ANSA.IT — 20 MAGGIO 2024 –19.03 :: Lacrime e gioia in una Teheran spaccata in due. Il reportage- + INTERVISTE DI RESET DIALOGUES A : 1. SHRIN EBADI ( Hamadan, Iran- 1947 )- 2003 Nobel per la Pace ; 2. TARIQ AYAAN HIRST ALI ( Mogadiscio, Somalia -1969 )

 

 

ANSA.IT — 20 MAGGIO 2024 –19.03
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2024/05/20/lacrime-e-gioia-in-una-teheran-spaccata-in-due_d495d70e-6155-4311-891d-959ea80641dc.html

 

Lacrime e gioia in una Teheran spaccata in due. Il reportage

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Teheran © ANSA/EPA

La morte inaspettata di Ebrahim Raisi provoca reazioni contrastanti nella popolazione iraniana, divisa tra fedeli sostenitori e tenaci antagonisti del 63enne ultraconservatore.

“Il presidente ha dedicato la sua vita al servizio del popolo”, dice all’ANSA Mojtaba, un ingegnere delle telecomunicazioni 43enne di Teheran, dove la notizia dello schianto dell’elicottero a bordo del quale viaggiava è stata accolta ieri sera con preghiere collettive pubbliche dai sostenitori del governo, che si sono radunati anche a Mashhad, la sua città natale.

Quelle stesse persone oggi piangono per la sua morte, sostenendo che Raisi amava il martirio e che finalmente il suo desiderio si è avverato. “Ha lottato contro i nemici interni, come ad esempio gli elementi dell’Occidente che vanno in strada senza il velo, e ha combattuto duramente contro i nemici stranieri, tra cui Israele. Ho provato ammirazione per l’attacco missilistico iraniano contro il regime in aprile, sotto l’amministrazione di Raisi, che ha mostrato al mondo la forza dell’Iran“, aggiunge Mojtaba.

 

Sui social media moltissimi iraniani contestano invece all’ormai ex presidente “la sua dura opposizione ad attivisti, giornalisti e donne dopo avere preso il potere, in particolare per il suo ruolo nell’uccisione e nell’esecuzione di giovani durante la sanguinosa repressione delle rivolte” del 2022, esplose dopo la morte di Mahsa Amini, la ventenne curda che ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava il velo in modo corretto. Dopo l’annuncio della morte di Raisi, moltissimi utenti hanno condiviso video in cui si vedono persone congratularsi a vicenda mentre distribuiscono caramelle, ballano per strade o accendono fuochi d’artificio per festeggiare.

“Posso dire che ora credo completamente nel karma! Non abbiamo avuto il potere per provare a fermare Raisi ma Dio l’ha punito in questo modo, a causa del suo coinvolgimento nell’uccisione e nell’esecuzione dei manifestanti, oltre che per il suo ruolo nelle esecuzioni di massa di attivisti politici negli anni ’80, quando era il vice procuratore di Teheran”, afferma all’ANSA Taraneh, 31 anni, aggiungendo che

“le politiche economiche del presidente hanno portato solo ad una svalutazione della moneta locale e ad un’altissima inflazione negli ultimi anni”. Alcuni hanno scritto sui social che lo schianto è dedicato “alla memoria di coloro che sono stati uccisi o imprigionati a causa del ruolo di Raisi nella brutale repressione delle proteste negli anni ’80, nel 1999, nel 2009, nel 2017, nel 2019 e nel 2022 in Iran, come anche alle 179 vittime dell’abbattimento dell’aereo ucraino vicino a Teheran da parte dell’Iran nel 2020“.

Proprio l’associazione delle famiglie delle vittime dell’aereo abbattuto ha pubblicato una dichiarazione dove si afferma che “in quanto capo della magistratura, Raisi ha cercato con tutte le sue forze di creare una situazione di stallo nei tentativi di arrivare alla verità e ad un’indagine equa”. Mentre il fratello di un giovane manifestante, Navid Afkari, giustiziato nel 2020, ha raccontato in un messaggio su X di non aver mai visto sua madre così felice: “Speriamo che Raisi abbia sofferto dello stesso dolore che abbiamo provato noi, anche solo per pochi secondi”. Anche la madre di Pejman Fatehi, un altro prigioniero politico impiccato a febbraio, ha pubblicato un video in cui la si vede festeggiare e ballare, mentre ascolta musica curda.

