Yurii Colombo, 1963, vive a Mosca da molti anni. Laureato in scienze politiche a Milano e in Storia e letteratura russa a San Pietroburgo è madre lingua russa. Ha scritto migliaia di articoli per Il Manifesto, Ogzero.org, Il Fatto quotidiano, Left e Jacobin (Usa) intervistando, tra l’altro personaggi come Michail Gorbacev, Eduard Limonov, Tariq Ali e Vladimir Posner. Tra i suoi libri ricordiamo i più recenti: La Sfida di Putin (Edizioni Il Manifesto, 2018) e Svoboda (Castelvecchi, 2018).
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MATRIOSKA, 15 MARZO 2022
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Yurii Colombo – Nestor Machno e la questione ucraina
Nestor Ivanovich Machno ( (Guljaj-Pole, Ucraina, 26 ottobre 1888 – Parigi, 6 luglio 1934)
NESTO MACHNO NELLA GUERRA CIVILE DEL 1919
MACHNO IN ROMANIA, 1918
Fin dall’inizio della sua esistenza, come Stato indipendente nel 1991, l’Ucraina post-sovietica ha sperimentato una significativa mancanza di una narrazione, di una mitopoetica storica che contribuisse a legittimarne l’esistenza. Poiché la storia dei territori della “Piccola Russia” (Malorossija) e della Nuova Russia (“Novaja Rossija”) era stata volente o nolente parte della storia dello stato russo, la ricerca di un background storico-politico si dimostrò complicato e culturalmente fragile.
Per una serie di motivi – che qui non possiamo analizzare – il principale eroe della “nuova Ucraina”, dopo il 2014, divenne quel Stepan Bandera indipendentista di destra e collaborazionista del nazismo, amato sicuramente nelle provincie galiziane ma poco accettabile nelle zone orientali russofone che restavano in linea di massima legate all’immaginario costituito dalla “Grande guerra patriottica” sovietica.
In questo contesto, i nazionalisti meno legati all’ultranazionalismo conservatore, negli anni hanno cercato di recuperare all’”idea ucraina”, già a partire dagli anni ’90, la figura di Nestor Ivanovič Machno.
Machno era nato il 26 ottobre (7 novembre) del 1888 nel villaggio di Guljapole nel distretto di Aleksandrovskij, nella provincia di Ekaterinoslav (e ora è una città della regione di Zaporože).
ZAPOROZE – ZAPORIZZJA– CARTINA DA LIMES
Semianalfabeta e autodidatta entrò sin giovanissimo nel movimento libertario della sua regione, dimostrandosi successivamente una figura politica e umana straordinaria. Il suo mentore era stato Valdemar Antoni che lo introdusse per primo alle idee anarco-comuniste, in primo luogo quelle di Pëtr Kropotkin
Essendo stato condannato a morte per l’omicidio di un ufficiale militare, condanna commutata a causa della giovane età dell’imputato in una condanna a tempo indeterminato, Nestor Machno venne alla ribalta dopo la rivoluzione di Febbraio e tornato nella sua nativa Guljapole, divenne il leader de facto del movimento rivoluzionario locale e nel 1919 giunse a organizzare l’Esercito insurrezionale rivoluzionario dell’Ucraina (machnovisti).
La vicenda dell’esercito machnovista si incrociò non solo con la rivoluzione bolscevica e con il movimento rivoluzionario “verde” (ovvero quella vasta galassia di rivolte contadine che attraversò la guerra civile ponendosi come un vero e proprio “terzo campo” tra bianchi e rossi) ma con il movimento nazionale ucraino, organizzato inizialmente intorno alla “Prima Rada”, poi al governo governo fantoccio dell’etmano Pavlo Skoropadskij, direttamente collegato con l’esercito tedesco e austro-ungarico dilagato in Ucraina dopo la firma degli accordi di Brest-Litovsk e poi dal Direttorio della Repubblica Popolare Ucraina di Simon Petljura. Di convinzioni antastaliste e antinazionaliste Machno rimase completamente estraneo all’ondata politica nazionalista, respingendo di fatto qualsiasi alleanza sia con l’Etmano che con Pleеjura.
Anche dopo la rottura dell’alleanza militare con i bolscevichi, Machno continuò a considerare il Direttorio un nemico molto più importante dei bolscevichi. Machno, tra l’altro, non vedeva di buon occhio l’antisemitismo petljuristi.
Malgrado nell’era sovietica qualcuno provò a dipingerlo come un “cripto-antisemita” egli restò sempre un internazionalista e nella sua cerchia più ristretta di collaboratori ci furono un gran numero di ebrei
LEV ZADOV
(per sempio il leggendario Leva Zadov Zinkovskij, che guidava il controspionaggio machnovista).
Tuttavia si è cercato più volte nell’Ucraina contemporanea, di arruolare Machno nelle file del patriottismo del Tridente ( Un tridente ucraino disegnato sulla nuca ).
