«L’amicizia è guardare da lontano e senza accostarsi»
Simone Weil nel 1921 —–con questo sguardo “importante”…se non sbaglio troppo i calcoli…nasce nel 1909…avrebbe nel ’21 —12 anni?
La sua complessa figura, accostata in seguito a quelle dei santi, è divenuta celebre anche grazie allo zelo editoriale di Albert Camus, che dopo la morte di lei, a soli 34 anni, ne ha divulgato e promosso le opere, i cui argomenti spaziano dall’etica alla filosofia politica, dalla metafisica all’estetica, comprendendo alcuni testi poetici.
Uno scorcio della Parigi del 1909, anno di nascita della Weil. Pensando all’incontro fra suo padre e sua madre, scriverà: «C’è forse una sola cosa in me che non abbia la sua origine in quell’incontro? Solo Iddio. E anche la mia idea di Dio ha la sua origine in quell’incontro».[1]
Eugène Galien-Laloue – Christie’s, LotFinder: entry 1777389
Paris, Boulevard St. Martin – Matinée à L’Ambigu. Signed E. Galien-Laloue; inscribed as titled and dated 1909 (on the reverse). Gouache and watercolor on paper, 18.5 x 31.3 cm
Figlia di un medico di origini ebraiche, l’alsaziano Bernard Weil, e della russo–belga Selma Reinherz, entrambi agnostici, Simone Weil nasce il 3 febbraio 1909 a Parigi. Riceve un’istruzione laica, raffinata e dal respiro internazionale, ma severa.[2] Già a cinque anni e mezzo, rabbrividendo mentre sua madre la lava in novembre nella casa priva di riscaldamento, ripete a se stessa le parole di Turenne: «Che hai da tremare, carcassa?».[3] Scriverà di questo periodo, trascorso con il fratello:
« Eravamo una famiglia molto unita […]. Nostra madre, per tutta la durata della guerra 14-18, volle seguire nostro padre in tutti i suoi spostamenti. Facevamo un trimestre qui, un trimestre là; abbiamo preso delle lezioni private, delle lezioni per corrispondenza, e ciò ci ha permesso di essere molto più avanti negli studi dei nostri coetanei che avevano seguito i corsi normali.[4] » |
A nove anni viene premiata come migliore della classe, ma non può partecipare alla cerimonia perché ammalata di pertosse. A dieci anni rimane impressionata da come iltrattato di Versailles aveva umiliato il nemico sconfitto, tanto da sviluppare, sin da bambina, una vena critica verso il patriottismo e una istintiva indignazione verso ogni forma di costrizione. Durante tutto l’anno scolastico 1920–21 i genitori le fanno prendere lezioni in casa perché convinti che sia troppo debole per frequentare la scuola.[5] Così ne presenterà l’infanzia il critico letterario Pietro Citati:
« Sembra di trovarci, trent’anni più tardi, nella famiglia di Proust. C’è lo stesso profumo ebraico: qui più antico e profondo, perché la famiglia della madre veniva dalla Galizia. C’è lo stesso sapore di Francia borghese […]. Aveva occhi neri che fissavano arditamente, con una curiosità appassionata e indiscreta, un’avidità quasi intollerabile; e che parevano contraddetti dalla piega implorante delle labbra. […] Era piena di rifiuti, di disgusti e di ribrezzi. Non voleva essere toccata né abbracciata; e se qualcuno, persino la madre, le posava un bacio sulla fronte o allungava le braccia intorno alle sue spalle, diventava rossa di collera.[6] » |
Chiostro liceale frequentato dalla Weil, che scriverà: «Ciò che vale è unicamente la veglia, l’attesa, l’attenzione. Fortunati dunque coloro che dedicano l’adolescenza e la gioventù soltanto a sviluppare questo potere d’attenzione».[7]
Myself – Personnal
Lycée Henri-IV