“Quella di Raisi è stata una morte facile perché avrebbe dovuto essere processato e punito per i suoi crimini”, è il commento dell’avvocatessa iraniana e premio Nobel per la Pace Shirin Ebadi: “Oggi capiamo quello che ha fatto Raisi vedendo persone così felici nel celebrarne la morte”.

 

 

 

NOTA :: 

 

 

Shirin Ebadi, 'contenta per il Nobel, il mondo guarda l'Iran ...

 

 

 

Finché non saremo liberi

 

Shirin Ebadi ci racconta la sua storia di coraggio e di ribellione contro un potere intenzionato a portarle via lutto – il matrimonio, gli amici, i colleghi, la casa, la carriera, persino il Premio Nobel – ma che non è riuscito a intaccare il suo spirito combattivo e la sua speranza di giustizia e di un futuro migliore: “è per amore dell’Iran e del suo popolo, delle sue potenzialità e della sua grandezza; che ho intrapreso ogni singolo passo di questo viaggio. E so che un giorno gli iraniani troveranno la loro strada per la libertà e la giustizia che meritano.” “Finché non saremo liberi” è il racconto incredibile di una donna che non si arrenderà mai, non importa quali rischi dovrà correre: un esempio per tutti, che insegna il coraggio di lottare per le proprie convinzioni.

 

SHIRIN EBADI

 

Shirin Ebadi, nata a Hamadan nel 1947, è stata la prima donna iraniana a diventare magistrato nel suo paese. Nel 2003 ha vinto il Premio Nobel per la Pace per il suo impegno nella difesa dei diritti umani e a favore della democrazia. Dal 2009 vive in esilio volontario per far conoscere al mondo ciò che succede in Iran, attraverso un’intensissima attività di propaganda e di battaglia legale. Tra i suoi libri pubblicati in Italia ricordiamo Il mio Iran (2006) e La gabbia d’oro (2008).

 

 

La gabbia d'oro. Tre fratelli nell'incubo della rivoluzione iraniana - Shirin Ebadi - copertina

RIZZOLI, 2009

Le pigre estati all’ombra dei ciliegi e le sere d’inverno sotto il korsi; il sapore degli halva sfrigolanti di burro e le discussioni sulla moda europea: sono le consuetudini che scandiscono un’amicizia preziosa, quella tra le famiglie di Shirin e Parì. Ma la Rivoluzione islamica è destinata a cambiare tutto, disperdendo i tre fratelli di Parì lungo strade diverse e rendendoli nemici. Abbas, generale dell’esercito dello Shah, quando il regime si avvia alla dissoluzione è costretto a fuggire, assieme alla moglie malata, in America, dove lo attende lo choc di una cultura aliena. Javad, attivista del partito comunista Tudeh, si vota a un’esistenza di clandestinità e pericoli che lo condurrà più volte in carcere. Alì si unisce con entusiasmo alla Rivoluzione e finisce al fronte a combattere le truppe di Saddam Hussein. Mentre Parì cerca di tenere assieme i fili spezzati della sua famiglia, il Paese intero attorno a loro sprofonda in un baratro di violenza, corruzione e oppressione da cui sembra impossibile uscire. E che mette a repentaglio anche la sua vita e quella di Shirin. La storia vera della “Gabbia d’oro” è quella di molte famiglie iraniane, vittime nel giro di pochi decenni di sconvolgimenti storici e politici che hanno significato la guerra dei padri contro i figli, dei fratelli contro i fratelli, e che hanno provocato l’emigrazione di milioni di cittadini. In controluce scorre la storia, dagli ultimi giorni della monarchia all’ascesa di Ahmadinejad.

 

 

iran —

 

 

 

 

HAMADAN — l’ antica Ectabatana

 

Hamadan (in curdo Hemedan‎; in persiano همدان‎, ma anche Hamadhān, in persiano ﻫﻤﺬﺍﻥ‎) – in persiano antico Haŋgmetana e ʾΑγβάτανα (Agbàtana), ossia Ecbatana, in Erodoto – è una città dell’Iran di circa 675.000 abitanti  ( 2016 ) e capoluogo della provincia e dello shahrestān omonimo.

