DONATELLA scrive:
14 Marzo 2023 alle 16:00
Parlando invece di cose belle e ben fatte, voglio citare un libro che ho scoperto in questi giorni ( non è mai troppo tardi!). Si tratta di “Napoli ’44” di Norman Lewis, pubblicato dallo scrittore inglese nel 1978, edito in Italia da Adelphi.
Nel 1944 Lewis si trovava nel controspionaggio inglese nel momento in cui gli Alleati entravano a Napoli, appena liberatasi dai Tedeschi. Il suo racconto, sotto forma di diario, va dall’8 settembre del’43 al 24 ottobre del ’44.
La descrizione di Napoli, devastata fisicamente e moralmente, non ha niente di compiaciuto e direi neppure di esclusivamente tragico. Insomma, è la realtà in tutti i suoi aspetti contradditori, seppure in un momento dolorosissimo.
L’autore, addetto tra l’altro ad esaminare le denunce anonime di chi vuole vendicarsi di qualche sgarbo subito durante il fascismo, osserva l’incredibile e umanissima tragicommedia di una grande città che sembra sull’orlo della fine.
Eppure ognuno fa il possibile per sopravvivere, lecito o non lecito che sia. Lewis non guarda compiaciuto quell’enorme palcoscenico: lo osserva e lo annota facendone parte, sovente incuriosito, un po’ divertito, un po’ partecipe di quello che succede. Si tratta di una scrittura che attrae la nostra attenzione, un diario fatto a viva voce che ci fa entrare in quella realtà come se ne avessimo fatto parte come l’autore. La caratteristica principale che avvince è la curiosità con cui viene guardato ciò che accade giorno dopo giorno, l’umanità, lo sguardo gentilmente ironico e mai giudicante dello scrittore.
Norman Lewis
Napoli ’44
Traduzione di Matteo Codignola
La collana dei casi, 27
1993, 3ª ediz., pp. 244
isbn: 9788845909818
Temi: Diari, Storia contemporanea
RISVOLTO
Entrato a Napoli nel 1943 con la Quinta Armata, il giovane ufficiale inglese Norman Lewis si trovò stupefatto al centro della città delle signorine e degli sciuscià, scena mobile della prostituzione universale, oltre che di un’arte consumata dell’inventarsi la vita dal nulla. Come non bastasse, fu subito adibito a funzioni di polizia, quindi costretto a constatare ogni giorno le turbolenze, i fantasiosi maneggi e gli imbrogli che si celavano tra vicoli e marina. E capì subito che, di quanto gli accadeva, era il caso di prendere nota. Così, facendo della sua qualità principale, il saper «entrare e uscire da una stanza senza che nessuno se ne accorga», un fatto di stile, Lewis si aggira in una Napoli trasformata dalla guerra in un immenso, miserabile mercato nero – e registra tutto sui suoi taccuini. Mentre i colleghi si dedicano alla maldestra realizzazione di piani fantasiosi, come quello di far passare le linee a un gruppo di prostitute sifilitiche per diffondere l’epidemia nel Nord occupato, lui indaga su figure e avvenimenti che gli paiono, al momento, del tutto normali: signore in cappello piumato che mungono capre fra le macerie, statue di santi preposti da una folla in deliquio a fermare l’eruzione del Vesuvio, professionisti in miseria che sopravvivono impersonando ai funerali un aristocratico e imprescindibile «zio di Roma», ginecologi deformi specializzati nel restauro della verginità, nunzi apostolici che contrabbandano pneumatici rubati, e cosi via.
I taccuini che Lewis tenne in quel periodo finirono poi per costituire questo libro, di cui il minimo che si può dire è che mai un occhio tanto sobrio e preciso si era posato su una realtà così naturalmente folle e sgangherata. E questo ne fa «un’esperienza unica per il lettore così come deve essere stata un’esperienza unica per chi lo ha scritto» (Graham Greene).
Pubblicato in Inghilterra nel 1978, Napoli ’44 è stato definito «uno dei dieci libri da salvare sulla seconda guerra mondiale» («The Saturday Review»).
