Siamo stati un po’ troppo velocemente a Craco, provincia di Matera…dove hanno girato alcuni film, tra questi Francesco Rosi: Cristo si è fermato a Eboli… pochi minuti…

 

 

 

FRANCESCO ROSI, CRISTO SI E’ FERMATO A EBOLI, 6,45 minuti :: alla fine si vede qualcosa del paese di Craco ( sempre che non mi confonda, ch. )- E’ bello anche se non c’è il paese…

 

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Le prime tracce delle origini di Craco sono alcune tombe, che risalgono all’VIII secolo a.C. Come altri centri viciniori, è probabile che abbia offerto riparo ai coloni greci di Metaponto, quando questi si sono trasferiti in territorio collinare, forse per sfuggire alla malaria che imperversava nella pianura.

Craco fu successivamente un insediamento bizantino. Nel X secolo monaci italo-bizantini iniziarono a sviluppare l’agricoltura della zona, favorendo l’aggregamento urbano nella regione.

La prima testimonianza del nome della città è del 1060, quando il territorio fu sottoposto all’autorità dell’arcivescovo Arnaldo di Tricarico, che chiamò il territorio Graculum, ovvero piccolo campo arato.

Erberto, di probabile origine normanna, ne fu il primo feudatario tra il 1154 e il 1168. La struttura del borgo antico risale a questa epoca, in cui le case sono arroccate intorno al torrione quadrato che domina il centro. Durante il regno di Federico II, Craco fu un importante centro strategico militare. Il torrione infatti domina la valle dei due fiumi che scorrono paralleli, il Cavone e l’Agri, via privilegiata per chi tentava di penetrare l’interno. La torre di Craco, insieme ad altre fortificazioni ed avamposti della zona, come la Petrolla, dirimpetto a Craco, erano barriera di protezione per città al tempo ricche quali Pandosia e Lagaria, entrambe al di là dell’Agri, entrambe prospicienti la Siritide.

Nel 1276 Craco divenne sede di una Universitas.

 

una via di Craco –da wikipedia— Andrea Tomassi – www.flickr.com

 

 

wikipedia, prima partehttps://it.wikipedia.org/wiki/Craco

 

 

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LA STAMPA DEL 8 MAGGIO 2018

https://www.lastampa.it/cronaca/2018/05/08/news/craco-il-paese-abbandonato-dopo-una-frana-si-ripopola-di-visitatori-1.34014897

 

 

Craco: il paese abbandonato dopo una frana si ripopola di visitatori

 

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Il borgo abbandonato a partire dagli anni ’60 è stato scelto da molti registi come set per i loro film. Gli abitanti, che vivono a valle, però, sono sempre meno

 

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Pane e lavoro”. In rosso sbiadito, la rivendicazione scritta dai contadini prima della riforma agraria si intravede sulla facciata di palazzo Grossi, dimora dei latifondisti del luogo. Craco, piccolo centro della provincia materana, fino agli anni ‘60, era il paese del grano. Se ne produceva talmente tanto che i 2000 abitanti non bastavano a coltivare le terre delle famiglie benestanti. La manovalanza arrivava anche dal Salento.

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Quelle terre, redistribuite dopo la riforma, oggi non sono coltivate. Quel paese, arroccato su un’altura e circondato dai calanchi non esiste più. La sua morte è cominciata nel 1963, quando una frana ha iniziato a mettere in pericolo le case e le persone che ci vivevano. Fu un cedimento lento, che poteva essere fermato. «Un ingegnere americano, nel 1967, quando la frana era profonda 20 metri, aveva suggerito di creare dei terrazzamenti alberati. I tecnici del posto, però, preferirono costruire due grossi muri di contenimento che iniziarono a dare i primi segni di cedimento cinque giorni dopo la costruzione.

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A partire dal 1974 gli abitanti furono costretti a lasciare le loro case». A raccontare questa storia ai visitatori è Vincenzo Montemurro che lavora come guida tra i ruderi di Craco . Suo nonno era netturbino e conosceva ogni singola pietra del paese. Dalla passione con la quale accompagna i visitatori, si direbbe che quella conoscenza l’ha ereditata e che ora prova a diffonderla. «Dovevate venire a vederlo quando era vivo il paese, non ora che è morto», scherza Vincenzo.