 

 

 

UNA BELLISSIMA FOTO DELLA CITTA’ DI HAMADAN  — MA DOVETE APRIRLA NEL LINK PER VEDERLA 

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https://it.wikipedia.org/wiki/Hamadan#/media/File:Hamedan_Night_Panorama1.jpg

 

 

 

SEGUE DA RESET DIALOGUES:

5 AGOSTO 2011

https://www.resetdoc.org/story/shirin-ebadi-battling-for-rights/it/

 

Shirin Ebadi, la battaglia dei diritti

Nicola Missaglia

 

 

Nata nel 1947 a Hamadan, Iran, e presto trasferitasi con la famiglia, religiosa e appartenente al ceto medio, nella capitale Teheran, la giurista Shirin Ebadi è senza dubbio una delle voci femminili più celebri del riformismo islamico e dell’attivismo a favore dei diritti umani, dei diritti delle donne, dei bambini e dei rifugiati in Iran. Tale impegno le è valso il Premio Nobel per la pace nel 2003: è stata la prima donna musulmana e la prima iraniana in assoluto a ricevere questo riconoscimento.

Nel 1969, fu la prima donna a essere nominata giudice in Iran e nel 1975 diventò presidente dell’associazione nazionale dei magistrati iraniani, cariche dalle quali dovette dimettersi dopo la rivoluzione islamica del 1978/79, poiché secondo l’interpretazione radicale dell’Islam da parte della nuova leadership politica, le donne sono «troppo sensibili» per ricoprire tale ruolo.

È da sottolineare che la stessa Ebadi, fortemente critica nei confronti del regime dello Shah, come molti altri intellettuali e attivisti che oggi sono considerati dissidenti dal regime iraniano, aveva sostenuto la rivoluzione islamica.

Successivamente, pur ottenendo già nel 1984 la licenza d’avvocato, non le fu dato il permesso di esercitare la professione fino al 1993, anno a partire dal quale cominciò però a impegnarsi immediatamente per la difesa e la promozione dei diritti delle donne, in un sistema giuridico in cui queste erano, e sono tutt’ora, fortemente discriminate.

Battendosi soprattutto per una riforma del diritto matrimoniale che permettesse alle donne di ottenere condizioni di divorzio e di affidamento dei figli più eque, molto presto Shirin Ebadi è diventata la protagonista di una serie di processi che hanno fatto molto scalpore in Iran.

In seguito, la giurista iraniana è stata in prima linea nella promozione della giornata internazionale delle donne in Iran e di una serie di manifestazioni di protesta contro il diritto di famiglia vigente nel paese. Oltre ad aver pubblicato numerosi libri, tra i quali sono da segnalare, tradotti in italiano, Il mio Iran. Una vita di rivoluzione e speranza (Milano 2006) e La gabbia d’oro. Tre fratelli nell’incubo della rivoluzione iraniana (Milano 2008), Ebadi ha fondato il Defenders of Human Rights Center in Iran e la Society for Protecting the Child’s Rights, associazioni non governative per la difesa dei diritti umani e volte, in particolare, a rafforzare lo statuto legale di donne e bambini nel suo paese.

Nel 1997 ha svolto un ruolo di rilievo anche nella campagna di sostegno del presidente riformista Mohammad Khatami, parallelamente al suo engagement costante – come avvocato e come attivista – per il sostegno dei dissidenti perseguitati dal regime.

Dal 2009, anno in cui agenti del governo di Ahmadinejad fecero irruzione nel suo appartamento picchiando il marito e sequestrandole il Premio nobel conferitole nel 2003, vive in esilio a Londra, da dove continua a impegnarsi attivamente nella sua critica del sistema legale e giudiziario iraniano e in molte campagne per la difesa dei diritti dei cittadini iraniani.

Proprio dal 2009, è accusata in maniera palesemente pretestuosa dal regime iraniano di essere debitrice allo stato di numerose centinaia di migliaia di dollari, ed è proprio questa circostanza ad averla salvata da un probabile arresto durante il blitz in casa sua, poiché fu al momento dell’accusa che l’esilio «autoimposto» della Ebadi ebbe inizio.

Malgrado la persecuzione, la giurista ha sempre espresso un forte attaccamento al proprio paese e all’Islam e in più di un’occasione ha criticato violentemente i difetti e gli errori politici del mondo occidentale.

