REP. 11-02-2018—PAOLO GRISERI INTERVISTA IL DIRETTORE DEL MUSEO EGIZIO DI TORINO CHRISTIAN GRECO CHE HA DECISO UNO SCONTO FINO A MARZO PER GLI ABITANTI DI TORINO CHE PARLANO ARABO ALLO SCOPO DI PROMUOVERE UNA LORO MAGGIORE INTEGRAZIONE…sotto: il mercato di Porta Palazzo

 

 

Intervista

Il direttore dell’Egizio

“Lo sconto agli arabi è un gesto di dialogo portare qui migranti serve a integrarli”
PAOLO GRISERI,

 TORINO

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Christian Greco (Arzignano (Vicenza),  1975) è un egittologo italiano.

È stato docente universitario del corso “Egyptian funerary archaeology and archeology of Nubia and the Sudan” all’università di Leida. Dal 2014 è membro del Comitato Tecnico-Scientifico per i Beni Archeologici del MIBACT ed è Direttore della Fondazione Museo egizio di Torino.

 

Il video della sua discussione con Giorgia Meloni sta scalando le classifiche del web. Soprattutto quando le ribatte: «Chi parla arabo è musulmano? Lei lo sa che ci sono 15 milioni di cristiani copti in Egitto?». Il giorno dopo Christian Greco, 42 anni, direttore del Museo Egizio di Torino, rilancia: «La cultura è di tutti e mio compito è quello di abbattere i muri. A Torino ci sono decine di migliaia di cittadini che parlano arabo. Non escludo di portare un giorno una parte del museo a Porta Palazzo, il mercato multietnico della città».

Greco, non si vedono molti intellettuali scendere in strada a contestare un politico. Perché l’ha fatto?

«Le confesso, all’inizio non volevo.

Per settimane sono stato zitto. La nostra campagna promozionale nei confronti della comunità araba ha scatenato strumentalizzazioni di ogni tipo. Non abbiamo mai reagito».

Perché venerdì ha cambiato atteggiamento?

«Se un gruppo politico viene davanti al museo e cerca di strumentalizzare una nostra iniziativa io scendo e spiego il nostro punto di vista. È ciò che ho fatto».

Lei ha girato il mondo.

Prevedeva qui una polemica così violenta?

«È l’aspetto che mi ha rattristato di più. Mi ha molto ferito il fatto che non venisse compreso il senso di ciò che stavamo facendo. Mi rattrista profondamente che in questo Paese ci sia chi si oppone ad un serio discorso di integrazione».

In qualche modo sembra la reazione agli effetti della globalizzazione anche in campo culturale. Non trova?

«Torno ora da Pavia dove tengo lezioni di storia antica. Una delle leggende che si studiano è quella del viaggio di Unamon. Un egiziano mandato in missione in Libano a comperare il legname necessario alla costruzione della barca del dio Amon. Unamon attraversa mille peripezie e quando arriva a Cipro annota nel suo diario: “Finalmente incontro qualcuno che parla egiziano”. Il mondo era globale anche allora».

E infatti scoppiavano le guerre…

«Compito della cultura è sempre stato quello di integrare i mondi diversi. Platone diceva che un vero intellettuale non era tale se non aveva soggiornato un periodo in Egitto per conoscerne la cultura, ben differente da quella greca».

Per questo lei ha deciso gli sconti ai torinesi che parlano arabo?

«Siamo un gruppo di lavoro affiatato che pone la ricerca scientifica e l’integrazione al centro del suo lavoro. Con la presidente Christillin ci sforziamo di seguire l’insegnamento di Philippe de Montebello, per trent’anni direttore del Metropolitan di New York. Lui sostiene che nessun museo deve pensare di poter esistere immobile per diritto divino. Un museo deve essere una istituzione viva che si conquista un posto nella società in cui è inserito. Il parco archeologico di Ostia, per fare un esempio, organizza incontri sulla legalità. Se per gli immigrati torinesi lo scalino d’ingresso del nostro museo è troppo alto, è nostro compito provare ad abbassarlo».

Anche correndo il rischio di finire nel tritacarne di una campagna elettorale?

«Certo. Un museo è un’istituzione politica in senso ampio, appartiene alla comunità e a quella comunità tutta risponde.

La nostra collezione è un bene universale».

L’accusa è di aver privilegiato chi parla arabo. Come risponde?

«Periodicamente facciamo promozioni riservate a particolari gruppi di cittadini. Il giovedì gli studenti entrano pagando 4 euro.

Dovrebbero insorgere gli altri cittadini che ne pagano 13? La promozione per chi parla arabo dura tre mesi e prevede uno sconto di 6,5 euro. Perché nessuno ha protestato contro la promozione che prevede l’ingresso gratis alle coppie il 14 febbraio? Dobbiamo mettere in conto una rivolte dei single? La soluzione sarebbe quella di istituire l’ingresso gratis per tutti, come accade nel mondo anglosassone. Ma per farlo è necessario che ci siano fondazioni private con donazioni benefiche per sovvenzionare il museo. Forse da noi è ancora prematuro solo immaginarlo».

Lei si sente filoarabo? Filoegiziano?

«Noi siamo un museo di tutti.

Abbiamo un rapporto proficuo con il governo del Cairo ma siamo anche l’unico museo egizio al mondo che ha dedicato una sala alla memoria di Giulio Regeni. La nostra collezione è egiziana: noi abbiamo l’onore di ospitarla e il dovere di farla conoscere nel mondo. Abbiamo in questo momento mostre itineranti in Cina e in Russia».

Ne farete anche nei luoghi dove è più forte l’immigrazione egiziana in Italia? Come, per rimanere a Torino, il mercato di Porta Palazzo?

«Perché no? Sarebbe un gesto di grande valore simbolico. Quello di Porta Palazzo è uno dei mercati all’aperto più importanti d’Europa. Già oggi, grazie al contributo della Compagnia di San Paolo, abbiamo mediatrici culturali che accolgono i visitatori di lingua araba».

Al termine del vostro scambio di idee lei ha invitato Meloni a visitare il museo e le ha anche dato un biglietto. Lei lo ha utilizzato?

«Ha detto che avrebbe visitato il nostro museo in un secondo momento. Naturalmente, io l’aspetto».

 

IL MERCATO DI PORTA PALAZZO, QUARTIERE ” IL BALON “

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IL MERCATO DI PORTA PALAZZO VA AL CINEMA…

Cinema al Mercato

CIBO E CINEMA A PORTA PALAZZO

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