ALTRI LIBRI IN ITALIANO DEL GRANDE STORICO NORMAN LEWIS
RISVOLTO
«Oggi mi è stato ordinato di prepararmi a partire immediatamente per Taranto per imbarcarmi sulla Reina del Pacífico diretta a Porto Said, dove devo raccogliere tremila soldati russi che hanno combattuto contro i tedeschi e poi si sono uniti ai partigiani». A coloro ai quali l’ultima pagina di Napoli ’44 aveva lasciato qualche legittima curiosità sulle ulteriori avventure del sergente Lewis non resta che aprire questo trascinante volume autobiografico. Dove si scopre subito, ad esempio, che i prigionieri russi erano in realtà un reggimento di Tagichi, giudicati straordinari combattenti perché, in ossequio alle proprie credenze, non facevano alcuna distinzione tra la vita e la morte: e quando Lewis chiede cosa sia il buco che sfregia la coscia di un soldato viene a sapere che da lì, strappandola con le unghie, l’uomo ha preso la carne necessaria a sopravvivere nel lager. Questo è Lewis al suo meglio, testimone quasi involontario di eventi insieme atroci e bizzarri. Ed è solo uno spicchio del variegato ventaglio che si dispiega in questo libro, dove l’autore ci chiede di accompagnarlo in giro per il pianeta, entrando e uscendo di soppiatto dagli ambienti e dalle situazioni più disparate – la Cuba di Batista come il feroce Guatemala successivo alla sua tredicesima rivoluzione, l’Indocina francese come la Londra letteraria del secondo dopoguerra. Seguire Lewis, scopriremo ancora una volta, è molto più che viaggiare, è apprendere per osmosi, pagina dopo pagina, l’impiego delle sue stesse, micidiali armi: uno sguardo che non riesce a non vedere, un fiuto per l’inconsueto che ha pochi eguali, e un’inimitabile estetica della laconicità, ben condensata nel rapido commento a un incontro con Hemingway: «Non mi ha detto niente, ma mi ha insegnato anche più di quel che volevo sapere».
Niente da dichiarare è stato pubblicato per la prima volta nel 1996.
Traduzione di Stefano Neri
Norman Lewis
Un viaggio in sambuco
IN COPERTINA
Stefano e Francesca Faravelli, Regata sul Niger (2004).
stefano e francesca faravelli
RISVOLTO
I lettori di Napoli ’44 ricorderanno con quanta naturalezza Norman Lewis si mimetizzasse in qualsiasi ambiente, raccontandolo come non avrebbe potuto se qualcuno dei suoi protagonisti avesse notato la sua presenza. La stessa strategia – lo stesso stile – inimitabile si ritrova anche in questi sette brevi racconti di viaggio, che ci portano in quel mondo di spie che era Aden fra le due guerre, nell’Amazzonia brutalizzata dai missionari evangelici e nelle steppe dell’Asia Centrale, perlustrata (nel 1955) grazie a un visto del Sindacato Scrittori. Facendoci ogni volta rimpiangere di non aver vissuto quando viaggiare – almeno con Norman Lewis – era davvero, prima di tutto, un piacere.
NORMAN LEWIS IN ORIENTE NEL 1949
EDT, 2015
Norman Lewis aveva il dono di intuire dove le cose importanti della storia stavano per accadere, e di farsi trovare li per testimoniarle. Nel 1949 questo luogo era l’Indocina, e in “Un dragone apparente”, Lewis racconta una civiltà sull’orlo del baratro, stretta fra l’imminente crollo del colonialismo e le tensioni che porteranno alla devastante guerra del Vietnam. Con uno stile inimitabile, leggermente ironico ma per nulla distaccato, Lewis restituisce al lettore una Saigon in cui la Francia coloniale si intrecciava con l’antichissima cultura orientale, in un equilibrio precario quanto affascinante. Si addentra poi nella foresta pluviale per documentare le popolazioni indigene sopravvissute all’abbraccio ambiguo dell’Occidente: i moï, i meo, i rhadé, i thai neri e i loro sconosciuti villaggi, le longhouse di vita in comune. E ancora: Cholon, Vientiane, Luang Prabang, Phnom Penh e le rovine di Angkor Vat. Incontra imperatori e schiavi, brutali proprietari di piantagioni e sensibili ufficiali francesi, persino il papa del caodaismo, il culto che annovera fra i santi Victor Hugo. Su tutto incombe l’ombra lunga del Viet-Minh, invisibile e minaccioso come la tigre nella foresta, combattente per l’indipendenza mentre l’oeuvre civilizatrice della Francia prende a sfumare nella tragedia di un mondo al tramonto.
QUALCOSA SULL’AUTORE DA IBS
Norman Lewis –
Norman Lewis (Forty Hill, 28 giugno 1908 – Saffron Walden, 22 luglio 2003) è stato uno scrittore britannico. Noto in particolare per i suoi resoconti di viaggio e le sue memorie di guerra, è ritenuto da alcuni esponenti della cultura inglese, tra cui Graham Greene, come uno dei maggiori scrittori inglesi del XX secolo.
