29 settembre / 5 ottobre 1944 :: STRAGE DI MARZABOTTO, GRIZZANA MORANDI E MONZUNO CON LE PENDICI DI MONTE SOLE, IN PROVINCIA DI BOLOGNA — +++ VIDEO :: IL RICORDO DI FERRUCCIO LAFFI, SOPRAVVISSUTO ALLE SS : ” Vorrei vedere un’Italia migliore “– 5,42

Marzabotto, la strage che insanguinò l’Appennino

Passati 75 anni dal più grande eccidio nazifascista in Italia

alcune vittime della strage di Marzabotto

«La nostra pietà per loro significhi che tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga.»
(Lapide del cimitero di Casaglia)

Dopo l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema avvenuta il 12 agosto 1944, inizia quella che viene ricordata come “la marcia della morte” che attraversando Versilia e Lunigiana giunse al bolognese. Lo scopo era fare “terra bruciata” attorno alle formazioni partigiane nelle retrovie della linea gotica sterminando le popolazioni che le appoggiavano

Lapide commemorativa

Lapide posta all’ingresso del cimitero di Casaglia di Monte Sole

Nella zona circostante Monte Sole agiva con successo la brigata Stella Rossa che dalla posizione elevata ed impervia portava attacchi a strade e ferrovie che rifornivano il fronte. Già nel maggio del ’44 l’esercito tedesco aveva tentato un assalto ma era stato respinto come nei casi successivi durante l’estate. Così il feldmaresciallo Albert Kesselring decise di dare un duro colpo a questa organizzazione sterminando indiscriminatamente i civili e radendo al suolo i paesi circostanti. Già in precedenza Marzabotto aveva subito rappresaglie, ma mai così gravi come quella dell’autunno 1944.

La strage di Marzabotto (dal maggiore dei comuni colpiti) o più correttamente eccidio di Monte Sole fu un insieme di stragi compiute dalle truppe nazifasciste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nel territorio dei comuni di MarzabottoGrizzana Morandi e Monzuno che comprendono le pendici di Monte Sole in provincia di Bologna. In Europa occidentale durante la seconda guerra mondiale, fu un crimine contro l’umanità e uno dei più gravi crimini di guerra compiuti contro la popolazione civile, istigati da Albert Kesselring,[4] il massimo responsabile della conduzione della guerra antipartigiana in Italia ed eseguiti dalla Wehrmacht, dalle SS e da militari fascisti travestiti da truppa tedesca, con funzione di guide, informatori, becchini.[5]. Le vittime, confrontando i dati dell’anagrafe, furono 1830.

ansa.it –29 settembre 2019

http://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/editoriali/2019/09/28/marzabotto-la-strage-che-insanguino-lappennino_a1d5c214-8152-4c11-b5db-01e7000ae96e.html

 

Di Leonardo Nesti BOLOGNA 

 

 

San Martino di Monte Sole (Bologna), sulle colline di Marzabotto © ANSA

 

un partigiano

 

 

 

 

“La nostra pietà per loro significhi che tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga”. E’ la scritta, semplice eppure piena di significati, che dopo 75 anni accoglie chi si arrampica fino al cimitero di Casaglia, sopra Marzabotto, sull’Appennino Bolognese. Uno dei luoghi dove è avvenuta una delle più grandi e feroci stragi di civili di tutta la seconda guerra mondiale, quella che in Italia ha causato più vittime.

Fra l’estate e l’autunno del 1944 la ritirata delle truppe tedesche, ormai sconfitte, lasciò dietro di sé una gigantesca scia di sangue. Fra il 29 settembre e il 5 ottobre la marcia della morte guidata dal maresciallo Kesselring per fare ‘terra bruciata’ attraversò le colline e le montagne attorno a Marzabotto, lasciando dietro di sé circa 800 morti.