Ricordiamo la sua indignata polemica contro le posizioni radicalmente e spesso ingiustificatamente anti-islamiche della scrittrice somala naturalizzata olandese Ayaan Hirsi Ali (vedi la nostra intervista del 9 marzo 2007). Oltre al Nobel, le sono stati conferiti numerosissimi riconoscimenti, tra i quali una decina di dottorati honoris causa da parte di università europee e statunitensi.

 

 

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INTERVISTA A TARIQ AYAAN HIRST ALI  – 2007

 

RESET DIALOGUES– 5 GIUGNO 2007
https://www.resetdoc.org/story/let-tariq-ramadan-speak/

 

 

Ayaan Hirsi Ali, Brett Kavanaugh, and imperial feminism | Women's Rights | Al Jazeera

 

Ayaan Hirsi Ali, Founder of AHA Foundation

Ayaan Hirsi Ali, nata Ayaan Hirsi Magan (Mogadiscio13 novembre 1969), è una politicascrittrice e attivista somala naturalizzata olandese, nota soprattutto per il suo impegno in favore dei diritti umani e in particolare dei diritti delle donne all’interno della tradizione islamica.

 

 

 

“Lasciate parlare Tariq Ramadan”

Ayaan Hirsi Ali intervistata da Daniele Castellani Perelli

 

 

Costretta a vivere sotto sorveglianza dopo l’omicidio di Van Gogh, Hirsi Ali spiega perché l’infibulazione è così diffusa nei paesi musulmani e prosegue attaccando il multiculturalismo: “La sinistra pensa solo in termini di gruppi”, sostiene la scrittrice che lavora per un neo-professionista. con think tank a Washington, ed è stata a Roma per presentare la sua autobiografia Infidel , pubblicata in Italia da Rizzoli. “Questo è proprio il motivo per cui i democratici hanno torto. Per me non fa differenza se il presidente degli Stati Uniti è bianco o nero, uomo o donna”, aggiunge, riferendosi alla contesa tra Hillary Clinton e Barack Obama. “Un Presidente non viene scelto in base a questi criteri, ma alla luce delle sue politiche”.

Molte delle cose terribili che hai dovuto subire nella tua vita sono state causate da tradizioni tribali (come l’infibulazione) o da pratiche diffuse in ogni cultura, come l’abuso sui bambini. Perché allora attacchi così duramente l’Islam?

È vero che picchiare i bambini non è qualcosa che ha a che fare con la religione stessa. Hai letto il mio libro in cui non dico che quello che mi è successo è dovuto alla mia religione. Era perché mia madre era frustrata dalla sua vita e il mio insegnante non era un uomo intelligente. La mutilazione genitale femminile esisteva prima dell’Islam, ma se si guarda ai paesi che la praticano oggi nel mondo, quasi tutti sono paesi musulmani. Le persone che praticavano la mutilazione genitale femminile hanno smesso di praticarla quando hanno scoperto quanto fosse dannosa. Nei paesi musulmani hanno continuato questa pratica perché ha uno scopo, e lo scopo che serve è ridurre il sentimento sessuale delle ragazze – questo è quello che pensano – e preservare la loro verginità. Pertanto, la mutilazione femminile è antecedente all’Islam, ma serve a uno scopo importante dei musulmani, vale a dire la verginità. E quello che ho cercato di spiegare nel mio libro è che affinché la mutilazione genitale femminile cessi completamente, dobbiamo valorizzare le ragazze e le donne. Dobbiamo considerarli più preziosi della loro verginità. Ecco perché ho avuto problemi con l’Islam.

 

Pensi che l’Islam non sia compatibile con i diritti delle donne?

Io faccio. L’Islam sottomette i diritti delle donne perché è una religione totalitaria. I miei amici cristiani mi dicono che vanno in chiesa la domenica, hanno battezzato il loro bambino quando è nato o si sono sposati in chiesa, ma la maggior parte delle volte non sono impegnati con la loro religione. Se vuoi essere un vero musulmano, l’Islam è qualcosa che pratichi giorno dopo giorno, di ora in ora e di minuto in minuto. L’Islam ha designato un luogo per l’uomo e uno per la donna. E il posto per la donna è quello dell’obbedienza al padre e alla famiglia. La donna deve rimanere vergine e anche l’uomo, ma le indagini si svolgono sempre attraverso la donna, e quando un uomo e una donna si sposano, quest’ultima deve obbedire al marito indefinitamente. All’uomo non viene riconosciuto lo stesso diritto – né viene posta la stessa limitazione. Nessuno controlla se è vergine o no. Non deve obbedire a sua moglie. Un uomo può prendere quattro mogli, mentre una donna può avere un solo marito. La testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo. Pertanto, secondo la legge islamica della Shari’a, se un uomo violenta una donna, e poi lei va in tribunale, la sua testimonianza vale solo la metà di quella dello stupratore. Ciò dimostra semplicemente che la posizione delle donne nell’Islam è pessima.