Norman Lewis servì come ufficiale del British Army durante la seconda guerra mondiale nell’Italia meridionale facendo parte del 1st King’s Dragoon Guards, e narrò di questa esperienza in Napoli ’44 (Naples ’44)[1] del 1978, in cui documentò le tante difficoltà affrontate dalla popolazione italiana in periodo di guerra, tra cui la fame (e i fenomeni ad essa associati, come corruzione, mercato nero e prostituzione), i bombardamenti, le grandi carenze della macchina giudiziaria, e le marocchinate, ovvero le violenze dei Goumier marocchini dopo lo sfondamento del fronte di Cassino. Nel dopoguerra, in seguito a diversi viaggi nell’Indocina francese, Birmania e Vietnam, pubblicò i volumi di viaggi Un dragone apparente. Viaggi in Cambogia, Laos e Vietnam (A Dragon Apparent. Travels in Cambodia, Laos and Vietnam), ritratto indimenticabile e prezioso delle civiltà vietnamita e cambogiana nel periodo del crollo del colonialismo e prima delle devastazioni della guerra del Vietnam, e The Golden Earth. Lewis fu sempre affascinato dalle culture meno contaminate dal contatto con la civiltà moderna, come rispecchiato dai viaggi in Indonesia, descritti in Un impero dell’Est: viaggi in Indonesia (An Empire of the East),[1] e tra le tribù dell’India rurale in La dea nelle pietre: viaggi in India (A Goddess in the Stones).[1] Questa sensibilità nei confronti delle società tribali lo portò ad assumere un atteggiamento critico nei confronti dell’attività missionaria, particolarmente quella delle organizzazioni evangeliche nordamericane, di cui scrisse in Among the Missionaries e in svariati articoli.
Forty Hill è un sobborgo prevalentemente residenziale nel nord del London Borough of Enfield , in Inghilterra — da : https://en.wikipedia.org/wiki/Forty_Hill#External_links
DA :
ViaMichelin
Nel 1968 raccontò in un articolo, pubblicato sul Sunday Times britannico, il genocidio dei popoli indigeni in corso nell’Amazzonia brasiliana. La pubblicazione del pezzo, dal titolo “Genocide in Brasil” [2], portò alla nascita di Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni [3]. Lewis ha più volte descritto la fondazione di Survival (https://www.survival.it ) come «il più grande successo della mia vita professionale» [4]. La scomparsa di molte delle società che aveva conosciuto lo convinse che «di fronte a queste tragedie non è possibile restare in silenzio e rimanere semplici spettatori».
Saffron Walden, cittadina in Inghilterra, nell’Essex
La piazza del Mercato e il municipio sulla destra
– Opera propria
Strada del castello, con molti edifici storici
Giuliano Osley
Un altro tema centrale nell’opera di Lewis, trattato in The Honoured Society (1964) e in In Sicily, è costituito dal rapporto tra la Mafia e la società del mezzogiorno d’Italia, con cui venne in contatto durante l’esperienza bellica ma anche in seguito al primo matrimonio con un’aristocratica siciliana. Lontano da atteggiamenti sensazionalistici, Lewis mostrò sempre una profonda comprensione per le sofferenze del popolo meridionale, senza perdere di vista gli orrori inflitti dall’organizzazione criminale.
Tra le ultime opere si annoverano i volumi di un’autobiografia, in cui, nuovamente, trovano ampio spazio i diversi luoghi in cui l’autore visse, tra cui citiamo ancora il Galles, Londra, il Nicaragua e la Spagna. Lewis scrisse inoltre dieci romanzi, alcuni dei quali riscontrarono un discreto successo al tempo della pubblicazione senza però raggiungere la notorietà delle opere di viaggio.
