16:30 (note in fondo)– Migranti e informazione: non facciamoci travolgere dal cinismo e dalla demagogia di GIUSEPPE GIULIETTI

 

CARTA DI ROMA. org

 

La rottura del rapporto

tra parole e fatti– di Giuseppe Giulietti


Pubblicato da: associazionecartadiromail 19 agosto 2015in: NotizieNessun Commento 

La rottura del rapporto tra parole e fatti

Articolo 21 aderisce alla proposta di aprire un confronto per ridare significato e forza ai principi deontologici che rischiano di essere travolti dalla demagogia

Rilanciamo l’editoriale di Giuseppe Giulietti per Articolo 21 nel quale, a partire dalla riflessione di Valerio Cataldi e dalla presa di posizione dell’Usigrai, la testata ribadisce la sua volontà di promuovere il dibattito all’interno e all’esterno delle redazioni per rinnovare il significato e la forza della Carta dei doveri del giornalista.

Migranti e informazione: non facciamoci travolgere dal cinismo e dalla demagogia

Di Giuseppe Giulietti

«L’invasione è uno stato d’animo, non la realtà». Sono parole di Valerio Cataldi, apprezzato e coraggioso inviato del Tg2, nel suo editoriale pubblicato da Articolo 21. Si riferiscono alle modalità di racconto e di descrizione della cosiddetta “invasione” dei migranti, di quella “ondata senza fine” o “esodo biblico”, per restare nei luoghi comuni, che ogni giorno segnano le aperture dei media nazionali, ed in particolare dei tg, pubblici e privati, anche se le eccezioni non mancano.

Cataldi, da esperto conoscitore della materia ci segnala che i dati, forniti dal Viminale e relativi agli arrivi, indicano una diminuzione del fenomeno, anche perché molti di loro, una volta arrivati in Italia, ripartono per il Nord Europa. Questo dato, ufficiale, viene quasi sempre omesso e comunque non viene riportato con la necessaria evidenza, quasi fosse uno sgradevole particolare, non in linea con l’industria della paura. Eppure basterebbe riportarlo, magari a corredo di ogni servizio sulle “invasioni”. Allo stesso modo sono diventati titoli, capaci di produrre odio e livore, anche le panzane su ebola, la diffusione della tubercolosi, i 40 euro al giorno regalati ad ogni disperato, per non parlare dei campi di prigionia descritti come resort a cinque stelle. Queste leggende metropolitane hanno contribuito e contribuiscono non poco a creare un clima, ad espandere in modo artificioso la paura e preparano il terreno, spesso in modo inconsapevole, all’industria della paura e del razzismo.

Non si tratta di censurare qualcosa o qualcuno, e tanto meno di nascondere il malessere sociale, le questioni poste dall’immigrazione, lo scontro tra antiche e nuove povertà, le contraddizioni presenti anche nelle politiche della accoglienza e della integrazione, ma un conto è descrivere e comprendere le paure e dare loro rappresentazione politica e mediatica, altro è invece soffiare sul fuoco, usare il linguaggio dell’odio, nascondere i dati, inquinare i pozzi della civile convivenza.

Dati alla mano i costruttori di muri e i propagandisti dell’odio hanno tempi televisivi infinitamente superiori a chi tenta di realizzare i ponti del dialogo e della integrazione possibile. Queste scelte, editoriali, ancor prima che politiche hanno un peso determinante nell’amplificazione delle paure, pur legittime, di milioni di cittadini. Le riflessioni di Valerio Cataldi coincidono con quelle di un altro giornalista, Roberto Reale che lavora a Venezia ed ora insegna alla Università  di Padova.

Reale, autore del libro “Oltre la notizia” e da sempre attento alla ricerche sul rapporto tra fonti, testo e contesto, ci ha segnalato che, anche quest’anno, i reati, cifre ufficiali alla mano  sono calati del 9%, le rapine del 12%, i furti del 5,6%.

Viviamo allora in un paradiso? Certamente no. Non esiste un problema di criminalità e microcriminalità? Neppure per idea. Bisogna eliminare la cronaca nera dai media, tesi cara anche al cavalier Mussolini? Ci mancherebbe altro, detto per inciso, non accetteremmo mai una legge o una direttiva che dovesse dettare cosa e come scrivere.

Tutto ciò premesso si potrà almeno discutere del

 

 

rapporto tra fatti e parole?

 

Perché l’ultimo furto in villa diventa una notizia e i dati reali sulla criminalità no? Perché mai cinque delitti possono riempire l’intero palinsesto, anche pubblico, e mille morti sul lavoro non fanno notizia, soprattutto se queste vittime sono straniere e magari muoiono mentre stanno raccogliendo i pomodori nei campi di Puglia a 3 euro all’ora? La risposta non è difficile: la cronaca nera corrisponde alla spirito dei tempi e sollecita il pugno duro, le morti sul lavoro chiamano in causa la questione sociale e sollecitano altri valori e altre risposte.

La progressiva rottura del rapporto tra fatti e parole, qui denunciata da Valerio Cataldi e da Roberto Reale, non possono non suscitare una riflessione all’interno della professione, delle redazioni, dei suoi istituti di categoria. Non si tratta di vietare qualcosa, ma di tornare a riflettere sui fini del giornalismo, sull’uso delle fonti, sul rigore del linguaggio, sul diritto di prendere posizione, ma anche sul dovere di non nascondere i fatti. Proprio perché siamo contrari ad ogni norma bavaglio di qualsiasi natura e colore, dobbiamo ora affrontare con altrettanta determinazione questi temi. Per altro i doveri del giornalista sono già racchiusi nelle carte deontologiche nei contratti, nulla di piú, nulla di meno. Quello che manca non sono le regole, ma una tensione che sappia farle vivere ogni giorno, anche quando questo dovesse richiedere qualche salutare discussione dentro le redazioni.

