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Memorie | Lo Stretto e i paesaggi della memoria di Pieter Brueghel il Vecchio
di Anna Foti – Tanti gli intellettuali, gli scrittori e gli artisti
ai quali riconoscere il merito di avere consacrato su carta e tela
con penna, inchiostro e colori ad olio, attraverso scritti e opere
d’arte, la bellezza e l’incanto dei luoghi dell’anima disseminati
in ogni angolo del mondo. Tra questi luoghi anche le sponde
dello Stretto tra Reggio Calabria e Messina, ben note
al pittore olandese vissuto nel 1500, nato a Breda e morto
a Bruxelles, Pieter Brueghel detto Il Vecchio perché fosse
distinto dal figlio omonimo detto appunto Il Giovane.
Nel suo viaggio in Italia il pittore olandese si lasciò ispirare
dalla suggestione delle Alpi (“Paesaggio alpino”, 1553, esposto
al Louvre di Parigi) prima di arrivare a Roma di cui ritrasse
in un disegno “Veduta la Ripa Grande” (1551-1553 circa
The Duke of Devonshire and the Chatsworth Settlement Trustees,
Derbyshire, Inghilterra) e in’incisione la veduta di Tivoli sulle
propaggini dei monti Tiburtini del 1556. Vi è anche la menzione
di un suo dipinto in un inventario romano seicentesco, due stampe
derivate da disegni suoi “Psiche e Mercurio” e “Dedalo e Icaro”
del 1553 circa testimoniano la visita del pittore fiammingo nella Capitale.
Attesta il suo passaggio dalla città partenopea, la celebre opera in
tempera su tavola “Il porto di Napoli” (1558 circa), custodita presso
palazzo Doria Pamphilj a Roma unitamente all’altra in olio su rame
raffigurante l’Eden e gli animali che lo popolano con a margine la scena
sacra di Adamo ed Eva dal titolo “Paradiso terrestre con il peccato originale”.
Delle visite a Roma e a Palermo rivelano dettagli anche altre
opere successive come la “Torre di Babele” (1566), esposto
al museo di Vienna che richiama la struttura architettonica
del Colosseo e “Il trionfo della morte” (“Der Triumph des Todes”)
del 1562, esposto al museo del Prado di Madrid, tra le cui numerose
interpretazioni vi sono anche quelle secondo le quali il paesaggio sarebbe
quello di Palermo o quello di Reggio Calabria. Tra le varie ispirazioni
accordate alla maestosa opera di olio dedicata al tema della morte, infatti
vi sarebbe anche lo scenario di Reggio, in particolare la spiaggia
di Archi – Catona al momento dell’incursione devastante dei turchi,
con Pendimeri, la Torre di Reggio, oggi la zona di Pentimele,
effettivamente incendiata dai turchi nel 1558, e il Duomo sullo sfondo.
“Pare sia la reminiscenza paesistica dello Stretto di Messina”
quella ritratta ne ‘La caduta di Icaro’, opera in olio su tavola del
1558 esposta al Museo reale delle Belle Arti (Musées Royaux des
Beaux-Arts) di Bruexelles, riferisce il volume dedicato all’artista
olandese della biblioteca d’arte di Rizzoli a cura di Valentin
Denis. In modo particolarmente rappresentativo questo dipinto,
con grande forza espressiva e simbolica, immortala l’indifferenza,
placida e impassibile, della vita di una città marinara ed anche campestre,
nella quale naufraga l’audace sogno di Icaro di toccare il sole. La stessa
caduta di Icaro, che è il titolo del quadro, costituisce un dettaglio dell’opera
che raffigura terra e mare, isole e navi, uomini e pecore, rocce e onde,
alberi e vele. A completare il quadro – espressione poeticamente calzante
suggerita dalla mia amica ed appassionata dell’artista fiammingo e
delle sue opere, Benedetta Rigoli, alla quale devo la scoperta di
questo sapiente sguardo sui nostri paesaggi – il poeta inglese
Wystan Hugh Auden che, nella poesia “Musee des Beaux Arts”
tradotta da Nicola Gardini, scrive:
Sul dolore la sapevano lunga,
gli Antichi Maestri: quanto ne capivano bene
la posizione umana; come avvenga
mentre qualcun altro mangia o apre una finestra o se ne va a zonzo spensierato;
come, quando gli anziani aspettano riverenti, con fervore,
la miracolosa nascita, debba sempre esserci
qualche bambino che non l’avrebbe voluta e pattina
su un laghetto alle soglie del bosco:
non dimenticavano mai
che anche l’orrendo martirio deve compiere il suo corso
comunque in un angolo, in un sudicio luogo
dove i cani fanno la loro vita da cani e il cavallo del torturatore
si gratta l’innocente didietro contro un albero.