Molti intellettuali musulmani, tuttavia, non sono d’accordo con te. Il premio Nobel iraniano per la pace Shirin Ebadi ci ha detto: “Persone come Ayaan Hirsi Ali stanno giocando al gioco dei Mullah” . Paradossalmente, infatti, anche nel regime iraniano, che lei certamente disprezza, l’Islam non è compatibile con i diritti delle donne. Qual è la tua risposta?

Ebbene, quei mullah hanno ragione. Sono onesti! Shirin Ebadi confonde l’Islam così com’è e l’Islam come dovrebbe essere in futuro. Per arrivare a un Islam diverso, più rispettoso delle donne, non dovrebbe prendermi in giro. Dovrebbe affrontare il profeta Maometto, il Corano o coloro che vogliono praticare la legge della Shari’a. Shirin Ebadi dovrebbe dire alle donne che il Corano non è scritto da Dio, è scritto da un uomo, il profeta Maometto, e seguire il suo esempio nel settimo secolo andava bene, ma non dovremmo seguirlo adesso. Il profeta Maometto sposò una bambina di 9 anni, il che va contro i diritti dell’infanzia di oggi.

 

In un recente dibattito internazionale, sviluppatosi nel New York Review of Book s e su Signandsight.com , ti sei opposta a Tariq Ramadan. È stato bandito dagli Usa, e c’è chi vorrebbe che non fosse invitato a parlare a Roma, come a Udine, qualche settimana fa.

Sono un liberale nel senso liberale classico, quindi non mi piace quello che dice Tariq Ramadan. In effetti, penso che il suo messaggio sia il peggior tipo di messaggio contro il liberalismo, ma in una società libera dobbiamo dare anche a coloro che hanno idee che non ci piacciono la libertà di discuterle con noi. Penso che questa sia una caratteristica di questa civiltà. La civiltà europea e occidentale si basa su questa idea. Quindi che io e lui dibattiamo, e che venga a Roma, negli Stati Uniti o in Francia va bene. Ma ciò che sta dicendo e per cui si batte è contro il liberale e il liberalismo. Lasciamo parlare Ramadan e confutiamo ciò che dice, perché il messaggio che vuole trasmettere è più imbarazzante della sua presenza. Ho discusso con lui e ho visto che si arrabbia molto quando tocco la questione centrale di ciò che dice. Vuole togliere a te e a me le libertà fondamentali e metterle nelle mani di Dio. E quando gli ho detto “Se lo fai per te stesso va bene, ma perché lo divulghi?”, allora si è arrabbiato moltissimo.

 

Hai definito Maometto un tiranno e un pervertito. Sei assolutamente libero di pensare e dire quello che vuoi, ma forse questo tipo di linguaggio un po’ provocatorio è inutile, no? Potrebbe creare muri e scontri, non favorendo il dialogo. La tua storia è una storia terribile e tutti dovrebbero saperlo, ma forse questo linguaggio potrebbe essere un ostacolo per i musulmani moderati.

 

Il profeta Maometto sposò una bambina di sei anni, fece sesso con lei quando lei ne aveva nove, e oggi ci sono milioni di uomini musulmani che seguono le sue orme. Quando dico che era un pervertito, questo è ciò che intendo. Ora i miei avversari dicono “creerai muri se lo chiami così”. Quello che dico è che per queste povere ragazzine che hanno 9, 10, 11 o 12 anni il muro esiste già. A mio avviso, provocare la gente a vedere cosa sta succedendo dietro questo muro non significa erigere muri, ma provare a lasciarli crollare. Quando Bin Laden, il Regno Saudita e Ahmadinejad vogliono fondare oggi delle teocrazie in nome dell’Islam, seguono l’esempio del profeta Maometto. Ecco perché lo chiamo tiranno. Se vogliamo provocare una riflessione su questa tirannia e su come si realizza, è bene riportare Maometto al nostro livello e dire: “quello che ha fatto era normale nel settimo secolo, ma oggi non ci piace più, non lo troviamo normale, non ci piace la tirannia”.