Fu una strage, come hanno riconosciuto numerosi atti processuali, premeditata, decisa a tavolino, eseguita con fredda metodicità, che non risparmiò donne, invalidi, bambini: nessuna rappresaglia, nessuna vendetta. Solo l’intenzione di distruggere e uccidere. L’obiettivo delle Ss era quello di stroncare le formazioni partigiane che combattevano per la liberazione, con la logica dell’equiparazione dei civili alle formazioni in armi. Considerando, quindi, anche donne, bambini e anziani, come dei nemici da sterminare.

Sui monti di Marzabotto era attiva la brigata partigiana ‘Stella Rossa’. Prima di attaccarla Kesselring ordinò al maggiore Walter Reder di organizzare una vasta operazione di rastrellamento fra le valli del Reno e del Setta. Un’operazione militare in grande stile, condotta, però, contro nemici disarmati.

Il 29 settembre 1944 la gente, impaurita, si riunì nella piccola chiesa di Casaglia e cominciò a recitare il rosario. I nazifascisti entrarono in chiesa, freddarono con una raffica don Ubaldo Marchioni e raccolsero sul sagrato tutti gli altri che uccisero, poi, con fredda metodicità: 195 vittime, le prime di una settimana di sangue, costellata da decine e decine di altri eccidi in villaggi e cascinali. Con una ferocia inconsueta: il corpo, decapitato, di un altro prete, don Giovanni Fornasini, fu ritrovato solo nell’inverno successivo, sotto la neve. Marzabotto, Grizzana, Vado di Monzuno, Castellano. Ovunque lo stesso copione, che rispondeva a ordini precisi: “uccidere tutti, distruggere tutto”.

Lucia Sabbioni aveva 15 anni. Sopravvisse solo perché, quando vide i tedeschi che finivano con il fuoco quelli che si lamentavano, ebbe la freddezza di fingersi morta. Ai pochi sopravvissuti sono rimasti ricordi e incubi per tutta la vita.

Ma a loro si deve il racconto del fatto che molti di quei giovani con la divisa delle Ss parlavano in italiano, con un forte accento dell’Appennino bolognese: furono i fascisti locali, infatti, a guidare con grande precisione i militari nazisti in ritirata.

Oggi Marzabotto e Monte Sole sono un luogo di memoria. Da anni è attiva la scuola di Pace, che organizza iniziative e incontri, ogni 25 aprile migliaia di persone, soprattutto giovani, vi si radunano per un festoso pellegrinaggio sui luoghi dove è nata la Costituzione e molte delle più alte cariche istituzionali tedesche vi sono venute in visita, per ricordarsi il motivo principale per il quale è nato il sogno europeo.

Gli interminabili decenni che i familiari hanno dovuto aspettare perché giustizia fosse fatta, l’insopportabile silenzio infranto solo nel 1994 quando si spalancarono le ante dell’armadio della vergogna di palazzo Celsi e tornarono alla luce quasi 700 fascicoli sui crimini compiuti da nazisti e fascisti, rimangono un peso che questa piccola comunità d’Appennino ha dovuto sopportare per tanto tempo. Come le scariche di mitra, che i pochi sopravvissuti hanno sentito risuonare nelle loro teste e nei loro incubi per tutta la vita. E che sembrano quasi tornare a minacciare, 75 anni dopo, i sentieri in mezzo ai castagni di Marzabotto, ogni volta che l’odio e l’intolleranza sembrano provare a prendere il sopravvento sul dialogo e la pace.

 

 

 

 

28 settembre, 14:12  ITALIA–durata : 5,42

Marzabotto: il racconto di Ferruccio Laffi, sopravvissuto alle Ss

”La mia vita e’ stata martoriata, vorrei vedere Italia migliore”

 

http://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2019/09/28/marzabotto-il-racconto-di-ferruccio-sopravvissuto-alle-ss_650cabd0-ca85-4279-9230-b54b6d59716a.html

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  1. Donatella scrive:

    E’ molto bella la lapide, che suggerisce che la pietà per i morti inviti i vivi a vigilare perché non si rinnovi il nazifascismo. Penso che questo sia il significato di ogni lapide che ricordi stragi, uccisioni, violenze.

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