ANTONIO MASSARI, IL FATTO DEL 17 AGOSTO 2018 ::: IL RICHIAMO DELLA PROTESTA::: BUCAREST E LA ” PESTE ROSSA “

 

IL FATTO QUOTIDIANO DEL 17 AGOSTO 2018

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Il richiamo della protesta: Bucarest e la “peste rossa”

Romania – Il timore che Dragnea e il suo governo introducano norme salva-corrotti provoca una mobilitazione continu

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CALEA VICOTRIEI (VICTORY AVENUE)

“Il tramonto scende su Calea Victoriei alle 8 della sera. Due chilometri e 700 metri di storia, monumenti e vetrine che sfociano…

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…su Plata Victoriei e sul palazzo del governo.

 

Pochi giorni fa da queste parti c’era l’inferno: 120mila persone raccolte in piazza per protestare, centinaia di feriti, ambulanze e intossicati ovunque, tra nuvole di gas lacrimogeno. E la Gendarmerie – la polizia militare – che picchiava e picchiava. Colpa degli hooligans che hanno iniziato a lanciare pietre, dicono gli uomini in divisa, ma a quanto pare gli ultrà erano solo poche decine. E a farne le spese sono stati invece centinaia di padri di famiglia e studenti. Era il 10 agosto. Ma a Ferragosto tutto sembra già lontano. Saranno i ventisette gradi e questo meraviglioso vento leggero leggero. Poche auto che viaggiano veloci, tra le chiese del ‘700, i teatri,

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la sede monumentale della Cec Bank e il retrogusto parigino di questo boulevard.

Da Plata Victoriei e dall’inferno che fu spunta Calin in bicicletta, dall’altro lato del marciapiedi, per manifestare anche stasera. Come ogni sera, dall’inizio del 2017. Saranno duecento persone e Calin non riesce a farsene una ragione: “Siamo troppo pochi, se pensi che ci hanno aggrediti e gasati solo 5 giorni fa”. Pochi minuti ed è già scesa la sera. Accendono le luci dei telefonini, cantano l’inno rumeno, urlano contro il Psd (PARTITO SOCIALDEMOCRATICO), il partito di maggioranza al governo, che definiscono all’unisono: “peste rossa”. Mentre tutt’intorno Bucarest s’indolenzisce, terminando la sua giornata di festa, qui cercano di darle una scossa. La parola chiave è “corruzione”. È un bisbiglio che senti ovunque: nei bar e nei dibattiti in tv. La Romania si sta ribellando da anni. Il governo di Victor Ponta – indagato per corruzione ed evasione fiscale – s’è dimesso in poche ore in seguito all’incendio di una discoteca. Era il novembre del 2015. Nell’incendio del Colective morirono decine di persone. Si scoprì che il club di Bucarest non aveva le misure di sicurezza a norma. Eccolo, il frutto della corruzione. Scesero in piazza a migliaia. E in poche ore mandarono a casa Ponta e il suo governo.

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VICTOR PONTA, DIMESSOSI NEL NOVEMBRE 2015

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LIVIU DRAGNEA, L’UOMO POLITICO PIU’ POTENTE DELLA BULGARIA

 

Fu allora che Liviu Dragnea – qui tutti lo considerano il vero primo ministro – divenne il presidente del Psd. Piccolo dettaglio.

Nel 2015 Dragnea era stato condannato per frode elettorale. E così, pur portando il suo partito alla vittoria nel 2016 – il Psd vince con il 40 per cento e va al governo alleandosi con Alde (ALLEANZA DI  LIBERALI E DEMOCRATICI E )– non può diventare premier: impossibile rivestire la carica, in Romania, se sei condannato. Poco male: Dragnea estrae dal suo partito ben tre capi di governo (più o meno) fedeli nel corso di un anno e mezzo. E nel frattempo il governo progetta di mettere mano al codice penale. Circolano idee del tipo: l’abuso d’ufficio viene punito, sì, ma soltanto se l’indagato ottiene indebiti benefici materiali per se stesso, il coniuge o parenti e affini entro il secondo grado. E si abbassa pure la pena: da 7 a 5 anni.