 

Ora sei negli Stati Uniti. Come laicista radicale, cosa pensi dell’atteggiamento americano nei confronti della religione? Il motto americano è “In God we trust” e gli americani vedono la religione come qualcosa di liberatorio, non repressivo o negativo.

L’America è un paese molto complesso. È più complesso di tutti i pregiudizi che esistono contro di esso. Non esiste nazione nel mondo di oggi che offra tanta libertà per l’individuo, la sua espressione e la sua religione quanto gli Stati Uniti. Non è il posto migliore del mondo e non è un posto perfetto. Ma è oggi il posto migliore per le libertà individuali. La mia osservazione è: ci sono persone molto religiose negli Stati Uniti, e ci sono altre persone che, quando la religiosità di un gruppo viola le libertà degli altri, reagiscono e la respingono. La mia esperienza in Europa è: le persone non parlano di religione perché non sono più religiose (“non sono religioso quindi non so perché dovrei parlarne”), e quando le persone usano la loro religione, come i musulmani oggi, per violare e togliere i diritti degli altri, chi non è religioso guarda dall’altra parte. Questo non accade in America.

L’amministrazione Bush ha reso molto difficile per un immigrato entrare negli Stati Uniti. Sei d’accordo con questa politica?

Un anno – o forse anche meno – dopo l’entrata in carica dell’amministrazione Bush, si verificò l’11 settembre. Si è trattato di un attacco enorme e chiunque fosse al comando, sia Bush che Clinton, non ha potuto evitare di reagire. Hanno promesso una cosa e hanno detto: “Non ci saranno più attentati negli Stati Uniti”. Per fare ciò, hanno adottato alcuni passi molto controversi, come la profilazione etnica ( = razzismo ) e la stesura di un elenco di paesi in cui alcuni immigrati sono più esaminati rispetto ad altri immigrati. L’amministrazione Bush è eletta dai repubblicani, che oggi vogliono che arrivino gli immigrati messicani, e in realtà sono i democratici che dicono “dovremmo tenere fuori gli immigrati”. Quindi questa amministrazione non è necessariamente anti-immigrazione, ma definisce chi lascia entrare e chi lascia uscire, e questa è una politica molto controversa.

 

Difendi i diritti delle donne e sei contrario all’invadenza della religione. Queste battaglie sono sempre state di sinistra, ma ora sei più apprezzata dalla destra in Olanda, negli Usa e anche in Italia. Definiresti la tua battaglia come una battaglia di sinistra?

Quando i padri allontanano le ragazze dalle scuole, quando le costringono a sposarsi, quando si pratica la mutilazione genitale e quando il partito socialista o socialdemocratico dice “questa è la loro cultura, questo è multiculturalismo, proteggiamolo e governiamo così” , allora penso che non siano di sinistra. Se la sinistra riguardasse i diritti individuali come nel liberalismo classico del XIX secolo, mi definirei di sinistra. Ma oggigiorno la sinistra è tutta incentrata sui gruppi: lavoratori, uomini e donne, poveri e ricchi, e quel genere di cose. Non si tratta solo di individui umani.

 

Se potessi, per quale partito voteresti negli Stati Uniti?

Sostengo parte della filosofia, dei principi e dei programmi democratici, mentre altri no. È lo stesso con i repubblicani. Ho la scusa per dire che per i prossimi cinque anni sono esentato e posso stare comodamente a metà, ma so che questa non è una risposta soddisfacente.

 

I democratici americani dovranno scegliere tra un uomo nero e una donna bianca. Quale candidato sceglieresti?

