Edizione del 16 settembre 2015
• aggiornata oggi alle 23:43
Poveri, questi sconosciuti per Renzi
Welfare. La Caritas striglia il governo Renzi: il bonus degli 80 euro, il taglio della Tasi e il Jobs Act sono «avanzamenti marginali» nella lotta all’indigenza e confermano la disattenzione della politica italiana verso i più deboli. Poletti e De Vincenti: il governo si impegna per un «Piano nazionale di contrasto all’esclusione sociale» da finanziare in legge di stabilità
Roberto Ciccarelli ROMA
La Caritas boccia il governo Renzi sulle politiche di contrasto alla povertà. «Il poco non è meglio del niente»: è il motto usato dall’organismo pastorale della Cei per stigmatizzare l’atteggiamento del Presidente del Consiglio, come anche dei suoi predecessori. Nel secondo rapporto sulla povertà, presentato ieri a Roma, la Caritas sostiene che non basta il bonus degli 80 euro per sollevare le sorti di chi si trova nell’indigenza.
La principale misura adottata da Renzi a esclusivo beneficio del lavoro dipendente ha avuto un impatto marginale sulgli individui in povertà assoluta che, dall’inizio della crisi, sono aumentati da 1,8 milioni a 4,1 milioni del 2014. Più significativo, ma insufficiente, è stato l’effetto dei 9,4 miliardi di euro annui stanziati per il provvedimento su quelle in povertà relativa dove è più frequente la presenza di lavoratori.
Gli altri interventi di Renzi – bonus bebé, quello per le famiglie numerose e l’Asdi istituito dal Jobs Act e riservato solo agli ex lavoratori – sono stati definiti «avanzamenti marginali» che non si discostano «in misura sostanziale» dagli interventi precedenti e confermano la «tradizionale disattenzione della politica italiana nei confronti delle fasce più deboli». Anche l’abolizione della Tasi, o la riduzione dell’Irpef, incideranno poco o nulla su questi nuclei che per lo più sono incapienti. «La ricaduta sugli indigenti sarà irrilevante dato che la gran parte è incapiente.Tra il 5% di famiglie con il reddito più basso, tutte in povertà assoluta, meno del 10% del totale paga l’Irpef» precisa la Caritas.
Una strigliata che ha innervosito non poco il governo che ha tuttavia rinnovato l’impegno di un Piano nazionale di contrasto alla povertà. Tale piano dovrebbe adottare il Reddito di inclusione (Reis) proposto dall’Alleanza contro le povertà di cui la Caritas fa parte insieme alle Acli e a Cgil-Cisl-Uil. Si tratta di una misura nazionale rivolta a tutte le famiglie che vivono la povertà assoluta in Italia e non agli individui in difficoltà economica, disoccupati, precari o famiglie monogenitoriali come è invece il reddito minimo fermo in commissione lavoro al Senato, anche per la difficoltà delle forze politiche proponenti (Sel e Movimento Cinque Stelle) a trovare un accordo sull’unificazione delle rispettive proposte in un solo testo.
Nel mezzo resta la campagna di Libera e del Bin-Italia sul «reddito di dignità» che sta cercando di trovare punti di contatto tra le proposte e ha lanciato, tra l’altro, la manifestazione nazionale del 17 ottobre contro la povertà e per il reddito minimo. Il costo economico di questa misura oscilla dai 14 ai 21 miliardi di euro annui (stime Istat) e presuppone una riforma del Welfare in senso universalistico e della cassa integrazione in deroga. Il Reis, invece, è un sussidio aggiuntivo che andrebbe a razionalizzare quelli esistenti, nella speranza di aumentare la spesa sociale tagliata drasticamente negli anni dell’austerità. Per il direttore di Caritas, don Francesco Soddu, il Reis «è da preferire al reddito minimo perché è una misura stabile, incrementale, sostenibile e sussidiaria». Questa differenza dev’essere tenuta in conto perché segnerà il dibattito nei prossimi mesi, in attesa della definizione della legge di stabilità. Il governo si approprierà di una misura giusta, ma insufficiente rispetto al drammatico quadro sociale e occupazionale descritto anche dal rapporto della Caritas, declinandola nella formula del «Sia», il sostegno di inclusione attiva voluto da Letta e non paragonabile al Reis della Caritas e tanto meno al reddito minimo. Così Renzi potrà dire di avere fatto qualcosa per i poveri, sottraendo al Movimento Cinque Stelle e alle sinistre un’arma dialettica efficace.La Caritas rischia così di essere strumentalizzata.
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