Vittorio Lingiardi, Malus mentale -Perché serve un sostegno psicologico diffuso -REPUBBLICA DEL 13 GENNAIO 2022- + Ultimo libro di Vittorio Lingiardi + recensione : Nicole Martina, il Manifesto, 27.06.2021

 

 

REPUBBLICA DEL 13 GENNAIO 2022

https://www.repubblica.it/commenti/2022/01/12/news/lingiardi-333589540/

 

Malus mentale

di Vittorio Lingiardi

 

Perché serve un sostegno psicologico diffuso

 

 

Alcune petizioni sono più toccanti di altre. Questa ha raggiunto in pochi giorni le 250.000 firme. È la petizione “Bonus Salute Mentale” su change.org, che chiede al governo di (ri)prendere in considerazione la proposta del bonus da 50 milioni di euro per aiutare le persone che decidono di rivolgersi a un professionista della salute mentale. Era presente nella Legge di Bilancio 2022, ma poi è stata “rimossa”, diversamente da altre facilitazioni, dicono i più arrabbiati, a favore di zanzariere e rubinetti. Non è il caso di fare dell’ironia, ma di interrogarsi seriamente sul rapporto ambivalente che la politica intrattiene col benessere psichico dei cittadini.

 

Un recente intervento del Presidente dell’Ordine degli psicologi, David Lazzari, su Huffington Post si intitola:

 

“La psiche non si vede e non si tocca, perciò niente bonus”.

 

La cecità dei politici per la psicologia potrebbe in effetti essere spiegata da un eccesso di pragmatismo: non si spendono soldi in sogni e parole! Parafrasando una nota esternazione ministeriale, con la psicologia, come con la cultura, “non si mangia”.

Un’altra spiegazione potrebbe essere che l’arcipelago delle mental health professions, come le chiamano gli anglosassoni, è molto variegato e i non addetti ai lavori si orientano con difficoltà: non tutti i politici sanno distinguere tra un colloquio psichiatrico, un counselling psicologico, una seduta di psicoterapia (cognitiva? dinamica? sistemica?)…

 

Ma 250.000 firme in pochi giorni devono far pensare.

 

Che la situazione sia un po’ tesa? La politica fatica a capire che un investimento sulla salute mentale dei singoli cittadini è un investimento sulla salute mentale dell’intero Paese. Ma anche sull’economia, i conflitti sociali, le relazioni familiari, la violenza di genere. In una parola, sulla fiducia negli altri e nelle nuove generazioni. Vorrei portare come esempio la mia università, Sapienza, che in piena pandemia, nel giugno scorso, ha capito l’importanza di investire 500.000 euro nella promozione di servizi di counselling di Ateneo rivolti a studenti, personale amministrativo e docenti. Ha capito che incertezza, ansia, stress, depressione, si ripercuotono nei percorsi di studio e nel clima di lavoro. La Regione Lazio con i nuovi fondi per l’accesso alle cure e il ministro Speranza al question time di ieri mandano segnali di consapevolezza.

 

Secondo un’indagine dell’Istituto Piepoli per il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, la domanda di psicoterapia, in periodo pandemico, è molto aumentata. Ma, nel 2021, il 21% di chi aveva in corso una psicoterapia ha dovuto interromperla per motivi economici.

 

Il “Bonus Salute Mentale” non è certo un’alternativa al servizio pubblico, di cui da sempre attendiamo un potenziamento, ma ci sembra una risposta di civiltà di fronte a un bisogno crescente.

 

Chi fa il nostro lavoro si trova a fronteggiare continue segnalazioni. Soprattutto di adolescenti, che ormai parlano di un “prima” e di un “dopo”, e delle loro difficoltà microtraumatiche di ritrovare il “prima” e orientarsi nel “dopo”. Richieste da smistare, con la difficoltà di muoversi tra offerta pubblica e privata. Con un servizio pubblico non sempre ricettivo e semmai, comprensibilmente, solo per i casi più gravi e le emergenze. Se la pandemia doveva insegnarci qualcosa, era la centralità della psiche. Psyché significa respiro. E se la psiche respira, ha bisogno di ossigeno. Particelle vitali per fronteggiare quelle virali. Anche un bonus da 50 milioni può essere una particella vitale. Non solo sul piano concreto, anche sul piano simbolico. Che, come quello psichico, non si vede e non si tocca: e dunque “non ha bisogno di soldi”. Ma qualcuno sa vivere senza psiche e senza simboli?

