UNA PERLA DA NEMO::: STEFANO MANCUSO :: I DATI CHOC SULL’EFFETTO SERRA. IL RECORD PIU’ VELENOSO — REPUBBLICA DEL 27 AGOSTO 2019 –pag. 26

 

 

 

 

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La nazione delle piante

Stefano Mancuso

Editore:Laterza
Formato:EPUB con DRM
Testo in italiano
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Compatibilità: Tutti i dispositivi (eccetto Kindle) Scopri di più
Dimensioni: 1,01 MB
Pagine della versione a stampa: 139 p.
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«In nome della mia ormai pluridecennale consuetudine con le piante, ho immaginato che queste care compagne di viaggio, come genitori premurosi, dopo averci reso possibile vivere, vengano a soccorrerci osservando la nostra incapacità a garantirci la sopravvivenza. Come? Suggerendoci una vera e propria costituzione su cui costruire il nostro futuro di esseri rispettosi della Terra e degli altri esseri viventi. Sono otto gli articoli della costituzione della Nazione delle Piante, come otto sono i fondamentali pilastri su cui si regge la vita delle piante, e dunque la vita degli esseri viventi tutti.»

REPUBBLICA DEL 27 AGOSTO 2019–pag. 26

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STEFANO MANCUSO ( 1965)

 

 

 

I dati choc sull’effetto serra

Il record più velenoso

di Stefano Mancuso

 

Dall’inizio della rivoluzione industriale a oggi le attività umane e in particolare l’uso dei combustibili fossili e la deforestazione hanno aumentato la concentrazione media annuale di CO 2 nell’atmosfera dalle 280 parti per milione (ppm) agli attuali 411.7 ppm (luglio 2019).

La concentrazione senz’altro più alta degli ultimi 800 mila anni se non, con molta probabilità, degli ultimi 20 milioni di anni. La CO 2

che si accumula nell’atmosfera è la principale responsabile del cosiddetto effetto serra e, quindi, dell’innalzamento della temperatura del pianeta.

Dall’innalzamento della temperatura dipendono direttamente la maggior parte dei problemi che affliggono oggi il pianeta. Qualsiasi altra questione, paragonata a questa, non riveste alcuna importanza.

Cosa possiamo fare? Certamente, ridurre le emissioni come si sente dire da tanto è una cosa buona e giusta ma, francamente, i risultati di questa strategia non si sono visti.

Dal 1988, data in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvava all’unanimità una risoluzione sul tema della Tutela del clima globale per le generazioni presenti e future dell’umanità, passando per la convenzione quadro sui cambiamenti climatici del 1992, il protocollo di Kyoto del 1997 e, infine, l’accordo di Parigi del 2015, le azioni intraprese hanno avuto come risultato che le emissioni globali annue sono aumentate all’incirca del 40% rispetto all’inizio del processo. Certo, si potrebbe obiettare che senza questi trattati la situazione avrebbe potuto essere peggiore.

Forse è vero, ma un aumento del 40% di CO 2

in trent’anni, nonostante generazioni di scienziati e attivisti abbiano cercato di modificare la curva piegandola verso il basso, non può essere considerato un buon risultato.

Quindi, cosa possiamo tentare ancora? Dovremmo coprire di alberi qualunque superficie del pianeta possa accoglierli. Subito. Le piante, attraverso la fotosintesi, assorbono la CO 2 dall’atmosfera.

In quantità opportune possono riportare il livello di questo gas a livelli non pericolosi. È l’unica reale possibilità. Ma prima è necessario bloccare ogni ulteriore deforestazione. Il taglio delle foreste non è compatibile con la nostra sopravvivenza come specie. Dobbiamo iniziare a difendere le poche residue grandi foreste del pianeta con tutti i mezzi. La difesa delle foreste dovrebbe diventare argomento prioritario di trattati internazionali che vincolino il maggior numero di stati — soprattutto quelli all’interno del cui territorio si trovano le principali riserve verdi del pianeta — alla totale intangibilità delle stesse.

Dalla residua funzionalità di questi ecosistemi, lo ripeto, dipende la nostra stessa possibilità di sopravvivenza.

Senza una sufficiente quantità di foreste, non esiste alcuna reale possibilità di poter invertire il trend di crescita della CO 2.

 Per questo ritengo che la deforestazione dovrebbe essere trattata come un crimine contro l’umanità, e punita di conseguenza. Perché è di questo che si tratta. Chiunque, da qualunque parte del pianeta continui a tagliare le foreste rappresenta un pericolo per l’intera umanità.

Puniamo molto severamente ogni potenziale tentativo di proliferazione delle armi atomiche: dovremmo riservare lo stesso trattamento a chi taglia i polmoni del pianeta. Non comprenderlo subito avrebbe conseguenze drammatiche.

Sappiate che questa è l’unica, vera, emergenza mondiale.

La maggior parte dei problemi che affliggono l’umanità, anche se apparentemente lontani, sono collegati al riscaldamento globale e rappresentano soltanto gli innocui prodromi di ciò che verrà se non l’affronteremo con la dovuta fermezza e efficienza.

Le piante possono aiutarci. Soltanto loro sono in grado di riportare la concentrazione di CO 2 a livelli inoffensivi, qualunque altra proposta non ha alcuna possibilità di successo.

Alberi dovrebbero coprire non solo ogni angolo del pianeta forestabile ma anche, e soprattutto, le nostre città. Queste ospitando il 50% della popolazione mondiale (nel 2050 si arriverà al 70%), sono i luoghi del pianeta responsabili della produzione delle maggiori quantità di CO 2

. Le nostre città dovrebbero essere completamente coperte di piante. Non soltanto negli spazi deputati: parchi, giardini, viali, aiuole ecc. ma dappertutto, letteralmente: sui tetti, sulle facciate dei palazzi, lungo le strade, negli stadi, sulle scuole. La regola dovrebbe essere una sola e semplice: dovunque sia possibile far vivere una pianta, deve essercene una. La cosa non richiederebbe che costi irrilevanti se paragonati a qualunque altra possibilità, migliorerebbe in una miriade di modi la vita delle persone, non esigerebbe alcuna rivoluzione nelle nostre abitudini come richiesto da molte delle soluzioni alternative proposte e avrebbe un enorme impatto sull’assorbimento della CO 2 .

Difendiamo le foreste, copriamo di piante le nostre città e il resto non tarderà a venire.

Questo intervento è una sintesi del testo che l’autore leggerà il 30 agosto ricevendo il premio Capalbio per il libro “La nazione delle piante” (Laterza)

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