ROBERTO PETRINI, GIORNALISTA / ECONOMIA, REPUBBLICA DEL 25 SETTEMBRE 2018, pag. 10 ” PERCHE’ IL PARAGONE CON PARIGI NON REGGE “

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25/9/2018

POLITICA

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PERCHÉ IL PARAGONE CON PARIGI NON REGGE

Roberto Petrini

Si potrebbe replicare alle affermazioni di Di Maio con altrettanta superficialità: la Francia è la Francia e l’Italia è l’Italia. Se non fosse in gioco una delicata partita che mette a rischio la stabilità del Paese, la cosa potrebbe finire qui. Tuttavia la rapidità con cui il nostro vicepremier ha cavalcato il meditato progetto di Macron di portare il deficit al 2,8 del Pil, sostenendo che possiamo tentarlo anche noi dato che siamo un «Paese sovrano esattamente come la Francia», ci costringe a spiegare passo dopo passo come stanno le cose. E perché il paragone non sta in piedi.

In primo luogo il debito della Francia, quest’anno, è al 96,4 per cento del Pil: non solo è più basso di quello italiano, che è notoriamente al 130,7 per cento, ma anche dopo la crisi del 2011 è cresciuto meno del nostro.

Dunque è più basso e più stabile.

Parigi, di conseguenza, gode di una fiducia dei mercati assai maggiore: se avessimo noi uno spread con il Bund tedesco a 32 punti base, invece che a 250, potremmo fare il consiglio dei ministri in una località termale e concedere un lungo periodo di ferie al governatore della Banca d’Italia e al Ragioniere generale dello Stato.

Guardiamo alla crescita: anche in questo caso il parallelo fa piangere. La Francia prevede nel 2019 un tasso dell’1,7 per cento del Pil, mentre noi staremo all’1 se va bene, dato che c’è già chi avvista il ritorno del segno meno dopo quattro anni.

Ma, differenze tra i due Paesi a parte, quello di Macron non è un aumento del deficit al buio, nella speranza che cresca il Pil, come si illude il dibattito gialloverde.

L’operazione di Macron aumenta il deficit di soli 2 decimali – dal 2,6 di quest’anno al 2,8 del prossimo e prevede il ritorno al pareggio di bilancio nel 2022. Noi invece prevediamo lo 0,8 e arrivare al 2,8 significa 2 punti in più, ovvero 35 miliardi. Se si avesse più pazienza si scoprirebbe che il maggior deficit francese di un punto del 2019 rispetto alle previsioni sarà la semplice conseguenza – una tantum – della modifica del sistema di sgravi fiscali delle imprese e del conseguente sfasamento temporale delle entrate. Altrimenti resterebbe all’1,9 per cento, come previsto da Bruxelles, e dove riscenderà dal 2020. È facile illudersi!

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2 risposte a ROBERTO PETRINI, GIORNALISTA / ECONOMIA, REPUBBLICA DEL 25 SETTEMBRE 2018, pag. 10 ” PERCHE’ IL PARAGONE CON PARIGI NON REGGE “

  1. Donatella scrive:

    Ridicoli i commenti del Governo italiano: se l’ha fatto la Francia, che è stato sovrano, possiamo farlo anche noi, come se le due realtà, quella francese e quella italiana, fossero la stessa cosa. Non dire le cose come stanno davvero è mentire al famoso “popolo”, che sembra un’entità mistica.

  2. Domenico Mattia Testa scrive:

    Di Maio ha portato il deficit al 2,4 del Pil piegando le resistenze del ministro Tria,attento ad”avere i conti pubblici solidi ed in ordine”,come suggerito dal capo dello Stato.Pur di realizzare il tanto propagandato e demagogico Reddito di cittadinanza,definito anche di inclusione,il vicepresidente del Consiglio,competitor di Salvini, non si preoccupa dei costi aggiuntivi che tale misura comporta e che il debito contratto verrà pagato poi a caro prezzo dagli italiani,specialmente dai giovani.Importante per lui dimostrare ai suoi prima ed al popolo tutto poi che mantiene le promesse anche se il debito è insostenibile.L’Italia nella fase attuale-lo riconoscono tutti-ha bisogno di investimenti,Di Maio con determinazione degna di miglior causa identifica se stesso e la politica del Movimento di cui è leader esclusivamente con il Reddito di cittadinanza,mentre vengono trascurati settori decisivi per il nostro futuro:lavoro,il Sud,la scuola….Circoscrivere tutto al Reddito di cittadinanza che sa molto di assistenzialismo da un lato,ed alla questione dei migranti,divenuta la priorità assoluta dall’altro,denuncia i limiti strutturali del progetto politico dell’attuale governo giallo-verde. Tutti e due:Salvini e di Maio fanno ancora molta propaganda per le prossime elezioni,ma hanno dimenticato che stanno al governo per fare gli interessi dl Paese.

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