Ai rumeni non è sfuggito che la mazzetta potrebbe finire nelle mani di un amante o di un amico. E si sono parecchio incazzati. Non gli è neanche sfuggito che, a giugno scorso, Dragnea è stato condannato proprio per abuso d’ufficio dalla corte suprema: avrebbe fatto assumere – e quindi pagare – dal Servizio di protezione sociale dei bambini, durante il biennio 2009/10, due membri del suo partito. Pur sapendo che non si erano mai presentati al lavoro. La norma è stata ritirata. Si attende il vaglio della Corte Costituzionale. Ma in piazza – e non solo – sono ormai certi che il Psd e Dragnea – che lo tiene in pugno – punterà a modificare il codice penale pur di salvarsi. “Per salvare se stesso dai guai giudiziari – sostiene Irina Andreis, del movimento Resist – Dragnea sta salvando tutti i corrotti del paese”.

Il partito Usr (UNIONE SALVA ROMANIA, è il 3° partito più votato), appoggiato dal movimento Resist, sta raccogliendo firme per varare una legge che impedisca ai condannati di assumere qualsiasi carica pubblica. Tra qualche settimana, invece, Dragnea – che ha fatto ricorso – avrà dalla magistratura la risposta definitiva al suo guaio giudiziario. E sarà un momento decisivo. “Se viene condannato, lascia la vita politica, e il governo si dimette – ci spiega Victor – non ci sarà alcun problema. Se sarà assolto, invece, in molti penseranno che la magistratura sarà stata corrotta: s’innescherà la miccia delle proteste. E qui in Romania sappiamo come si fa la rivoluzione”. A scatenare altre proteste c’è stata la rimozione del capo della procura anticorruzione, 

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LAURA CODRUTA KOVESI

Laura Codruta Kovesi, che l’ha guidata per quasi 5 anni: migliaia di fascicoli aperti e la condanna di circa 70 politici (inclusi alcuni ministri e deputati). Nei mesi scorsi è stata accusata di aver gestito la procura in modo irregolare: “Assistiamo a un attacco contro la giustizia”, ha replicato Kovesi rifiutando di dimettersi, “per mettere in ginocchio lo stato romeno e umiliare i suoi cittadini: qui non ‘fabbrichiamo’ prove né dossier politici”. Il presidente della Repubblica Klaus Iohannis nei mesi scorsi s’è rifiutato più d’una volta di sostituirla. A quel punto Dragnea ha chiesto la sospensione di Iohannis, che ha dovuto cedere quando la richiesta di sospendere Kovesi è giunta dalla Corte Costituzionale.

Siamo in piena crisi istituzionale. Ma dal febbraio 2017 – quando per la prima volta i rumeni sono scesi in piazza contro questo governo – non c’era stato un solo incidente. Il 10 agosto si contano invece 450 feriti, alcune decine tra la Gendarmerie, e lo stesso Iohannis che accusa militari e governo di aver usato una violenza sproporzionata e insensata. Il 10 agosto però c’è stato un ingrediente nuovo. Con un tam tam partito su Facebook molti rumeni che vivono all’estero si sono dati appuntamento in questa piazza: è la cosiddetta diaspora. Risultato: circa 120mila persone in piazza. “Una composizione eterogenea, che non è legata in modo specifico ad alcun partito”, afferma Alina Pop, docente universitaria di psicologia sociale, militante e membro del partito Usr, “ed è il segno della maturità di questa parte della società che, sia in Romania sia all’estero, sta chiedendo legalità e meritocrazia. Dragnea finora, in un anno e mezzo, ha di fatto nominato tre suoi ‘burattini’ come capi del governo. I primi due – Sorin Grindeanu e Dudoseve Florin – sono caduti perché non gli erano sufficientemente obbedienti. La terza,

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VIORICA DANCILA

Viorica Dancila, è talmente impreparata che è riuscita, in una visita ufficiale in Montenegro, a chiamare Pristina la capitale Podgorica, una gaffe tanto più imperdonabile, se consideriamo che Pristina è nel Kosovo, Stato non riconosciuto né dal Montenegro né dalla Romania. È in queste mani che sono i rumeni”.

