LA PRIMA PARTE PER CHI VOLESSE VEDERLA…
https://www.neldeliriononeromaisola.it/2019/12/299702/
parcoletterario.it
http://www.parcoletterario.it/it/autori/p_pavese/santostefano/04.htm
Il laboratorio di Nuto del Salto
C’è Nuto, il mio amico del Salto, che provvede di bigonce e di torchi tutta la valle fino a Camo.
Cesare Pavese da “La luna e i falò”
La casa del Salto vista dallo stradone
Certe volte scappavo sullo stradone fino alla casa del salto, nella bottega del padre di Nuto. Qui c’erano già tutti quei trucioli e quei gerani che ci sono ancora adesso. Qui, chiunque passasse, andando a Canelli o tornando, si fermava a dir la sua, e il falegname maneggiva le pialle, maneggiava lo scalpello o la sega, e parlava con tutti, di Canelli, dei tempi di una volta, di politica, della musica e dei matti, del mondo.
Cesare Pavese da “La luna e i falò”
La casa del Salto, sede della falegnameria “Scaglione”
Nella casa del Salto lui lavorava già con suo padre; lo vedevo al banco ma senza grembiale. Stava poco a quel banco. Era sempre pronto a tagliar la corda, e si sapeva che andando con lui non si facevano soltanto giochi da ragazzi, non si perdeva l’occasione – capitava qualcosa ogni volta, si parlava, s’incontrava qualcuno, si trovava un nido speciale, una bestia mai vista, s’arrivava in un posto nuovo – insomma era sempre un guadagno, un fatto da raccontare. E poi, a me Nuto piaceva perché andavamo d’accordo e mi trattava come un amico. Aveva già allora quegli occhi forati, da gatto, e quando aveva detto una cosa finiva : <Se sbaglio, correggimi>.
Cesare Pavese da “La luna e i falò”
Il treno rappresenta per Cesare Pavese lo strumento, il mezzo per fuggire dalla realtà quotidiana, per scoprire mondi nuovi, per cambiare il corso della propria vita.
Fu Nuto che mi disse che col treno si va dappertutto, e quando la ferrata finisce cominciano i porti, e i bastimenti vanno a orario, tutto il mondo è un intrico di strade e di porti, un orario di gente che viaggia, che fa e che disfa, e dappertutto c’è chi è capace e chi è tapino.
Cesare Pavese da “La luna e i falò”
Così, certi giorni ch’ero nei beni, nelle vigne sopra la strada zappando al sole, e sentivo tra i peschi arrivare il treno e riempire la vallata filando o venendo da Canelli, in quei momenti mi fermavo sulla zappa, guardavo il fumo, i vagoni, guardavo Gaminella, la palazzina del Nido, verso Canelli e Calamandrana, verso Colosso, e mi pareva di aver bevuto del vino, di essere un altro, di esser come Nuto, di arrivare a valere quanto lui, e che un bel giorno avrei preso anch’io quel treno per andare chi sa dove. Anche a Canelli c’ero già andato diverse volte in bicicletta, e mi fermavo sul ponte di Belbo…
Cesare Pavese da “La luna e i falò“
La casa natale di Cesare Pavese.
Corse la strada bianca lunga fin presso la casa dov’era nato e si era sognato poeta.
Cesare Pavese
Le Langhe, un luogo diventato mitico anche grazie alla letteratura.
Per me il Piemonte, me ne rendo conto adesso, era diventato un luogo mitico attraverso mia mamma, che era già nata in una città di mare, ma andava da bambina a passare le vacanze a Monticello d’Alba, dove era nata sua mamma. Parlava in particolare del “bric”, una collinetta vicina alla casa materna, adibita ad orto. Diceva che in quella specie di piccolo paradiso terrestre c’era tutto quello che si poteva desiderare, dall’uva, ai cachi, al ribes che faceva delle vere e proprie spalliere. Ricordava il viaggio, dal mare al Colle di Nava e poi in Piemonte, fatto sul “biroccio” del padre. Il Piemonte, per mia mamma bambina, era come un Eden, lontano dai doveri della scuola che non le era mai piaciuta.