https://it.wikipedia.org/wiki/Norman_Lewis
IN SARDEGNA CON I BANDITI
EDT, 2015
Nell’ottobre del 1962 su molti giornali italiani e stranieri apparve la notizia di un duplice omicidio avvenuto in una piccola località della Barbagia, Orgosolo. Una coppia di cittadini inglesi, Edmund e Vera Townley, era stata assassinata in pieno giorno, su un prato poco fuori dal centro abitato, in circostanze misteriose. In una Sardegna in cui il turismo stava muovendo i primi passi, l’omicidio di due stranieri era un fatto del tutto straordinario; ad accrescere la curiosità della stampa era stata la scoperta del contesto sociale in cui i fatti erano avvenuti: una cittadina di 4500 anime nella quale una cieca faida fra due famiglie, i Mesina e i Muscau, aveva negli ultimi vent’anni provocato circa 500 omicidi, puntualmente annunciati in anticipo sui muri del cimitero. Una cultura arcaica e chiusa, dominata da una legge ancestrale e spietata, segnata da rituali di cui da pochissimi anni gli etnografi avevano cominciato a interessarsi seriamente. Norman Lewis, scrittore già celebre per i suoi libri di viaggio, decide di interessarsi alla vicenda e come in una detective story ricostruisce le circostanze del delitto e lentamente, allargando il fuoco dell’attenzione, delinea con grande efficacia l’ambiente storico e sociale in cui esso è avvenuto. Ad attirarlo in Sardegna è la sopravvivenza nel cuore dell’Europa di una figura antica e per molti versi leggendaria, quella del bandito…
EDT, 2016
Venti tra i migliori racconti di viaggio e reportage di Norman Lewis, scelti dall’autore stesso fra le centinaia di pagine scritte per i grandi giornali inglesi e americani fino al 1986. Maestro di eleganza e di varietà, Lewis ci porta dove mai avremmo pensato di arrivare: seduti a fianco di un vecchio Ernest Hemingway dallo sguardo sospettoso e affranto; faccia a faccia con il boia di Fidel Castro all’Avana per ascoltare le sue confessioni e le sue utopie; nel ventre di una nave militare che porta verso l’Unione Sovietica un battaglione di Cosacchi condannati alla fucilazione; alla corrida nella Spagna postfranchista; in quel vortice vitale napoletano di cui Lewis aveva già scritto con passione; sulle montagne della Barbagia o fra i pescatori di una arcaica, affascinante e oggi irriconoscibile Ibiza. Al centro di questo florilegio avventuroso, il famoso reportage del 1969 sul genocidio degli indios brasiliani e sulla distruzione della foresta amazzonica: lo scandalo che l’inchiesta di Lewis destò nell’opinione pubblica fu tale da dare luogo a un vasto movimento internazionale di protesta e da gettare le basi per la creazione di Survival International, l’associazione con sedi in oltre 70 paesi che da anni si batte per veder riconosciuti i diritti delle popolazioni tribali. Chi conosce lo spirito di Norman Lewis non si stupirà forse del fatto che egli ritenesse questo, più di ogni meravigliosa pagina pubblicata, il più grande successo della sua vita professionale.
EDT, 2017
Per Norman Lewis, maestro incomparabile di scrittura e di viaggio, la Spagna rappresentò per tutta la vita un luogo di centrale importanza. Una tomba a Siviglia è l’ultimo libro che scrisse all’età di 95 anni, ma racconta il suo primo viaggio in Spagna, anzi il suo primo viaggio in assoluto, quello che impresse in lui indelebilmente la duplice vocazione al vagabondaggio e alla letteratura. Il pretesto per la partenza era stato la ricerca delle remote origini andaluse del suocero siciliano: il palazzo e la tomba di famiglia di cui così spesso favoleggiava. Ma la Spagna è quella del 1934, alla vigilia della Guerra civile. Lo stato di emergenza, le rivolte che ovunque stanno scoppiando nel paese, l’imprevedibilità dei trasporti trasformano il viaggio di Lewis e Eugene, il cognato-amico che accompagna, in una grande avventura. Per un destino che tante volte si ripeterà in futuro, Lewis si trova così nel posto giusto al momento giusto per testimoniare il grande disordine e la grande meraviglia del mondo. La Spagna per lui, come per molti europei degli anni Venti e Trenta, era l’antitesi dell’Europa: un paese contraddittorio e sanguigno, arcaico e romantico; ma ormai è anche il laboratorio della storia a venire: un mondo ancora largamente rurale che vede coesistere popolazioni che vivono nelle grotte e città industriali, la rivoluzione nelle strade di Madrid e le Rolls Royce di Saragozza, il paseo, lo struscio di San Sebastiàn e le rivolte minerarie delle Asturie. E, su tutto, l’ombra terribile del fascismo incombente. È così che queste pagine, distillate nello stile pacato e inimitabile degli ultimi anni di Lewis, si trasformano in un doppio viaggio: quello che a piedi o con mezzi di fortuna porta i due amici prima nella Madrid della sanguinosa rivolta dell’ottobre 1934, poi fino a Siviglia attraversando il Portogallo, e quello più segreto nella memoria, alla ricerca di quel sogno vitale, di quell’incanto primigenio per il cammino sulle strade e nelle storie del mondo.
FELTRINELLI, 1993
Norman Lewis è un profondo conoscitore dell’Asia Sud Orientale. In “La dea delle pietre” egli percorre i luoghi sconosciuti e remoti di un’antica civiltà indiana. Il suo viaggio inizia nello stato feudale del Bihar, attuale scenario di una brutale guerra fra gli intoccabili e le bande assoldate dalle caste più elevate. Lewis si allontana da questi violenti avvenimenti trovando rifugio nelle montagne dell’Est, per investigare sulle straordinarie usanze di alcune tribù appartenenti a quei tre milioni di indiani che ancora usano archi e frecce e che sono scampati all’estinzione grazie a un completo isolamento.
Quanti libri e quanti viaggi!