Nell’Icaro di Brueghel, per esempio: come ogni cosa ignora
serena il disastro! L’aratore può
aver udito il tonfo, il grido desolato,
ma per lui non era una perdita grave; il sole splendeva
come doveva sulle bianche gambe inghiottite dalle verdi
acque; e la ricca ed elegante nave che doveva aver visto
una cosa incredibile, un ragazzo cadere dal cielo,
aveva una meta e via passava placida.
Il racconto in opere che Brueghel dedica alla Calabria e allo Stretto che la unisce a Messina coinvolge anche altri musei nel mondo. Il Museo Boymans Van Beuningen a Rotterdam accoglie l’opera realizzata nel 1553 ca con penna e inchiostro dal titolo “Veduta di Reggio Calabria” (15,4×24,1 cm), ispirata dal cosiddetto “foglio di Bruegel” dalle piccole dimensioni (mm 155X241) sul quale il pittore fiammingo nel 1552 ritrasse la città calabrese dello Stretto durante l’assalto dei turchi; essa appare vista da Sud, dal promontorio di Calamizzi sprofondato una decina di anni dopo. “Un documento importantissimo non solo perché testimonia la presenza del pittore a Reggio nel 1552 ma anche perché, insieme ad altri fogli di Brueghel, tra cui quello noto come la ‘Veduta eroica di città’, comunemente identificata con Messina (…) è stato una delle fonti principali di cui si servì Frans Huys per delineare la famosa veduta del Freti Siculi del 1561. La stessa veduta servì da modello per l’incisione di Georgius Houfgnaglius del 1617 e ad altre ancora. Vedute riprese e riprodotte ancora quasi fino a metà Settecento – anche di Reggio e dello Stretto, di Brueghel fu riproposta, con minime varianti, nel 1761, nell’edizione veneziana dello ‘Stato di tutti i paesi e popoli del mondo’ di Thomas Salmon – contribuendo così a diffondere e ad ampliare un’iconografia quasi schematica di un luogo mitico che avrebbe finito per assumere in alcuni casi addirittura configurazioni assolutamente fantasiose (…)”. Così spiega il saggista Carlo Carlino nel suo volume “La Calabria, le Calabria e i calabresi” (editoriale progetto 2000) laddove si sofferma sul ruolo di queste vedute nel rinnovamento della percezione dell’ambiente, complice anche il contemporaneo ricorso alla cartografia.
Il British Museum di Londra ospita, oggi, “Paesaggio di montagna con città fortificata o Città eroica” del 1553, laddove la città eroica sarebbe identificata proprio con Messina.
L’ispirazione dell’artista belga Frans Huys (1522 – 1562), coevo di Brueghel, si tradusse nell’incisione su rame, databile nel 1561, in cui è raffigurata una “Battaglia navale nello Stretto di Messina”, oggi conservata alla Natrional Gallery of Art di Washington. Quest’opera è riportata quasi a pagina intera nella pubblicazione “Vedute dello Stretto di Messina”, curato da Vincenzo Consolo con un saggio di Gioacchino Barbera, edita da Sellerio nel 1993. Nella stessa raccolta anche la fonte di ispirazione, ossia la raffigurazione della “Veduta di Reggio” di Peter Brueghel il Vecchio del 1553 ca.
Bellissima anche la poesia di Auden.