L’Usr – unione per salvare la Romania – è un partito nato circa due anni fa. È piuttosto trasversale dal punto di vista ideologico. Condivide la campagna avviata dai manifestanti per varare una legge che impedisca ai condannati di svolgere funzioni pubbliche e sedere in Parlamento.

“È un’iniziativa che stiamo appoggiando – dice il deputato di Usr,

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TUDOR POP, DEPUTATO DELL’USR

 

Tudor Pop – e che ha già raggiunto 700 mila firme. Il minimo necessario per avviare l’iniziativa è 500 mila: puntiamo a raggiungerne un milione. Il nostro partito è composto in gran parte da gente che non aveva mai fatto politica prima, siamo nati nell’ottobre 2016 e nel 2020, se il governo attuale non cade prima, contiamo di poter governare con gli altri partiti dell’opposizione”.

Il punto è che gli scontri di piazza, secondo Tudor Pop, rappresentano la linea rossa varcata dal governo: “Ci sono numerose prove – conclude – dell’uso brutale della forza contro famiglie inermi. Spero che la magistratura faccia luce su quello che è accaduto. Vogliono usare la repressione per impedire alla gente di tornare in piazza. Ma si sbagliano”. E in effetti, in questa sera di ferragosto, anche se sono appena tre o quattrocento, la piazza di fronte al palazzo del governo non è rimasta sguarnita.

Irina e Carina di Resist non saltano un giorno da anni. C’è chi invece arriva quando può. Ioana Ariadna Ciulei, 38 anni, viene da Bletchley, in Inghilterra. È una delle manifestanti della diaspora: “Sono qui da due settimane. Protesto contro i rischi di una forte privatizzazione, della corruzione dilagante, della riforma del codice penale che regalerà ai corrotti l’immunità”.

Ioana ci tiene a far sapere che è una fan di Matteo Salvini e della chiusura delle frontiere. Ovidio che viene da Roma, dove lavora in un’impresa di traslochi, è del parere contrario: “Salvini non mi piace: sta mettendo gli italiani contro gli immigrati. Sono qui perché bisogna essere uniti se vogliamo che la Romania cambi e la corruzione finisca”. Aida vive in Olanda, viene a protestare “4 o 5 volte l’anno”, accanto a lei un omone dallo sguardo simpatico: “Torneremo finché il governo non cade”.

Cristian Dide vive a Bucarest e nel 2016 ha fondato un’organizzazione non governativa – si chiama Evolutie in institutie – per difendere i cittadini dagli abusi del governo o delle forze di polizia: “Sono stato multato già 60 volte per aver manifestato qui – racconta – dicono che senza autorizzazione non possiamo protestare. Ma sono manifestazioni spontanee: non hanno bisogno di autorizzazione. Secondo loro, dovrei pagare 10mila euro. Non pagherò mai. Oggi siamo pochi. Speravo in una reazione diversa, dopo le violenze del 10 agosto, ma forse i rumeni non hanno capito il rischio economico e democratico che stiamo correndo. Il Psd ha occupato ogni posizione degli uffici pubblici. Controllano tutto. È ancora vestita da democrazia, sì, ma per me questa è già dittatura”.

 

 

Antonio Massari

Antonio Massari

Giornalista e scrittore

Sono nato a Bari nel 1968. Ho scritto per la Gazzetta del Mezzogiorno, la Repubblica Bari, Diario della settimana, l’Unità, il Manifesto, la Stampa, Micromega, l’Espresso e quindi sono approdato a Il Fatto quotidiano. Ho scritto tre libri: “Il caso De Magistris” e “Clementina Forleo, un giudice contro” per Aliberti editore e “La colata”, con Ferruccio Sansa, Marco Preve, Giuseppe Salvaggiulo e Andrea Garibaldi, per Chiarelettere.  Il mio fumetto preferito è “Ratman”. Ho un contrabbasso che si chiama “Billo” e non riesco mai a suonare perchè sono sempre in giro, e il mio gioco preferito è quello degli scacchi.

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