Questo è principalmente il motivo per cui penso che oggi i democratici abbiano torto. A causa della loro enfasi sui gruppi. Non mi interessa se il presidente degli Stati Uniti è bianco o nero, uomo o donna. Apprezzerei qualsiasi presidente degli Stati Uniti che vivesse oggi come noi e potesse dire: “Quando diventerò presidente, ci sono tre problemi interni che affronterò, che non sono stati affrontati da nessuno prima di me. Ci sono tre problemi di politica estera che affronterò secondo necessità, ed è così che lo farò”. E voglio vedere cosa vogliono dire. Chi venisse e dicesse “Eleggetemi perché sono donna” presenterebbe un curriculum molto misero, e lo stesso vale per chi proclama “Eleggetemi perché sono nera”. Secondo me, questo non è un motivo per essere eletto presidente o per dare un lavoro a qualcuno. Tutto ciò ha a che fare con questa ossessione per i gruppi.

 

A Nairobi sorella Aziza, la tua pessima maestra, ti aveva avvertito che ovunque fossi andata, avresti portato sulle spalle due piccoli angeli. Quello a sinistra avrebbe preso nota dei tuoi peccati, e quello a destra, di tutte le tue buone opere. Cosa scrivono, ora che sei diventata ateo?

Penso che quello sulla mia spalla destra sia andato a dormire, mentre quello sulla spalla sinistra è molto stanco perché ha scritto una biblioteca piena dei miei peccati.

 

 

 

OPERE DELL’AUTRICE TROVATE IN ITALIANO:

 

Infedele - Ayaan Hirsi Ali - Libro - Rizzoli - BUR Saggi | IBS

BUR – RIZZOLI 2008

“Sono cresciuta tra la Somalia, l’Arabia Saudita, l’Etiopia e il Kenya. Sono arrivata in Europa nel 1992, a ventidue anni, e vi ho trovato una nuova casa. Ho girato un film con Theo Van Gogh che per questo è stato ucciso a sangue freddo da un estremista islamico, e da allora vivo tra guardie del corpo e automobili blindate. Poi un tribunale olandese ha ordinato che lasciassi la mia casa: il giudice ha dato ragione ai miei vicini nel ritenere pericolosa la mia presenza nel quartiere. Per questo me ne sono andata.” Con queste parole Ayaan Hirsi Ali apre uno squarcio nel racconto drammatico della propria vita, dall’infanzia, trascorsa con la nonna matriarca, custode tirannica delle leggi del clan e dell’islam, alla tortura della mutilazione genitale, dall’esilio cui fu costretta dall’opposizione del padre alla dittatura di Siad Barre, al rifiuto di un matrimonio imposto con la forza. Fino alla fuga dall’islam, all’approdo in Olanda e infine negli Stati Uniti.

 

 

 

Eretica. Cambiare l'Islam si può - Ayaan Hirsi Ali - copertina

RIZZOLI, 2016

 

“È mia intenzione mettere a disagio molte persone: non solo i musulmani, ma anche i difensori occidentali dell’Islam. Non lo farò disegnando vignette, voglio invece sfidare secoli di ortodossia religiosa con idee e argomenti che, sono certa, saranno definiti eretici: l’Islam non è una religione di pace.” Impegnata da sempre nella difesa dei diritti umani, con opinioni radicali che le sono già valse una fatwa, Ayaan Hirsi Ali è una delle voci più potenti e controverse del mondo islamico. Attraverso la sua drammatica esperienza, tessendo insieme analogie storiche ed esempi illuminanti della società musulmana contemporanea, intende demolire i luoghi comuni sull’Islam – quelli che ci impediscono di riconoscere che la violenza, e la sua giustificazione, sono esplicitamente presenti nei suoi testi sacri. Solo guardandolo per quello che è potremo risolvere il problema sempre più pressante e globale della violenza politica perpetrata in nome della fede. L’Occidente ha le sue responsabilità: non può avere paura di apparire intollerante e abdicare al pensiero critico. L’Islam ha bisogno di una riforma che ne sovverta i principi, anche religiosi, una riforma pacifica contro le stragi di Is e Boko Haram.

ALTRI LIBRI TRADOTTI IN ITALIANO:

 

Non sottomessa. Contro la segregazione nella società islamica (trad. dall’olandese di Asia Lamberti), ed. Einaudi, 2005

  • Se Dio non vuole con Anna Gray (trad. di Ilaria Katerinov), ed. Rizzoli, 2008.
  • Nomade, perché l’Islam non è una religione per le donne. (Nomad: From Islam to America, 2010) , Rizzoli, 2010.
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  1. DONATELLA scrive:

    Leggendo questi articoli sull’Iran e sulla religione mussulmana viene voglia di saperne di più.

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