si estende dal Mare del Nord al Pacifico, l’«uomo più potente del mondo», come dal 2013 lo definisce Forbes, ha infatti impresso il proprio marchio sulla storia recente dell’ex impero sovietico. Non solo. Con una strategia politico-istituzionale aggressiva e spregiudicata, che in più occasioni è parsa lontana dagli standard delle democrazie occidentali, è diventato uno degli attori principali sullo scenario geopolitico contemporaneo. Ma quali sono le ragioni profonde di questo successo? Quale il segreto di un potere così incontrastato? Secondo Sergio Romano, che ha concluso la sua lunga e prestigiosa carriera diplomatica come ambasciatore proprio a Mosca, Putin si è impegnato a fondo nella ricostruzione dell’identità russa, rinnovando un bagaglio di simboli, valori e ideali rimasti sepolti per secoli. Consapevole del peso della tradizione, che da Pietro il Grande al tramonto dello zarismo ha forgiato istituzioni e culture politiche della nazione, Putin ha saputo gestire a proprio vantaggio la memoria pubblica della Rivoluzione d’Ottobre, rafforzando al tempo stesso il ruolo della Chiesa ortodossa, cui ha garantito un nuovo spazio sociale. Ha rispolverato, insomma, un’ideologia e una missione. È da queste premesse, ci fa capire Romano in pagine documentate e illuminanti, che dobbiamo necessariamente partire se vogliamo capire qualcosa di più della Russia odierna e del nostro presente, dalla guerra al terrorismo in Cecenia al conflitto con l’Ucraina per l’annessione della Crimea, dalla dottrina militare anti-NATO all’attuale intervento in Siria, che agita i fantasmi di una guerra fredda collocata troppo in fretta negli archivi della Storia.
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Sergio Romano ( 1929, Vicenza )
Sergio Romano (Vicenza, 1929) è stato ambasciatore alla NATO e, dal settembre 1985 al marzo 1989, a Mosca. Ha insegnato a Firenze, Sassari, Berkeley, Harvard, Pavia e per alcuni anni all’Università Bocconi di Milano. È editorialista del «Corriere della Sera» e di «Panorama». Tra i suoi ultimi libri pubblicati da Longanesi: La quarta sponda (2005, nuova edizione 2015), Con gli occhi dell’Islam (2007), Storia di Francia, dalla Comune a Sarkozy (2209), L’Italia disunita, con Marc Lazar e Michele Canonica (2011), La Chiesa Contro (2012), Morire di democrazia (2013), Il declino dell’Impero americano (2014), In lode della guerra fredda. Una controstoria (2015), Putin (2016), Trump (2017), L’epidemia sovranista (2019).
Processo alla Russia
di Sergio Romano (Autore)
Longanesi, 2020
Perché continuiamo a considerare la Russia un Paese estraneo, diverso e in opposizione a «noi» europei? Che cosa porta l’Europa a vedere nella Russia una civiltà nemica e separata?
Nel 1843 apparve a Bruxelles il libro di un nobile francese, il marchese de Custine, intitolato La Russia nel 1839 . Era un quadro dei costumi politici e sociali dell’Impero zarista ed ebbe un grande successo, non soltanto in Belgio e in Francia, nel momento in cui la Russia dopo le guerre napoleoniche era ormai una potenza mondiale. Ma questo grande Paese, nella descrizione di Custine, era anche lo Stato in cui sopravvivevano molte caratteristiche dell’epoca feudale: autocrazia, servitù della gleba, enormi ricchezze e grande povertà, analfabetismo diffuso, arbitrio giudiziario. Nei decenni seguenti la Russia divenne sempre più grande e potente, ma la descrizione che ne era stata fatta da Custine sopravvisse nell’opinione pubblica europea. La tenacia e l’eroismo dell’Armata Rossa nella guerra contro la Germania nazista giovarono all’immagine della Russia nel mondo, ma non sino al punto di evitare che la potenza sovietica, durante la Guerra fredda, venisse percepita come una possibile minaccia. La Guerra fredda è finita da tempo, ma i sentimenti e i timori anti-russi sopravvivono. Il Paese che l’Occidente considera più estraneo ai suoi principi e alle sue regole è anche quello che, pur considerandosi erede dell’Impero bizantino, ha maggiormente cercato di imitare l’Europa. Perché dunque continuiamo a considerare la Russia un Paese estraneo, diverso e in opposizione a «noi» europei? Che cosa porta l’Europa a vedere nella Russia una civiltà nemica e separata? Sergio Romano ci svela le dinamiche di questo paradosso con un racconto che attraversa tutta la grande e impetuosa storia russa.
Il suicidio dell’Urss
di Sergio Romano (Autore)
Sandro Teti Editore, 2021
Dopo la morte di Breznev nel 1982, seguita dagli interregni di Andropov e Cernenko, l’ascesa di Gorbacév nel 1985 poneva fine alla gerontocrazia e segnava l’inizio di radicali riforme, soprattutto politiche. Le enormi concessioni unilaterali, prive di contropartite, agli Usa e alla Nato, condussero in pochi anni allo scioglimento del Patto di Varsavia e alla riunificazione tedesca. Nonostante al referendum del marzo 1991 il 77% degli elettori si fosse espresso per il mantenimento dell’Urss, sia pure sotto altra forma, il contro-colpo di stato di El’cin nell’agosto dello stesso anno portò alla disintegrazione dell’Unione Sovietica, che il 25 dicembre cessò di esistere. Attraverso brevi saggi, scritti in presa diretta, Sergio Romano, dopo aver ripercorso la storia politica e culturale della Russia, affronta glasnost’, perestrojka, e fine dell’Urss.
INTERVISTA DI GIUSEPPE SCARPA A SERGIO ROMANO, IL MESSAGGERO- 4 MARZO 2022
Sergio Romano: «Putin potrà anche vincere la guerra, ma alla fine perderà. Il mondo lo sta isolando»
di Giuseppe Scarpa
“Putin uscirà da questa guerra da perdente. Vuole essere ricordato come il leader politico che ha restaurato il potere, un patriota russo. Per lui la missione è restituire il prestigio della grande Russia. Tuttavia, dal tentativo di recuperare l’influenza degli Stati che gli sono vicini, lui ne uscirà malissimo”.
Sergio Romano, 92 anni, analizza il conflitto che è scoppiato nell’Europa orientale. Lo fa da una posizione di privilegio. Conosce bene la Russia, è stato il nostro ambasciatore a Mosca ai tempi in cui c’era ancora l’Urss dal 1985 al 1989 e conosce bene la Nato. Anche qui è stato ambasciatore per l’Italia dal 1983 al 1985.
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IL MESSAGGERO, 4 MARZO 2022 –
Grazie per l’indicazione di questi libri, che sembrano fondarsi sulla realtà.