15 MARZO 2013 ORE 16:33 UN TESTO, PUR SCHEMATIZZATO, CHE LASCIA INTUIRE QUALCOSA DI COSA SUCCEDE NELLE “CRISI”- SULL’ORIGINE DI UN CAPRO ESPIATORIO IN FUNZIONE DI UN ANNULLAMENTO DELLE NOSTRE RESPONSABILITA’. RENE’ GIRARD.

 

UNO STRALCIO DA WIKIPEDIA SUL PENSIERO DI RENE’ GIRARD NELL’ILLUSIONE CHE QUALCOSA SUGGERISCA.

 

WIKIPEDIA:

…….

Secondo René Girard ci sono tre stereotipi della persecuzione:

  • il primo è lo stereotipo della crisi, cioè dell’eclissi del culturale, la fine delle regole e delle “differenze” gerarchiche e funzionali che definiscono gli ordini culturali. Di fronte all’eclissi del culturale gli uomini però non si interessano alle sue cause originarie. Poiché la crisi è innanzitutto crisi del sociale, esiste una forte tendenza a spiegarla attraverso cause sociali e morali. Gli individui tendono a farsi folla indifferenziata e invece di incolpare se stessi tendono a incolpare la società nel suo insieme, portandoli al disimpegno, sia altri individui che sembrano loro particolarmente nocivi. I sospetti vengono accusati di un tipo particolare di crimini. I crimini più frequentemente invocati sono sempre quelli che trasgrediscono i tabù più rigorosi, relativamente alla cultura considerata: incestistupri, bestialità o crimini religiosi. Secondo Girard i persecutori finiscono per convincersi che un piccolo numero di individui, persino uno solo, possa rendersi estremamente nocivo all’intera società, malgrado la sua debolezza relativa. La folla per definizione cerca l’azione, ma non può agire sulle cause della crisi, cerca così una causa accessibile per sfogare la sua rabbia e in alcuni casi la sua violenza. L’opinione pubblica isterica, che ancora non si è fatta folla violenta, inverte il rapporto tra la situazione globale della società e la trasgressione individuale. Invece di vedere nel microcosmo individuale un riflesso o un’imitazione del livello globale, essa cerca nell’individuo la causa e l’origine di tutto ciò che la ferisce.
  • Il secondo stereotipo è quello delle accuse stereotipate: non importa che le persone accusate abbiano realmente commesso il crimine, importa la credenza nei loro confronti: ovvero non è necessario stabilire la prova.
  • Il terzo stereotipo invece riguarda l’appartenenza delle vittime della persecuzione a certe categorie di per sé già esposte a subirla. «Le minoranze etniche o religiose – scrive Girard – tendono a polarizzare contro di sé le maggioranze. (…) Non c’è quasi società che non sottometta le proprie minoranze, i propri gruppi mal integrati, o anche semplicemente distinti, a certe forme di discriminazione se non di persecuzione.»

Accanto ai criteri religiosi e culturali, ve ne sono di puramente fisici. La malattia, la follia, le deformità, l’infermità tendono a polarizzare i persecutori. Per esempio all’interno di una classe a scuola, ogni individuo che prova delle difficoltà di adattamento, lo straniero, il provinciale, l’orfano, il povero o semplicemente l’ultimo arrivato è più o meno a rischio di vittimizzazione e di essere considerato dagli altri un infermo. Quando l’opinione pubblica di un paese ha scelto le sue vittime in una certa categoria sociale, etnica o religiosa tende ad attribuire a questa le infermità e le deformità che rafforzano la polarizzazione. Questa tendenza sfocia poi in caricature razziste. Oltre a un’anormalità fisica vi è anche un’anormalità sociale in quanto è la media che definisce la norma. Più ci si allontana dallo statuto sociale più comune più aumentano i rischi di persecuzione. Infine Girard affronta la questione molto attuale di quando le differenze divengono motivo di discriminazione e persecuzione. «Non vi è cultura – scrive – all’interno della quale ciascuno non si senta differente dagli altri e non giudichi le differenze legittime e necessarie». Secondo Girard l’esaltazione contemporanea della differenza non è altro che l’espressione astratta di una maniera di vedere comune di tutte le culture.

« Non è mai la loro differenza specifica che si rimprovera alle minoranze religiose, etniche o nazionali; si rimprovera loro di non differenziarsi in modo opportuno, al limite di non differenziarsi affatto »

La persecuzione e l’odio si scatenano quando non è l’altro nomos che si vede nell’altro, ma l’anomalia, non è l’altra norma, ma l’anormalità; l’infermo si muta in deforme e lo straniero in apolide. Il non vedere l’altro come portatore di un sistema differente ma anormale non permette di poterlo distinguere come differente dal proprio sistema, ciò mette in crisi il sistema stesso perché non sa più come differenziarsi e rischia di cessare come sistema. Così le persecuzioni servono a chi le mette in atto anche solo verbalmente a riposizionarsi come gruppo minacciato dalla crisi identitaria del suo sistema che non sa più come differenziarsi dalle altre differenze.

 

 

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