LA FATICA DI DIVENTARE GRANDI – —EINAUDI 2014 –AUTORI : UNO PSICOANALISTA PSICHIATRA PIETROPOLLI CHARMET E UN ANTROPOLOGO MARCO AIME–DA LA STAMPA, UNA PRESENTAZIONE—MI SCUSO PER LA MONOTONIA, ma ci pare a leggiucchiare una cosa in più salse, qualcosa ci rimanga…VOI?

 

 

 

TEMI SPESSI, LEGGIAMO CON UNA MUSICA CHE CI ALLEGGERISCA…SIETE D’ACCORDO? SE VOLETE CI SONO VARI REQUIEM BELLISSIMI...

 

Padri assenti, figli disorientati. La fatica di diventare grandi

La fatica di diventare grandi

 

Un antropologo e uno psicanalista denunciano in un libro che la nostra società ha abolito i «riti di passaggio»

 

 

 

 

QUI, VOLENDO, TROVATE UN ESTRATTO : L’INTRODUZIONE—
CHIARA SOSTIENE CHE E’ MEGLIO FARSENE UN’IDEA DA SOLI E POI LEGGERE LA PRESENTAZIONE, PER APPRENDERE A TIRAR FUORI QUALCOSA DI NOSTRO PRIMA DI TUTTO!

http://www.einaudi.it/var/einaudi/contenuto/extra/978880621997PCA.pdf

 

 

   Marco Aime al Workshop Wikiafrica di Mantova: Frontiere
Nasce a Torino nel 1956

 

GIUSEPPE CULICCHIA—–AUTORE DELL’ARTICOLO  

NASCE A TORINO NEL 1965—scrittore e traduttore italiano

 

Viviamo in un’epoca in cui, non solo in Italia, non solo in Europa, non solo in Occidente, le città sono sempre più pensate alla stregua di luoghi d’intrattenimento: come scriveva all’alba del nuovo millennio Bruce Bégout inZeropoli. Las Vegas, città del nulla (Bollati Boringhieri 2002), l’urbe nel deserto del Nevada è organizzata in funzione del divertimento e dello shopping, e prevede un’animazione che non conosce soste, come usa dire h24, con architetture va da sé assai kitsch capaci di mixare seduzione commerciale e immaginario infantile, «offerta rituale al dio Divertimento e cimitero di insegne, trasfigurazione del banale e infinita variazione sul tema, sublimazione del grottesco al di là del bello e del brutto, Sogno Americano». 

Ed è proprio a questo modello di città non più fortezza o polo commerciale o industriale ma vero e proprio parco giochi in stile Disneyland, nel frattempo esportato nel resto del globo con la complicità di costruttori e «archistar», che fa pensare La fatica di diventare grandi, sottotitolo La scomparsa dei riti di passaggio, volume scritto per Einaudi dall’antropologo torinese Marco Aime e dallo psicanalista e psichiatra veneziano Gustavo Pietropolli Charmet. Il tema ricorre ormai da lustri non solo tra gli specialisti delle summenzionate discipline ma anche tra ordinarie pierre all’ora dell’apericena e casalinghe più o meno disperate: ormai gli adulti vivono come adolescenti, e gli adolescenti sembrano già adulti. Basta farsi un giro su Facebook o al più vicino centro commerciale, gli esempi non si contano. Al punto che non di rado ormai non pochi figli si preoccupano dei rispettivi genitori, ovviamente separati o in via di. Non perché questi ultimi abbiano superato l’ottantina o siano invalidi, ma perché dall’alto dei loro, anzi dei nostri quaranta o cinquant’anni non ci limitiamo a vestirci e acconciarci da ragazzini, ma ci comportiamo davvero come tali. Di modo che la prole, magari neppure maggiorenne, si rivela capace di dispensarci consigli non richiesti, tipo: «Papà, ma non lo vedi che quella che tu chiami la tua nuova fidanzata è una ragazzina narcisista che ti sta solo usando?». Ecco.  

 

 

Marco Aime, che prende le mosse dal concetto stesso di tempo, rileva come rispetto a qualche decennio fa, quando lo status degli anziani era ridimensionato dalla loro espulsione dal ciclo produttivo, le cose siano cambiate – gli ultra-sessantenni oggi sono ancora attivi, e detengono la maggior parte del patrimonio – e sottolinea come in realtà sia sempre stato importante evidenziare le differenze tra giovani e adulti. Non a caso, in ogni epoca e in ogni società sono nati riti di passaggio che segnavano la fine di un’età e l’inizio della successiva, e che erano allo stesso tempo una frattura e un segno di continuità all’interno di un quadro sociale condiviso. Da qui le prove iniziatiche a cui da sempre sono stati sottoposti gli adolescenti.  

Ma come sostiene l’antropologo africanista Max Gluckman, più le società diventano complesse, meno sono ritualizzate. E dunque, in casa nostra, ecco l’eclissarsi di riti di passaggio quali il servizio militare, il fidanzamento e il matrimonio. Preceduti dalla comparsa di una nuova categoria sociale: i «giovani». Buoni per fare la guerra – vedi la nascita di organizzazioni quali la Hitlerjugend o i Balilla negli anni Trenta del Novecento – oppure per fare shopping, così come vuole fin dagli anni Sessanta la cosiddetta civiltà dei consumi. Con i jeans e la minigonna, per la prima volta nella storia dell’Umanità i giovani marcavano una differenza rispetto al mondo degli adulti. Poi la mutazione, colta già da Giorgio Gaber. Vedi I padri tuoi: «Che sembrano studenti un po’ invecchiati non hanno mai creduto nel mito del mestiere del padre e nella loro autorità». Compare così sulla scena il personaggio del genitore «amico» dei figli, all’insegna di un’indulgenza programmatica che arriva al «facciamoci una canna assieme» e prevede che il padre o la madre si precipitino a scuola per aggredire gli insegnanti rei di aver dato un brutto voto o di aver punito il figlio/amico. Intanto, la tivù ha del tutto abdicato al ruolo pedagogico per diventare pura fonte d’intrattenimento. Quanto alle moderne tecnologie, quanti sono gli adulti che dipendono dai figli, quando si tratta di usarle? 

 

 

«Meno regole e meno punizioni»: ecco il motto dei nuovi genitori secondo Pietropolli Charmet. Dal padre etico, che aveva funzioni educative e di controllo, si è passati al padre che accudisce: salvo poi constatare come il figlio soffra non poco a causa dell’assenza o dell’evanescenza del padre medesimo.

 

continua nel link:

http://www.lastampa.it/2014/10/19/cultura/padri-assenti-figli-disorientati-la-fatica-di-diventare-grandi-hYMUejkegMvcmNuXYwHlkI/pagina.html?message2=signup_error#form2

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