 

 

 

ULTIMO LIBRO PUBBLICATO DAL PROF. VITTORIO LINGIARDI

 

 

2021
Vele
pp. 144
€ 12,00

Il narcisismo abita i nostri amori e tutte le relazioni. Può essere fragile o contundente. Finché cerchiamo di rinchiuderlo in una definizione, non lo capiremo. Occorre una bussola psichica per navigare nei mari insidiosi della stima di sé, tra isole che si chiamano Insicurezza, Egocentrismo, Rabbia, Invidia, Vergogna.

 

Il libro

Narciso era un giovane di grande bellezza, nella quale annegò dando vita a un fiore. Ovidio lo raccolse e ne fece un mito, Freud una realtà psichica: il narcisismo. Abita i nostri amori, attraversa i nostri discorsi, seduce politici e artisti, ma anche criminali. Funambolo dell’autostima, Narciso cammina sul filo teso tra un sano amore di sé e la sua patologica celebrazione, che può diventare una diagnosi: il disturbo narcisistico di personalità. Finché cerchiamo di rinchiuderlo nella gabbia di una sola definizione, non lo conosceremo: ci serve un sestante per navigare tra gli scogli della stima di sé. Ci sono narcisisti arroganti oppure timidi, con la pelle spessa o sottile. Tutti nuotano in un arcipelago di possibilità: saziati dalla prepotenza, circonfusi dal carisma, baciati dal successo, afflitti dalla depressione, tormentati dall’insoddisfazione, abitati dal vuoto, suicidi per frustrazione. Possono avvelenare una relazione fino al sadismo e manipolare gli altri fino alla psicopatia. Sono braccati da cinque fiere: l’egocentrismo, l’insicurezza, la rabbia, l’invidia e la vergogna.

 

 

 

Libri di Vittorio Lingiardi

 

Vittorio Lingiardi (Milano, 1960) è uno psichiatra e psicoanalista italiano, professore ordinario di psicologia dinamica presso la Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma. Dal 1985 al 1998 ha svolto attività clinica e di ricerca presso l’Istituto di Clinica Psichiatrica dell’Università degli Studi di Milano e presso l’Ospedale San Raffaele di Milano. Negli anni 1987-1988, e nuovamente nel 1995, ha trascorso periodi di studio e formazione negli Stati Uniti e in Canada, presso la Menninger Clinic (Topeka, Kansas), la Chestnut Lodge Clinic (Rockville, Maryland) e la McGill University (Montreal, Canada). Tra i suoi libri ricordiamo Citizen gay. Affetti e diritti (il Saggiatore, 2016), Mindscapes. Psiche nel paesaggio (Raffaello Cortina, 2017), Diagnosi e destino (Einaudi, 2018), Io, tu, noi. Vivere con se stessi, l’altro, gli altri (DeA Planeta, 2019) e Arcipelago N (Einaudi, 2021). È autore di raccolte di poesie tra cui: La confusione è precisa in amore (nottetempo, 2012) e Alterazioni del ritmo (nottetempo, 2015).

 

 

 

RECENSIONE :

 

 

 

ALIAS DOMENICA

Tra normale e patologico, il narcisismo esplorato in un saggio di Vittorio Lingiardi

 

Psicoanalisi. «Arcipelago N», da Einaudi

 

Salvador Dalí, Salvador Dalí, “Metamorfosi di Narciso”, 1937

 

 

Nicole Martina

EDIZIONE DEL  27.06.2021

PUBBLICATO27.6.2021, 0:36

AGGIORNATO25.6.2021, 15:43

 

Nonostante fin dalla metà degli anni Settanta una disciplina tutt’altro che esoterica come la sociologia abbia messo a fuoco l’oscillazione della personalità narcisistica verso il disprezzo di sé piuttosto che verso l’autostima, il senso comune stenta a assimilare il carattere tragico di questa inclinazione del carattere, descritta in un celebre libro di Richard Sennett, Il declino dell’uomo pubblicoe pochi anni dopo articolata in un altro saggio esemplare di Christopher Lasch, La cultura del narcisismo. Tra quelle pagine, sulla scia del testo di Freud del 1914, la vera origine del culto di sé veniva fatta coincidere non con la affermazione della propria personalità ma con il suo «collasso».