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Poi inizia a raccontare: «Prima della frana Craco aveva un cinema, un ospedale e una piccola stazione. Erano stati in costruiti l’acquedotto e le reti idriche e fognarie». Non un agglomerato di case senza storia insomma: era un paese vero e proprio e poteva sperare in un futuro di benessere.

I calanchi che circondano Craco

Quando per gli abitanti divenne troppo pericoloso continuare a vivere a Craco perché la terra non smetteva di muoversi, furono loro assegnati degli alloggi popolari a Peschiera, una località a valle, molto vicina a Pisticci, il centro più grande della zona.

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«I crachesi Peschiera non la nominavano neanche – spiega Vincenzo – non è mai stata considerata territorio di Craco e gli abitanti non sono stati contenti di essere trasferiti lì”». Unica concessione: l’esenzione dal reddito delle case che possedevano in paese e dove non sarebbero mai più potuti tornare.

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Oggi la nuova Craco è un agglomerato anonimo di case popolari e, secondo i dati Istat, aggiornati a fine 2017, ci abitano 730 persone.

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Del borgo antico di Craco rimane, invece, uno scenario di bellezza antica, da decenni scelto per girare film e cortometraggi. In tanti, da Francesco Rosi a Mel Gibson, l’hanno selezionato per realizzare scene dei loro film.

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Per il Comune, che dal 2009 ha iniziato un’opera di valorizzazione del centro storico, le riprese sono fonte di introito. Sempre più turisti rimangono colpiti dall’affascinante desolazione che si respira tra i vicoli della cittadina abbandonata:

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«Nel 2010 hanno visitato il sito 1.500 persone. Nel 2016 erano 15.000 – spiega Vincenzo – con questa operazione il luogo è stato salvato dall’azione dei vandali, del tempo e delle capre che, indisturbate si aggiravano tra le stradine del paese».

Mel Gibson mentre girava a Craco una scena del suo film “The Passion” (foto d’archivio)

Dopo anni di oblio, insomma, l’amministrazione, insieme a una cooperativa composta da una quindicina di persone, sta facendo rifiorire questo luogo. Un luogo che, contrariamente a quanto sostenuto da Rocco Papaleo nel suo “Basilicata coast to coast”, non ha “rifiutato la modernità” ma è stato distrutto in parte dalla natura, in parte dalla superficialità dell’uomo.

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Passeggiando tra le strade tutte uguali di Peschiera, invece, – soprattutto dopo aver percorso i vicoli di Craco Vecchia – si ha la percezione di trovarsi in un luogo simile a un dormitorio. “Per capire come sia un paese vero – racconta Vincenzo – devo andare dove è nata mia madre (Senise, in provincia di Potenza, ndr). Lì si può ascoltare il suono delle campane e, quando si corre nei vicoli, sentire il rumore delle scarpe che battono sulle pietre. Tutto questo a Peschiera non c’è”.

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Gli abitanti diminuiscono costantemente e, di conseguenza, ci sono sempre meno bambini: “Quando sono arrivata, le classi erano cinque subito dopo sono state introdotte le pluriclassi, perché gli alunni sono diminuiti”, spiega Anna Colangelo, un’insegnante del posto.Oggi gli allievi della scuola primaria sono una trentina e la sopravvivenza dell’istituto nei prossimi anni è in forse. Sono pochi anche gli esercizi commerciali. Mancano la macelleria e i negozi di abbigliamento e da qualche anno non c’è più neanche il forno. I giornali non arrivano da una decina d’anni e di palestre o luoghi di svago neanche l’ombra. “Ci sono un paio di negozi di alimentari e la farmacia – dice Vincenzo – per il resto, andiamo a Pisticci”.

La strada che porta a Craco

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“Chi abita a Craco Peschiera deve percorrere 20 chilometri, tra andata e ritorno, anche solo per comprare una fetta di carne. Ma, del resto, chi potrebbe assumersi il rischio di aprire una macelleria in un posto con così pochi abitanti?”.

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A fare questa osservazione è Giuseppe Modena, un ragazzo di origini crachesi, che qualche anno fa ha lasciato il suo paese per andare a studiare fuori.

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Oggi vive a Roma e lavora per una webtv. Conserva un solido legame con il suo paese, ma non tornerebbe a vivere lì.

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E sul futuro del luogo dice: “Sono sicuro che il sito di Craco Vecchia accoglierà sempre più visitatori e iniziative. Per quanto riguarda Peschiera, non ci sono elementi che mi fanno pensare ad una sua crescita”.