MARCO CATTANEO, EDITORIALE, Il sonno fa bene. Ma perché dormiamo? –MENTE & CERVELLO, 28 MARZO 2014

28 marzo 2014
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Il sonno fa bene. Ma perché dormiamo?

Il sonno fa bene. Ma perché dormiamo?

L’editoriale del n.112 di Mente&Cervello, in edicola dal 28 marzo di Marco Cattaneo

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I delfini, e non solo loro, lo fanno con un occhio solo. Il polpo cambia addirittura colore, diventa di un grigio uniforme. L’ornitorinco lo fa per 14 ore al giorno, di cui otto in fase REM. Agli elefanti ne bastano due ore per notte, mentre i maschi degli uccelli piro piro ne fanno a meno anche per due settimane, durante la riproduzione, per proteggere le femmine. Parliamo del sonno, che nel regno animale è un’attività all’insegna del «famolo strano» quasi quanto il sesso: eppure, dagli animali da esperimento come il moscerino della frutta e il vermicello Caenorhabditis elegans fino ai grandi primati e all’uomo, pare che tutti i vertebrati abbiano bisogno di riposare, riducendo le attività metaboliche e alterando quelle cerebrali.

Ma perché dormiamo? Ecco, questo è tutt’altro che chiaro. Di certo c’è che il sonno porta vantaggi per la memoria e per l’apprendimento, come racconta Jason Castro a pagina 24. Ma nemmeno i meccanismi con cui agisce sono chiari. Secondo una teoria elaborata di recente da Giulio Tononi, uno dei massimi esperti mondiali del sonno, all’Università del Wisconsin, il sonno favorisce la flessibilità del cervello indebolendo le connessioni neurali. E favorendo in questo modo l’eliminazione delle connessioni inutili o superflue. Altri scienziati però preferiscono continuare ad affidarsi alla teoria classica, secondo la quale il sonno favorirebbe il consolidamento delle connessioni. Ci vorranno dunque ricerche più approfondite, per verificare quale delle due ipotesi sia corretta.

Più chiaro, invece, è che l’insonnia – di cui soffre occasionalmente fino a un terzo della popolazione mondiale, come sottolinea Francesco Cro a pagina 30 – sia dannosa per la salute fisica e mentale. Chi soffre di insonnia può «andare incontro a problemi emotivi o psicologici, a difficoltà lavorative e a un maggior rischio di incidenti». E in più la mancanza di sonno abbassa la tolleranza al dolore e favorisce l’insorgenza di stati patologici quali ipertensione, obesità, diabete. Quando dura per più di un mese, l’insonnia diventa cronica – accade all’incirca in una persona su dieci – e richiede un intervento terapeutico.

La cattiva notizia è che in genere ci si rivolge al medico di famiglia e si finisce per ricorrere, magari anche saltuariamente, al classico sonnifero, il cui consumo è in continuo aumento. La buona notizia è che si può farne a meno. Il primo presidio terapeutico per l’insonnia, spiega ancora Cro, dovrebbe essere la terapia psicologica, con l’educazione al sonno, e in particolare alla fase di addormentamento. E di solito è più che sufficiente. Il problema è che pochi vi si affidano, mentre la maggioranza finisce per dipendere, soprattutto in tarda età, dalla pillola quotidiana.

E invece forse sarebbe proprio il caso di affrontarlo con gli strumenti della mente, quello stato enigmatico e affascinante della nostra esistenza che è il sonno. Anche se continueremo per un bel po’ a chiederci perché dormiamo.

 

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