 

 

La cultura del narcisismo. L'individuo in fuga dal sociale in un'età di disillusioni collettive - Christopher Lasch - copertina

La cultura del narcisismo. L’individuo in fuga dal sociale in un’età di disillusioni collettive

di Christopher Lasch (Autore)

Marina Bocconcelli (Traduttore)

Neri Pozza, 2020

La più recente e esaustiva rassegna delle origini culturali e delle implicazioni psichiche del narcisismo viene ora da un saggio di Vittorio Lingiardi, Arcipelago N (Einaudi, Le vele, pp. 124, € 12,00) frutto di una imponente schedatura di miti, opere letterarie, cinematografiche e artistiche in genere, tradotto in una scrittura tanto rigorosa quanto seducentemente limpida, virtù paradossalmente rara proprio tra coloro che esercitano una professione, quella dello psicoanalista, fondata – per eccellenza – sulla parola.

 

Il primo capitolo si muove tra mitologia greca – verso la quale i riferimenti di Arcipelago N sono brevi e precisi – e cinema contemporaneo, tra citazioni da Rilke e rimandi a Bachelard, tra evocazioni di Valéry e rinvii a Lewis Carroll, e dopo ancora tra Jung e Winnicott e decine di altri autori del canone occidentale: orchestrata con misura, questa messe testuale viene a costituire quello che si direbbe a tratti un vero e proprio esempio di metatesto, lineare e godibile, dove trovano posto alcuni interessanti «casi clinici» estrapolati dal cinema – l’esempio del narcisismo patologico dell’Orson Welles di Quarto potere, il Leonardo Di Caprio di The Wolf of Wall Street. L’assunto iniziale e finale di Arcipelago N è coerente con questo sviluppo digressivo: una corretta definizione clinica del narcisismo è – e resta – elusiva, ci dice l’autore.

 

Tutte le varianti della parabola dell’egocentrismo compresa tra quello che può limitarsi a un aspetto della personalità e il suo approdo al disturbo grave vengono registrate e restituite da Lingiardi, in tensione tra la necessità della diagnosi e l’imperativo a rispettare le manifestazioni irriproducibili di ogni singola soggettività.

Affetti dal «fallimento nella regolazione dell’autostima», i narcisisti fanno spesso convivere fragilità e arroganza, grandiosità e sentimenti di indegnità, prepotenza e timorosa vulnerabilità al giudizio altrui.

 

Risparmiato dal demone della autoreferenzialità che governa la gran parte degli scritti psicoanalitici, questo testo di Vittorio Lingiardi è anche una imperdibile opportunità di chiarirsi le idee circa alcune importanti concettualizzazioni spesso citate e mal comprese del pensiero postfreudiano, dal narcisismo di morte teorizzato da André Green allo «stadio dello specchio» descritto da Lacan.

 

 

Narcisismo di vita, narcisismo di morte

ultima edizione, 2018

 

 

Nel primo caso,

«l’incapacità di amare, di valorizzare le proprie risorse, di godere dei propri risultati» viene fatta risalire a una ferita narcisistica inflitta alla psiche del bambino da una madre depressa e perciò impossibilitata a investire sul figlio affetti capaci di affiancare la gioia al dovere della cura;

 

 

Jacques Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io

Comunicazione al XVI Congresso internazionale di psicoanalisi Zurigo, 17 luglio,1949. Traduzione di Giacomo Contri

 

 

nel secondo caso,

l’idea del soggetto lacaniano come strutturalmente diviso viene riportata a quella «lacerazione originale» che si verifica quando il bambino tra i sei e i diciotto mesi, guardando la propria immagine allo specchio e riconoscendovisi, comincia a costruire il nucleo di quell’interfaccia tra il mondo interno e il mondo esterno che si chiama Io. Per Eraclito era la sede del logos profondo, per Gadda «il più lurido di tutti i pronomi».

 

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