corriere.it — 21 aprile 2018
La banchina di Exodus che La Spezia cancella per ingrandire il porto
Dal Molo Pagliari partirono, nel 1946. 1.014 ebrei che fondarono Israele. Per questo è chiamata «Porta di Sion» ed ha avuto la medaglia d’oro. Pur se tutelato, il molo sparirà
Sulla Porta di Sion sono già state gettate le fondamenta dei capannoni che la chiuderanno per sempre. Tra poco saranno settant’anni. Erano le dieci del mattino dell’8 maggio 1946 quando il «Fede» e il «Fenice» salparono dal Molo Pagliari. Le due navi raggiunsero Haifa dopo un viaggio drammatico, cariche di 1.014 profughi sopravvissuti al lager nazisti e destinati a diventare i primi veri cittadini del nascituro stato d’Israele. Fu soltanto l’inizio. L’accoglienza e la generosità mostrata dagli abitanti convinsero Jehuda Arazi, il capo «italiano» dell’organizzazione paramilitare Haganah, a fare di La Spezia la base di partenza per gli ebrei europei. L’anno seguente arrivò nel Golfo il «President Warfield», un gigantesco battello da crociera capace di prendere a bordo cinquemila persone che proprio qui venne ribattezzato «Exodus», il nome con il quale viene ricordata l’intera operazione, titolo anche del celebre film del 1960 con Paul Newman.
Giovanni Gabriele ricorda tutto. Aveva nove anni. Come sempre accompagnava suo padre sul trenino che da viale Italia conduceva allo stabilimento San Bartolomeo e al Molo Pagliari, dove da settimane erano accampati i profughi ebrei. Portavano frutta comprata al mercato nero, vestiti usati, coperte. «Ma quel giorno, che poi sarebbe stato l’ultimo, fu diverso dagli altri. C’era una atmosfera di festa, la gente cantava e ballava. Era stato trovato l’accordo, le autorità inglesi che avevano le loro navi da guerra all’imbocco del porto, avevano tolto il blocco alle due navi. Finalmente potevano partire». La solidarietà dimostrata in quei giorni, quando La Spezia era una città distrutta dai bombardamenti e dagli stenti, è la ragione della Medaglia d’oro al merito civile che il 25 aprile del 2006 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi consegnò alla Spezia, la città che in Israele, dove l’8 maggio è celebrato come la Festa della partenza, è ricordata come la Porta di Sion. Ma gli interessi economici rispondono a ragioni che non vogliono saperne della memoria, e della sua conservazione. Neppure il vincolo di tutela storico ottenuto nel 2012 ha potuto salvare la banchina di Exodus. «In considerazione dell’interesse storico e con la necessità di riservare adeguata attenzione al mantenimento di testimonianze del ruolo sostenuto nel corso delle vicende post belliche», si legge nel decreto del ministero dei Beni culturali. Come non detto. Quel terrapieno così carico di storia ha il difetto, o il pregio, dipende dai punti di vista, di essere nel cuore del porto commerciale, destinato ad ampliarsi con la nuova marina del Levante. L’undici giugno 2016 è stato assegnato alla Trevi un appalto dal valore di undici milioni di euro per la sua trasformazione. Diventerà una rimessa, una distesa di capannoni che faranno da magazzino al materiale nautico dei diportisti. Porta di Sion, addio.
La battaglia di Italia Nostra
Italia Nostra ci ha provato e ci sta provando in ogni modo a cambiare una decisione che sembra essere figlia di nessuno. Il Molo Pagliari è di proprietà dell’Autorità portuale, che lo ereditò dalla Marina militare, uno scambio alla pari di spazi. La nuova destinazione d’uso è stata approvata dalla precedente amministrazione. «Andate dagli avvocati» è stato l’invito fatto con un filo di rassegnazione dall’attuale assessore alla Cultura del Comune di La Spezia ai dirigenti dell’associazione. Lo hanno preso in parola. I volontari di Italia nostra hanno preparato un dossier che è già stato inviato alla Corte dei conti. Spulciando le carte, hanno notato alcuni numeri che a loro parere non combaciano. La conferenza dei servizi che ha dato il via libera al progetto parla di un importo dei lavori del valore di 8 milioni. L’appalto ne vale undici. Il piano triennale delle opere dell’Autorità portuale invece «espande» i costi fino a quota 16 milioni.
Lo stato dei lavori
«Ma illudersi ormai è un lusso» dice Gabriele, veterano di Italia Nostra. I lavori sono in stato avanzato. Incombono penali milionarie. «Quel che ferisce è l’indifferenza, le braccia allargate delle istituzioni cittadine davanti al dio denaro. Come se la propria storia non contasse più nulla». Anche Pier Angelo Gallinari, presidente del gruppo inter religioso Samuel, è convinto che il problema sia questo. Nel 2006 insieme alla ricercatrice Maria Luisa Eguez, andò in Israele per produrre un documentario, «Spezia Porta di Sion», poi tradotto in inglese ed ebraico, che raccoglieva le testimonianze del sopravvissuti. «E girando per decine di kibbutz ci rendemmo conto di quanto sia importante per loro la nostra città. Noi spezzini invece non riusciamo a capire il valore simbolico di quella banchina».
La targa del ricordo
Pierluigi Peracchini passa tutte le mattine sotto la lapide all’ingresso del municipio che commemora l’8 maggio 1946. Il sindaco di La Spezia non nasconde un certo imbarazzo. «Mi dispiace, ma ho trovato le cose già fatte. Non possiamo entrare nel merito di provvedimenti e decisioni prese da altri enti. Non ho il potere di intervenire su quell’appalto. La riforma dei porti ha esautorato i Comuni. E poi, anche se non è bello dirlo, dobbiamo coniugare il rispetto della memoria alle attività economiche e sociali. Il premio Exodus che assegniamo ogni anno in quella data dimostra che ci teniamo. Comunque l’azienda appaltatrice mi ha promesso che metterà una targa». Giovedì prossimo arriverà a La Spezia Orli Bach, la nipote del comandante Arazi. Sta girando un film sul leggendario nonno, che in Italia, sotto falso nome, si faceva chiamare Alòn. Vuole ricostruire la leggendaria migrazione dalla Porta di Sion verso Erez Israel. Le faranno vedere un bel cantiere.
REPUBBLICA- GENOVA- 24 MAGGIO 2016
I giorni di Exodus, 70 anni fa la partenza da La Spezia verso la vita
Un’immagine del film “Exodus” di Otto Preminger
Maggio 1946, partono le navi degli ebrei scampati. Il 26 un premio a Napolitano
di MARCO FERRARI