ROBERTO RHO, REP. 10-05-2018, pag. 11 :: MONFALCONE, INCIDENTI SUL LAVORO::: SOLO UN DIPENDENTE SU QUATTRO DIPENDE DIRETTAMENTE DALLA FINCANTIERI, COSI’ DIMINUISCE LA SICUREZZA

 

 

Monfalcone

Meno incidenti ma 4 morti in 10 anni

Solo uno su quattro è un dipendente così cala la sicurezza

ROBERTO RHO

 

I uko Jerco, 41 anni, croato, morto schiacciato tra due lamiere nella linea-blocchi, aprile 2008. Mauro Sorgo, ucciso dal guasto di una portastagna a bordo della Ruby Princess, ottobre 2008. Ismail Mia, 22 anni, bengalese, precipitato nell’apertura di un tubo di ventilazione, febbraio 2011. Sinisa Brankovic, 40 anni, bosniaco, schiantato dopo un volo di 18 metri nel vuoto, 1° marzo dello scorso anno. Matteo Smoilis, 19 anni, di Fiumicello (Udine), stroncato ieri da un carico di 700 chili. Giovani, forti, assennati. Eppure la contabilità dei morti nel cantiere navale di Monfalcone deve segnare un altro numero, un altro nome, un’altra storia. Questa volta perfino più tragica, perché ha perso la vita un ragazzo di 19 anni, davanti agli occhi atterriti del padre e del fratello che operavano nel bacino, dove si assembla una delle gigantesche navi che tra pochi mesi porteranno in crociera per i mari famigliole in vacanza e giovani coppie in viaggio di nozze.

Come si poteva evitare questa ennesima tragedia? Le norme di sicurezza sono state rispettate, il lavoratore era correttamente equipaggiato, i macchinari efficienti? Quella operazione era davvero necessaria ed è stata svolta in condizioni di sicurezza?

Sono domande legittime, ma per le risposte bisognerà aspettare gli esiti dell’inchiesta. Qualche fatto e qualche numero, però, possono aiutare a capire come si lavora dentro quell’enorme stabilimento, 750mila metri quadrati, dove si confezionano prodotti di dimensioni colossali. E il paradosso è che li si costruisce quasi solo con le mani.

La sensazione quando si entra è che le regole di sicurezza, perlomeno le più elementari, siano rispettate. Caschi, scarpe anti infortunistiche, imbragature, cinture. Più complicato a occhio nudo rendersi conto se l’attenzione sia costante in tutti i passaggi del processo produttivo.

Un protocollo per la sicurezza è stato redatto negli anni scorsi: secondo i dati di Fincantieri dal 2010 a fine 2017 ha prodotto un drastico ridimensionamento degli incidenti (-74%). Non è bastato a fermare per sempre la contabilità dei morti sul lavoro: due negli ultimi 14 mesi. Le vite perdute di Sinisa e Matteo impongono di affrontare daccapo il tema della sicurezza nel cantiere, di scovare le falle nelle procedure, se ce ne sono, di aumentare i controlli.

Soprattutto, di ripensare l’organizzazione di quella lunga filiera, in gran parte affidata in appalto a imprese esterne: dei 6mila lavoratori del cantiere solo 1.500 sono dipendenti Fincantieri.

È evidente che la frammentazione complica la delicata questione della sicurezza: se nel cantiere entrano ogni giorno migliaia di lavoratori sempre diversi (e quanti precari?) tutte le buone intenzioni e perfino le buone prassi in termini di rispetto delle regole, prevenzione e formazione vengono messe a dura prova. Un conto è formare e “allenare” all’attenzione un dipendente, altro conto è ottenere la stessa applicazione da chi dipendente non è, svolge nel cantiere solo una parte del proprio lavoro (per non dire degli occasionali), con le regole ha una consuetudine più disinvolta e magari lavora sotto il ricatto di tempi e costi da tagliare.

Si torna al tema cruciale per il cantiere navale e per l’intera città di Monfalcone: la filiera di appalti e subappalti. Da cui deriva il delicatissimo mix sociale (i 4.500 lavoratori dell’appalto sono in maggioranza immigrati) che la sindaca leghista sta maneggiando con spregiudicatezza. La Cgil lo chiede apertamente: bisogna aprire una vertenza sugli appalti.

Quantomeno cercare un nuovo equilibrio tra la necessità di Fincantieri di stare sul mercato — prerequisito per la salvaguardia del lavoro — e l’accorciamento della catena degli appalti e il taglio della precarietà. Ci si gioca il futuro del cantiere, della città intera, forse anche di qualche vita umana.

Condividi
Questa voce è stata pubblicata in GENERALE. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *