PIETRO DEL RE, INVIATO AD EREVAN, CAPITALE DELL’ARMENIA, REP. 10-05-2018, pag. 17 :::: NIKOL PACHINIAN, UN EROE NAZIONALE PACIFICO

 

 

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NIKOL PACHINIAN

 

Il personaggio

Dopo le proteste in piazza

Nikol, il nuovo eroe armeno “ M’ispiro a Gandhi”

Ex giornalista perseguitato, il neopremier Pachinian predica amore e legalità

PIETRO DEL RE,

Dal nostro inviato

EREVAN

L’artefice della vittoriosa rivoluzione armena parla spesso di amore e tolleranza, e confessa di essersi ispirato a Gandhi, Martin Luther King e Mandela.

Fatto sta che con la sua rivolta pacifista Nikol Pachinian ha sedotto le nuove generazioni del suo Paese, quei giovani che non hanno conosciuto la repressione dell’era sovietica, che sono scesi senza paura nelle piazze e che in sole tre settimane hanno sconfitto una classe politica corrotta e incapace. Grazie a loro, Pachinian ha potuto impiegare una tattica inedita nelle manifestazioni di strada, quella da lui stesso chiamata «operazione decentralizzata in rete» e che è consistita nell’organizzare nello stesso momento azioni di protesta con poche centinaia di persone in molti luoghi della capitale.

Quarantadue anni e padre di quattro figli, un eloquio pungente e un esemplare dirittura morale, Pachinian si è sempre considerato “l’oppositore storico” alla nomenklatura di Erevan.

Eppure, fino al mese scorso, nessuno avrebbe scommesso sulla sua capacità di mobilitare quotidianamente decine di migliaia di persone. In pochi giorni è diventato il leader della fronda che il 23 aprile scorso ha spinto alle dimissioni Serge Sargsian, appena eletto premier dopo aver governato da presidente l’Armenia negli ultimi dieci anni. L’altro ieri, come epilogo della sua irresistibile ascesa, Pachinian è stato a sua volta nominato primo ministro da un Parlamento che gli era stato finora ostile.

Ora, il primo merito che gli riconoscono i politologi locali è di aver risvegliato il suo popolo, di aver fatto nuovamente sognare gli armeni promettendo un futuro senza corruzione né autoritarismi. Dai primi di aprile, con indosso una maglietta mimetica e con lo zainetto in spalla, Pachinian ha percorso l’intero Paese venendo ovunque acclamato come il nuovo eroe nazionale, anche grazie al fatto di essersi sempre espresso nella lingua della sua gente, in termini comprensibili a tutti.

Nato nel 1975 a Idjevan, cittadina del nord-est del Paese, e figlio di un insegnante di ginnastica, il futuro paladino della lotta all’oligarchia armena vuole diventare giornalista per «costruire un mondo più giusto». S’iscrive dunque all’Università di Erevan ma non otterrà mai il diploma perché, come raccontano oggi i suoi ex compagni di corso, da oppositore in erba scrive un articolo sulla corruzione che non piace al preside della sua facoltà. Se il primo giornale che fonda avrà vita breve, poiché chiuso dopo pochi mesi per via di un’inchiesta contro un oligarca, quello successivo, l’Armenian Times, diventa subito il simbolo di un contropotere in lotta contro tutti i mali e le nefandezze della società armena. Contro di lui fioccano minacce e processi per diffamazione, ma il suo quotidiano si afferma in fretta come il più venduto del Paese.

Dopo la contestata vittoria di Serge Sarkissian alle presidenziali del 2008, le autorità proclamano lo stato d’emergenza e in una manifestazione in cui partecipa anche Pachinian vengono uccise dieci persone. Per i suoi tanti nemici è il pretesto per metterlo a tacere ma, ricercato dalla polizia, lui scompare. Si costituisce dopo un anno di latitanza e viene condannato a 7 anni di carcere, di cui grazie a un’amnistia sconterà solo 18 mesi. Una volta uscito di prigione entra in politica per essere eletto deputato prima nel 2012 poi nel 2017. Il suo partito, Contratto civile, conta solo tre seggi in Parlamento, ma lui continua a battersi per gli ideali di sempre, ossia libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani, contro ogni forma di nepotismo e corruzione. Quando, dopo una presidenza durata dieci anni, Sarkissian riesce a modificare la Costituzione per trasferire tutto il potere dalle mani del presidente a quelle del primo ministro, il 1 aprile scorso, pensando a Gandhi, King e Mandela, Pachinian organizza una marcia pacifica dalla città di Gumri verso la capitale. Partiti in poche decine, a Erevan arrivano in 130mila. Il resto è la cronaca delle ultime settimane.

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