video, 25 min. ca – INTERVISTA A GIORGIO BERETTA, ” l paese delle armi: falsi miti, zone grigie e lobby nell’Italia armata Beretta “- Editore Altraeconomia, 28 ottobre 2022 –++ GIORGIO BERETTA : OSSERVATORIO DEI DIRITTI –  25 FEBBRAIO 2022 + nota : Accordi di Helsinki- 1975

 

 

 

 

GIORGIO BERETTA : OSSERVATORIO DEI DIRITTI –  25 FEBBRAIO 2022

Guerra Ucraina: gli interessi di Russia, Nato e Usa (e il ruolo dell’Italia)

 

Guerra Ucraina: gli interessi di Russia, Nato e Usa (e il ruolo dell’Italia)

GIORGIO BERETTA

 

La dottrina delle “sfere di influenza” e il commercio di armi: ecco come e perché siamo arrivati alla guerra in Ucraina e quali sono le proposte del movimento pacifista per uscire da questa situazione.

 

Quello che vediamo all’opera in Ucraina è anche l’ennesimo braccio di ferro tra i complessi militari-industriali di Stati UnitiRussia e dei Paesi della Nato.

Lo si è visto in Libia e Afghanistan e lo si continua a vedere in Siria, in Yemen, nel Sahel e soprattutto nel decennale conflitto israelo-palestinese.

 

Come ha spiegato Francesco Vignarca dell’Osservatorio Milex, «dietro alle scelte di Putin delle ultime settimane ci sono i ritorni economici per il complesso militare-industriale russo, controllato dallo Stato».

Il principale produttore di armi russo è il conglomerato Almaz-Antey (figlio di “risistemazioni” volute da Putin), che si colloca nella Top 20 delle maggiori compagnie di produzione militare al mondo, come si vede dai dati elaborati dal Sipri (Istituto internazionale di ricerche sulla pace) di Stoccolma.

Il Rosoboronexport, controllato dallo Stato, è unico intermediario per import-export di materiali e servizi per la difesa e «dal 2021 – spiega Vignarca –  Putin ha iniziato a spingere sull’export di armi».

 

L’Unione europea vende armi a Ucraina e Russia

Lo stesso avviene, come noto, anche negli Stati Uniti, ma anche nei Paesi europei le cui aziende militari non disdegnano di fare affari sia con la Russia, sia con l’Ucraina. I dati ufficiali delle Relazioni annuali al Parlamento europeo riportano, infatti, che dal 1998 al 2020 sono state autorizzate esportazioni di materiali militari dai Paesi Ue all’Ucraina per quasi 509 milioni di euro e consegnati 344 milioni (con una crescita negli ultimi anni), mentre alla Federazione Russa ne sono stati autorizzati per ben 1,9 miliardi di euro e consegnati per 744 milioni di euro.

 

Ucraina, una pedina nelle mani di Russia e Stati Uniti

 

Lo ha esplicitato con rara lucidità in un’intervista ad Altreconomia Ray Acheson, attivista della Women’s International League for Peace and Freedom, la più antica organizzazione femminista di pace del mondo. «Dietro la crisi attuale c’è una storia di violenza militarizzata ed economica. (…) La Russia critica l’imperialismo statunitense, eppure invade e occupa i suoi vicini, bombarda i civili e si impegna in attacchi informatici contro infrastrutture critiche che danneggiano le persone comuni. Gli Stati Uniti criticano la Russia come un’autocrazia, ma negli ultimi decenni hanno rovesciato governi democraticamente eletti se solo minacciavano gli interessi degli Stati Uniti, costruiscono basi e si impegnano in guerre e operazioni militari in centinaia di Paesi in tutto il mondo, e investono miliardi di dollari in spese militari mentre molti dei cittadini statunitensi vivono senza assistenza sanitaria, alloggi o sicurezza alimentare. Entrambi i Paesi hanno rinforzato eserciti, alleanze militari e arsenali nucleari per sfidare l’altro. L’Ucraina, in questo contesto, è una pedina utilizzata da entrambe le parti».

 

TABELLA : ESPORTAZIONI DELL’EUROPA IN RUSSIA DAL 1998

guerra ucraina morti

 

Guerra Ucraina: le esportazioni militari dell’Italia alla Russia

 

Anche l’Italia ha fatto la sua parte. Se le esportazioni di materiali militari italiani verso l’Ucraina sono poche e limitate al 2014 (circa 6,5 milioni di euro), molto più consistenti sono quelle per “armi comuni” e soprattutto fucili, tra cui fucili semiautomatici che però possono essere stati destinati anche a corpi di polizia e enti governativi: dal 2015 hanno registrato una costante crescita passando da 84.278 euro nel 2015 a 1.899.652 euro nel 2016, 2.987.203 euro nel 2017, 2.979.610 euro nel 2018, 2.990.463 euro nel 2019 fino a 3.489.224 nel 2020 e oltre 3.880.431 euro nel 2021.

 

Ma ancor più consistenti sono le esportazioni militari verso la Russia.

 

Dopo il record di autorizzazioni rilasciato nel 2011 dal governo Berlusconi (106.070.470 euro), spicca la consistente autorizzazione alla Russia del 2015 concessa dal governo Renzi, con Gentiloni agli Esteri, (25.708.470) nonostante fosse in vigore l’embargo di armamenti deciso a livello europeo il 31 luglio del 2014 per il coinvolgimento russo nel conflitto in Ucraina:

si tratta di 94 veicoli blindati Iveco modello M65E19WM 4×4, meglio conosciuti in Russia come Lynx, di cui 83 sono stati consegnati nello stesso anno.

 

Negli ultimi anni non sono state concesse licenze di esportazione di armamenti dall’Italia alla Russia. Ma i dati del commercio estero dell’Istat segnalano per il 2021 una ripresa: tra i 21.942.271 euro di “armi e munizioni” già consegnate tra gennaio e novembre del 2021, oltre a “armi comuni” come fucili (13.742.231 euro), pistole (151.074 euro), munizioni (4.093.689 euro) e accessori (837.170 euro), figurano 3.118.107 di euro di armi e munizioni destinate a corpi di polizia o enti governativi russi. A dimostrazione che l’Italia riesce sempre ad addomesticare embarghi e sanzioni.

 

Il movimento pacifista condanna la guerra in Ucraina

In estrema sintesi, le tante voci del movimento pacifista hanno espresso ferma condanna dell’intervento militare in Ucraina da parte della Russia, solidarietà e vicinanza alle popolazioni coinvolte e appello a tutte le parti in causa per una de-escalation militare affidando alle Nazioni Unite il compito di ripristinare, con gli strumenti della diplomazia, il dialogo tra Russia, Ucraina e comunità internazionale.

Queste voci finora sono restate inascoltate dai media nazionali, che, ad ogni sentor di cannoni, non mancano di sollevare la retorica domanda: «Dove sono i pacifisti?». Per poi ignorare puntualmente le loro voci.

Come ha scritto giorni fa Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, «i media italiani proprio non ce la fanno ad uscire dallo stereotipo del pacifista; da la Repubblica a La Stampa si sono messi l’elmetto e fanno il tifo per la guerra, e dunque gli serve una manifestazione con le bandiere arcobaleno per fare il pezzo di costume e folclore e dire che il movimento si è “risvegliato” (addirittura si inventano che non manifestava dal 2003). Anche i telegiornali Rai e Mediaset mandano le telecamere solo se reciti a soggetto, e naturalmente il microfono è per il politico di turno che ha sempre votato tutti i bilanci militari ma adesso dice che ci tiene tanto alla “pace”.».

 

guerra ucraina russia

Donbass, Ucraina – Foto: Kyryl Savin / Heinrich-Böll-Stiftung (via Flickr)

 

Le proposte per fermare la guerra in Ucraina

Eppure le proposte delle centinaia di associazioni che compongono l’arcobaleno pacifista non mancano. A cominciare da quelle, espresse già settimane fa dalla Rete italiana pace e disarmo a seguito dell’escalation militare nell’Est Europa, per chiedere al nostro governo e all’Unione europea di promuovere «un’iniziativa di neutralità attiva per ridurre la tensione e favorire un accordo politico chiarendo in particolare l’indisponibilità a sostenere avventure militari».

E ancora nei giorni scorsi dall’Anpi che ha promosso un appello al governo italiano affinché «rispetti un inviolabile obbligo costituzionale: l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

O della Tavola della Pace, che ribadendo l’appello a negoziare chiede di «uscire dalla politica delle sanzioni, dalla logica del colpo su colpo, per ricostruire lo spazio per il dialogo e il negoziato politico con la Russia. Lo si è fatto durante la guerra fredda con la Conferenza e gli Accordi di Helsinki. E lo si deve fare ora che rischiamo la catastrofe più grande».

 

 

NOTA :

ACCORDI DI HELSINKI- 1975

 

L’Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, noto anche come Atto finale di HelsinkiAccordi di Helsinki o Dichiarazione di Helsinki, è stato l’atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, svoltasi a Helsinki nel luglio e agosto del 1975. La dichiarazione venne firmata da trentacinque stati, tra cui gli USA, l’URSS, il Canada e tutti gli stati europei tranne Albania e Andorra, e costituì un tentativo di miglioramento delle relazioni tra il blocco comunista ed il blocco occidentale.

 

se vuoi, apri:

I principi affermati

 

Paesi firmatari

 

Ricezione e impatto

 

La firma degli accordi

 

da :

https://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_di_Helsinki

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  1. DONATELLA scrive:

    Credo che uno dei motivi di debolezza del PD della Schlein sia stato il mancato rifiuto netto di mandare armi in Ucraina. Sicuramente avrebbe provocato delle divisioni nel partito ma avrebbe avuto il consenso di tanti non iscritti che avevano votato per lei.

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