Nel 1998, per esempio venne fondata da A. Jermak la “Società Nestor Machno Guljapole“. A Guljapole cominciarono a svolgersi festival e riunioni di partiti nazionalisti ucraini, che, tra l’altro, provocarono lo sdegno di molti partecipanti che si trovarono disgraziatamente in compagnia di noti nazionalisti ucraini e persino neonazisti. Si giunse perfino al punto che in alcuni eventi dedicati al movimento anarchico locale i nazionalisti vietarono l’uso della lingua russa. La storia della machnovshchina ( = L’esercito insurrezionale rivoluzionario d’Ucraina,) veniva presentata in queste iniziative, come uno degli episodi della storia generale della “lotta di liberazione nazionale del popolo ucraino per la creazione di un’Ucraina separatista”.
Si cercò di collocare la personalità di Machno, coerente oppositore del nazionalismo ucraino, accanto a Petljura o Bandera nel pantheon dei pilastri del “separatismo” ucraino. Nell’Ucraina orientale lo sfruttamento dell’immagine di Machno come nazionalista ucraino divenne nel tempo anche il vettore della graduale “ucrainizzazione” della gioventù locale che considera inaccettabili la ricostruzione storica in chiave puramente antibolscevica e antisovietica.
Anche durante il movimento di Piazza Maidan nel 2014 si è cercato di presentare la machnovščina come un movimento per la libertà del popolo ucraino, della sua resistenza allo statalismo russo.
In Ucraina anche ora, nell’attuale conflitto, esistono settori del movimento anarchico, che sostengono non solo la giusta resistenza all’occupazione, ma direttamente il regime di Volodomyr Zelenskij, dimenticando, anzi, ignorando intenzionalmente, alcuni punti chiave della questione.
La machnovščina fu un movimento della “Piccola Russia” (Malorossija) e della Nuova Russia (“Novaja Rossija”) che aveva scarse relazioni etnoculturali o storiche con il nazionalismo “occidentale”. I combattenti del movimento di Machno provenienti dall’Ucraina occidentale erano in proporzione incomparabilmente minori rispetto a quella degli ebrei o perfino dei tedeschi. Inoltre la machnovščina fu è un movimento che aveva una base ideologica anarchica “pura” e non “sui generis”, e quindi costituzionalmente internazionalista.
Sia gli storici che i rappresentanti della maggior parte delle moderne organizzazioni anarchiche, tra cui l’Unione Anarchica Ucraina e la Confederazione Rivoluzionaria degli anarcosindacalisti operanti in Ucraina, negano che Machno fu mai un nazionalista. Giornalisti e personaggi pubblici ucraini che hanno tentato di trasformarlo in un nazionalista hanno fatto solo un’operazione di contrabbando, di basso livello politico e culturale.
Detto ciò però, ciò non vuol dire che “Batko” (“il capo”, “il papà”) come lo chiamavano i suoi seguaci non avesse una sensibilità particolare per la cultura e le tradizioni ucraine.
Galina Kuz’menko, moglie di Machno, in gioventù prima di aderire all’anarchismo era stata attivista del movimento illuminista Prosvita inteso a favorire la cultura ucraina, fondato a L’viv nella seconda metà dell’800. E anche successivamente, Kuz’menko, continuò a nutrire un certo interesse e legame sentimentale con la cultura ucraina.
Lo stesso Machno, pur redigendo le sue memorie in lingua russa mostrò dispiacere per non saper parlare l’ucraino: “Il mio solo rammarico è che queste memorie non vedano la luce in Ucraina né in lingua ucraina. Culturalmente, il popolo ucraino si sta muovendo passo dopo passo verso una piena definizione della sua identità individuale e questo è importante. Tuttavia il fatto di non poter pubblicare le mie note nella lingua del mio popolo non è mia colpa, ma delle condizioni in cui mi trovo”. Nella vita di tutti i giorni poi il militante anarchico era abituato a parlare il “suržik”, un misto di russo e ucraino che si parla ancora oggi ampiamente in molte provincie dell’Ucraina centrale e meridionale.
Egli segnalò sempre che all’interno del movimento collettivista ci sarebbe dovuto essere uno spazio per “l’autoderminazione ucraina” ma sottolineò anche che – senza fare sconto alcuno – che “il «movimento di liberazione ucraina» era rimasto completamente chiuso negli schemi patriottardi. I capi di questo movimento ad eccezione di alcuni elementi tuttavia, in ultima analisi, si erano uniti anch’essi al militarismo tedesco, erano individui tra i più disparati, cosa che condusse nelle file del «movimento di liberazione ucraina» delle persone che parlavano ucraino, ma che non avrebbero dovuto trovar posto in un movimento di liberazione ucraino”.
MACHNO CON COMPAGNI, 1918
Paradossalmente questa orribile guerra ci spinge a conoscere la storia della parte orientale dell’Europa ( che io ho sempre immaginato come un’enorme pianura dove il vento soffiava sulle erbe e sulle spighe di granoturco).