VENERDI’ 14 SETTEMBRE ORE 8:08 QUALCOSA DEL DELIRIO: UN VECCHIO TESTO SCRITTO.

I

 

 

COME VA LETTO IL TESTO: grazie ch.

 

 

 

“Oppure è come

se si potesse entrare

in una relazione nuova

e piena di speranza

con tutta l’esistenza

se soltanto

ci decidessimo a pensare

con il cuore.”

 

(Hofmannsthal)

 

 

 

“Non chiediamo per quale scopo utile

gli uccelli cantano, poiché il canto è il

loro piacere, in quanto furono creati

per cantare. Similmente, non

dovremmo chiederci perché la mente

umana si sforza di penetrare i segreti

dei cieli. La verità dei fenomeni della

Natura è così grande, e i tesori

nascosti nei cieli così ricchi, proprio

perché alla mente umana non manchi

mai di che nutrirsi”.

 

(Keplero)

 

 

capitolo 1.1

 

 

All’origine del delirio c’è una desolazione e un abbandono senza nome. Un dolore e un panico che oltrepassano i limiti della condizione umana.

 

Le trasformazioni che avvengono nel sentire  nel pensiero e nel modo di vivere della persona che delira, servono a sopportare qualcosa che sopportabile non è.

 

Il delirio è, infatti, per le malattie mentali, una straordinaria risorsa, come la febbre lo è per altre malattie: ci serve ad evitare la morte della nostra mente, anche se non può evitarci di vivere, ad ogni istante, con gli occhi fissi nel suo sguardo.

 

Il modo che ho trovato di spiegarmelo (ma si tratta solo di qualche tratto di un processo così complesso da essere, a mio parere, “irrappresentabile”), a partire dalla mia esperienza, è questo.

 

La nostra parte malata, per potersi recuperare, ha bisogno di sottrarsi, per un certo periodo, alle leggi della realtà e della verosimiglianza. Deve poter tornare “indietro nel tempo”, raccolta in un grembo lontano, attenta a “sognare” il mondo e a crearlo onnipotentemente, tenendo conto solo dei propri bisogni, e di quei “desideri” illimitati che la nostra realtà, così come la conosciamo, non ha potuto mai  realizzare, né potrà mai in futuro.

 

E tutto questo deve avvenire perché la persona che entra in delirio, la realtà, così com’è, la sua realtà esterna-interna, non la sopporta più: “non ci sopravvive più dentro”, letteralmente.

 

E’, quest’evasione dal mondo, l’olio benefico che il malato passa sulle sue parti piagate, fino a poterle – molto lentamente – cicatrizzare.

Come si trattasse di staccare un coltello che, altrimenti, continuerebbe ad affondare nella ferita.

 

Quando il tessuto mentale si è rifatto, il lavoro del delirio è compiuto e la mente può tornare ad affrontare, anche se gradualmente, la realtà.

 

Per far capire, inoltre, perché si soffre così atrocemente durante questa malattia, bisogna aggiungere che non tutto nel delirio è “evasione” dalla realtà interna-esterna: la consapevolezza di questa, infatti, non si spegne mai.

 

Posso testimoniare che anche nei momenti di più intenso vaneggiamento, la mia “parte sana”, ancora agganciata alla realtà, è sempre stata presente e vigile, pronta ad intervenire per salvarmi la vita.

 

Questa sofferenza straziante viene proprio dal continuo confronto, e immediato giudizio morale, che questa nostra parte stabilisce tra sé e la nostra parte pazza: la vergogna, il disorientamento logico, la paura che quest’assillante esame ci trasmette fino al panico, e al terrore totale che scuote tutto il nostro corpo, non sono facili da trasmettere.

 

Ma è proprio attraverso questa operazione di confronto, fatta ad ogni istante, fino allo stillicidio (quando maggiore è la lucidità), che la parte sana si recupera (se è abbastanza consistente, se “regge” la sofferenza, se ha “imparato” dall’esperienza e se ha un po’ di buona sorte, e la protezione degli dei).

 

Ho conosciuto una persona che viveva in delirio da più di vent’anni;  guardandola dall’esterno, “con i miei occhi miopi”, tipici “di colui che non sa”, non riuscivo a vedere in lei nessuna “consapevolezza”, quasi la sua parte sana avesse mollato gli ormeggi.

 

Questa esperienza mi porterebbe a dire che possono esistere delle persone in cui la parte sana si è addormentata per sempre, sfinita di troppo lottare.

Ma non riesco a credere che sia così: preferisco pensare che dipenda dalla precarietà dei nostri mezzi di osservazione e di intervento.

 

Quello che ho descritto, con gli strumenti a mia disposizione, è, in estrema sintesi, quanto so del delirio, così come l’ho potuto trarre dal mio vissuto.

Sarà difficile comunicare questa esperienza a chi non l’ha vissuta: un po’ come raccontare il gusto delle ciliegie a chi non le ha mai assaporate.

 

Molti altri aspetti si aggiungeranno andando avanti nella storia, ma questa è l’intelaiatura che mi guiderà nel racconto, anche se in seguito dovrò introdurre una nuova idea, quella che, nel mio linguaggio, chiamo il “nucleo del delirio”.

 

 

 

 

 

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1 risposta a VENERDI’ 14 SETTEMBRE ORE 8:08 QUALCOSA DEL DELIRIO: UN VECCHIO TESTO SCRITTO.

  1. D 'IMPORZANO DONATELLA scrive:

    Mi sembra che una cosa tanto difficile da raccontare agli altri, sia stata espressa in modo molto chiaro, semplice ed efficace. Do

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