Per queste ragioni Articolo 21 aderisce alla proposta di Valerio Cataldi di aprire una discussione sul tema, magari uscente dai confini della sola “corporazione” e coinvolgendo associazioni quali la Carta di Roma e Redattore sociale, che stanno svolgendo un lavoro quotidiano e prezioso, ma anche ricercatori, università, il mondo del volontariato e dell’associazionismo, quanti hanno a cuore i valori racchiusi nell’articolo 21 della Costituzione. Questo percorso sarà tanto più proficuo, se sarà condotto coinvolgendo la Federazione della Stampa, l’Ordine dei giornalisti, le loro articolazioni regionali, i comitati di redazione, le colleghe e i colleghi interessati a tornare a riflettere non solo sui diritti del giornalista, ma anche sui doveri che fondano il patto di lealtà con il cittadino lettore o spettatore.

In questa direzione va la riflessione qui sviluppata dal segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani e la richiesta di confronto con il nuovo gruppo dirigente della Rai.

Nel 1993 iniziò un lungo confronto che approdò poi alla stesura della Carta dei doveri, ancora oggi testo di riferimento per tutti i giornalisti. Oltre 20 anni dopo, bisognerà ripartire da quel testo, non tanto per scrivere altre carte ed altre norme, ma almeno per ridare significato, forza e rinnovata passione civile a valori e principi che rischiano di essere travolti dal cinismo e dalla demagogia.

 

 

USIGrai–è il sindacato dei giornalisti della Rai (servizio pubblico)

 

L’Inpgi, ovvero l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani

 

 

La logica dei numeri, il servizio pubblico e la macchina della paura – di Valerio Castaldi (citato da Giulietti)–vedi nel link

http://www.usigrai.it/la-logica-dei-numeri-il-servizio-pubblico-e-la-macchina-della-paura/

See more at: http://www.usigrai.it/#sthash.okkVo5UW.dpuf

 

 

 

 

 

 

 

http://www.cartadiroma.org/news/la-rottura-del-rapporto-tra-parole-e-fatti/

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2 risposte a 16:30 (note in fondo)– Migranti e informazione: non facciamoci travolgere dal cinismo e dalla demagogia di GIUSEPPE GIULIETTI

  1. Donatella scrive:

    Sono perfettamente d’accordo con questo articolo. E’ enorme l’influenza delle TV, radio, giornali. Solo un giornalismo libero ed etico ( come tutto del resto, dalle persone alle istituzioni) può garantire una reale informazione dei cittadini, mentre la scuola pubblica dovrebbe tendere alla formazione di individui liberi e informati sul presente e sul passato. Sembra di essere retorici, ma se ne sente un gran bisogno.

    A proposito di informazione: ieri mercoledì 19 agosto abbiamo visto su RAI STORIA alle ore 21,35 ” Diario del saccheggio”. Si riferiva al saccheggio dell’Argentina,perpetrato dalle multinazionali. Era accurato e si soffermava soprattutto sui governi “democratici” dopo la dittatura, che tante speranze avevano diffuso. Personaggi veramente spregevoli i governanti, che non hanno fatto che continuare la spogliazione del popolo argentino, iniziata da sempre. Davvero, meriterebbe di essere visto, perché parla di procedimenti a cui stiamo assistendo anche in Italia: potere quasi esclusivo all’esecutivo, aumento delle tasse alle fasce più povere, eliminazione della classe media, divario crescente tra i pochi ricchi a dismisura e la grande maggioranza della popolazione, delegittimazione della magistratura, ecc. Il mezzo per arrivare a tutto ciò e riuscirci sono i prestiti. Le grandi potenze finanziarie, tra cui il FMI, si comportano come gli strozzini. Ti danno i prestiti, chiesti magari da una classe politica corrotta, prestiti che poi si dovranno restituire con interessi altissimi, il tutto pagato con l’innalzamento delle tasse alle fasce medio-basse. I prestiti iniziali, chiesti per fare opere o riforme, vengono intascati dalla cricca dei politici e dei grandi commis di stato. Comunque, per dare una speranza, Alfonsin e Menem sono stati accusati e portati in tribunale, ma a quale prezzo! Se puoi guardalo, perché ne vale davvero la pena.

  2. Donatella scrive:

    Per quanto riguarda l’intervento di Mons. Galantino nei confronti della politica e in particolare su come viene considerata e trattata l’immigrazione, penso che sia giusto il suo intervento. Sono in ballo posizioni di fondo, principi morali e non singole leggi, neppure principi religiosi, ma principi che sono fondamento di una società e, senza esagerare, dell’intera umanità. Dire che chi fa politica fa parte di un harem di nominati e di arrivisti è sotto gli occhi di tutti noi e credo che molti abbiano apprezzato questo linguaggio finalmente chiaro. Che i migranti siano soprattutto persone bisognose di aiuto, come del resto potremmo essere noi in qualsiasi momento, mi sembra volere sottolineare una umanità che ci accomuna tutti quanti. Per questi motivi soprattutto considero positiva la presa di posizione di Galantino. Certo, dice cose che risuonano positivamente in tanti di noi e lo dice con l’autorità che gli proviene dalla Chiesa. Ma dice cose che sono dell’umanità.

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